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La giovane contessa: I Romanzi Storici
La giovane contessa: I Romanzi Storici
La giovane contessa: I Romanzi Storici
E-book301 pagine4 ore

La giovane contessa: I Romanzi Storici

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Info su questo ebook

Inghilterra, XII secolo - Poco prima che Nell prenda i voti, il padre decide di darla in sposa a Roger de Roche, erede di uno dei più potenti feudi di Britannia. Dolce e ingenua, Nell non è preparata ad affrontare la vita fuori dal convento e le responsabilità che la nuova posizione comporta, ed è solo la sua grande forza interiore a permetterle di non cedere alla disperazione. Indifferente al matrimonio, un mezzo per guadagnare prestigio politico, Roger è disposto ad aspettare che la giovane moglie gli si conceda spontaneamente, ma mentre la osserva sbocciare e trasformarsi da timida fanciulla in coraggiosa signora del castello di Bardney, a poco a poco inizia ad ardere di passione. La guerra però non concede spazio a quel nuovo sentimento e precipita entrambi in un doloroso conflitto, mettendo alla prova il loro amore.

LinguaItaliano
Data di uscita20 ott 2015
ISBN9788858940488
La giovane contessa: I Romanzi Storici

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    Anteprima del libro

    La giovane contessa - Joan Wolf

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    To the Castle

    Mira Books

    © 2005 Joan Wolf

    Traduzione di Maria Pia Smiths-Jacob

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-048-8

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

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    1

    La messa funebre di Sybilla de Bonvile fu celebrata nella cattedrale di Lincoln in un giorno ventoso, sotto un cielo oscurato da una cortina di nuvole. Nell de Bonvile, al fianco dei genitori, accompagnava lungo la navata della chiesa il feretro della sua unica sorella, portato da sei cavalieri; ai piedi dell’altare l’arcivescovo attendeva con l’aspersorio in mano per benedirlo, prima di dare inizio alla mesta cerimonia.

    Nell si inginocchiò accanto alla madre e ascoltò le familiari parole in latino, gli occhi fissi sulla bara che racchiudeva le spoglie di Sybilla, una fanciulla di soli diciotto anni. Sentì una tristezza infinita al pensiero della vita della sorella, spentasi come una candela per una forte febbre accompagnata da accessi di tosse.

    Se solo avessero mandato a chiamare suor Helen, forse si sarebbe potuta salvare, pensò la fanciulla. Ma suor Helen, una delle monache del convento presso il quale lei viveva sin dall’età di otto anni, non era stata convocata e Sybilla era morta.

    Sporgendosi leggermente oltre la madre affranta dal dolore, Nell osservò il volto del padre, il Conte di Lincoln, i cui lineamenti parevano scolpiti nella pietra. Non faceva alcuno sforzo per cercare di confortare la moglie.

    Con gesto timido Nell strinse il braccio della madre, ma la contessa parve non accorgersene, e continuò a singhiozzare sommessamente nel fazzoletto; allora la giovane ritirò la mano e la congiunse all’altra per pregare.

    Al termine della messa, la bara di Sybilla fu lasciata in chiesa, dove sarebbe stata sepolta accanto a quella del fratello, mentre i presenti uscirono dall’edificio, accolti dal vento sferzante.

    Nell, i suoi genitori e la zia avevano pernottato nella residenza dell’arcivescovo, ma adesso che il funerale era stato celebrato il conte era ansioso di tornare al castello di Bardney, a circa venti miglia di distanza da Lincoln. Mentre il nobiluomo ordinava ai soldati del suo seguito di portare i cavalli, Nell, dal sagrato della chiesa, scrutava la parte a lei sconosciuta della cittadina che si trovava al di fuori delle mura di cinta del castello.

    Aveva trascorso quasi tutta la sua esistenza confinata in convento, e la vista dell’affaccendato mondo esterno esercitava su di lei un fascino tutto particolare. La gente che la circondava era in perpetuo movimento, andava e veniva dal castello, che dominava dall’alto di una roccia, o era indaffarata a vendere e a comprare nelle botteghe allineate lungo il perimetro del grande cortile.

    Com’è diversa la vita di queste persone, pensò stupita. E come sarebbe stata diversa anche la mia se i miei genitori non mi avessero votata al monastero sin da bambina.

    Una vecchia, passando davanti alla chiesa, si voltò per guardare Nell negli occhi, e la giovane avvertì la profonda compassione di cui era carico quello sguardo. Annuì in silenzio, per indicare di aver compreso. La donna rispose nello stesso modo, poi, senza aggiungere altro, proseguì per la sua strada.

    Era un gesto gentile, ma Nell sapeva che la compassione della donna sarebbe dovuta andare alla madre e al padre, non a lei che aveva conosciuto molto poco la sorella, dalla quale era stata separata in tenera età e che raramente era andata a trovarla in convento.

    «Nell, smettila di restare lì impalata e monta a cavallo!» sbottò il padre, spazientito, e lei si affrettò a ubbidirgli, avvicinandosi a una giumenta tenuta per le briglie da uno dei cavalieri, che subito l’aiutò a montare in sella.

    A un ordine del conte il drappello si mise in moto. Lord Raoul, sul suo imponente stallone baio, cavalcava in testa, seguito dalla moglie, Lady Alice, dalla sorella di lei, zia Alida, e da Nell stessa. Chiudevano il corteo i cavalieri, il cui compito era quello di proteggere le spalle della comitiva.

    Nell cercò di trattenere il velo che il vento le gonfiava sul capo. Non avrebbe preso i sacri voti prima dei diciotto anni, ma la regola del convento imponeva che le novizie indossassero soggolo e velo proprio come le suore. La giumenta procedeva pacifica, incurante degli sguardi dei curiosi che la fissavano, al contrario dello stallone di suo padre, notò lei, che avanzava quasi a passo di danza, scuotendo la testa in tutte le direzioni. Il Conte di Lincoln sedeva sicuro in groppa al suo destriero, al quale, di tanto in tanto, sussurrava qualche parola. Nell lo osservava stupefatta, chiedendosi come riuscisse a dominare quella bestia possente e nervosa con la sola voce e il tocco leggero e gentile delle mani.

    Il nobile corteo percorse la vecchia strada romana, costeggiando l’abitato con le sue botteghe, oltrepassando le locande piene di gente venuta a visitare Lincoln e la chiesa di St. Peter ad Placita, attraversò il fiume Witham e uscì dalla città. Bardney si trovava a sudest di Lincoln, mentre il convento in cui viveva Nell era ubicato a nordest. Era stata chiamata dal padre due giorni prima perché presenziasse al funerale della sorella, e avrebbe trascorso la notte nel castello dei genitori, per poi fare ritorno alle abitudini di sempre.

    Ricordava poco della sua vita al castello di Bardney: alla nascita del fratello aveva otto anni, e i suoi genitori l’avevano fatta entrare nel monastero di Santa Cecilia per ringraziare Dio di aver donato loro un erede maschio. Pertanto il suo era stato il ritorno a casa di un’estranea, e continuava a sentirsi tale ancora adesso, mentre attraversava il ponte, superava il fossato e passava sotto l’enorme grata che proteggeva il castello durante la notte e in tempo di disordini.

    Giunti nel cortile, i cavalieri, che indossavano cotte di maglia ed elmi con la celata alzata, smontarono, e uno di loro le si avvicinò per aiutarla. Le ginocchia le cedettero non appena toccò terra, e l’uomo si affrettò a sorreggerla.

    «Sto bene» assicurò lei al giovane dagli occhi nocciola. «È solo che non sono abituata a cavalcare tanto a lungo.»

    «Vi siete comportata egregiamente, mia signora.»

    «Vieni, Nell!» la chiamò la madre. «Non perdere tempo inutilmente.»

    Nell si affrettò a seguire la contessa e la zia nella sala grande del castello, che occupava quasi l’intero pianoterra, guardandosi intorno stupita da tanta magnificenza. Preziosi arazzi arricchivano le grandi pareti di pietra: al convento le stanze erano anguste e i muri spogli, fatta eccezione per un crocefisso.

    Lord Raoul e Lady Alice presero posto su due scranne di fronte al camino, e così fecero la figlia e la zia Alida.

    «Credo che un po’ di vino ci farebbe bene» suggerì quest’ultima. Chiamò con voce perentoria uno dei paggi seduti su una panca accostata al muro. «Robin, va’ a prendere del vino.»

    Il ragazzino scattò in piedi immediatamente, precipitandosi verso la dispensa.

    Nell guardò il padre, accomodato sulla scranna più grande, con le gambe allungate di fronte a sé, in silenzio, un silenzio rispettato da tutti. Poi abbassò gli occhi e intrecciò le mani in grembo.

    Il paggio tornò con quattro coppe di vino su un vassoio d’argento. Il conte e la moglie bevvero una lunga sorsata, mentre Nell si limitò a un timido assaggio. In convento durante i pasti le novizie consumavano solo birra, e il vino era una cosa nuova per lei.

    «Bene» disse Lord Raoul. «È finita.»

    «Mi pare impossibile che Sybilla non ci sia più» rispose triste Lady Alice. «Non riesco a pensare che Dio possa essere così crudele.»

    «Dio fa quello che gli pare e piace!»

    Nell guardò il padre inorridita.

    «Nonostante tutto ciò che hai imparato in convento, ciò che ho detto è vero» replicò il conte, arcigno, accorgendosi dell’espressione della figlia. «Che senso hanno tutte queste tragedie? Nessuna religione potrà mai spiegarmi perché ho perso un figlio e una figlia!»

    «È vero che non possiamo leggere nella mente di Dio, ma dobbiamo credere che esista un piano superiore, che noi non siamo in grado di comprendere» rispose Nell, usando le parole udite tanto sovente in convento.

    «Non sono interessato a capire un piano che mi strappa la carne della mia carne» ribatté Lord Raoul, guardandola cupo.

    Lei si morse le labbra. Sta soffrendo. Non dice sul serio.

    Sul gruppo calò ancora una volta un pesante silenzio, mentre un fiume di lacrime inondava le guance della contessa, sotto lo sguardo furibondo del consorte.

    Come vorrei poterli confortare, pensò la fanciulla, confusa. Mi sento così inutile, qui.

    Asciugandosi gli occhi, la madre la fissò. «Non so come faremo con i tuoi abiti. Sei molto più minuta di Sybilla.»

    «Possiamo modificarne alcuni» rispose Alida. «In questo modo avremo tutto il tempo di cucirne di nuovi.»

    Abiti? Nell spostò alternativamente uno sguardo interrogativo sulla madre e sulla zia. «Perché avrei bisogno di abiti, madre? Posseggo già il mio.»

    «Non tornerai in convento, Nell» rispose il conte. «Sei la mia unica figlia e hai dei doveri nei confronti della tua famiglia. Resterai qui a Bardney per il prossimo futuro.»

    La fanciulla spalancò i grandi occhi azzurri. «Non tornerò in convento? Ma fra sei mesi devo prendere i voti!»

    «Non diventerai suora. Ora sei l’erede del Conte di Lincoln... una posizione molto più importante di quella che una suora potrebbe mai aspirare a raggiungere.»

    Nell si sentiva stordita come se avesse ricevuto un colpo sulla testa.

    «Scriverò una lettera alla madre superiora per metterla al corrente della mia decisione» continuò il nobiluomo. «Abbiamo commesso un errore a mandarti lì, tanti anni fa. È vero che il Signore ci aveva donato un figlio, ma poi se lo è ripreso. Quindi non gli devo più niente, tanto meno una figlia. Da questo momento in poi resterai qui con noi.»

    Nell era seduta nella camera della sorella, circondata dagli oggetti di lei. Lungo i muri erano allineate cassapanche piene dei vestiti di Sybilla e della sua biancheria con tanto di monogramma ricamato. Quando la madre l’aveva condotta lì, aveva pensato che quella sarebbe stata una sistemazione provvisoria, mentre ora sapeva che avrebbe dovuto prendere il posto della defunta.

    Io però non sono Sybilla, pensò con un moto di ribellione. La mia vita ha preso una strada diversa.

    Si alzò di colpo, avvicinandosi alla finestra per osservare il cortile del castello brulicante di vita, con gli uomini che entravano e uscivano dalla dimora del conte. Il panico le artigliò lo stomaco.

    Non appartengo a questi luoghi. E questa non è più la mia casa. La madre superiora non permetterà che io lasci il convento.

    Negli ultimi nove anni si era interamente dedicata a Dio, ed essere strappata con tanta violenza dal suo compito sacro per tornare al mondo secolare l’aveva scossa profondamente, facendole perdere la cognizione di sé.

    La madre superiora avrebbe di certo intercesso per lei presso il padre, convincendolo a lasciarla là dove si era sempre sentita felice e protetta.

    Devo trovare il modo di incontrarla.

    Tuttavia, era abbastanza intelligente da sapere che il padre non le avrebbe mai permesso di tornare al convento se avesse sospettato che la superiora si sarebbe schierata dalla parte della figlia. Doveva dunque pensare a una motivazione convincente per poter far ritorno a Santa Cecilia.

    Gli dirò che desidero salutare le monache. Certamente non me lo negherà. Dopo tutto, le suore sono state la mia famiglia per nove anni.

    Un istante dopo la porta si aprì e apparve la contessa.

    «Non voglio che indossi velo e soggolo, a cena» disse Lady Alice. «Toglili e fammi vedere in che condizioni sono i tuoi capelli.»

    Riluttante, Nell si scoprì piano la testa e il collo, mostrando una treccia che le partiva dalla nuca e che, libera dal velo, le ricadde lungo la schiena.

    «Grazie a Dio non te li hanno tagliati!» esclamò la madre, sollevata.

    «Lo avrebbero fatto il giorno in cui avessi preso i voti» rispose Nell.

    «Quelli ormai non li prenderai più, quindi non hai motivo di preoccuparti.»

    «Madre» continuò la fanciulla mentre Lady Alice iniziava a scioglierle la treccia. «Vorrei tornare al convento per salutare le suore. Sono state davvero molto buone con me in questi anni, e non sarebbe giusto che le lasciassi senza dir loro neanche una parola.»

    «Santo Iddio! Guarda che capelli sporchi! Ogni quanto li lavavate al monastero?»

    «Non saprei» rispose Nell vaga.

    La contessa emise un suono di disapprovazione.

    «Dobbiamo lavarli, prima di poter districare questo garbuglio. Per stasera resterai così. Domani provvederemo debitamente.»

    «Mi avete sentita, madre?» tornò alla carica Nell, disperata. «Mi piacerebbe tornare al convento per accomiatarmi da tutte le sorelle.»

    «Immagino che si possa fare» rispose la contessa intrecciandole ancora i capelli. «Prima però dobbiamo parlarne con tuo padre.»

    «Sarebbe possibile farlo tra poco, durante il banchetto?»

    «Vedremo.» Terminato il suo compito, Lady Alice guardò la figlia negli occhi. «La tua vita sarà molto diversa da quella che hai condotto finora, Nell. Mi rendo conto che, agli inizi, avrai delle difficoltà, ma devi stare tranquilla: prometto che farò del mio meglio per aiutarti. È veramente importante per te recarti in convento per i saluti?»

    «Sì.»

    «Molto bene. Allora parlerò con tuo padre.»

    «Credete che potrei andarci già domani?»

    «Dipende da cosa dirà il conte.»

    «Ma voi glielo chiederete?»

    «Ti ho detto che lo farò» fu la risposta spazientita di Lady Alice, che fissò la figlia tenendo la testa leggermente inclinata di lato. «Immagino che per questa sera dovrai venire a cena con questo vestito. Farò in modo che le mie damigelle modifichino qualche tunica per te entro domani. Tanto per cominciare li accorceremo un po’.»

    Non voglio indossare gli abiti di Sybilla, disse testardamente Nell tra sé.

    «Vieni, adesso. È ora di scendere per la cena.»

    2

    La cena fu servita nella sala grande per tutti gli abitanti del castello. I tavoli erano stati montati al centro, vicino al camino, in modo che i morsi dell’inverno fossero meno crudeli.

    Alla tavola alta sedevano il conte e la consorte, insieme a Nell, Lady Alida, padre Clement, il cappellano, e Martin Demas, il castaldo di Bardney. Alle loro spalle, due paggi erano pronti a servire gli illustri commensali.

    «Mangia qualcosa, figliola» disse Lady Alida alla nipote. «Il cibo è molto buono qui. Dovreste apprezzarlo.»

    Lei pareva gustarlo. Era, infatti, un donnino in carne che a Nell ricordava un piccione. Alida era stata una delle tante ragazze di casa delle quali la famiglia non sapeva che fare, fino a quando Lady Alice non le aveva proposto di andare a vivere sotto il suo stesso tetto.

    Non era sempre un’impresa facile, per le nobili casate, trovare un matrimonio all’altezza delle proprie figlie. Gli usi normanni prevedevano che tutti i beni della famiglia passassero nelle mani dell’erede maggiore, perciò era solo il primogenito maschio ad avere il diritto di sposarsi, mentre tutti gli altri figli, senza patrimonio, erano destinati a restare da soli. Queste regole limitavano notevolmente il numero di potenziali mariti per le figlie della nobiltà e la competizione per un buon partito era sempre molto accesa. Anche il convento di Nell ospitava parecchie ragazze nobili che non disponevano di una dote adeguata per trovare marito. Alida era stata fortunata ad avere una sorella sposata tanto agiatamente da poterla condurre in casa propria.

    «Temo di non avere molta fame» rispose la fanciulla. «Sono accadute troppe cose in questi ultimi giorni e il mio stomaco ne risente.»

    Lady Alice si voltò verso di lei. «Non mangi nulla, Nell?»

    Nell prese un boccone di cacciagione sforzandosi di ingoiarlo.

    «Credete sia possibile modificare i vestiti di Sybilla per le esigenze di Nell?» disse Lady Alice sporgendosi oltre la figlia per parlare con la sorella. «Non devono essere soltanto accorciati, ma ripresi un po’ ovunque.»

    «Ce la possiamo fare» rispose Alida. «Cominceremo immediatamente.»

    «È indispensabile» replicò Alice. «Deve pur avere qualcosa da mettersi che non sia questa veste nera.»

    Alida diede qualche amorevole colpetto su un braccio della nipote. «Non preoccupatevi. Siete una fanciulla carina e presto sarete abbigliata come si conviene.»

    Spero di no, pensò Nell. «Madre» disse poi. «Non dimenticate di parlare con il conte per esporgli il mio desiderio di andare a Santa Cecilia.»

    Per tutta la sera la giovane attese che la contessa si intrattenesse con il marito, ma questi era troppo immerso nella sua conversazione con Martin Demas per occuparsi della consorte. Finalmente, quando le portate principali furono tolte dalla tavola per lasciare posto ai dolci, il nobile si voltò verso le tre donne sedute alla sua destra.

    «Hai gradito la cena, Nell?» chiese.

    «Sì, padre» mentì lei.

    «Bene. Immagino che non si mangiava in questo modo, in convento...»

    «No, padre.»

    «Mio signore» intervenne Lady Alice. «Nell vorrebbe tornare al monastero per dire addio alle suore. Credo che sarebbe un atto di grande cortesia da parte sua... Dopo tutto, non scordiamoci che ha vissuto con loro per nove anni.»

    Il conte si oscurò in volto e Nell trattenne il respiro, restando in attesa.

    «Non è necessario» disse.

    «Necessario no, ma educato sì» replicò Lady Alice.

    La fronte del marito si distese. «E sia. Immagino di poter fare a meno degli uomini cui affiderò il compito di accompagnarla.» A quel punto si voltò in direzione della figlia. «Potrai partire domani stesso e trascorrere la notte lì. Ti metterò a disposizione cinque cavalieri.»

    «Non avrò certamente bisogno di cinque cavalieri, padre» rispose Nell.

    «E invece sì. Il paese è sull’orlo della guerra civile e sono troppi i fuorilegge che approfittano della situazione di disordine.»

    Fissò la figlia con espressione seria.

    «Sei tutto ciò che mi resta, Nell. Non ho intenzione di perdere anche te.»

    Terminata la cena, la servitù si affaccendò a smontare i tavoli e ad appoggiarli contro una parete della sala grande. Davanti al camino furono lasciate soltanto alcune panche e subito i cavalieri presero posto. Qualcuno tirò fuori un paio di dadi.

    «Ritiriamoci» disse Lady Alice alla sorella quando il conte si sedette con i propri uomini accanto al fuoco. «Non mi sento proprio di restare in compagnia, questa sera.»

    Nell seguì la madre e la zia nel solarium dove si riuniva solo la famiglia dei signori del castello, con la mente occupata dal discorso che avrebbe fatto il giorno successivo alla superiora.

    Era sempre stata tra le sue novizie preferite, e di certo la badessa si sarebbe schierata al suo fianco: così pregò affinché madre Margaret dicesse al padre che il volere di Dio era quello che lei restasse al convento.

    Era pomeriggio inoltrato quando Nell e la sua scorta arrivarono davanti al portone del monastero di Santa Cecilia. La suora addetta alla portineria salutò la giovane, quindi chiamò alcuni stallieri perché si occupassero dei cavalli.

    La sola vista delle pietre di quell’edificio a lei tanto caro infuse nel cuore di Nell un’immediata sensazione di conforto. Ripensò alla chiesa nella quale si celebrava la messa, alla casa della superiora, allo stabile destinato a ospitare le suore e le novizie, alla piccola abitazione dove avrebbero alloggiato per la notte i cavalieri del padre, al bel giardino delle erbe officinali di suor Helen in cui aveva trascorso molte ore, felice di poter imparare tutti i segreti dell’erboristeria.

    Suor Helen era stata una vera madre, per lei. Come avrebbe potuto sopportare di separarsene?

    Indicò ai cavalieri l’abitazione destinata agli ospiti e disse loro di sistemarsi come meglio potevano. Poi attraversò il cortile del convento per raggiungere la casa di pietra alta e stretta della madre superiora. Il cuore le batteva forte.

    Bussò. Alla porta apparve una sorella. «Potete dire alla badessa che desidero vederla?» chiese con il fiato corto.

    «Certamente» rispose la monaca, sparendo su per le scale. Quando tornò, qualche minuto dopo, le annunciò che sarebbe stata ricevuta nel solarium.

    Madre Margaret era austera almeno quanto la stanza nella quale accolse l’ospite, ma il suo viso

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