Un'ereditiera speciale: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Per proteggere Zoe, la bella e giovane ereditiera che è stata affidata alla sua tutela legale, il milionario Zavier Masters è pronto a fare qualsiasi cosa. Non sia mai che la sua protetta cada tra le grinfie di un cacciatore di dote. A pensarci bene, forse è meglio che nessuno la corteggi, e che Zoe rimanga per sempre sotto la sua ala protettiva. Ma quando la dolce e tenera adolescente si trasforma in una giovane donna dal carattere ribelle e passionale, per Zavier diviene sempre più difficile mantenere il suo ruolo di gentiluomo e protettore. Soprattutto quando lei decide di coglierlo alla sprovvista con un gesto inaspettato.
Diana Hamilton
Prolifica autrice inglese, adora la bellissima villa in stile Tudor in cui vive con il marito.
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Anteprima del libro
Un'ereditiera speciale - Diana Hamilton
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Spanish Marriage
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2004 Diana Hamilton
Traduzione di Sonia Indinimeo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-265-2
www.eHarmony.it
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Prologo
«Devi proprio partire, Zavier? Non ci siamo praticamente visti! Io e tuo padre ci trasferiamo sulla costa tra qualche giorno, lo sai. Perché non resti qui con noi? Ti chiedo solo di dedicarci una settimana del tuo tempo. Non mi sembra poi molto!»
«Mi dispiace mamma, non posso.» Un’ombra di sincero rammarico velò gli occhi grigi di Zavier quando sua madre sbuffò, esasperata.
A cinquantacinque anni, Isabella Maria era ancora la stessa splendida donna con i capelli corvini e i fieri occhi spagnoli di cui suo padre, inglese, si era innamorato trent’anni prima. Quando l’aveva incontrata, Lionel aveva superato i quaranta e, come diceva spesso, era ormai rassegnato a passare il resto della sua vita da solo.
Isabella Maria appoggiò la schiena rigida alla spalliera della poltrona. «Ah, capisco! Una settimana è troppo. E pensare che dici d’amare questo posto più di ogni altro al mondo!»
Un ceppo quasi del tutto consumato franò al centro del focolare, sprigionando una cascata di scintille. Zavier si alzò dal divano e si avvicinò al camino per alimentare il fuoco. Non se ne poteva fare a meno: il vento freddo che soffiava dalle cime imbiancate della Sierra Nevada annunciava l’imminente arrivo di un gelido inverno.
«Non tormentare il ragazzo, Izzy!» intervenne Lionel, condiscendente.
Zavier abbassò la testa, concentrandosi sul suo lavoro per nascondere un sorriso amaro. In fondo, sua madre aveva detto la verità.
I suoi genitori avevano acquistato la casa per le vacanze quando lui era bambino, e Zavier amava quel luogo fin da quando, a sette anni, vi aveva posato gli occhi incantati per la prima volta. Era un’antica costruzione moresca, che sorgeva nel cuore di una linda cittadina dell’Andalusia. Il massiccio portone si apriva su un grande cortile con arcate lungo tutto il perimetro, che in estate si saturava del profumo inebriante di rose, mirto e gigli.
Quando Lionel si era ritirato dal lavoro per problemi di salute, aveva lasciato a lui la residenza di famiglia a Wakeham Lodge, nel Gloucestershire. I suoi genitori passavano i mesi caldi lì in montagna, poi, all’avvicinarsi dell’inverno, si trasferivano nella loro casa sulla costa, dove rimanevano fino a Pasqua.
«Io adoro stare in questa casa» affermò Zavier sedendosi accanto al fuoco e stringendosi nelle ampie spalle, fasciate da un morbido maglione di cachemire nero. «Ma ho un problema.»
«Affari?» chiese subito Lionel Masters. Anche se si era ritirato tre anni prima, mostrava ancora un grande interesse per la prestigiosa impresa edile che aveva fondato col suo socio, Martin Rothwell, e che aveva lasciato nelle capaci mani del figlio.
«No» rispose lui. «I problemi di lavoro li posso gestire. Questo problema si chiama Zoe Rothwell.»
I suoi genitori sussultarono all’unisono con un’esclamazione di sorpresa. Seguì un lungo e pesante silenzio. Zavier riusciva a sentire il battito grave del proprio cuore.
Lanciò un’occhiata all’orologio d’oro che portava al polso. In meno di quindici minuti Solita, la loro domestica, avrebbe annunciato che la cena era pronta. Meglio parlare subito e liquidare quella faccenda.
«Ieri, subito dopo la riunione a Madrid, ho ricevuto una telefonata da Alice Rothwell. Sembrava stremata e, senza mezzi termini, mi ha chiesto di assumere la tutela di Zoe perché lei non ce la fa più.»
«Santo cielo!» Isabella Maria inarcò le sopracciglia scure e si portò le mani al petto, con un gesto teatrale. «E cosa le fa credere che ce la possa fare tu? Ho sempre pensato che fosse una vecchia signora... strana, fredda e piena di sussiego. Ora aggiungerei anche che è matta! Perché crede che tu ti voglia far carico della sua nipotina? Avrebbe un senso se tu avessi una moglie, una famiglia... ma non ce l’hai.»
Zavier registrò il latente rimprovero in quell’ultima affermazione. Colse il sorriso di suo padre e lo ricambiò con un’alzata di spalle e una smorfia divertita. Era figlio unico e il fatto che fosse ancora scapolo a ventotto anni rappresentava il cruccio più grande di Isabella Maria. Sua madre voleva dei nipotini che garantissero il proseguimento della stirpe.
Zavier non si sentiva pronto a legarsi. Adorava la sua libertà. Lavorava sodo e quindi si sentiva autorizzato a divertirsi. Amava le donne, che riteneva creature complesse e affascinanti. Soprattutto quelle che condividevano la sua ferma intenzione di non confondere mai la cara, vecchia passione con l’amore.
«Zoe non è più una bambina» puntualizzò Zavier. «Ha sedici anni... ed è l’adolescente più sinistra del mondo, a sentire sua nonna. Sembra che adesso si rifiuti di andare a scuola e che passi le giornate vagando per casa, ascoltando musica impossibile a tutte le ore. Alice è disperata. E vuole passare la patata bollente a me!» concluse aspro.
«Perché proprio a te?» chiese anche Lionel, guardando suo figlio al di sopra delle mani incrociate sulle quali appoggiava il mento. «È vero, tu sei già una leggenda» proclamò con malcelato orgoglio. «Una persona inflessibile, ma corretta. Il classico pugno di ferro in guanto di velluto, e la responsabilità di una ragazzina tremenda non ti toglierebbe certo il sonno. Credo di aver capito il ragionamento di Alice, ma non ci sono legami di sangue, né doveri ai quali si possa appellare per costringerti a fare una cosa simile.»
La bella bocca di Zavier si contrasse in una smorfia. «C’è un dovere morale dovuto al fatto che il padre di Zoe ti ha venduto le sue azioni, e dopo sei settimane lui e la moglie sono morti nell’incendio della loro casa» gli ricordò con freddezza. «Per fortuna Zoe si trovava a casa di una compagna di scuola, ma quella notte ha perso entrambi i genitori, la sua casa e tutte le sicurezze che aveva avuto nei primi otto anni della sua vita. Sono profondamente dispiaciuto per Alice e per Zoe. Penso che qualcuno della nostra famiglia dovrebbe dare una mano» concluse con enfasi.
Nessuno parlò e Zavier allargò le braccia in un gesto di resa, prima di proseguire.
«Alice non è la donna più facile del mondo» ammise. «A parte questo, ha perso il marito un anno prima che suo figlio morisse, lasciandola con una nipote da crescere. Era costituzionalmente sprovvista del calore e della sensibilità necessari per tirar su una bambina travolta dagli eventi. Io lo sapevo, ed è per questo che sono rimasto sempre in contatto con lei. Quindi, immagino che possiate capire perché Alice ora pensi a me come alla persona più adatta per prendere il controllo della situazione.»
Questioni morali a parte, e ignorando l’insinuazione che lei e Lionel avrebbero dovuto prendersi cura della figlia orfana del loro socio, Isabella Maria stava orientando i suoi pensieri in una direzione ben diversa. «Zoe Rothwell era una bambina bellissima. Allegra e vivace. Lei e i suoi genitori hanno trascorso l’ultimo Natale con noi, a Wakeham Lodge. Ricordi, Lionel? Tu e suo padre avete passato quasi tutto il tempo a definire la cessione delle sue quote societarie. Qualche settimana dopo sono morti lasciando alla bambina una montagna di soldi. La piccola Zoe sarà anche diventata terribile, ma è molto ricca. Non è vero, Zavier?»
«E allora?» Zavier controllò la sua impazienza. «Zoe erediterà una grossa somma quando arriverà al ventunesimo anno di età. Nel frattempo i soldi sono sotto amministrazione fiduciaria. Perché?»
«È ancora così graziosa? Ricordo che aveva dei magnifici capelli biondi e grandi occhi di un bel nocciola dorato.»
Zavier sollevò le sopracciglia ed emise un sibilo d’incredulità. Cosa diavolo aveva a che fare l’aspetto di Zoe col problema che doveva affrontare, e cioè convincere una ragazzina riluttante a terminare gli studi? «E come faccio a saperlo?» sbottò. «Sono stato a trovarla un paio di volte l’anno per sapere come stavano andando le cose. Di solito venivo deliziato con racconti di capricci tremendi e di bambinaie che scomparivano alla velocità della luce.»
In quelle occasioni Zoe gli stava sempre intorno. Lui frequentava ancora l’università, e ogni volta aveva escogitato qualcosa da fare per divertire e distrarre la piccola orfana. Si era prodigato per regalarle qualche ora di quella spensieratezza infantile che le era negata dall’arcigna nonna e dall’anziana domestica, entrambe convinte assertrici del fatto che i bambini bisognava vederli, ma non sentirli!
Poi, da quando era stata spedita in collegio, Zoe era diventata scontrosa, con la bocca sempre imbronciata e i capelli biondi stretti in una treccia che le ricadeva fino alla vita.
Era passato quasi un anno dall’ultima volta che l’aveva vista. I pressati impegni di lavoro lo avevano tenuto spesso lontano dall’Inghilterra. Negli occhi gli apparve un’ombra di sconforto. Ricordò che, durante le due ore di quella sua ultima visita, Zoe non aveva mai smesso di fissarlo con uno strano sguardo che lo aveva fatto sentire maledettamente a disagio.
«Dovresti sposarla, Zavier! Ha i suoi soldi e quindi non spenderebbe i tuoi. Sarebbe un bel vantaggio, visto che non si capisce quasi mai se una donna è più interessata a un uomo o alle dimensioni del suo portafoglio» dichiarò Isabella Maria, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Tra due anni ne avrà diciotto, e quindi sarà pronta per il matrimonio. Però, prima devi controllare che abbia dei fianchi abbastanza larghi... adatti alla maternità. Quale soluzione migliore? E poi, se c’è qualcuno che può modificare le sue cattive abitudini e rimetterla in riga, quello è proprio il mio bellissimo e possente figliolo!»
«Tu sogni, mamma!» La risata che gli sfuggì dissipò la sua irritazione. Non poteva restare in collera per più di due minuti con i suoi amati, bizzarri genitori. Comunque, per quanto riguardava i fianchi di Zoe, non avrebbe saputo dire se fossero larghi come quelli di un ippopotamo o stretti come quelli di un serpente. Non li aveva mai guardati.
Il cuore di Zoe batteva all’impazzata mentre l’orologio sulla mensola del camino scandiva lentamente gli interminabili secondi. Zavier stava arrivando per parlare con lei! La testa le girava e tutti i suoi sensi sembravano fuori controllo.
Si agitava senza sosta sulla poltrona accanto alla finestra, con lo sguardo fisso sul cupo giardino di novembre. Non perdeva d’occhio il portone attraverso cui avrebbe visto entrare la sua macchina. Evitava anche di sbattere le palpebre. Per niente al mondo avrebbe perso il suo ingresso!
Per la prima volta nei suoi sedici anni e mezzo di vita, sentiva di avere un angelo custode. Qualcuno o qualcosa che si prendeva cura di lei e la guidava nella giusta direzione. Come spiegare altrimenti la sua decisione improvvisa