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L'amore è un'altra cosa
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L'amore è un'altra cosa
E-book320 pagine4 ore

L'amore è un'altra cosa

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Info su questo ebook

Martina, anche detta Tati, ha trentuno anni… Vabbè, quasi trentadue. Lavora come segretaria in uno studio medico, anche se la sua vera passione è la scrittura, ma dato che guadagnare scrivendo era un pio sogno in principio, ha iniziato a pubblicare quello che scriveva con lo pseudonimo di Gioia Maina e non ha mai smesso, perché vogliamo deludere i genitori e abbandonare un lavoro a tempo indeterminato a favore di un salto nel vuoto?
Ha un fidanzato, Marco, che le dà stabilità e non è esattamente entusiasta della sua migliore amica, Margherita detta Tita, che a sua volta non è proprio entusiasta del suo fidanzato.
Inoltre ha una coscienza fin troppo puntigliosa e un ex fuggito a Londra, segregato in un passato da tenere chiuso in una camera a tenuta stagna con le porte blindate insieme alla ricetta della Nutella e della Coca Cola.
Ma tanto il passato non torna mai sul luogo del delitto.
O forse si?
LinguaItaliano
Data di uscita25 apr 2017
ISBN9788826078885
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    Anteprima del libro

    L'amore è un'altra cosa - Alessandra Saggi

    passa

    1.

    " Sono stanca di dover cambiare me stessa, di non essere mai abbastanza simpatica, mai abbastanza sicura di me, mai abbastanza provocante, mai abbastanza accondiscendente! Lo capisci? Non ce la faccio a continuare a non essere mai ‘abbastanza’ per nessuno. Mi sta logorando, io volevo solo essere amata! La capisci la differenza? Voi vorreste che semplicemente mi divertissi a darla via a destra e sinistra, mentre io vorrei solo essere amata per quella che sono," sbotto di colpo.

    Sono un fiume in piena, non riesco a riprendere quel controllo per cui sono tanto rinomata e allo stesso tempo criticata, non riesco a frenare le emozioni e sono letteralmente terrorizzata. Perché sono consapevole che stavolta si è incrinato qualcosa in profondità e tutti i sentimenti repressi stanno aprendo un varco attraverso quella crepa e non so come fermarli.

    Reprimere e sopravvivere, questo è quello che so fare e che ho sempre fatto per andare avanti, io non mi apro con gli altri, non faccio chiacchierate a cuore aperto, non cerco aiuto, reprimo e sopravvivo. Ma stasera è diverso, il cuore è a pezzi e il cervello ha deciso di prendersi una lunga e meritata vacanza, ha lasciato un biglietto alla porta della coscienza con scritto Questo è davvero troppo, che ci pensi quel cretino del cuore stavolta!. E quel cretino del cuore mi scoppia nel petto, minaccia di farmi annegare in una pozza di autocommiserazione e il colmo è che sento la necessità di lasciarmi annegare, di smettere di resistere. Così continuo in questa specie di sproloquio.

    " Eh certo, molto meglio preoccuparsi di quanto sesso faccio o non faccio, non di quanto mi sto arrendendo un po’ per volta ad una vita che non sento mia! Io almeno che sono un’ipocrita lo ammetto con me stessa, quando devo fare i conti di notte con la mia vita e piango in silenzio perché non ho la forza di cambiare, lo ammetto che sono un’ipocrita e una perdente. Ma voi?"

    Alzo lo sguardo e loro mi fissano con gli occhi sgranati. Per la prima volta in vita mia le ho lasciate ammutolite, non mi riconoscono e posso leggere chiaramente la scritta AIUTO a neon che lampeggia sulle loro fronti, non reagiscono. Di solito sono io che faccio da paracolpi ai loro sfoghi, che le ascolta e che le consiglia.

    Leggo e rileggo quello che ho appena scritto, correggo gli errori e cerco di eliminare le ripetizioni mentre mi prendo una pausa dal mio finto hobby.

    Si, perché agli occhi indiscreti che vorrebbero leggere il risultato del mio frenetico digitare ogni qualvolta passano nei dintorni del mio computer, questa è solo una passione che porto avanti di tanto in tanto.

    La bocca sottostante i suddetti occhi ha sempre detto Ma mica penserai che potrai guadagnarti da vivere scrivendo? e mica vogliamo contraddire cotanta bocca della verità, no?

    Soprattutto se la voce che esce dalla bocca di cui sopra è la stessa che ti raccontava favole per farti addormentare da piccola, anche se poi la favola era una sola, ma ogni sera c’era qualche dettaglio diverso perché la stanchezza della giornata di lavoro faceva dimenticare quello che era stato inventato la sera precedente, che ti sussurrava Ti voglio bene, tesoro mio ogni mattina al tuo risveglio e che sussurrava piena di emozione all’amore della sua vita accanto a lei durante le tue recite scolastiche Eccola, guardala!.

    Dai, come potrei contraddire mia madre?

    Semplice, non posso e la verità è che non voglio neanche. Ma questo non mi ha impedito di continuare a scrivere e di guadagnare scrivendo, è bastato solo non farlo apertamente e farlo apparire come un passatempo. E crearmi un’identità finta che rappresentasse le mie parole. Dettaglio non da poco, ma dopo aver avuto l’illuminazione sulla via di Damasco sul mio pseudonimo, l’idea di scrivere professionalmente è diventata decisamente ancora più allettante.

    Dopo una breve, ma intensa ricerca di un nome fittizio , quello che ha vin to il premio come pseudonimo più calzante dell’anno è…Gioia Maina. Adesso, se fossimo in una sitcom anni novanta ci starebbe bene una rullata di tamburi con gong finale alla rivelazione, con una serie di applausi e risate finti, ma mi accontenterò di un leggero increspamento delle labbra a formare una o stupita.

    Ebbene si, la mia vita ormai scorre su due binari diversi, nella quotidianità sono Martina Rustici, segretaria presso uno studio medico in centro, una laurea in Scienze della Comunicazione nel cassetto, trentuno anni che molto spesso sembrano tredici e un fidanzato… Beh , in un unico aggettivo, normale.

    Quando scrivo sono Gioia Maina, o Maina Gioia se preferite, ora sono sicura che sia chiaro il motivo per cui il mio pseudonimo sia calzante, scrittrice emergente con due romanzi all’attivo le cui vendite hanno superato le più rosee aspettative della casa editrice, senza contare le mie, penna pungente e velatamente portata alla seduzione che non ha paura di attirare le critiche secondo gli addetti ai lavori.

    Credo che definire Gioia un mio alter ego sia decisamente improprio, non siamo due entità distinte che non si incontrano mai, preferisco definirla la mia addetta alle pubbliche relazioni.

    L’aver scelto un nome finto per pubblicare i miei primi scritti serviva solo per tutelarmi in caso di fallimento, ma anche in caso di successo dato che non sono un’amante dei cambiamenti ed entrambi gli scenari avrebbero portato modifiche consistenti alla mia vita per cui non ero assolutamente pronta, e dato che non l’ho ancora lasciato il mio pseudonimo, credo di non esserlo neanche adesso. All’inizio era come un gioco, non credevo che le mie parole sarebbero state apprezzate da qualcuno, quindi mi sono buttata a capofitto nella scrittura fregandomene del risultato, tanto male che fosse andata avrebbero stroncato Gioia, non me.

    Quando il mio primo lavoro autopubblicato ha iniziato a riscuotere successo, ha attirato l’attenzione di alcune case editrici che sarebbero state interessate ad acquisirne i diritti e intenzionate ad offrirmi un contratto di lavoro, anzi offrirlo a Gioia. Solo a quel punto mi sono resa conto che la situazione era seria e reale, non più un gioco, e che avrei dovuto scegliere se proseguire la carriera di scrittrice a tempo pieno usando il mio vero nome e metterci letteralmente la faccia o continuare a scrivere a tempo perso dopo l’orario di lavoro allo studio, usando uno pseudonimo. Per fortuna, la casa editrice IlTreno ha accettato le mie condizioni di totale anonimato e l’uso di uno pseudonimo, altrimenti avrei forse rinunciato per sempre all’unico sogno che abbia mai avuto, in nome della stabilità economica.

    Marti , mi dai una man o ? mi urla mia madre dalla cucina riportandomi bruscamente al presente. E d alla realtà.

    Arrivo ma mma ! chiudo il file a cui stavo lavorando, salvo le modifiche e arresto il pc. Questo è il motivo per cui mi piace tanto usare uno pseudonimo, la mia vita è semplice, forse abitudinaria e un po’ noiosa, ma mi dà sicurezza e mi tiene ancorata alle mie radici, senza togliermi la possibilità di avere un orizzonte ampio a cui guardare.

    Arrivo in cucina, cerco dei guanti usa e getta per aiutare mia madre a pulire i carciofi e afferro un coltello per aiutarmi con lo scarto. Non sopporto le mani nere che il carciofo lascia, poi dovrei togliere il nero con il succo di limone e le mie mani non sopporterebbero una tale aggressività, le cuticole intorno alle unghie sono una cartina geografica di cicatrici dovute al lavoro incessante delle dita e dei denti, quindi, nonostante il mio autolesionismo, non sono così masochista da usare il limone sulle mani, ecco spiegato l’uso dei guanti.

    Mia madre non li usa, dice che se li indossa poi non ha la sensibilità necessaria ad usare le mani liberamente, quindi usa il limone. Ha comprato circa dieci chili di carciofi per farli sottolio, probabilmente per sfamare l’intero palazzo data la quantità, quindi ha bisogno di tutto l’aiuto che le posso dare, anche se il mio aiuto sta nel limit armi ad eseguire gli ordini, perché la cucina è il suo regno incontrastato in cui è generale, ammiraglio e capo supremo. Io arrivo al grado di soldato semplice, più per paura di sbagliare che per effettiva incompetenza, dato che non ho la passione necessaria a fare carriera nel settore, ho seguito l’addestramento per imparare le basi per non morire di fame, ma non ho seguito corsi supplementari per avanzare di grado.

    Prendo una sedia e mi siedo accanto a lei, già intenta a sbucciare carciofi, togliergli le punte e metterli a bagno in una bacinella piena d’acqua.

    Tesoro, mi sono scordata di dirti che ieri pomeriggio, mentre andavo a tendere i panni su nei tenditoi, ho incontrato la Giovanna, mi dice appena inizio ad eseguire il mio compito.

    Come sta la signora Ferretti? chiedo fingendo indifferenza.

    Molto bene. Quella donna deve spendere una cifra notevole al mese tra estetista e palestra, ma direi che ne val e la pena. Non invecchia mai.

    Aspetta di vedere il quadro nascosto nell’armadio, peggio di Dorian Gray, mormoro a bassa voce.

    Mia madre ride, mentre alza lo sguardo verso di me. Non riesci proprio a sopportarla, eh?

    Non è questione di sopportarla o meno, quella donna è la personificazione della superficialità. Basa tutto sull’apparenza, ma abbasso lo sguardo per non farle capire che in realtà ho capito benissimo che intendeva tutt’altro con la sua domanda.

    Mia madre sa perché non sopporto quella donna, ma per fortuna si accontenta della mia risposta.

    Per la tua gioia, mi ha chiesto di te. Voleva sapere cosa facevi di bello, dato che è un po’ che non ti vede. Mi ha chiesto ‘Lavora ancora in quello studio medico?’

    C ome se non lo sapesse già, ha una rete di talpe all’interno del palazzo, un gruppetto di signore con la passione degli affari esteri, ovvero quelli degli altri, con cui passa pomeriggi a fare gossip, su ciò che avviene o non avviene nel nostro palazzo, chi entra, chi esce, quando, come e perché... Il Ministero della Pubblica Amministrazione dovrebbe assumerle a tempo pieno, con la loro supervisione il problema dell’assenteismo sul lavoro sarebbe estirpato alla radice, niente e nessuno sfugge al loro occhio indiscreto.

    Come se non lo sapesse di già, ma credo fosse una prova. Eravamo all’altezza dell’appartamento della signora Lozzi, che probabilmente sentendo le nostre voci era corsa allo spioncino!

    Non posso fare a meno di ridere, mia madre odia il gossip e il gruppo delle Casalinghe Disperate di via Roma ne è l’emblema caratteristico.

    Continua a raccontarmi l’accaduto mentre sbucciamo, tagliamo e immergiamo i carciofi.

    Comunque sia le ho detto che lavori ancora lì e che forse non ti vede molto perché quando tu vai a lavorare e ho scandito bene la parola ‘lavorare’, forse lei è fuori casa per qualche commissione.

    E con questo mi sono conquistata una bambolina voodoo a mia immagine e somiglianza che userà come portaspilli! le dico ridendo.

    Ma va là! Quando sono scesa dai tenditoi ho intravisto un ragazzo che usciva dall’appartamento della Valeria, sai quella ragazza poco più grande di te che sta all’ultimo piano? Ecco, non mi sembrava il suo ultimo fidanzato, quindi le Casalinghe avranno sentito odore di gossip e si saranno buttate anima e corpo a cercare di capire chi fosse quel ragazzo. Tu ormai sei già storia vecchia per loro, tranquilla tesoro!

    Adoro mia madre, fine della discussione.

    Sto ancora ridendo quando prosegue nel racconto dell ’ incontro del giorno prima. Lei mi risponde ‘Certo, sai sono sempre di corsa, vai a fare la spesa, passa dal commercialista, poi dalla banca, sono sempre in giro!’ . Ho resistito all’esigenza di allungarle un fazzoletto per asciugarsi il sudore dalla fronte, era molto provata dal suo girare!

    Mamma! le dico ridendo.

    Lei mi guarda sorridendo e aggiunge Dai, quando è troppo è troppo! Comunque mi ha chiesto se eri sempre fidanzata con Marco, le ho detto di si e poi per cortesia le ho chiesto come stava Riccardo.

    Anche solo al sentirlo nominare mi si stringe la bocca dello stomaco, ma col tempo è diventato più facile convivere con il suo ricordo.

    Come sta? È ancora a Londra? le chiedo cercando di essere il più disinvolta possibile.

    Si tesoro, è ancora a Londra. Ma tornerà fra tre settimane circa.

    Dato che non aggiunge altro, alzo lo sguardo su di lei. Ah, quanto rimane stavolta?

    Tesoro, stavolta rimane a tempo indeterminato. Torna in pianta stabile qui. La società per cui lavora ha aperto una sede in centro, gli hanno offerto il ruolo di dirigente, o quello che è, e lui ha accettato.

    Riccardo torna in città. A tempo indeterminato. Carr a mba che sorpresa!

    2.

    Quindi Dado torna fra una ventina di giorni?

    Alzo lo sguardo dalla tisana ai frutti di bosco che sto contemplando da diversi secondi e affronto la mia migliore amica, Margherita.

    Si, così parlò Doriana Gray. A quanto pare la società per cui lavora apre una sede in centro. Che culo!

    Marghe non ride della mia battuta, mi guarda seria puntandomi addosso quegli occhi azzurri come il cielo che le ho sempre invidiato e che sanno leggermi dentro meglio di una radiografia. Stai bene Tati?

    Smetto di sorridere e abbasso gli occhi. Sto bene? Continuo a chiedermelo da ieri mattina dopo la conversazione con mia madre, ma non so ancora cosa rispondere. Il saperlo lontano da me mi ha aiutato a rimettere insieme i pezzi in cui ero ridotta quando mi ha lasciata sette anni, tre mesi, undici giorni e cinque ore fa. Minuto più, minuto meno.

    Non lo so, le dico sinceramente. Non credevo che sarebbe più tornato in pianta stabile qua in Italia, quindi non ho neanche mai preso in considerazione l’idea di rivederlo quotidianamente. Non credo di essere pronta nemmeno ad affrontare l’idea di rivederlo, figuriamoci a dover interagire con lui!

    Lei mi sorride, ma le leggo nello sguardo che si sente in colpa.

    Tita, lo so che tu sei felice di rivederlo, non devi sentirti in colpa. È già abbastanza brutto che per colpa di quello che è successo tu abbia dovuto scegliere da che parte stare sette anni fa, non c’è bisogno che continui a proteggermi cercando di odiarlo. Non ci sono riuscita io, figuriamoci la sua migliore amica.

    Margherita mi guarda insicura, non mi piace la situazione in cui si è venuta a trovare da quando Riccardo ha spezzato il mio cuore e i miei sogni sette anni fa. Io, lei e Riccardo abbiamo la stessa età e ci conosciamo da quando siamo nati praticamente e, vivendo nella stessa palazzina, siamo letteralmente cresciuti insieme, fino ad essere amici inseparabili.

    Beh, io solo in età sono cresciuta, Margherita e Riccardo anche in altezza, come hanno sempre sostenuto per prendermi bonariamente in giro. Per inciso, io sono orgogliosa del mio metro e sessantadue centimetri, sono loro che hanno sforato la media!

    " Marti, non ho scelto da che parte stare, ho sostenuto chi era nel giusto secondo me e ho fatto lo scalpo a chi era nel torto. Non sono stata costretta a scegliere niente e nessuno, ho seguito il mio cuore e, caro il mio tesssoro, mi sono ritrovata a guardarti le spalle," mi dice facendomi l’occhiolino.

    Le sorrido, perché non so cosa avrei fatto senza di lei. Non solo sette anni fa, quando Riccardo se n’è andato, ma da sempre. Marghe è l’altra metà del mio cuore, quella che mi ha riaccompagnato a casa di peso perché troppo ubriaca per reggermi in piedi, quella che a tredici anni è andata a parlare con Umberto, il ragazzino che mi piaceva, per vedere se avevo una possibilità con lui perché mi vergognavo troppo per parlarci direttamente, quella che ha visto il meglio e il peggio di me e mi ha sostenuta a prescindere.

    Solo le spalle? Andiamo, lo so che hai dato una sbirciatina anche al davanti! le dico mentre mi tiro su le tette e le metto in bella mostra per il suo sguardo divertito.

    Ti odio! Anzi, vi odio! Tu e le tue tettone. Tra l’altro dovresti condonarle, secondo me ti ci farebbero pagare l’Imu.

    Andiamo, non sono così grosse! Sono le tue ad essere piccole, le dico mentre ridiamo insieme.

    Shh, mi dice. Parla piano che sono sensibili!, poi allarga lo scollo della sua maglietta, abbassa il viso e sussurra Non ascoltatela! È una tettona cattiva.

    Non possiamo farci niente, non riusciamo ad essere serie per più di quindici minuti consecutivi.

    Si riaggiusta lo scollo della maglietta e mi guarda con un sorriso dolce stampato sul viso. Troppo dolce. Poi inizia a sbattere le ciglia velocemente, si prende il viso fra le mani e appoggia i gomiti sul tavolino che ci separa.

    So cosa sta facendo, l’infame!

    Questo è un colpo basso. Cattiva Margherita, cattiva, cattiva, cattiva.

    " Non ho idea a cosa ti riferisci, tesssoro . Ti sto solo guardando."

    Quindi non stai convogliando tutta la mia attenzione su quegli occhi meravigliosi che ti ritrovi? Non vuoi farmi morire di invidia?

    Certo che no! mi dice seria, mentre smette di battere le ciglia. Volevo solo guardarti meglio.

    Disse il lupo cattivo, le dico ridendo. Chissà se torna a stare dai suoi o ha preso un appartamento da solo?

    Margherita smette di ridere e alza le spalle. Non lo sento da qualche giorno e la carogna infida non mi aveva accennato minimamente che il ritorno nel Bel Paese fosse così a breve termine. Temo sia spaventato sul serio stavolta.

    Stavolta?

    Margherita abbassa lo sguardo sulla sua tisana, concentratissima sul movimento circolare del cucchiaino. Mi nasconde qualcosa.

    Marghe?

    Non alza lo sguardo e ho la conferma che sta nascondendo qualcosa.

    Tita? Sputa il rospo, dai. Non mi arrabbio.

    Questo la fa ridere e smette di girare la sua tisana. No è niente di che, davvero.

    Ora sono seriamente preoccupata!

    Alzo lo sguardo e lei incolla il suo al mio. Gli era già stato proposto di tornare in Italia, ma solo per un paio di mesi quella volta. Poi però non ne fecero di niente e lui è rimasto in Inghilterra.

    Quando gliel’avevano proposto? E perché aveva paura? Non è uno che si spaventa facilmente.

    Circa un anno e mezzo fa, dice prendendo la tazza fra le mani e bevendone un sorso, poi fa una smorfia.

    Manca lo zucchero! si allunga a prendere un’altra bustina e l’aggiunge alla sua tisana al frutto della passione. Dove lo metta tutto lo zucchero che ingurgita quotidianamente non ne ho idea, dato che ha un corpo che rasenta la perfezione. Alcuni pensano che non si conceda mai sfizi per mantenere il fisico che si ritrova, ma solo perché non l’hanno mai vista mangiare.

    Riporta lo sguardo su di me e mi becca con le sopracciglia alzate a fissarla mentre fa sciogliere lo zucchero.

    Che c’è? mi chiede. Mi piace la dolcezza in tutte le sue sfumature, lo sai! e mi fa l’occhiolino.

    Scuoto la testa e sorrido. 50 sfumature di dolcezza? M’hai dato un’idea.

    Ridiamo entrambe. Margherita è l’unica a sapere della mia seconda professione, mi fido ciecamente di lei, forse più di quanto mi fidi perfino di me stessa.

    Voglio che tu dia il mio nome alla protagonista, altrimenti voglio i diritti sull’idea.

    Ti accontenti di poco, tesoro, le dico mentre le faccio anch’io l’occhiolino.

    Comunque è vero, non è un tipo che si spaventa facilmente, dice tornando a parlare di Riccardo. C’è solo una persona che riesce a spaventarlo, e mi fissa.

    Chi? Io?

    È solo un dato di fatto. Sei l’unica di cui ha sempre avuto paura. Ti ricordi di quando l’hai costretto a farsi mettere lo smalto rosso fuoco di sua madre sulle unghie di mani e piedi? Eravamo in seconda media, vero? mi dice ridendo.

    Certo che me lo ricordo, era perfettamente abbinato al rossetto che gli avevo messo sulle labbra!

    Eri perfida con lui e lui ti assecondava in tutto e per tutto. All’inizio per paura che tu potessi fargliela pagare con qualcosa di ancora più perfido, ma poi perché… ma Margherita si ferma e lascia cadere la frase perché ha capito dove avrebbe portato il suo discorso.

    Sono passati sette anni dalla nostra rottura, ma anche se la mia vita è andata avanti senza di lui, ripensare alla nostra storia non mi lascia indifferente. Vorrei poter guardare al nostro passato insieme con al massimo una tiepida malinconia, ma la verità è che ogni volta che ci penso è come se la ferita lasciata dal suo addio si riaprisse e sanguinasse ancora. Si dice che ci sono ferite che lasciano solo una cicatrice del loro passaggio e altre che ti cambiano la vita… Beh, Riccardo è la ferita che ha cambiato la mia. Ecco perché evito di pensarci quando posso.

    È stato il mio primo amore, il mio migliore amico, il mio punto di riferimento, dopo di lui la mia vita non è stata più la stessa, io non sono stata più la stessa.

    Certo, sono sopravvissuta al suo addio, ma una parte di me si è spenta il

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