Viola Rosa: Donne e radiocroniste
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Anteprima del libro
Viola Rosa - Angela Giulietti
dell'autore
Prefazione
Qualche settimana fa stavo chiacchierando con un'amica giornalista, e parlando della mia attività da scrittrice lei mi diede un suggerimento:
Perché non scrivi un libro sul periodo in cui hai fatto la radiocronista?
Lì per lì ho esitato. E' accaduto tanto tempo fa, ed è durato solo un campionato... ma poi ci ho riflettuto e l'idea non mi dispiaceva affatto. Nel 1991 fui, a modo mio, una pioniera! E' vero. è stato un periodo relativamente breve, ma sono accadute tante cose, cose che spesso non si vivono in una intera vita... Naturalmente, ho cambiato tutti i nomi dei protagonisti, di alcune aziende e qualche collocazione temporale per rendere il racconto più fluido e interessante. Alcuni dei personaggi sono in realtà un insieme di varie persone che ho incontrato, perché non potevo mettere millemila nomi! Ma sono certa che chi leggerà il libro si ritroverà tra le pagine, e ritroverà un po' del suo passato.
Quel campionato io non potrò scordarlo mai. Né dimenticherò i volti e le voci delle persone accanto alle quali l'ho vissuto. Sono felice di poterlo raccontare, raccontando così anche un calcio diverso, una Firenze diversa, una storia degli anni '90 che a momenti sembra una foto sbiadita e in altri assolutamente attuale. Io, mia sorella, una scelta professionale molto ponderata, un piccolo appartamento e un enorme telefono...
(Foto copertina della fotografa Eleonora Sanesi)
1991- Come tutto ebbe inizio
Pane e calcio lo avevo masticato fin da bambina, quando un mio zio che lavorava come massaggiatore nel Bologna mi aveva portata agli allenamenti e qualche volta anche allo stadio. A 15 anni conducevo già il mio primo programma radiofonico sul calcio assieme a mia sorella Roberta, in una radio privata di Siena. A 20, quando ci trasferimmo a Firenze, fummo chiamate a collaborare con alcune radio toscane, per le quali intervistavamo i calciatori in ritiro con vecchi registratori a cassette. Ero giovanissima ma già piena di esperienza, quando iniziai a desiderare altro
. Ne parlai con Roberta e lei fu d'accordo:
Basta calcio, parliamo di altri argomenti per un po'
Insieme eravamo fortissime. I tanti anni in cui avevamo studiato recitazione e ci eravamo esibite in teatro ci avevano rese spigliate e vivaci, e la nostra dizione si avvicinava al termine perfetta
. Poi ai microfoni si notava la differenza: la mia voce era quella più nervosa, inquieta, tagliente e sarcastica, mentre quella di mia sorella più calma e modulata. Ci piaceva il mondo della radio e avremmo voluto davvero misurarci con nuove sfide. Quando venimmo a sapere che a Radio Grazia
stavano cercando alcuni speaker che leggessero i GR, ci precipitammo a sostenere il provino.
Davanti al microfono parlai di politica e di costume, e mi sentivo appagata. A quanto ci disse Alessio, il tecnico che ci ascoltò, sia io che Roberta avevamo fatto una buona impressione. Ma l'ultima parola spettava a Claudio Bocci, il direttore del network.
Bocci ci convocò pochi giorni dopo. Ci sedemmo davanti a lui, in un piccolo ufficio moderno dentro un palazzo antico, e già da quando lui iniziò a parlare, e usava il voi
e ci si rivolgeva al plurale avevo capito che non era il GR quello che aveva in mente. Ci voleva insieme, come squadra. Si produsse in un sorriso accattivante e sentenziò:
Mi piacerebbe che curaste le radiocronache della Fiorentina
Ma dai! Assurdo! A Firenze c'era già Daniel Grotta, che seguiva la squadra da anni e che era considerato il radiocronista viola per eccellenza! Come potevamo sperare di guadagnare ascoltatori facendo ciò che faceva lui? Ma Bocci sembrava convinto:
La nostra cronaca sarà diversa, più ironica, più leggera... insomma, al femminile. Ci rivolgeremo a un pubblico che magari non è malato di calcio, ma apprezza la partita raccontata con un tocco di umorismo
Ah beh su quello poteva stare tranquillo. Noi non eravamo tifose, di nessuna squadra. Amavamo il calcio ma non eravamo mai riuscite ad affezionarci a dei colori in particolare. Quello che mi lasciava perplessa, però, era il salto nel vuoto, e poi l'idea di ricominciare da dove avevo detto stop
non mi entusiasmava. Tuttavia il direttore sembrava convinto, e ci spiegò:
Trasferte pagate. In più 50mila lire a testa per le gare in casa e 100 per le gare fuori Firenze. E per i viaggi più lunghi i nostri sponsor copriranno le spese dell'albergo del sabato sera
A quel punto realizzai che l'offerta era buona, anzi più che buona! Avrei girato tutta l'Italia gratis, anzi, guadagnando! Non ci fu bisogno del consulto tra sorelle. Dicemmo sì
quasi all'unisono. E il giorno dopo tornammo nella sede della radio per fare la conoscenza del nostro telefono, dal quale avremmo trasmesso in diretta.
Nel 1991 non c'erano ancora i cellulari. O meglio, erano riservati a un'èlite di cui certamente non facevamo parte! Il portatile che ci sarebbe servito per le radiocronache era grande come un dizionario, e corredato di ben due batterie, pesanti e massicce, ognuna delle quali sarebbe bastata per un tempo della partita. Alessio, il tecnico, ci spiegò come usarlo, e ovviamente decidemmo di dargli un nome, perché presto sarebbe stato un compagno fisso di viaggi e lavoro. Ci piaceva Sergej Bubka, il saltatore con l'asta, e così l'oggettone divenne Sergej.
Nei giorni che precedettero l'inizio del campionato ero nervosissima. E se non fossi riuscita nel lavoro? Un conto era starsene al tavolino di un bar con un calciatore e chiedergli della partita seguente, un altro era descrivere per 90 minuti ogni azione di gioco... Avevo addosso un'ansia indescrivibile!
Per di più, la prima gara sarebbe stata Juventus-Fiorentina, la più sentita dai tifosi viola, la più ricca di rancori e di rivalità,una prova che più difficile di così non poteva essere. Provavo un misto di eccitazione e paura, e prima della partenza in treno facevo mille congetture su cosa sarebbe potuto andare storto. Di certo non immaginavo un esordio tanto problematico e un campionato tutto in salita!
Juventus- Fiorentina
L'ultima notte di agosto avevamo dormito in un grazioso albergo nel centro di Torino. La mattina mi svegliai e non riuscii a mangiare nulla tanta era la tensione. Sembrava che l'ora della partita non arrivasse mai! Presa com'ero dai dubbi e dall'ansia non avevo nemmeno pensato a controllare i biglietti che ci erano stati recapitati dalla radio. Ma quando io e Roberta giungemmo allo stadio Delle Alpi
scoprimmo che i nostri posti erano nella curva degli ospiti... un ulteriore motivo di angoscia! Già avevo paura di non riconoscere i giocatori, già tremavo all'idea di toccare per sbaglio un tastino e mandare all'aria il collegamento, ma quando salimmo in alto, altissimo, con i giocatori che durante il riscaldamento sembravano minuscoli, e poi vedemmo alcuni oggetti diretti contro i tifosi viola che arrivavano, lanciati dalla tribuna laterale, fui colta relamente dal panico! Io scappai per prima, perché io ero quella isterica, ma Roberta mi seguì. Ci nascondemmo nel bagno più vicino e chiamammo Alessio:
Senti, qui lavorare è impossibile! Siamo in mezzo ai lanci di oggetti di ogni tipo, coi tifosi viola incazzati, e non si vede il campo!
Non ci sono scuse
Replicò lui Ragazze, dovete fare la radiocronaca!
Provammo a tornare ai nostri posti, ma a quel punto i fiorentini erano tutti in piedi e pronti a difendersi, ed erano tutti altissimi e grossissimi! O almeno così sembrava a me, perché adesso del terreno di gioco si vedeva solo uno spicchio! Mi veniva da piangere:
E ora cosa si fa?
Siamo ragazze giovani e carine
Rispose mia sorella Cerchiamo di commuovere qualche poliziotto
Mancava veramente poco all'inizio della partita. Del campionato. Della mia vita nuova. Ed eravamo fuori dallo stadio a cercare una soluzione. Volevamo provare a chiedere se fosse possibile accedere a bordo campo, dove c'erano i posti per disabili. Ci avvicinammo a un poliziotto sforzandoci di sembrare più sexy, disperate e tenere possibile. Ma prima che lui ci rispondesse sbucò dal nulla un ragazzo alto e bruno, con un badge del servizio d'ordine della Juventus sulla maglietta, e disse:
Queste ragazze sono con me
Nico, così si chiamava, ci portò dentro, e prima che riuscissi a rendermi conto di cosa stava succedendo ci sistemò in due seggiolini in tribuna laterale. Ero ancora scossa e perplessa quando l'arbitro fischiò. Ecco, era partita la stagione di serie A 1991-92. E noi dovevamo raccontare quei 90 minuti meglio che potevamo.
Andò tutto liscio fino alla fine del primo tempo, quando segnò Casiraghi per la Juventus, e i tifosi viola iniziarono a lanciare oggetti verso la tribuna. Io scappai, decisa a non tornare mai più (il mio coraggio, o meglio, la mancanza di esso, è piuttosto conosciuto!), mentre Roberta si mise a parlare con Nico alla ricerca di una soluzione.
Alla fine,