Una famiglia sotto l'albero: Harmony Collezione
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E adesso, che cosa faccio?
La piccola Amy ha bisogno di una famiglia, ma Leigh rischia di non poterle offrire neppure una casa: infatti, se non riesce a procurarsi i soldi nel più breve tempo possibile, potrebbe finire sul lastrico. Non le rimane che un'ultima chance: telefonare a Nicholas.
Ma chi è Nicholas, e che cosa fa nella vita?
Nicholas è un affascinante uomo d'affari, che però non ha la più pallida idea di essere padre.
Dapprima allibito dinanzi alla rivelazione di Leigh, Nicholas accetta infine di vedere Amy. Ma, al primo incontro con la bambina, si rende conto che la piccola gli rassomiglia come una goccia d'acqua e decide quindi di entrare a far parte della vita di sua figlia. Così convince Leigh a trasferirsi da lui. Insieme alla bambina, ovviamente.
Cathy Williams
Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.
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Anteprima del libro
Una famiglia sotto l'albero - Cathy Williams
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Daughter for Christmas
Harlequin Present
© 1998 Cathy Williams
Traduzione di Sonia Indinimeo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 1999 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5892-913-1
www.harlequinmondadori.it
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1
La decisione di rivolgersi a Nicholas Kendall era stata molto sofferta. Dopo mesi di esami di coscienza, dopo che ogni altra possibile soluzione era stata vagliata e scartata, Leigh aveva capito di non avere scelta.
Ma... come dirglielo? Avrebbe dovuto telefonare? No, era una situazione troppo delicata da trattare al telefono. Avrebbe dovuto scoprire dove abitava e fargli una visita a sorpresa? No, sarebbe stato traumatizzante. Lei non aveva idea di quanti anni avesse e dello stato delle sue coronarie.
Alla fine, dopo mille ripensamenti, aveva scelto di scrivergli una lettera, abbastanza laconica da stuzzicare la sua curiosità, ma non tanto da essere archiviata immediatamente nel cestino della carta straccia. L’impresa non era stata delle più facili, visto che Leigh non sapeva quasi nulla di quell’uomo.
Non ne sospettava neppure l’esistenza fino alla breve, confusa e disperata confessione di Jenny. Una confessione sconvolgente, fatta con un filo di voce da un letto d’ospedale. In quel momento, Leigh aveva evitato le domande e ormai sua sorella non era più lì a rispondere.
Ora, tenendo tra le mani la risposta di lui, si sentiva proprio come aveva previsto: insicura. Aveva fatto la cosa giusta? Aveva tradito la fiducia di sua sorella o lei avrebbe capito? Fissò per un istante lo spesso foglio di carta sul quale spiccavano le parole in inchiostro nero e sperò di non essersi mai dovuta trovare così alle corde.
«Che succede?»
Leigh sollevò di scatto lo sguardo dalla lettera e la ficcò velocemente nella tasca del cardigan, poi scosse la testa e sorrise alla bimba che la guardava dal basso con i grandi occhi innocenti.
«Niente. Ti sei spazzolata i capelli, Amy? Non puoi andare a scuola in queste condizioni.» Fissò sua nipote tentando di cancellare dal proprio viso ogni traccia di preoccupazione. Amy non doveva sapere. Aveva già sofferto abbastanza.
«È per la casa?» chiese con la vocina sottile. «Vogliono portarci via la casa, vero?»
Il cuore di Leigh sobbalzò.
«Ma... come ti viene un’idea simile?»
«Ti ho sentito parlare al telefono con Carol, questa notte.»
Leigh si sentì sopraffare da un senso di impotenza. Era stata travolta da un ciclone e avrebbe voluto fuggire lontano, ma c’era Amy. La figlia di sua sorella, di cui doveva prendersi cura. Oh, cielo! Come avrebbe potuto spiegarle ciò che stava accadendo?
«Dovevi essere addormentata, a quell’ora, Amy!»
La bambina non rispose. Rimase ferma, nella sua divisa scolastica invernale. Sette anni, con lunghi capelli scuri e solenni occhi verdi.
«E va bene, cara. C’è un piccolo problema con la casa, ma non ti devi preoccupare. Ci penserò io.»
«Dovremo andar via?»
«Vedremo...» Leigh fece una pausa e sospirò. «È molto probabile.»
«Ma... tu non mi lascerai, vero?» sussurrò Amy.
Leigh si abbassò sulle ginocchia e le prese il viso tra le mani. Non era la prima volta che era costretta a fare questo per convincere sua nipote che non sarebbe sparita. Lo psicologo della scuola aveva spiegato a Leigh che era una reazione del tutto normale. Dopo la morte dei genitori, Amy aveva un costante bisogno di essere rassicurata e si era aggrappata a lei come un’edera.
«Non sperarci, nanerottola!» scherzò Leigh. «Sei incollata a me, che ti piaccia o no! E adesso sistemiamo i capelli. Poi fai colazione e andiamo a scuola. Di questo passo, arriverai tardi!» Le baciò la fronte. «Su, sbrigati o la signora Stephens mi farà il solito sermone sulla puntualità e mi farà arrivare tardi al lavoro!»
Scese in cucina per preparare la colazione e si sforzò di comportarsi normalmente, anche se quella lettera le bruciava nella tasca.
Nicholas Kendall voleva incontrarla. Tra due giorni. Al suo club nella City. Non aveva chiesto niente. Non aveva fatto alcun commento. In quelle due righe non c’era alcuna traccia che le facesse intuire che tipo di uomo fosse.
Oh, Jenny, perché non ti ho fatto qualche domanda?
«Mi dispiace, Leigh...» aveva mormorato debolmente sua sorella, con il respiro affannoso. «So che sarà uno shock per te, ma non voglio andarmene portandomi questo segreto. Non posso farti questo. Ho bisogno di dirtelo, di spiegarti...»
Leigh non aveva chiesto niente. Era troppo sconvolta da quello che stava ascoltando. Aveva sempre considerato Jenny e Roy una coppia perfetta, genitori felici di una splendida bambina, e ora, sua sorella le stava dicendo che era stata tutta un’illusione.
Un altro uomo!
L’avventura di una notte, le aveva confessato Jenny. Un impulso che l’aveva trascinata quando stava attraversando un periodo di disperazione; un attimo di pazzia che Roy le aveva perdonato e che entrambi si erano lasciati alle spalle.
Un altro uomo di cui le aveva detto solo il nome. Quel nome, scarabocchiato su un foglio, era stato dimenticato per un anno e mezzo in fondo a un cassetto. Dopo la morte dei suoi genitori, Amy era rimasta sola e non c’era nessun altro che potesse occuparsi di lei. Leigh era stata letteralmente travolta da un mare di cose da fare e da sistemare. Le responsabilità le erano piombate addosso all’improvviso come un macigno, mandando in frantumi tutti i suoi sogni e i suoi progetti. La scuola d’arte... un ottimo lavoro in una grande agenzia di pubblicità.
Lo spettro dei problemi economici era arrivato una settimana dopo. Leigh aveva sempre pensato che lo studio di decorazione d’interni di Roy e Jenny rendesse bene, ma il commercialista le aveva tolto ogni illusione. L’aveva convocata e le aveva messo davanti i registri, illustrandole la situazione senza mezzi termini. Leigh aveva fissato stordita quel mucchio di carte.
«Non può trovare qualcuno che se ne occupi?» aveva chiesto, disperata. «Che cosa fanno i collaboratori? Bob, Nick... Dan?»
«I disoccupati, purtroppo.» Il commercialista aveva alzato le spalle. «La società è già sull’orlo del fallimento. L’ultimo ordine risale...» Abbassò lo sguardo per dare un’occhiata a un foglio. «... a circa sei mesi fa. C’è crisi. La gente non spende soldi per farsi rimodernare la casa.»
«Ma... la ditta non può fallire! C’è Amy! Io vado ancora a scuola.»
«Potrebbe interrompere gli studi per un po’ di tempo e vedere quello che riesce a fare. Io le offrirò la mia assistenza professionale gratuitamente...»
Era accaduto un anno e mezzo prima e lei aveva fatto tutto quello che poteva. Aveva abbandonato le sue ambizioni artistiche e aveva accettato uno squallido, mal pagato lavoro d’ufficio.
Non era stato abbastanza. I creditori, che all’inizio si erano tenuti a distanza, persa ogni traccia di contrita comprensione, si erano fatti ogni giorno più pressanti. Infine Ed, il commercialista, le aveva comunicato che ormai era completamente rovinata. La banca aveva deciso di rivalersi sulla casa.
Era stato solo allora che quel pezzetto di carta, nascosto da mesi, aveva cominciato a chiamarla dal fondo del cassetto.
Era venuto il momento di giocare quella carta.
Era l’ultima chance...
Nei due giorni seguenti, pensando all’appuntamento, Leigh fluttuò tra un senso di terrore e un forzato ottimismo che andava in pezzi ogni volta che si soffermava a pensare razionalmente.
Di fronte a Amy aveva cercato di indossare una maschera di fresca spensieratezza, ma non era riuscita a ingannarla del tutto. Due o tre volte aveva colto su di sé lo sguardo preoccupato della bambina e l’aveva abbracciata forte cercando un modo per rassicurarla. Ma... come?
Poteva forse dirle che, ormai, il suo futuro era nelle mani di un certo Nicholas Kendall?
Non era stato difficile scoprire chi fosse. Era molto noto nell’ambiente dell’alta finanza. L’articolo che aveva trovato sulla rivista Who’s Who ne parlava come di un moderno Re Mida.
Oh, Jenny, perché?
Quel venerdì mattina si vestì con molta cura anche se dovette ammettere che non c’era molto da fare per la sua faccia. Era refrattaria a ogni tentativo di renderla attraente. Nessuno avrebbe potuto definire felino o sensuale lo sguardo dei suoi occhi azzurri, un po’ troppo distanti. Come se non bastasse, le lentiggini che la coprivano dovunque davano il tocco finale a quel suo aspetto da folletto troppo cresciuto.
Amy era seduta sul letto e fissava nello specchio il riflesso di Leigh che le stava spazzolando i lunghi capelli per raccoglierli in una treccia.
«Dove vai?» le chiese quando ebbe finito.
«Che cosa ti fa credere che io vada da qualche parte?»
«Di solito non ci metti tanto a vestirti.»
«A volte, sì» protestò Leigh con una smorfia in direzione dello specchio. «Va bene. Mi arrendo. Come sempre! Pensavo che fosse ora di cambiare un po’. Che ne dici?» Fece una giravolta tenendo tra le dita un lembo della gonna rossa e nera.
«Sei bellissima...» rispose Amy, e Leigh l’avrebbe abbracciata. «Devi incontrare qualcuno?»
«Oh, le solite persone.» Si strinse nelle spalle. «Tu che cosa farai oggi a scuola?» chiese, cambiando argomento.
«Matematica, scienze e ginnastica.» I loro occhi si incontrarono e Leigh sorrise.
«Hai avuto il risultato del test che hai fatto la settimana scorsa?»
«Ce li daranno oggi» rispose Amy, cupa.
«Se sarà buono, festeggeremo dopo la scuola con un hamburger e un bel frullato» promise Leigh. Una rara eccezione, ma Amy lo meritava. Un tempo, quando le loro finanze lo avevano consentito, Amy aveva avuto tutti gli hamburger e i frullati che aveva voluto. Poi, durante quel lungo periodo di crisi, avevano tagliato tutte le spese inutili, ma lei non si era mai lamentata, adattandosi alle ristrettezze con la malleabilità tipica dei bambini.
«E se andrà male?» si preoccupò.
«Be’, allora festeggeremo lo stesso. Premio di consolazione... come si dice.» Alle quattro di oggi pomeriggio, pensò Leigh, sarò nella tua stessa barca. Comunque fossero andate le cose, anche lei si sarebbe meritata un hamburger e un frullato!
«Ma, tesoro, il voto non conta se ce la metti davvero tutta per riuscire.»
«È quello che ripete sempre la signorina Spencer.»
«Bene, allora stai tranquilla. Non possiamo sbagliare tutt’e due, no?» Si voltò verso la piccola figura seduta sul letto e sorrise rassicurante. Quello che vide non fu Amy seduta sul letto con le gambe incrociate, ma Amy che in un futuro molto prossimo sarebbe stata colpita da rivelazioni che avrebbero cambiato per sempre la sua vita.
Leigh si infilò il maglione a collo