Il gatto del condominio
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Anteprima del libro
Il gatto del condominio - Angela Giulietti
dell'autore
Lasciare tutto indietro e andare, partire per ricominciare, che non c'è niente di più vero di un miraggio...
Da che mi ricordo, ho sempre vissuto nel piazzale del supermercato. La gente spesso mi comprava delle scatolette, o mi allungava un pezzetto di pollo o una fettina di prosciutto. Girovagavo lì intorno, non avevo grandi pretese. Le giornate trascorrevano guardando le persone oppure dormendo all'ombra di una pianta. Poi ogni tanto effettuavo un'incursione in una colonia, così, giusto per soddisfare il mio appetito sessuale. Seducevo qualche gatta, la salutavo, e poi ritornavo là, al mio posto.
Una sera, durante uno dei miei raid
d'amore, sono stato catturato e infilato in una gabbia. Il tizio che mi ha preso era soddisfatto, e ripeteva:
Finalmente tutti i gatti della colonia verranno sterilizzati
Ehi, io non sono uno di loro!
Ho provato a protestare Io abito nel parcheggio laggiù, lo vedi? Quello che adesso è pieno di macchine!
Niente. Non mi ascoltava. Mi ha messo dentro un furgone assieme ad altri miei simili, che si conoscevano tutti tra di loro e parlavano del più e del meno, argomenti a me sconosciuti, infine ci ha scaricato in una sala che puzzava di un odore forte. Quando sono stato tirato fuori dalla gabbia ho sentito un pizzico e poi più nulla. Al mio risveglio, puzzavo anch'io. Non avevo più il mio odore caratteristico, e soprattutto... non avevo più le mie palline! Si stavano sgonfiando, inesorabilmente.
Sono rimasto lì per un po', fino a che l'uomo col furgone non è venuto a riprendermi e mi ha rimesso in colonia. Uno dei gatti più anziani mi ha fissato con aria distaccata:
Ma tu chi sei?
Io abito al supermercato
Ho spiegato Lì sono nato. Non ricordo molto della mia infanzia, ma eravamo due fratellini, la mia mamma un giorno si è allontanata e poi mio fratello è stato preso da una ragazzina. E io sono rimasto lì da solo
Non volevo conoscere tutta la storia della tua vita
Ha precisato lui, scuotendo il testone Solo sapere perché ti trovi qui
Non lo so! Ero con gli altri gatti, mi hanno fatto qualcosa quaggiù...
Ah sì, è toccato a tutti. Ma vedi... noi qui siamo già in tanti. Non possiamo permettere che arrivi un gatto nuovo a mangiare con noi. Il cibo ci basta a malapena
E' stato chiaro. Con la coda bassa, mi sono diretto verso il mio parcheggio, un po' confuso dalle sue parole. E' toccato a tutti
, cosa voleva dire? E che conseguenze avrebbe avuto?
Dopo qualche giorno, ho iniziato a capire. Ero cambiato. Le gatte mi piacevano ancora, certo, ma non ero più disposto a rischiare la mia incolumità per loro. E per la prima volta nella mia vita ho desiderato essere toccato da un essere umano. Era davvero bizzarro: fino a quel momento quelle zampe lunghe e tutto quell'insieme di cose che avevano addosso, la loro mancanza di pelliccia, il fatto che si muovessero sempre di fretta me li aveva sempre fatti considerare un po' strani. Ma poi ho pensato a mio fratello. Sapete, noi gatti comunichiamo anche se siamo lontani, tramite pensieri e immagini. Lui mi ripeteva sempre che le carezze erano bellissime.
Eh già!
Mi sono detto Lui però sta chiuso in tre stanze e non può andarsene in giro
La sola idea mi terrorizzava! Lo so, ero parecchio in contraddizione: volevo gli umani ma non volevo una casa! Riflettendo, ma non più di tanto, perché la gran parte della giornata deve essere dedicata all'ozio, al sonno e alle pulizie, ho deciso di fare una passeggiata nei dintorni.
Ed è stato allora che l'ho vista. Una corte con due alberi e qualche cespuglio, situata proprio al centro di una serie di case. Ho dato un'occhiata e mi sono accorto che da una finestra, al piano superiore di uno dei terratetti c'era una ragazza che mi sorrideva. L'ho fissata e poco dopo mi sono visto planare davanti un pezzetto di mortadella. Mentre mi gustavo quella leccornia, ho preso d'impulso la mia decisione: mi sarei stabilito lì.
Per tutti quelli così come noi, da sempre in corsa, sempre a metà.
C'è un bellissimo gattone tigrato, signora Claudia
Violeta scosta un po' la tenda, incuriosita. Il micio se ne sta lì, al centro della corte, e socchiude gli occhi come a godersi il sole del pomeriggio. La donna anziana fa un cenno alla badante:
Dagli qualcosa da mangiare
Violeta va in cucina, nel frigo trova una confezione di mortadella e la getta dalla finestra. Con sua grande soddisfazione, il gatto la divora. Ne passano tanti di gatti, tra le corti di Legnaia, quel quartiere caratteristico di Firenze tra il centro e la periferia. Sono gatti di persone della zona, o randagi, che restano solo poche ore e poi spariscono per giorni o anche mesi, o per sempre.
Nessun nome
Claudia blocca Violeta prima che possa chiamare il micio. Ha già dato nomi ad altri tre gatti che poi non si sono più visti, uno di questi addirittura era di un giovane che si è trasferito in Germania, perciò non ha senso che si affezioni. E lei annuisce:
Ha ragione, signora
Attende di essere da sola per poter piangere. Ogni gatto le ricorda Mihai, anche quelli che proprio non gli somigliano. Non può fare a meno di ripensare a se stessa piccola, nel 1988. A quella notte in cui mamma era agitata e papà parlava sottovoce. E le imposero:
Portati solo due vestiti, un paio di scarpe e un berrettino
E lei guardò Mihai, il suo micio bianco, che sembrava avesse capito che per lui non c'era posto, perchè si era accoccolato su una sedia e fissava il vuoto...
Non è passato un giorno senza che abbia pensato a te
Gli comunica, piangendo. Adesso Mihai è sicuramente morto, e quando nel 1996 sono tornati in Romania per il matrimonio di un parente sua nonna le ha assicurato che stava bene ed era felice con la nuova famiglia. Quindi in teoria soffrire per lui non ha senso. Però, le dispiace non avere neanche una foto del suo amico peloso. E' come se assieme a Mihai fosse scomparsa tutta la sua infanzia in Romania. Papà è morto da anni, mamma non ne parla mai, e piano piano anche il viso del gatto, assieme a quello della sua bambola preferita, stanno svanendo come dipinti con un acquerello che sbiadisce.
Io bambina non esisto più
Realizza, con sconforto. E mentre va a chiamare Claudia per la cena, butta un'occhiata alla corte. Il gatto tigrato è ancora lì. Vederlo le fa tornare il sorriso, e senza pensarci troppo gli getta alcuni pezzetti di salsiccia. Certo, se ne andrà anche lui, ma almeno lo farà a stomaco pieno.
-
La badante ha il tempo di guardare fuori dalla finestra e di dare da mangiare al gatto. Lea invece si affaccia al balcone per tirare dentro una tuta stesa e al tempo stesso deve controllare la pasta sul fuoco e tenere d'occhio Lucrezia che tende a distrarsi dai compiti. Le viene spontaneo un pensiero:
Beata lei!
Una donna anziana come la signora Claudia, che ha circa 80 anni, si accontenta di una passeggiata mattutina, un po' di tv e una minestra senza pretese. La si porta dal medico ogni tanto, le si somministrano le medicine, per fortuna è ancora autosufficiente, e il lavoro è finito. Non si può certo paragonare ad aprire il negozio alle 9, esortare i fornitori che sono sempre in ritardo, accompagnare Luca agli allenamenti, Lucrezia a danza, stare dietro ad entrambi perché studino, tenere la casa pulita, portare fuori il cane, cenare ogni weekend dai suoceri... Sì, fare la badante è un lusso!
Ha tanto tempo libero, la ragazza
Commenta, preparando il caffè. Lucrezia alza la testa:
Si chiama Violeta
Chi?
La ragazza. E' simpatica, non parla molto ma è carina
Ah davvero?
Lea risponde senza entusiasmo
Davvero. La vedrei bene con quel tipo che ha preso la casa piccola, deve avere più o meno la sua età
Chi? Lo conosco?
Quel bel ragazzo mulatto... mamma, domenica è arrivato con un furgone pieno di roba
Dici? Non ci ho fatto caso
Lea non ha proprio il tempo di controllare i suoi vicini. In realtà per lei non hanno nome: c'è la signora anziana con la badante e la figlia che abita sotto, il medico che fa orari strani, la coppia sull'angolo che ha appena accolto il figlio divorziato, il giovane mulatto e...
Melania
Già, quello è l'unico nome che si ricorda. Melania, alta 1 metro e 80, con due gambe