La perla del golfo
Di Penny Jordan
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Info su questo ebook
Per quanto ami e rispetti, ricambiata, il padre adottivo, un ricchissimo sceicco arabo, Danielle non accetta di sposare l'uomo da lui scelto: suo nipote Jourdan. Lei non è una docile ragazza araba, ma un'indipendente ragazza inglese, abituata a libere scelte e a libere decisioni. Quando conosce Jourdan, bellissimo ma arrogante e severo, si conferma nella sua posizione: il matrimonio con un simile uomo, la vita in un castello-fortezza in mezzo al deserto sono cose che non fanno per lei... Solo che, con sua grande sorpresa, si ritrova innamorata.
Penny Jordan
Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.
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Anteprima del libro
La perla del golfo - Penny Jordan
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Daughter of Hassan
Harlequin Mills & Boon Romance
© 1982 Penny Jordan
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 1986 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-974-0
www.harlequinmondadori.it
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1
«Papà, è stupendo, ma mi vizi troppo!» protestò Danielle, sorridendo al suo alto e barbuto patrigno che, in casa, indossava sempre un’ampia tunica araba.
«Io? Per niente!» ribatté lui, allacciandole al collo la catenella d’oro con il ciondolo di diamanti. «Non sarai sangue del mio sangue, ma ti voglio bene come a una figlia, e sono felice quando posso farti un regalo. Inoltre, questa è una sciocchezzuola. Se fosse per me, ti coprirei di smeraldi verdi come i tuoi occhi o di perle del Golfo, trasparenti come la tua pelle!»
Danielle rise di felicità e cedette.
Il suo vero padre era morto poco dopo la sua nascita e, quando lei aveva quattordici anni, sua madre aveva sposato in seconde nozze lo sceicco Hassan Ibn Ahmed Al Khairah, un arabo ricco e nobile, capo di un immenso impero petrolifero. In breve, quello straniero serio e compassato era diventato il suo migliore amico e aveva sostituito il padre che non aveva mai conosciuto. Anche lui era al suo secondo matrimonio, ma il primo era finito in un divorzio e, sebbene non ne avesse mai parlato molto, Danielle aveva intuito che quella rottura era stata causata dal fatto che lui non poteva avere figli. Di conseguenza, l’affetto e la tenerezza di cui circondava lei, l’avevano legata a lui ancora di più.
Da quando aveva sposato la mamma, lo sceicco Hassan si era stabilito in Inghilterra, ma il petrolio che alimentava il favoloso patrimonio della sua famiglia sgorgava dalle sabbie di uno staterello, il Qubb’har, incastrato tra il Kuwait e l’Arabia Saudita, di cui il fratello maggiore era il sovrano assoluto. Eppure, a quanto lei ricordava, nessuno dei suoi parenti era mai andato a trovarli, né nel loro lussuoso appartamento londinese, situato nel quartiere residenziale di St. John’s Wood, né nella villa del Dorset dove avevano abitato fino a che lei non aveva finito le scuole superiori.
Danielle sospettava che la famiglia reale del Qubb’har non avesse approvato il secondo matrimonio del patrigno con un’europea, anche se continuava a fidarsi delle sue capacità e del suo acume, consentendogli addirittura di amministrare gli interessi economici e finanziari del Paese e di rappresentarlo all’estero. Di questo era sicura perché qualche volta, a pranzo o a un ricevimento, c’erano stati invitati arabi, ministri, petrolieri o banchieri. Ma le sue certezze finivano lì poiché lo sceicco Hassan aveva sempre tenuto rigidamente separate la sua vita privata da quella, per così dire, pubblica e di affari. Il ciondolo di diamanti che le aveva appena regalato era destinato, e lei lo sapeva, a suggellare la loro riconciliazione dopo la loro prima discussione tempestosa, originata da una profonda disparità di vedute circa il suo futuro.
Essendo ormai stabilmente in Inghilterra, infatti, lei aveva deciso di dedicarsi a un’attività lavorativa, come ogni normale ragazza europea. Quando però gli aveva parlato delle sue intenzioni, il patrigno ne era rimasto scandalizzato. Lei non aveva bisogno di guadagnarsi da vivere! Oppure voleva che amici e conoscenti insinuassero che lui non era in grado di mantenere la famiglia?
Non era questo il punto, e Danielle aveva chiamato in aiuto la madre per spiegargli che anche in una donna il desiderio d’indipendenza o di successo nella vita è legittimo e che oggigiorno nessuna più aspetta passivamente di passare dalla protezione dei genitori a quella di un marito! Non era stato facile, ma alla fine lui aveva acconsentito a che lei s’iscrivesse a un corso di gastronomia tra i più quotati, che sarebbe iniziato di lì a venti giorni.
Il sogno di Danielle, in realtà, era quello di aprire un ristorante. Dopo quattro mesi, cioè al compimento dei ventun anni, sarebbe entrata in possesso della piccola eredità lasciatale dal padre e con quel denaro avrebbe potuto affittare e arredare un locale. Nel frattempo, il corso le avrebbe fornito le basi teoriche e pratiche per gestirlo al meglio.
L’arte culinaria le era sempre piaciuta. Era stata la sua materia preferita anche alla scuola svizzera dove le avevano insegnato, oltre alle nozioni di cultura generale e artistica, e a un paio di lingue straniere, come truccarsi, come vestirsi, come camminare e come comportarsi in società. La scuola era frequentata da ragazze di vari Paesi, tutte di famiglia ricca, tra le quali lei, nella sua condizione di inglese, ma figliastra di un arabo, era un caso unico. Non ritenendosi appartenente al jet set, aveva fatto tesoro degli insegnamenti ricevuti e, poiché possedeva un innato buongusto, nel giro di un anno si era trasformata da una ragazzina un po’ impacciata in una giovane donna elegante e distinta.
Non era molto alta, uno e sessantacinque appena, ma la sua figuretta snella e la sua grazia destavano l’ammirazione altrui. Come la mamma, aveva i capelli folti e ondulati di un magnifico colore biondo miele, ma i suoi occhi, invece che azzurri, erano verdi. Li aveva ereditati dal padre scozzese e, quando era emozionata o in collera, brillavano e richiamavano alla mente gli smeraldi che lo sceicco Hassan avrebbe voluto donarle.
«Hai qualche impegno stasera, per cena, Danielle?» le chiese la mamma, a metà mattina, entrando in camera sua.
Helen Wakefield, vedova McConnell, ora signora Al Khairah, aveva poco più di quarant’anni, ma era tanto giovanile e affascinante da sembrare la sorella maggiore della figlia.
Danielle le rivolse un sorriso colmo d’affetto. Vedendola con indosso abiti di alta sartoria e gioielli di gran valore anche se discreti, nessuno avrebbe mai immaginato che un tempo la sua adorata mamma lavorava dal mattino alla sera in un ufficio e faceva sacrifici per comprarle un paio di stivaletti con il pelo all’interno, pur di non toccare i pochi soldi lasciati dal marito! Allora abitavano in due stanze in un quartiere-dormitorio della periferia di Londra. Lei non aveva dimenticato quel primo periodo della sua vita, ed era per questo che non si adagiava nel lusso di cui il patrigno le circondava. Anzi, pur non avendolo mai confidato ai suoi, per non ferirli, le sarebbe piaciuto vivere in un appartamentino insieme a un paio di coetanee, mantenersi con le sue sole forze, e divertirsi anche! In fondo, aveva solo vent’anni!
Ma papà Hassan, con la sua mentalità islamica, non avrebbe certo approvato! Già trattava freddamente alcune sue ex compagne di liceo che, secondo lui, si comportavano con troppa disinvoltura! Per non parlare dei ragazzi che qualche volta l’avevano invitata al ristorante o a teatro! Quando passavano a prenderla a casa, lo sguardo severo e la ricchezza del patrigno li impressionavano sempre, tanto che nessuno di loro aveva mai osato andare oltre un casto bacio della buonanotte!
E dire che non era da buttar via!, pensò, guardandosi per un attimo nello specchio.
«Allora, cara? Resti a cena con noi, stasera? Ci saranno i Sancerre. Sono appena arrivati da Parigi e Philippe mi ha telefonato per sapere se ti avrebbe visto.»
Danielle arricciò il naso. Philippe Sancerre era il figlio di un industriale francese, più o meno associato al patrigno. Lei aveva conosciuto l’intera famiglia l’anno precedente, andando a Parigi con i suoi, e Philippe non le era del tutto simpatico. Aveva solo cinque anni più di lei, ma era molto più esperto. A parte le arie che si dava perché era un bel ragazzo, alto, bruno e con parecchio fascino, aveva un certo modo di spogliarla con lo sguardo che la metteva a disagio.
«Sì, cenerò con voi, mamma» rispose alla fine, perché quella era la risposta che la donna si aspettava.
Danielle si applicò un po’ di ombretto verde mare sulle palpebre, poi fece un passo indietro per studiare l’effetto nello specchio. La sua camera da letto era lussuosamente arredata in stile Impero, con pezzi autentici d’epoca, dono del patrigno per il suo diciottesimo compleanno.
Sì, pensò, doveva molto allo sceicco Hassan! Ma gli era grata soprattutto per aver reso felice la mamma. Quando erano insieme, l’alto arabo ultracinquantenne dal fisico asciutto e la dolce inglese dal viso fresco e gli occhi sognanti, il loro amore reciproco era evidente anche ai ciechi!
Il ciondolo di diamanti le brillava nella scollatura, seminascosto tra la seta della sua tunica da sera e il piccolo incavo in mezzo ai seni. Per quell’occasione Danielle aveva indossato un vestito di linea semplice, quasi modesto, che non le segnava troppo le forme. Era così che la preferiva il patrigno e, perlomeno in quello, voleva accontentarlo!
Quando entrò nel lussuoso salotto, gli invitati erano già arrivati. Philippe e suo padre si alzarono compitamente per salutarla, poi il più giovane dei due Sancerre rovinò tutto precipitandosi verso di lei e baciandola sulle guance, dopo averle afferrato le mani.
«Philippe!» esclamò, arrossendo confusa.
«Non vedi che imbarazzi la bambina?» intervenne la signora Sancerre, in tono indulgente, dal divano su cui era seduta. «Lei non è abituata al nostro modo di fare. Vero, cara?» Senza aspettare risposta, si girò verso la padrona di casa. «Ha una figlia che è un tesoro, Helen! La mia Yvette, invece, anche se è più giovane di Danielle di un paio d’anni, è una ribelle. Io le dico sempre che non si comporta da ragazza beneducata, ma lei non mi ascolta nemmeno! Le dico anche che non troverà marito, se continua così, e lei cosa fa? Si mette a ridere e mi assicura che non si sposerà mai! A parte che l’anno prossimo andrà all’università per studiare giurisprudenza. Vuole diventare avvocato...»
Scosse la testa, ma Danielle capì che era orgogliosa della figlia e del suo spirito d’indipendenza. Come se le avesse letto nel pensiero, il patrigno le si avvicinò e le mise un braccio intorno alle spalle.
«Sono d’accordo con lei, madame!» disse. «Danielle è un tesoro di figlia. Bella, intelligente e di animo buono.»
Lei arrossì e la signora Sancerre rise.
«Una perla di valore inestimabile, insomma! Dovrebbe custodirla nei suoi forzieri, caro amico!»
«Inestimabile» assentì lui, talmente serio che Danielle avrebbe voluto protestare e dirgli che lei non era perfetta: era solo un essere umano, con tutti i suoi difetti, e lui non doveva metterla su un piedistallo!
Ma la loquace francese aveva ripreso a parlare e l’occasione sfumò.
Fu dopo cena, mentre i due uomini più anziani discutevano di alta finanza e le due signore chiacchieravano di moda, che Philippe trovò il modo di parlare a quattr’occhi con Danielle, conducendola all’altra estremità del salotto.
«Erano secoli che non ci vedevamo, ma chérie!» cominciò. «Devi