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Incubi di salvezza (eLit): eLit
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E-book180 pagine2 ore

Incubi di salvezza (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO
ChildFinders Inc. Series 2

Eliza Eldbride è una persona speciale: sogna. Ma i suoi sogni non sono come quelli di tutti gli altri. Sono un dono. Un dono attraverso cui vede con gli occhi di altre persone. Sono messaggi forti, quelli che riceve mentre dorme. Come l'ultimo, dove una bambina scappa urlando e chiede aiuto. Eliza non ha pace. Deve scoprire di chi si tratta. Così, dopo alcune indagini, decide di contattare il padre della piccola per offrirgli il suo aiuto. Ma non sarà facile conquistare la sua fiducia...
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2019
ISBN9788858997581
Incubi di salvezza (eLit): eLit
Autore

Marie Ferrarella

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Incubi di salvezza (eLit) - Marie Ferrarella

    successivo.

    Prologo

    Stava correndo. Correva perché qualcuno la stava inseguendo.

    Correva alla cieca tra l'erba alta che le lambiva i fianchi e minacciava di avvilupparla a ogni passo. Correva verso la grande quercia. Il suo cuore batteva forte, producendo un rumore assordante.

    Raggiunse la quercia e si appoggiò al tronco, ansimante. Premette la guancia contro la corteccia ruvida, come se volesse affidarsi a un amico. Il suo unico amico.

    Non aveva amici. Lui non le permetteva di averne. Non le consentiva di parlare né di giocare con nessuno.

    Lui la terrorizzava.

    La signora cercava di essere gentile, ma anche lei le faceva paura. Aveva paura del suo sguardo selvaggio. Temeva l'avvicinarsi di quelle mani che la accarezzavano senza tenerezza, di quelle braccia che la stringevano troppo forte. Aveva paura di quella signora che la chiamava con un nome che non era il suo.

    Lui stava arrivando. Lo sentiva, lo percepiva.

    Papà, dove sei? Ti prego, vieni a prendermi!

    Poi lo udì. Udì che la chiamava, che chiamava il nome a cui le era stato ordinato di rispondere.

    «Miranda, dove diavolo sei?»

    Nascosta dietro l'albero chiuse gli occhi e desiderò di poter scomparire.

    Ma non scomparì. E lui la trovò.

    Due mani grandi e rozze la sollevarono da terra strappandole un gemito.

    Lui la trascinò via. Verso quell'orribile casa.

    Eliza balzò a sedere nel letto, madida di sudore nonostante la brezza notturna.

    Lentamente il mondo intorno a lei tornò al suo posto. Era a casa, nel proprio letto.

    Al sicuro.

    Si passò la mano tra i capelli, respirando a fondo per calmare il cuore in tumulto. Era la quinta volta che faceva quel sogno, in cinque notti. Non sarebbe dunque mai finita, quella storia?

    Si abbracciò le ginocchia e vi appoggiò la fronte con un lungo sospiro. Conosceva la risposta. Il sogno non le avrebbe dato pace.

    Non finché non avesse scoperto chi era quella bambina.

    1

    «Non avertene a male, Eliza, ma hai un aspetto terribile.»

    Mentre il senso di quelle parole raggiungeva la sua mente, Eliza alzò gli occhi dallo schermo del computer. Dopo due ore e mezzo trascorse a guardare fotografie su Internet gli occhi le bruciavano terribilmente. Aveva cominciato alle sei di mattina.

    Non riuscendo a dormire era venuta in ufficio e si era piazzata davanti al computer, decisa a dare un nome al volto del proprio incubo. Si era collegata con il sito del Centro Nazionale per i Bambini Scomparsi, la prima fonte a cui si rivolgevano tutti coloro che lavoravano all'agenzia.

    In quel momento, tutte le facce che aveva visto in quelle ore cominciarono a danzarle davanti agli occhi.

    Trattenne un sospiro e si massaggiò le tempie, sperando di stroncare sul nascere il mal di testa che minacciava di attanagliarla. Tuttavia il sorriso che offrì a Cade Townsend, il fondatore dell'agenzia ChildFinders, era spontaneo. «Non ti preoccupare, non me la prendo.»

    «Quando è stata l'ultima volta che hai dormito una notte intera senza svegliarti?» Cade incrociò le braccia sul petto e la guardò con maggiore attenzione. «E... scusa se te lo chiedo, ma che cosa ci fai qui così presto? Le persone che hanno poteri extrasensoriali non dormono?»

    «A volte sì.» Eliza fu elegantemente evasiva e prese a esaminare la scheda successiva. «Potrei farti la stessa domanda, comunque.»

    «Hai ragione» concesse Cade affabile, «e la mia risposta è che a volte mi piace venire in ufficio quando non c'è nessuno per poter lavorare in pace, senza la confusione che ci circonda di solito. Mi dà l'illusione di avere tutto sotto controllo.» Sorrise. «Oggi sono qui a quest'ora perché mia moglie dice che la faccio impazzire.»

    Una scintilla di divertimento illuminò lo sguardo di Eliza, strappandola per un istante ai tormentati pensieri che l'agitavano. «Come mai?»

    «McKayla dice che non faccio altro che gironzolare intorno a lei e al suo pancione come un affamato che controlla continuamente l'orologio del forno per vedere quando è pronto l'arrosto.» Cade si fermò un istante e poi aggiunse: «Non è che tu per caso puoi darmi un'idea di quando...».

    Eliza si era già chiesta come mai Cade ci mettesse tanto a porle quella domanda. Certo, c'erano persone che la consideravano un fenomeno da baraccone, alla stregua delle fattucchiere con il turbante che predicono il futuro guardando nella sfera di cristallo. Persone del genere l'avevano spesso accompagnata in qualche tratto della sua vita.

    Ma Cade Townsend, come del resto tutti i collaboratori dell'agenzia, le aveva sempre dimostrato il massimo rispetto, trattandola non come un'anomalia, una stranezza della natura, bensì come una donna in grado di offrire al loro lavoro un contributo molto reale e molto valido. Cade per primo aveva lodato il suo impegno e la sua professionalità. Il fatto che fosse un'autentica veggente, una delle poche, era solo un'ulteriore freccia al suo arco, ma non la sua dote più importante.

    Eliza rise. «Non credo che McKayla sarebbe contenta se le toccassi il pancione per cercare di percepire una risposta per te.»

    Cade ritirò la sua richiesta con un gesto della mano. «Hai perfettamente ragione. Non credo che esista una donna più suscettibile di McKayla, su questo punto. Non che prima fosse più arrendevole, ma almeno era ragionevole» confidò, in un raro impeto di intimità.

    Eliza si stiracchiò sulla sedia. «È solo una questione di ormoni, Cade. Tutte noi dobbiamo sopportare in qualche misura questa benedizione della natura... o maledizione. In questo momento gli ormoni di McKayla sono solo un po' sovreccitati.»

    Cade rise piano. «Sovreccitati è dir poco.»

    Prima di andarsene lanciò un'occhiata allo schermo del computer, vinto dalla curiosità. Conosceva bene il sito Web che Eliza stava consultando. Un sito perennemente aggiornato, pieno di fotografie di bambini sorridenti di tutte le età. Bambini che erano scomparsi dal palcoscenico della vita che era stato allestito per loro, gettando nella disperazione coloro che li amavano.

    Eliza doveva già aver passato in rassegna più di due terzi dell'archivio. Cade conosceva la bambina che ora sorrideva dallo schermo. Quella foto era sul sito fin dal giorno in cui lui aveva fondato l'agenzia ChildFinders, quando suo figlio era stato rapito. Il suo Darin era tornato a casa, ma quella bambina no.

    «Non mi avevi detto che stavi lavorando a un nuovo caso.» Le uniche regole che Cade aveva imposto ai suoi collaboratori erano due. Voleva essere informato di ogni nuovo caso, e aveva preteso che il primo colloquio con le persone che si rivolgevano all'agenzia venisse ripreso su videocassetta, per evitare ogni possibile malinteso.

    Eliza fece fare un mezzo giro alla sedia e lo guardò. «Infatti non sto lavorando a un nuovo caso. Almeno non nel senso proprio della frase.»

    «Ti dispiacerebbe spiegarti meglio?»

    Sebbene Cade fosse un uomo estremamente sensibile e comprensivo, una vita passata a scontrarsi con lo scetticismo e la diffidenza altrui mise Eliza sul chi vive.

    «Nei miei sogni c'è una bambina...» Si interruppe, cercando il modo migliore per esprimersi.

    Lo sguardo di Cade esprimeva solo gentilezza. «Continua.»

    Per un attimo Eliza fu colpita dall'assurdità della sua storia. Scrollò le spalle. «Oh, non credo che tu abbia tempo di ascoltarmi.»

    «Certo che ce l'ho. È ancora molto presto, no?»

    Eliza cedette alle insistenze e prese un respiro profondo. «Va bene. C'è una bambina che corre in un campo. L'erba è altissima, al punto che lei fa fatica ad avanzare, ma non vuole fermarsi. Ha quattro anni, forse cinque, è bionda, ha gli occhi verdi. È terrorizzata. Continua a chiamare il suo papà, a pregarlo di venirla a prendere. Ma il suo papà non arriva.»

    Cade le prestava la massima attenzione. «C'è altro?»

    Eliza chiuse gli occhi per un istante, cercando di mettere a fuoco le immagini. «Vedo una fattoria sullo sfondo.» Riaprì gli occhi e fissò Cade. «Ha un aspetto cadente, decrepito, come uno di quei posti che si vedono nei vecchi documentari sulla grande depressione del Ventinove.»

    «È abbandonata?»

    Eliza aveva avuto quell'impressione, ma non poteva esserne sicura. «Forse.»

    «Che cosa ti fa pensare che la bambina esista davvero?» Con molto tatto, Cade stava suggerendo un'ipotesi. «Voglio dire, forse si tratta solo di un frutto della tua immaginazione, di qualcosa che ti ha colpita in un film che hai visto, o qualche reminiscenza derivante dai casi che hai già trattato.»

    Era una domanda che lei stessa si era posta. «No, la bambina esiste. Lo so.» La certezza di Eliza nasceva dal profondo del cuore. «Qualcuno l'ha rapita, ne sono sicura. È un sogno ricorrente, che torna tutte le notti.» Tornò a fissare lo schermo. L'identità della bambina poteva nascondersi in quegli archivi. «È una creatura in carne e ossa, Cade, ed è lì fuori, da qualche parte. Perduta. E vuole tornare a casa.»

    «C'è qualcosa che posso fare?»

    Eliza rispose con un sospiro. Non si poteva fare nulla, finché non si scopriva un indizio. «Potresti dire a Carrie di fare scorta di caffè, è quasi finito. Questa mattina me ne sono fatta una dose doppia.»

    Cade si drizzò per allontanarsi e inavvertitamente le sfiorò il braccio. «Se hai bisogno di una mano non hai che da dirmelo.»

    Quel contatto imprevisto accese una scintilla nella mente di Eliza, che guardò Cade con rinnovata attenzione. «Credo che sarai troppo occupato.»

    «No, figurati, io...» Poi Cade capì il significato della frase. Fra loro c'era stato un contatto fisico, e sapeva che le visioni di Eliza erano spesso scatenate da sensazioni tattili. La fissò sgranando gli occhi. «Sul serio?»

    Eliza gli rivolse un caldo sorriso. Da come reagiva, si sarebbe detto che fosse il suo primo figlio, invece del secondo. «Sul serio.»

    «Quando?»

    «Questo pomeriggio» gli rispose senza esitazioni. Nella sua mente aveva visto il bambino, e un'infermiera che annotava l'ora. «Alle tre e trentadue.»

    «Alle tre e trentadue» ripeté Cade, come in trance. Conosceva bene le straordinarie facoltà di Eliza, però il dubbio era più che legittimo. «Ma appena due minuti fa hai detto che non lo sapevi!»

    Non era scetticismo. A volte, lei stessa stentava a capacitarsi di quanto le accadeva. «Infatti non lo sapevo. Come ti ho già detto è una cosa che non posso controllare. Le visioni arrivano, oppure no. Tutto quello che posso fare è registrare l'informazione.» Si strinse nelle spalle. «Temo di non essere un granché, come veggente.»

    «Oh, invece sei fantastica.» Cade le strinse il braccio in segno di ringraziamento, felice che la lunga attesa e le preoccupazioni per McKayla stessero per finire. «Grazie. E se hai bisogno di un aiuto per le tue ricerche» con un cenno del capo indicò il computer, «posso chiedere a Chad se per caso ha...»

    «Grazie, ma non credo che nessuno possa darmi una mano, per ora. Nella mia mente ho solo una vaga immagine della bambina, e soltanto io potrei riconoscerla.»

    «Ciò di cui avremmo bisogno in questa agenzia è un buon disegnatore» osservò Cade mentre usciva. «A ogni modo, cerca di non stancarti troppo. Non mi piace che i miei collaboratori si riducano allo stremo, e non sarai di alcun aiuto a quella bambina se diventi un mostro di stanchezza.»

    Mostro. Stupida. Sei stupida, ecco cosa sei. Perché diavolo non puoi essere normale, come tutte le altre bambine?

    Quelle parole echeggiarono nella sua mente con la stessa intensità con cui l'avevano colpita innumerevoli volte, da bambina. Urlate da suo padre con rabbia, con disprezzo, quando non riusciva a darsi pace del fatto che sua figlia non fosse come tutte le altre.

    Suo padre era un uomo semplice, che capiva cose semplici. Sua figlia gli era sembrata una specie di extraterrestre uscita da un film di fantascienza. Non era stato capace di colmare il divario che li divideva. Dopo la morte della mamma, quel divario era diventato un abisso.

    Non doveva essere stato facile per suo padre, pensò Eliza, accettare il fatto che sua figlia fosse diversa. Che avesse una dote speciale, come la chiamava la sua prozia. Un dono del cielo.

    Nei suoi primi anni, Eliza si era augurata mille volte che quella dote speciale potesse essere rinviata al mittente. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere una bambina come tutte le altre, una bambina normale. Il fatto di essere una veggente, di leggere nel passato e nel futuro delle persone, le era sembrato non tanto un regalo quanto una maledizione.

    Un giorno, però, la zia di sua madre, che era passata per lo stesso tormento e conosceva le sue ansie e i suoi timori, l'aveva presa in disparte e le aveva spiegato come quella dote potesse essere messa a frutto.

    Ignorarla sarebbe un peccato, Eliza. Devi trovare il modo di usarla, di aiutare gli altri. È per questo che il Signore ha scelto te. Sapeva che saresti stata in grado di fare del bene. Non deluderlo, Eliza. E

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