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Seu Sval Sopravvivere
Seu Sval Sopravvivere
Seu Sval Sopravvivere
E-book351 pagine5 ore

Seu Sval Sopravvivere

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Info su questo ebook

La nascita di una bimba misteriosa. Un uomo che la stava aspettando. Due anime che si cercano e si trovano in un futuro post apocalittico dove un dittatore ricostruisce dalle macerie una società dalle antiche origini etrusche. Assetato di potere elimina i genitori di Eleanore, che cresciuta chiederà aiuto ad un combattente che la aiuterà a sopravvivere in un ambiente ostile e a compiere la sua vendetta ad un prezzo molto alto.
 
LinguaItaliano
Data di uscita22 mar 2017
ISBN9788826041322
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    Anteprima del libro

    Seu Sval Sopravvivere - Giuliano Ferrrari

    Giuliano Ferrari

    SEU SVAL

    sopravvivere

    Prologo

    Da tempo, scienziati di tutto il mondo avevano preannunciato una catastrofe climatica di proporzioni planetarie, passando inosservati se non derisi. Certo nemmeno loro si sarebbero aspettati un evento apocalittico così improvviso e violento.

    I vasti e disastrosi terremoti, le gigantesche inondazioni legate ai repentini cambiamenti climatici avevano ben presto cambiato l'aspetto del pianeta, provocando perfino lo sprofondamento di interi paesi.

    Ora il nord dell'Italia era quasi completamente sommerso dalle acque, Venezia scomparsa; la costa occidentale era stata inondata dal mare Tirreno, formando una angusta striscia di terra che arrivava a toccare ciò che era rimasto delle Alpi per allungarsi poi a sud  fin quasi a raggiungere il centro Italia rinominato con il nome Etrusco di Viteliu. Le Alpi, alterate nella loro conformazione, formavano un muro naturale che separava l'Italia dalla vecchia Europa isolandola completamente. Rimanevano poche città importanti sopravvissute al cataclisma, anch'esse rinominate dal Governo dei Sette. Tre erano le principali: Muta, Felsa e la capitale Spura, presidiata dal Governo e fortificata come nell'antichità da alte mura, in un territorio dove la sopravvivenza al di fuori di queste sarebbe stata comunque difficile, circondate com'erano da intricate foreste, abitate da animali feroci che non sapevano cosa volesse dire avere paura dell'uomo, montagne invalicabili o aridi deserti pietrificati spesso ricoperti dal magma vulcanico.

    Primo anno del nuovo inizio.

    Dopo anni di tormenti e privazioni, i sopravvissuti, impotenti contro le violenze della natura, non potevano che pregare inutilmente il Dio in cui avevano creduto mentre tutto ciò che conoscevano scompariva sotto i loro occhi e mentre le acque in maniera repentina e inaspettata inghiottivano la terra come un mostro avido e insaziabile, il Grande Mare Emerso,  così come poi lo chiamarono.

    Disillusi sostituirono la religione antica con un'altra neo pagana dedicata alla Dea Ecate dalla natura bi-sessuata fonte della vita e delle arti magiche. Il paesaggio, ricco solo di distruzione e detriti, rendeva vana la ricerca di sopravvissuti spesso inghiottiti dalle macerie o dai baratri che si spalancavano sotto i loro piedi. 

    Ora poche migliaia di anime vedono la luce del sole oscurato dalle nuvole di polvere e fuliggine delle eruzioni vulcaniche, ora dissolte. Increduli che tutto intorno a loro rimanga immobile senza il solito tremore della terra e finalmente sollevati da una angoscia senza fine riprendono a camminare sul terreno disconnesso.

    Adesso già da diversi mesi, il tuono della terra rimane silente. Si sente solo il fragore delle onde del mare che si infrange e si ritira come il respiro di un dinosauro che ronfa dormendo. Tutto deve ricominciare. Occorrono tempo, fatica e sacrifici, per imparare a vivere con poco, mentre i più fortunati delle zone centrali di Viteliu, risparmiati dalle acque, sebbene con le case distrutte, sono riusciti a preservare la conoscenza tecnologica raggiunta, unico baluardo contro un ritorno al medioevo. L'umanità superstite è sconvolta dalla perdita degli affetti e dei possedimenti, una sorta di società nella quale famiglie ricche diventano povere e famiglie povere diventano padrone con la forza, in una guerra tra disperati con l'unico istinto di accumulare risorse per preservare la propria progenie.

    E dopo anni di grida, battaglie, saccheggi e incursioni, finalmente si levano gemiti di neonati spinti verso la luce nel nuovo mondo. Uno in particolare, lascia sbigottito i genitori all'interno di una piccola dimora di Muta, città un tempo circondata dalla pianura e dalle montagne ora toccata dalle onde del mare, una casa semplice ma confortevole, rigorosamente tinta di un giallo zafferano tipica degli Eletti, i più fortunati che vivono all'interno.

    Il terremoto e i corsi delle acque hanno modificato il territorio, formando  delle anse e delle grotte a pochi chilometri da Spura, dove vivono gli Epurati e i Deposti che, stanchi per la condizione imposta dai Sette, si sono riuniti  rinunciando alla utopica e falsa vita agiata delle città. Le grotte naturali grazie a vecchi corsi d'acqua ora prosciugati formano delle gallerie che conducono in profondità sfociando in  altre aperture nella roccia, divenute ottimi ricoveri per i ribelli che Intanto si prodigano attraverso reti di spionaggio per ostacolare il più possibile le azioni del Governo, cercando di sollecitare con una propaganda clandestina il risveglio delle folle dormienti. Il comandante è un saggio anziano, il suo nome è Annibale ma ama essere chiamato Hanipal, un sopravvissuto dell'Epurazione anch'egli un Maestro combattente sebbene l'età con le sue ferite lo costringa su una sedia a rotelle per la maggior parte del tempo anche se la sua mente è forte e lucida e riesce a dare ordini precisi e incisivi. È amato per la sua indulgenza, è un uomo saggio e libero, impegna i suoi ultimi anni al servizio della Rivoluzione.

    In una piccola stanza si leva all'improvviso un gemito forte, un Hueee talmente imponente che sembra gridare: «Io sono qui!» e talmente potente che sembra la causa del fragore dei vetri delle finestre che si infrangono lasciando entrare un forte vento di un temporale scatenatosi da pochi istanti mentre la madre urlava per gli spasimi del parto. La donna è provata dalla fatica e guarda ora con tenerezza ora con inquietudine il suo uomo, intento ad avvolgerla assieme alla piccola in una coperta di lana per proteggerle, felice ma senza mai distogliere lo sguardo dalla bambina e dai suoi grandi occhi pieni di una vitale energia misteriosa … perché quei vetri infranti, quel vagito potente come un tuono … sì magari una coincidenza o forse altro, ma cosa andava pensando? Aveva una figlia, bella sana ... poi doveva tranquillizzare sua moglie … forse anche lei con quello sguardo … ma no,  siamo solo tesi, concluse. La piccola ora è silenziosa con le manine rivolte al cielo, pronta a ghermire e possedere ogni cosa. E il  primo gesto è quello di stringere con le sue minuscole dita l'indice del genitore quasi fosse un suo abituale allenamento.

    «E' forte!» esclama George mentre si rivolge alla sua amata con un sorriso pieno di soddisfazione.

    «Ti sembra adatto il nome Eleanore? Marito mio?» chiede la donna sollevando le sopracciglia.

    «Ti riferisci a questo oscuro temporale?»

    «Eleanore significa Cresciuta nella luce...» ribadisce timidamente la donna.

    George la guarda ancora una volta prima di replicare, mentre gli occhi della piccola sembrano ora sorridere insieme al suo    «Ghe!».

    «Non importa del buio di questa notte sento che saprà trovare la sua luce»

    L'amata, distesa nel suo letto, col volto ancora madido di sudore dolcemente accarezza la piccola tra le braccia sussurrandole un tenero ... benvenuta Eleanore!

    Un uomo, osserva in disparte i genitori sconcertati appoggiato allo stipite della porta della stanza. Un uomo con uno strano poncho che non osa avvicinarsi per non rubare nemmeno un attimo di gioia ai due fortunati genitori, preoccupato da quello a cui ha assistito ma stranamente poco sorpreso. Sei arrivata finalmente! Ce n'è voluto di tempo per trovarti!  Si copre il capo con il cappuccio del suo abito grigiastro. George si accorge di quel movimento e seduto a fianco del letto volge lo sguardo verso il suo amico cercando di nascondere la sua inquietudine.

    «Everin! Te ne vai? Non puoi rimandare quel tuo stupido viaggio? Resta con noi»

    «Lo sai che non posso restare - risponde l'uomo dal cappuccio - ho troppi nemici qui che non vedono l'ora di farmi la pelle»

    George si alza dalla sedia.

    «Si dimenticheranno di quella storia prima o poi. Vedrai. Sei il mio unico amico e sai che puoi restare da noi senza problemi. Ora c'è Eleanore e ...»

    Everin lo interrompe.

    «Non insistere. Ne abbiamo già parlato. Ho bisogno di allontanarmi da questo posto. E sai che comunque mi mancherà il mio amico zuccone. Ora hai da fare; ti devi occupare di lei. Sarai un buon padre, ne sono certo»

    «Certo, certo, vai pure...» borbotta George mentre con la voce strozzata picchietta con la mano la spalla dell'amico. Everin si scosta per farsi vedere dalla moglie distesa sul letto ancora intenta a crogiolarsi con la nascitura, si tocca il lembo del cappuccio come fosse un cappello da cowboy e saluta con un piccolo inchino del capo.

    «Signora ...» poi si volta uscendo dalla stanza.

    George si mette le mani in tasca scuotendo la testa borbottando.

    «Lo zuccone … abbi cura di te Everin».

    Capitolo 1

    Diciassette anni dopo: Città di Muta.

    Le telecamere di una delle porte delle mura di Muta registrano l'entrata di un uomo. Sembra un vagabondo avvolto da un mantello con il cappuccio che lo protegge dalla forte umidità della nebbia autunnale. Lo sconosciuto alla domanda della guardia di identificarsi alza lo sguardo mostrando un viso trasandato dalla barba incolta dagli occhi sottili profondamente scuri che rivelano uno spirito dominatore e risponde:

    «Vengo da un lungo viaggio, ecco i miei documenti che mostrano l'appartenenza a questa città»

    La guardia, impeccabile nella sua uniforme militare nera, sospettoso e autoritario scruta il volto del nuovo arrivato, che lo guarda con un atteggiamento umile poi, dopo aver controllato il documento e letto il nome Everin, annuisce  e lo restituisce.

    «Questo è il regolamento della città e questo è il palmare da portare con sé»

    Con un accenno del capo Everin si avvia inoltrandosi a piedi nella città ormai avvolta dalle fredde braccia della notte, mentre osserva rimugina che no, non è cambiato nulla ... le solite case ricostruite dalle macerie con la solita architettura moderna, scatole di sardine, ecco quello che sembrano ... d'altronde c'era fretta di ricostruire. E quella disposizione a scacchiera degli edifici poi formano certi vicoli! Vicoli dove nemmeno uno come lui avrebbe osato entrare ... e quel maledetto ciottolato! Su una scogliera sembrava di camminare!!!

    Il giorno seguente le prime luci sono accompagnate dalla melodia degli uccelli, dove dal lato ovest, oltre le mura della città, il rombo delle onde che si scagliano contro gli scogli vicini ritmano quei cinguettii. La città lentamente si risveglia e come ogni mattina  il palmare emette una melodia di apertura che come un eco si ripete nel diabolico strumento dei vicini passanti.

    «Buona azione popolo di Muta, rammentate i vostri obbiettivi. Onorate Ecate la Dea della fertilità. Un figlio è una nuova speranza». La musichetta di chiusura anticipa la stessa del palmare. Everin, scuotendo la testa prende da una tasca la lettera ricevuta qualche settimana fa, e la rilegge:

    «Spero che questa lettera le giunga presto e che possa raggiungerci qui a Muta. La figlia diciassettenne del suo amico George, di cui  risulta nominato suo tutore, è in difficoltà, una malattia le ha portato via i genitori. La loro ultima volontà è stata quella di contattarla per occuparsi della ragazza. La prego di raggiungerci presto, noi non la possiamo ospitare a lungo, la casa gli è stata confiscata, seguiranno chiarimenti. Il legale rappresentante e amico. Stefano»

    La mente di Everin ricorda il passato, un tempo in cui la gioventù univa i due amici figli dei sopravvissuti al Grande Mare Emerso intenti a giocare tra le macerie anni prima di prendere la decisione di intraprendere un viaggio in isolamento. Everin ripiega il foglio dopo aver memorizzato l'indirizzo; poi fruga in una tasca dei pantaloni estraendo una lettera stropicciata e usurata dal tempo.

    «E' passato un lungo periodo dall'ultima volta che ci siamo visti, ma ho la necessità di chiederti un favore e una promessa, so che tu non vuoi figli ne’ legami, ma mia figlia ora ha 10 anni, sono tempi difficili, e tu sei l'unica persona di cui mi fido. Se mi succedesse qualcosa vorrei che te ne occupassi tu, di lei e di mia moglie. Spero che accoglierai questa mia richiesta. Eleanore è vivace, difficile da controllare, ma deliziosa. Credo che ti piacerà quando verrai a trovarci».               

    Everin sorride, ripiega con cura il foglio di carta e lo ripone in tasca mentre prosegue il cammino.

    Le strade cominciano a riempirsi di gente, spesso si incontrano schermi che annunciano eventi e sproloqui. Sono stati installati insieme alla distribuzione dei palmari per condizionare uno stile di vita utopico fornendo un rifugio dalla realtà pianificata da programmi indottrinanti la nuova religione. E slogan inneggianti la riproduzione.

    «Fai un figlio! sei premiato!»

    «Il ripopolamento è importante! Non siete soli lo stato è con voi»

    «Ecate è la fonte della vita. Bevi attraverso questa sorgente di vita»

    «Non riesci ad adempiere ai tuoi doveri di marito? Vieni nel nostro centro specializzato riproduttivo; C.S.R. e diventerai un leone!»

    Non si può fare a meno di ascoltarli per tutto il giorno. Pericoloso commentarli.

    Everin, ha smesso da tempo di pronunciarsi sull'argomento, che in passato gli ha portato solo guai nell'intromettersi tra le persone e le leggi politico-religiose dello stato.

    Giunge a destinazione alza gli occhi, e la porta della casa su cui si stava accingendo ad entrare si spalanca. Ne esce una ragazza dal fisico esile ma dalla corporatura tonica dai lunghi capelli sciolti neri e dagli occhi grandi e chiari bagnati dalle lacrime che con il viso teso dalla rabbia sbraita.

    «Vaffanculo - urla la giovane - non voglio stare qui, lasciami in pace!»

    Sulla porta si staglia una figura di un uomo panciuto con la barba, che tenta di farla ragionare.

    «Ti prego non fare così, è tutto quello che posso fare, mi spiace»

    Everin lo riconosce, è l'avvocato che l'ha contattato, Stefano.

    La ragazza, con le labbra sottili serrate in preda alla rabbia, esce dal cancelletto quasi correndo all'indietro e senza rendersene conto si scontra con Everin provocando un abbraccio involontario che fa quasi perdere l'equilibrio ad entrambi. La ragazza lo respinge rabbiosamente e inveisce:

    «E cosa vuoi tu, lasciami! Non mi toccare!!» Everin rimane impietrito, volge lo sguardo sull'uomo sulla soglia della porta, il quale gli dice.

    «Finalmente sei arrivato Everin, questa è Eleanore la figlia di George»

    «Ah, bene....» commenta Everin guardando la ragazza sbigottita davanti a sé cercando di calmarla con un tono pacato «Calmati Eleanore mi ha chiesto tuo padre di venire da te»

    «Sì, certo ci mancava un altro stronzo!» risponde in lacrime la ragazza che scappa correndo lungo la strada.

    Everin, rimane immobile, e borbotta.

    «Bel caratterino ...» poi raggiunge Stefano col quale entra in casa.

    «E' meglio lasciarla sbollire, non preoccuparti, tornerà presto fa sempre così, ma ora ti spiego cosa è successo, accomodati intanto» lo rassicura Stefano.

    Mentre gli viene versato del tè Everin ascolta il racconto che si rivela preoccupante.

    «Devi sapere che i genitori erano i leader  di un gruppo di persone stanche di questo governo. Da tempo predicavano l'assoluta libertà di pensiero e azione. Volevano ricostruire un mondo dove l'interesse personale non doveva essere la forza motrice della società, sognavano un mondo dove ognuno potesse lavorare e creare per la comunità e dove tutti potessero usufruire del lavoro degli altri. Un mondo dove tutti non fossero ugualmente poveri ma ugualmente ricchi, fondato su una meritocrazia che permettesse  anche ai più deboli di vivere dignitosamente. Solo che le loro riunioni diventavano col tempo sempre meno segrete e il pensiero si divulgava tra la gente sempre di più. Venivano organizzati cortei e cominciavano a dare fastidio a Medran e ai Sette Eletti del Governo. Così una notte, i genitori vennero prelevati mentre la ragazza dormiva. Furono rilasciati il mattino successivo, non ricordavano bene cosa fosse successo, avevano un vuoto mentale di quella notte, poi cominciarono a stare male e in pochi giorni morirono di una malattia sconosciuta. Per sicurezza e, secondo me, con troppa solerzia le salme furono prelevate velocemente e cremate per il timore di un contagio. Personalmente non credo a questa versione. Inoltre a causa dell'attività segreta che svolgevano, i genitori furono ritenuti nemici dello stato e gli vennero sequestrati tutti i loro beni. La ragazza ora non ha più niente.»

    «E' come pensavo, i miei genitori sono stati uccisi» la voce proviene dalla porta di ingresso, non si sono accorti che Eleanore era rientrata e stava ascoltando.

    E con uno sguardo non più disperato ma deciso e pieno di rancore si rivolge a  Everin.

    «Mio padre mi ha parlato molto di te e so che conosci l'Arte dei Maestri Combattenti. Mi ripeteva che potevo fidarmi ciecamente. Insegnami a combattere perché so chi ha provocato la loro morte, e lo voglio uccidere con le mie mani»

    «Ragazza, l'unica cosa che devi uccidere è il tuo odio, se no sarà lui a uccidere te» risponde  duramente Everin.

    «Cosa significa, che non mi aiuterai? - protesta la ragazza facendosi trascinare ancora dall'impeto della rabbia - siete tutti uguali uomini bastardi e maschilisti, credete ancora che le donne servono solo a sfornare dei figli, ma non ho bisogno di ...»   

    «Basta!!!» Everin sia alza in piedi, colpendo con forza il tavolo che fa pericolosamente sobbalzare.

    «La tua rabbia non fa altro che contaminare chi ti sta attorno, non ci sei solo tu, altri soffrono e altri soffriranno. La tua mente non è pronta! Se vuoi veramente vendicarti dovrai impegnarti duramente per riuscire a colpire il vero responsabile. Vuoi Medran e la sua nicchia di potenti? Hai abbastanza odio? Perché ti servirà tutto per sopportare quello che ti voglio insegnare. Ma per fare questo dovrai prima dimenticarti della tua vendetta e della tua arroganza. Dovrai conoscere te stessa talmente in profondità che ti scorderai chi sei ora. Ma soprattutto dovrai seguirmi senza discutere. Solo a queste condizioni ti aiuterò».

    L'atteggiamento di Eleanore, questa volta impressionata dall'autorità dell'uomo, si fa più vulnerabile e si siede guardandolo negli occhi replicando:

    «Non c'è bisogno di arrabbiarsi così, farò come dici, è l'unica cosa che desidero, aiutami ti prego non so a chi altri rivolgermi»

    «Bene. Ci sono delle condizioni. Prima regola: per te sono il Maestro, nient'altro»

    «Sono d'accordo» risponde Eleanore

    «Secondo; qualsiasi cosa ti dico di fare tu la fai»

    la ragazza annuisce, attende un po', e chiede:

    «E terzo?»

    il Maestro la fissa ancora una volta e dice:

    «Terzo; non parlare troppo»

    Stefano il quale fino ad ora non ha osato intromettersi chiede:

    «Avete un luogo dove passare la notte? Posso trovarvi una sistemazione»

    «No - risponde Everin - vivremo nei boschi, e quando sarà pronta, sarà in grado di sopravvivere e potrà partecipare alle selezioni»

    «Cosa? Quali selezioni?» esclama la ragazza allungando il capo come per sentire meglio.

    Il tono di Everin si fa ancora incisivo:

    «Così come sei non ti considererà nessuno, e non potrai avvicinarti al tuo obbiettivo. Se vorrai trovarti di fronte Medran e avvicinarlo, dovrai per prima cosa entrare nella sua schiera di guardie scelte, e l'unico modo per riuscire è vincere le selezioni di sopravvivenza. Ma se questo è troppo per te, in nome dei tuoi genitori, lasciamo perdere, ho promesso di aiutarti e lo farò, ti troverò un ometto con cui potrai fare tre o quattro pargoli. Ma se ti troverai avanti negli anni, grassa e serena, ma con la rabbia nel cuore di non aver fatto nulla quando ne avevi l'opportunità, poi non piangere. E' questo che vuoi?».

    «NO! - grida Eleanore alzandosi in piedi con i pugni serrati -  te l'ho detto, farò l'impossibile, sacrificherò me stessa pur di vedere distrutto quell'uomo ...» e senza riuscire a trattenere di nuovo le lacrime racconta:

    «...non dormivo quando li hanno portati via, e tra loro era presente quel bastardo di  Medran, e li fissava dicendogli delle cose, e non capivo, i miei genitori erano immobili e non reagivano, poi li hanno portati via. Lui li scherniva, diceva delle cose orribili, pensavo li volessero torturare, ero terrorizzata, non riuscivo a muovermi, sono rimasta sotto le coperte per paura che portassero via anche me. Non ho fatto niente per aiutarli e questa è la cosa peggiore. Credevo di non vederli più, invece il giorno dopo erano li, davanti a me, sembrava solo un brutto sogno. Ma poi hanno cominciato a riempirsi di macchie, a stare male, e in pochi giorni sono morti»

    Le lacrime continuano a scorrere sul suo volto, cercando di asciugarle con le mani la ragazza si avvicina in cerca di un abbraccio di conforto, ma Everin si scosta bruscamente, dirigendosi verso la porta di uscita, dicendo.

    «Tutto questo non serve, è tardi, dobbiamo andare!».

    La ragazza con un ultimo singhiozzo strozzato, colpita da tanta indifferenza, cede alla rabbia e stringendo i pugni gli urla:

    «Sei proprio uno stronzo, ti odio!»

    «Bene!  odiami, perché ti servirà. La rabbia, l'odio e la paura fanno parte della stessa energia che dovrai conoscere e sfruttare - risponde Everin, voltandosi verso di lei e facendo svolazzare i lembi del poncho - ora prepara uno zaino con il necessario poi partiamo subito».

    La ragazza spalanca gli occhi verso Stefano, borbottando sotto voce per non farsi sentire da lui.

    «Ma è un pazzo!» e si avvia verso la camera.

    Stefano seduto sul tavolo, da dove ha assistito tutta la scena, socchiude gli occhi portandosi le mani nei capelli. Poco dopo li saluta, li vede uscire dalla porta che si chiude mentre  la coppia si allontana attraversando la città in direzione dei boschi.

    capitolo 2

    La camminata è lunga per Everin e la ragazza. Al di fuori delle mura, le strade non sono mai state ricostruite e le città sono connesse tra loro solo da velivoli simili ad elicotteri, di conseguenza il territorio selvaggio ha lasciato modo alla fauna di riprodursi senza l'interferenza dell'uomo. Nei dintorni della città, a differenza del suo interno dove il governo sembra si guardi bene dal trascurare di averne cura, si sono formati dei miseri ghetti a causa della crisi di una economia mai ripresa. A loro non è nemmeno concesso di partecipare alla pericolosa selezione di sopravvivenza che permetterebbe di entrare a far parte dell' Élite delle guardie scelte del Presidente. Nei dintorni della città la foresta tocca i margini dei ghetti costituiti da casupole prefabbricate simili a container costruiti in legno e lamiera, fatta eccezione per alcune vaste zone dove gli alberi vengono sistematicamente tagliati per la produzione.

    Il cammino è così avvolto dai pensieri dei due che sembrano ignari della miseria e del fetidume che li circonda. Eleanore assorta segue il passo dell'uomo avvolto dal poncho, intimorita e rattristata, il suo sguardo a tratti si sposta sui bambini sporchi seduti ai bordi delle strade polverose, che comunque trovano nella loro innocenza la forza di giocare con oggetti di fortuna, pezzi di legno, corde e stracci. Sembra una scena da terzo mondo! Che tristezza! Ad un tratto viene colpita dallo sguardo di un bimbo dall'aspetto di un bambolotto che la fissa sprigionando un sorriso che non può fare a meno di contraccambiare, ma il cammino è lungo e il suo Mentore è silenzioso, non dice una parola. Ancora non può che osservare in quel paesaggio dantesco gli occhi affaticati degli operai, taglialegna soprattutto, che tornano a casa dopo una giornata di duro lavoro dove porteranno solo il minimo delle necessità alla famiglia e ai figli nascituri, così come lo Stato impone di fare.

    Eleanore proseguendo la camminata non ha il coraggio di dire nulla, anche se le domande su questo uomo e le sue intenzioni si fanno pressanti. Non dice nulla! Manco mi guarda. Ma se vuole stare in silenzio, accidenti che lo accontento!

    Finalmente scende la prima oscurità che li accompagna all'interno della foresta fuori dalla periferia. Proseguendo Eleanore non sopporta più quel silenzio e tenta un timido approccio:

    «Sono stanca, quando ci fermiamo? Ho anche fame! Ma come faremo a vivere qui in mezzo? Non c'è nulla qui … ma mi stai ad ascoltare? Dì qualcosa!!!»

    L'uomo si arresta e rivolgendosi verso di lei con uno sguardo autorevole le dice. 

    «Siamo arrivati, ci accampiamo lì, in quella radura»

    «Oh! finalmente non ne potevo più, ho i piedi gonfi e mi fanno male - Eleanore si sdraia e si toglie gli stivali con una esclamazione di sollievo - Ahhh. Che male non ne potevo più, ma a te  non  fa male niente?»

    mentre si accinge ad accamparsi Everin risponde «Si ma non mi lamento così tanto come fai tu»

    «Ma...»

    Eleanore viene subito interrotta.

    «Bisogna fare un fuoco per la notte, raccogli della legna e portala qui»

    «Mi sono appena seduta, e tu cosa fai?»

    «Ricorda la regola numero due: fai quello che ti dico» risponde infastidito  Everin.

    «Va bene ... - replica la ragazza rassegnata - però non mi sembra giusto, e non sei nemmeno di compagnia, ma cosa pensava mio padre per affidarmi a te, e ...»

    «Ah Già che ci sei ricorda anche la regola numero tre» replica bruscamente l'uomo,

    «E sarebbe?»

    «Stai zitta!»

    Indispettita Eleanore raccoglie la legna gettandogliela davanti ai piedi. 

    «E adesso?»

    Everin prende da un borsello pendente sotto il mantello, due pezzi di selce, raccoglie una manciata di erba secca, e la pone sotto dei rametti vicini alla pira di legna. Prende un panno bruciacchiato che tiene tra le mani e glielo mostra dicendo:

    «Guarda come si fa. Con un colpo secco colpisci le pietre di selce per provocare la scintilla vicino al panno … così … vedi la piccola brace? Ora basta soffiarci delicatamente ... e avvicinarla all'esca di rametti soffiando ancora ... ecco la fiamma!».

    Improvvisamente con un gesto brusco, lo spegne gettandoci una manciata di sabbia sotto lo sguardo sbalordito della ragazza.

    «Ma cosa fai?!!» esclama Eleanore.

    «Devi farlo tu. Se non riesci, stanotte la passeremo al freddo»

    Eleanore, rassegnata comincia ad operare nel tentativo di provocare le scintille sotto lo sguardo di Everin che rimane quasi impassibile. Accidenti! È più difficile di quello che sembra. È un'ora che sono qui a spaccarmi le mani che mi fanno un male ... ma non voglio dargliela vinta. Questo è capace di mollarmi qui nel bosco se non mi do da fare. Tenta ancora. Ma non riesce, così, abbattuta e con le mani segnate dallo sforzo, lascia cadere le pietre focaie volgendo uno sguardo avvilito al suo compagno dispotico di viaggio e asserisce:

    «Non ce la farò mai, non riesco, mi spiace sono proprio una delusione».

    «La prima regola per sopravvivere è non arrendersi mai e demoralizzarsi non serve. Dove hai sbagliato?» domanda  Everin.

    «Ho fatto come hai detto tu, forse non ho forza»

    «No, hai forza a sufficienza, ma è la tua mente che non è ferma, i tuoi gesti sono superficiali, adesso fai dei respiri profondi e allenta le tensioni sulle spalle, prendi le pietre, sentile nelle tue mani, il loro peso, la loro consistenza, immagina che siano calde ... ora quasi scottano ... anche tu sei avvolta dal calore ... ora le tue mani bruciano, chiudi gli occhi immagina il fuoco che si sprigiona dalla legna ... apri gli occhi e colpisci le pietre, Ora!»

    La ragazza istintivamente con un colpo secco colpisce le pietre, provocando una scintilla che rimane incandescente e soffiandoci sopra infiamma l'esca e tutta la legna. Fa seguito un'esclamazione esaltante.

    «Ce l'ho fatta!! Ihahuuu! ce l'ho fatta ! Ha ha ha non ci credo!»

    Everin: «Sei stata brava ragazza» lasciandosi scappare un sorriso che ritrae velocemente.

    Eleanore lo osserva e pensa che, quel tipo è proprio strano! Con quel cappuccio che lo rende così cupo e misterioso poi ... ora non sembra neanche più tanto ostico e magari è davvero in  gamba. E ci deve essere anche un cuore da qualche parte. Dove non si sa ma ci sarà! E vorrebbe anche abbracciarlo per ringraziarlo ... ma è meglio di no. Così semplicemente gli dice:

    «Grazie».

    Con un cenno della testa Everin divide del cibo precedentemente preparato.

    «Mangia adesso, poi dormiamo è tardi e dobbiamo essere riposati domani»

    La notte è profonda, in questa piccola radura circondata dalla fitta boscaglia, il chiarore del fuoco è sufficiente per illuminare la zona circostante e tenere lontani gli animali che non mancano di farsi sentire. Chiunque faticherebbe a prendere sonno per quei versi inquietanti, ma i due sono stanchi, le membra sono pesanti e le palpebre si serrano.

    La notte scorre tranquilla, il silenzio dell'alba ha un suono e un sapore che distingue tutta la giornata, la rugiada ricopre ogni cosa e il

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