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Gog di Magog
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E-book120 pagine1 ora

Gog di Magog

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Info su questo ebook

Quali ragioni spingono un essere umano a diventare un assassino seriale? La cattiveria può avere una giustificazione morale? Un poliziotto, alle calcagna di uno spietato serial killer senza riuscire mai a catturarlo, all'improvviso ne diventa preda in un drammatico gioco psicologico in cui verrà coinvolta la sua famiglia. Scoprirà la verità ma a carissimo prezzo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2017
ISBN9788826040578
Gog di Magog

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    Anteprima del libro

    Gog di Magog - Antropoetico

    decimo

    Capitolo primo

    Era lì, immobile, sul tetto, come un corvo nero. Si era messo proprio sul cornicione e mi voltava le spalle avvolto nel suo mantello, angelo nero arrivato a fine corsa.

    - Fermo, non farlo, sarebbe una follia.

    Per anni era stato inafferrabile, l'alterego della mia vita, una guerra personale tra noi senza tregua e adesso finalmente lo tenevo in pugno. Hai presente quando hai l'acquolina in bocca? Vedi il cibo, caldo e fumante, pronto per essere addentato, lo pregusti col cervello, con la respirazione, con i sensi e sai che nessuno ti toglierà il piatto da sotto il naso. Se si fosse buttato, avrebbe dimezzato il piacere profondo che provavo a essere riuscito ad acciuffarlo.

    - E' finita Gog di Magog. Questo è il capolinea. Lo sai che il bene vince sempre sul male e tu di male ne hai fatto parecchio.

    Conoscendolo, mi avvicinai piano tenendo la pistola con entrambe le mani tese davanti a me. Troppe volte mi aveva beffato ad un centimetro dal suo muso. Troppi cadaveri sparsi per la città, troppo dolore lungo la scia.

    - Jonathan sei così patetico. Tu e tutto quel buonismo che ti porti dietro. Perfino l'aria puzza per quanto sei inzuppato dei tuoi ideali.

    Feci uno scatto in avanti ma Gog si spostò di lato e mise un piede all'infuori.

    - Uno del tuo calibro che muore cadendo dal tetto? Non è il finale giusto, non credi? Tu meriti di più, hai un nome da difendere, no?

    - La morte ha un sapore speciale, unico, afrodisiaco. Io lo so. Non temo la morte. Sono stato vivo in questi dieci anni, vivo come non puoi capire. Dio è nel male. Tu che pensi di vivere nel bene, in realtà sei già morto, Matteo capitolo otto, versetto ventuno.

    Di nuovo mi citava la bibbia con la sua arroganza esplicita, con quella voce profonda da Darth Fenner che mi metteva i nervi. Lo spostato di mente viveva in un mondo tutto suo. Ma aveva commesso l'errore d'invadere il mio distretto. Stavo per schiacciare quella pustola purulenta di violenza e odio contro il mondo.

    - Cosa dice Matteo stavolta?

    - Non lo sai? Ma che cattolico sei?

    - Dai, scendi e mentre ti schiaffo sul cellulare della polizia mi racconti tutto, da bravo.

    Si girò di colpo facendomi tremare di paura per un istante. Spiccavano solo gli occhi, lucidi, vitrei, acuti e penetranti.

    - Dice che sei morto, che siete tutti morti benché in vita... lasciate che i morti seppelliscano i loro morti. Non hai ancora capito che lo scopo della vita è condurti alla morte? Quanti anni ancora? Dieci? Venti? Cinquanta? E poi la tua carne verrà mangiata dai vermi. Io ho solo aperto la scorciatoia, aiutando molti a raggiungere prima la meta.

    - Ne ho abbastanza dei tuoi deliri da paranoico, scendi per pagare i tuoi delitti.

    Sentii rumore sulle scale. I miei colleghi stavano arrivando. Sempre cinque minuti dopo di me ma, almeno, non sarei rimasto da solo con l'uomo che era stato per anni l'incubo delle mie notti.

    - Sai Jonathan, in un certo senso, ti ho sempre ammirato. Anche invidiato devo dire. Sei uno dei pochi uomini davvero leali, sinceri che io abbia mai incontrato nella vita. Per questo non ho toccato né tua moglie, né tua figlia Laura.

    - Che diavolo dici?

    Non aveva mai parlato dei miei cari ma adesso sembrava sorridere con quel suo ghigno nel chiaroscuro.

    - Che il dolore porta al male. Molti mi avrebbero sparato una pallottola dritto al cuore o nel cranio senza pensarci due volte. Avrebbero pensato alle ventitre vittime della mia malattia o per meglio dire ai fortunati a cui ho accorciato la strada per arrivare a Dio ma tu no. Tu vuoi essere onesto fino in fondo. A differenza di quelli che ti circondano sei ancora sull'altra sponda.

    - E che cosa c'entrano loro?

    Nel suo sproloquio, blaterando frasi astruse in latino, lanciò un anatema al cielo.

    - Jonathan, Jonathan ma non hai ancora capito? Davvero non lo hai capito? Ti conosco da così tanto tempo e tu non sai niente di me, nulla.

    Mi guardò serio stavolta, con gli occhi spalancati.

    - Voglio che tu provi il dolore. Godrò quando il male ti condurrà al male e tu capirai la via. Ti toccherò fino a quando non maledirai Dio e vorrai solo morire. Sì, ti purificherò. Giobbe capitolo 2, versetti otto e nove.

    L'arrivo dei colleghi interruppe la discussione.Gog sventolò le mani come se fosse un uccello e si lasciò cadere all'indietro prima che qualcuno di noi potesse fare qualcosa. Eravamo all'ottavo piano e nessuno sarebbe potuto sopravvivere a un volo del genere. Corremmo tutti, convinti di vederlo spiaccicato al marciapiede.

    - Merda, ci ha fregati ancora una volta.

    Stava rimbalzando appeso a una corda di bungee jumping a tre o quattro metri da terra. Con il coltello la tagliò alzando il dito medio e veloce come il fulmine girò l'angolo sparendo nei viottoli di Gratosoglio. Nell'aria solo la sua sarcastica risata da brivido.

    - Presto, presto!

    Una corsa inutile. Nemmeno i poliziotti rimasti in strada erano riusciti a intercettarlo.

    Non c'era certo da stare allegri. Questa volta aveva parlato esplicitamente della mia famiglia. Forse mi ero illuso che in quel folle gioco a due ci fosse una regola non scritta che prevedeva di lasciare fuori dalla partita coloro più cari nella vita o almeno i miei. Un discorso era indagare sulle morti strane di perfetti sconosciuti, tutto un altro conto sentirsi toccati nel vivo. La sensazione forte e penetrante che stesse cambiando qualcosa nel modus operandi di Gog mi prese fino a generarmi ansia. Solo l'arrivo di Mallory, il mio vice, mi scosse.

    - Infinocchiati di nuovo. Cristo Santo, ci tratta come degli scolaretti.

    - Forse lo siamo. Di sicuro questo pazzo usa la psicologia.

    - Dovevi piantargli una pallottola in fronte. Io non avrei avuto nessuna pietà per uno che ha ucciso ventitre, dico, ventitre persone. Ventitre sfigati ammazzati per gioco.

    - Hai una fottuta ragione, fottutissima. Ha minacciato mia figlia e mia moglie. Mi ha preso per i fondelli. Il mio buonismo, il rispetto delle regole. Evidentemente il gioco lo annoia, vuole alzare il livello come in un videogame.

    - Cosa?

    - Mallory, è chiaro. Non si diverte più a uccidere a casaccio. Ci vede perdenti e forse troppo distaccati dai casi. Il fatto che ora se la pigli con la mia famiglia è colpa nostra.

    - Per la malora marcia e putrida! Non ci ritiene all'altezza della partita.

    - Già.

    - Dobbiamo immediatamente far sparire tutte le persone collegate a te.

    - Già.

    E mettere sotto controllo telefonini, facebook, twitter e quant'altro.

    - Già.

    - Per la miseria sacra. Capo ma ti sei rincoglionito? Continui a rispondere con un monosillabo.

    - Già. Senti. Applica la procedura standard. Prendo le ferie da oggi, avvisa tutti che non mi scassino le palle. Devo stare appiccicato a Karol e Laura fino a che questo bordello non sarà finito. Rincoglionito lo sono di sicuro. Non è una bella cosa adesso che il gioco si fa duro. Non c'era tempo da perdere. Ma come fai a chiamare tua moglie e a dirgli che da quel momento in avanti sarebbe stata il bersaglio di un serial killer, del peggior serial killer degli ultimi cinquant'anni? Che le dici? Di fare i bagagli? Di non frequentare più parenti né amici? Di cambiare città e abitudini? Mi sentii bruciare dentro. Non averlo preso non rappresentava soltanto un fallimento come poliziotto ma la rovina stessa della mia vita, della vita a cui io, mia moglie e mia figlia eravamo abituati. Dieci anni di caccia mi avevano reso un poliziotto famoso, intervistato spesso in televisione. Avevamo fatto di me l'immagine del buono contro il cattivo e forse me l'ero goduta troppo quella notorietà. Adesso che Gog chiedeva il conto non ero preparato a pagarlo.

    - Karol sono io. Tutto bene?

    - Sì, sono in piscina con Laura.

    - Senti, dobbiamo trovarci immediatamente.

    La senti restare in silenzio, sorpresa dalla mia affermazione seria e perentoria. Non ci era abituata.

    - Immediatamente? Oddio. Cosa è successo?

    Il suo intuito femminile leggeva l'atteggiamento più che le parole, capiva dal vibrato della mia voce ogni qualvolta ero emozionato, arrabbiato, eccitato. Mi conosceva come le sue tasche.

    - Gog. Vuole prendersela con te e Laura. Perciò non discutere. Non andate a casa, chiaro? Resta lì. Io arrivo. Immediatamente.

    Forse non avrei dovuto ripetere immediatamente con un tono ancora più severo. La sentii scoppiare in lacrime e singhiozzare.

    - Ma la mia roba? La scuola? Dove andremo? E la casa, la nostra casa?

    - Amore, devi fottertene di tutto. La vita che conosciamo è finita. Nulla sarà più come prima, almeno fino a quando non prenderemo questo pazzo predicatore con il pallino per la bibbia. Sappi che il pericolo è concreto, reale immediato. Lui vive solo

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