Legàmi rosso Sangue
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Anteprima del libro
Legàmi rosso Sangue - Ursula Coppolaro
Baudelaire
LA RINASCITA
Nel 1700 nelle campagne Senesi, in cima ad una verde collina, piena di filari e rigogliosi frutteti, si ergeva maestoso un bellissimo castello, dove vivevano un onesto e nobile Signore con la sua bella moglie e le loro due giovani figlie. La maggiore si chiamava Ludovica e l'altra Lucrezia, le due sorelle erano inseparabili, legate da un affetto sincero e profondo.
La loro infanzia era trascorsa spensierata e felice, correndo per le verdi colline Toscane, passeggiando per i boschi e ammirando la natura che le circondava in tutto il suo splendore.
Giorno dopo giorno avevano imparato ad apprezzare il malinconico canto della civetta, il geometrico volo delle rondini, il vellutato odore del biancospino, il sapore dolce e nello stesso tempo amaro delle more, l'aria fresca e limpida delle mattine invernali. Ma il tempo, si sa, passa troppo velocemente e le due fanciulle ben presto erano diventate delle signorine in età da marito.
Un giorno arrivò una vantaggiosissima offerta di matrimonio da un ricco nobile Veneziano per la più giovane delle fanciulle, che era anche la più graziosa delle due, esile e dai modi fini ed accomodanti, aveva lunghi boccoli neri che incorniciavano un viso dai lineamenti perfetti e due piccoli e vispi occhi color nocciola.
Ludovica quando apprese la notizia era disperata, l'idea di dover lasciare partire la sua adorata sorellina la faceva impazzire di dolore.
Giunse il sedicesimo compleanno di Lucrezia e con esso, il giorno del suo tanto temuto matrimonio.
In una piovosa mattina d'Aprile al cospetto di più di cento invitati la giovane fanciulla convolò a nozze con un grasso e calvo signore, che doveva avere all'incirca cinquant'anni.
Si lesse il disgusto sul viso della giovane moglie quando fu costretta a baciare sulla bocca il marito, che lussurioso e con un fiato a dir poco repellente, la attirò a sè con forza e gli infilò la lingua in bocca, mostrando a tutti i suoi denti storti e completamente marci.
Ludovica salutò piangendo, la povera sorella mentre saliva in carrozza con quell'orrendo individuo, gli occhi della piccola Lucrezia erano pieni di lacrime e rassegnazione.
Fu in quel momento che Ludovica promise a se stessa che non si sarebbe mai sposata e che un giorno, non sapeva come e non sapeva quando, avrebbe liberato la sorella e distrutto il legame che la univa a quell'essere immondo.
Passarono due anni, settecentotrenta giorni, che Ludovica, passò chiusa per lo più in camera sua, scrivendo tutti i giorni lettere alla sorella e toccando appena il cibo che le veniva portato e che consumava rigorosamente chiusa in camera. Era diventata magrissima, il viso scavato e pallido, due occhiaie nerissime le solcavano lo sguardo e i suoi grandi occhi verdi erano perennemente tristi.
Teneva i lunghi capelli castani raccolti in una treccia, aveva quasi vent'anni ormai e i suoi genitori erano disperati perchè non avevano ancora ricevuto nessuna proposta di matrimonio per lei.
Una mattina il padre convocò la madre nel suo studio e dopo averla fatta accomodare le disse con voce severa e preoccupata: Nostra figlia Ludovica, non è certo definibile una gran bellezza, ma non mi sembra veramente possibile, vista la mia posizione nobiliare e la cospicua dote che le spetta, che ancora nessuno abbia chiesto la sua mano. Dovete spronarla un po', convincerla a mangiare di più, a curare il suo aspetto e le sue maniere o resterà zitella a vita.
La madre annuì con la testa e si ritirò mestamente nelle sue stanze, dove dopo molte ore passate a ricamare, pensò che dandole delle responsabilità, forse avrebbe distolto la sua sciagurata figlia dall'apatia.
Il giorno dopo la fece chiamare e le comunicò che dalla settimana seguente si sarebbe occupata dell'istruzione di un brillante giovanotto desideroso di imparare a leggere e a scrivere, ma purtroppo di umili origini, figlio dello stalliere e della cuoca di un loro lontano parente Fiorentino.
L'idea di diventare l'istitutrice di un giovane bifolco non la entusiasmava, ma sapendo che quella non era una richiesta, ma un ordine, accettò di buon grado, sorridendo alla madre che sembrò molto soddisfatta della sua reazione.
La settimana seguente lo stalliere accompagnò il figlio a palazzo, il giovanotto si chiamava Eugenio, aveva quattordici anni, ma sembrava molto più grande della sua età, era alto e ben piazzato, con i capelli ricci e biondi che gli cadevano morbidi e ribelli sulle spalle larghe, lo sguardo fiero ed austero di un principe.
Il giovane fu sistemato negli alloggi dei domestici dietro alle stalle.
Fin dal loro primo incontro si dimostrò uno studente attento e diligente.
Lezione dopo lezione Ludovica ed Eugenio diventarono amici, tra di loro nacque una straordinaria complicità, oltre a studiare facevano