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Passione in California: Harmony Collezione
Passione in California: Harmony Collezione
Passione in California: Harmony Collezione
E-book158 pagine2 ore

Passione in California: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Cosa c'è di meglio, quando hai toccato il fondo, di concedersi una vacanza all'insegna del sesso, del vino e... di Graydon?

Nella vita di Rebecca Ferris niente va per il verso giusto. Il suo ex fidanzato l'ha mollata per sposare sua sorella e, non contento, l'ha anche invitata alle nozze! Durante il ricevimento, Rebecca si ubriaca e accetta di farsi accompagnare a casa da un illustre sconosciuto, Graydon Gallagher. Quando il mattino dopo lo trova ancora lì, Rebecca non crede ai propri occhi e, soprattutto, non crede alle proprie orecchie quando lui le fa una proposta che non può rifiutare: accompagnarlo nell'assolata CALIFORNIA per una breve vacanza in una tenuta vinicola. Rebecca accetta e, da quel momento in poi, il destino sembra cambiare decisamente rotta.

LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2014
ISBN9788858923894
Passione in California: Harmony Collezione
Autore

Lee Wilkinson

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Passione in California - Lee Wilkinson

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    One Night With the Tycoon

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2004 Lee Wilkinson

    Traduzione di Alessandra De Angelis

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5892-398-4

    www.eHarmony.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

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    1

    Il suo sorriso risplendeva come una corona di diamanti, ma il suo cuore era pesante come un macigno.

    Rigida e tesa, Rebecca Ferris assisteva alle nozze della sua sorellastra diciottenne, che stava sposando l’unico uomo che Rebecca avesse mai amato veramente.

    Con in mano il bouquet che la sposa le aveva consegnato durante la cerimonia, attese mentre Lisa e Jason Beaumont si baciavano dopo essere stati dichiarati marito e moglie. Infine, camminando a scatti come un automa, seguì gli sposi e gli invitati nella sacrestia per la firma del registro.

    Dopo un inizio d’estate piovoso e insolitamente freddino, le previsioni del tempo per metà luglio avevano assicurato una parentesi di cielo sereno e alte temperature, per cui le nozze erano state fissate per il sedici luglio.

    Helen, la madre della sposa, aveva deciso che la cerimonia si sarebbe tenuta nel tardo pomeriggio, seguita da una cena. Il tempo reggeva ed era splendido, come sperato, per cui le foto di rito vennero scattate fuori della chiesa antica di Elmslee, una bella costruzione in pietra grigia.

    Sullo sfondo degli alberi che circondavano la chiesa, gli sposi furono fotografati in varie pose mentre gli invitati, divisi in gruppetti sparsi, commentavano che erano proprio una bella coppia: lei, bionda, minuta e carina, e lui alto, biondo e snello, con un viso e un portamento da attore.

    Quando il fotografo fu finalmente soddisfatto degli scatti fatti, tutti presero posto nelle auto, noleggiate per l’occasione e decorate da nastri candidi che fluttuavano al vento mentre attraversavano il paese, dirigendosi verso Elmslee Manor, l’imponente dimora in cui abitavano i Ferris da oltre tre secoli.

    In realtà Lisa non era affezionata a quel posto. Era venuta a vivere a Elmslee con sua madre quando era piccola ed era stata sempre impaziente di andarsene. Preferiva di gran lunga le luci sfavillanti e il caos della vicina Londra, per cui si era trasferita nell’appartamento di Jason a Knightsbridge appena se n’era presentata l’occasione.

    Rebecca, invece, era nata a Elmslee. Adorava la grande magione elisabettiana, con le finestre dai vetri piombati e i bellissimi comignoli di pietra scura, e quando era andata via ne aveva sentito acutamente la mancanza.

    Ora la villa sarebbe stata venduta. Helen l’aveva messa in vendita perché aveva deciso di acquistare un appartamento a Londra per poter stare vicino alla figlia dopo le nozze. Rebecca si era azzardata a sollevare una debole protesta, sapendo quanto suo padre fosse stato affezionato alla dimora. Se fosse stato ancora in vita, si sarebbe opposto strenuamente alla vendita.

    La sua matrigna, però, le aveva ribattuto seccamente che, a parte la questione economica che pure era importante, una volta andata via Lisa, la villa sarebbe stata troppo grande per lei, con le sue dieci camere da letto. Non avrebbe resistito a tutto quello spazio vuoto e a tutto quel silenzio.

    Quel giorno, invece, Elmslee Manor era tutt’altro che silenziosa. La villa e i giardini erano in festa, come si vedeva subito dagli addobbi curatissimi.

    Davanti alla casa, verso sud, era stato eretto un grande gazebo tra i prati impeccabilmente rasati e gli alberi scuri. Sul terrazzo erano state collocate delle stufe a gas da esterni a fungo nel caso, l’aria fosse diventata fresca. L’immensa balconata ospitava anche una vivace orchestra per allietare la serata.

    Davanti al vecchio aranceto c’era uno spiazzo pavimentato, destinato a parcheggio per gli invitati. In tutta la proprietà erano state piazzate delle luci in punti strategici e tra gli alberi erano stati appesi dei fili da cui pendevano lanterne colorate.

    Dopo sedici anni, la seconda signora Ferris era ormai avvezza a recitare alla perfezione il ruolo di dama del castello, ma questa volta aveva superato se stessa. Il ricevimento era stato organizzato con sorprendente efficienza e rapidità. Una delle zie aveva commentato con malignità che i preparativi erano stati fatti in quattro e quattr’otto per paura che Jason cambiasse idea.

    Nel salone adorno di splendide composizioni di fiori, gli sposi e i parenti stretti erano in fila ad accogliere gli invitati. Rebecca sopportava quella prova a testa alta, con un sorriso stampato sul viso, ma la sua determinazione vacillò quando si presentò la prozia Letty a fare gli auguri agli sposi e passò a salutare gli altri membri della famiglia.

    Dopo averle offerto la guancia vizza per un bacio, l’anziana signora brontolò: «Non so perché debbano fare le cerimonie così tardi. È la moda di oggigiorno, purtroppo! Sicuramente cominceremo a mangiare ben oltre l’ora in cui di solito vado a dormire».

    Rebecca le sorrise e mormorò una risposta indistinta, non sapendo cosa dire.

    Poi, però, la prozia si accostò al suo orecchio e sussurrò: «Devo confessare di essere rimasta oltremodo sorpresa quando ho ricevuto una partecipazione con il nome di Lisa. Credevo che fossi tu la fidanzata del giovanotto... Quel Comesichiama...».

    Rebecca inghiottì a vuoto. «Sì, in effetti era così, ma...»

    «E perché mai hai permesso a quella ragazzina viziata di rubartelo?»

    Rebecca rimase interdetta. Vedendo l’espressione costernata apparsa sul volto della pronipote, Letty le strinse la mano per consolarla.

    «Non ci pensare, cara. Dai retta alla tua vecchia zia e comincia a guardarti intorno. Il mare è pieno di pesci e chissà che non trovi di meglio» la rassicurò.

    La prozia si spostò per salutare gli altri e Rebecca, fattasi forza, continuò a sorridere e a stringere la mano a persone che conosceva appena. Poi per fortuna arrivò l’ultima invitata, che riconobbe come una delle più care amiche della sua matrigna.

    Durante una breve parentesi in cui il frastuono provocato dal chiacchiericcio dei presenti era diminuito temporaneamente di volume, Rebecca udì distintamente Helen che parlava con l’amica.

    «Ovviamente la povera Rebecca è terribilmente delusa. Però sarebbe stato privo di senso cercare di tenere legato a sé un uomo che chiaramente non l’aveva mai voluta veramente. Troppo umiliante, non trovi?»

    Consapevole del fatto che tutti quelli che erano nelle immediate vicinanze stavano ascoltando avidamente, ansiosi di avere un pettegolezzo succulento in cui affondare i denti, Rebecca approfittò della momentanea distrazione causata dall’arrivo dei camerieri con i vassoi pieni di calici di champagne, e si diede alla fuga, sgattaiolando da una porta laterale.

    Accecata dalla luce intensa del sole basso all’orizzonte e dalle lacrime che si sforzava di trattenere, attraversò a passo svelto il giardino, impacciata dal vestito lungo di chiffon lilla.

    Evitò accuratamente il gazebo dov’erano assiepati gli ospiti, passando alla larga, superò il boschetto e raggiunse il vecchio casotto circolare appollaiato su una collinetta. Il capanno era disabitato da tempo e nessuno vi metteva più piede da anni, in particolare dopo la morte del padre.

    Rebecca salì i gradini dell’ingresso e aprì la porta cigolante, poi entrò nell’ambiente polveroso che era stato il suo nascondiglio da bambina. Quando si sentiva triste o incompresa veniva sempre a rifugiarsi lì.

    Si accasciò sulla panca di legno che correva lungo tutte le pareti e si guardò intorno. Dopo qualche giorno di bel tempo, all’interno del casotto era più caldo e l’aria che odorava di muffa era vagamente soffocante. L’ambiente era immerso nella penombra, perché le finestre erano opache per lo sporco e per le ragnatele, e all’esterno erano coperte dall’edera rampicante.

    Seduta sulla panca con le spalle curve, Rebecca ripensò alle parole di Letty. Mentre Lisa non aveva fatto altro che passare da un ragazzo all’altro sin da quando aveva quindici anni, Rebecca non aveva mai desiderato nessuno all’infuori di Jason. Per la prima volta da quando l’aveva perso, abbassò la guardia e lasciò che le lacrime le sgorgassero liberamente dagli occhi e le inondassero le guance.

    Improvvisamente sentì la porta che si apriva. Lo scricchiolio inaspettato le fece sollevare la testa di scatto. Batté le palpebre più volte. Attraverso il velo di pianto che le annebbiava la vista scorse una sagoma alta sulla soglia, scura contro lo sfondo luminoso dell’ambiente esterno.

    «È risaputo che le donne piangono sempre ai matrimoni, ma non le sembra di esagerare?» le chiese severamente una voce maschile.

    Mortificata, Rebecca si coprì il volto con una mano.

    L’uomo chiuse la porta con un colpo di tallone e vi si appoggiò.

    «Se non le dispiace, vorrei restare sola» gli disse lei con voce roca.

    Dopo qualche istante, non sentendo alcun movimento, Rebecca alzò lo sguardo e lo vide fermo con la schiena contro la porta. Con una mano reggeva una bottiglia di champagne e con l’altra due calici. Nella penombra non riusciva a distinguere bene il suo volto, ma notò che aveva i capelli neri e un sorriso beffardo.

    «Cosa vuole?» lo apostrofò.

    «Farle le mie condoglianze» replicò lui, ironico.

    L’ultima cosa che Rebecca volesse in quel momento era la compassione. Di un estraneo poi.

    «Chi è lei?» gli chiese.

    Dopo una lievissima esitazione, lui rispose: «Sono Graydon Gallagher, Gray per gli amici».

    Si avvicinò e le si sedette accanto, scrutandola. Rebecca aveva i capelli raccolti in un sobrio chignon. Il suo unico gioiello era un filo di perle al collo. Quel giorno si era truccata con cura ma il pianto le aveva rovinato la maschera con cui aveva coperto la sua tensione. Era pallida e visibilmente tesa, con gli occhi lucidi e gonfi di pianto.

    Gray conosceva bene il suo viso delicato a forma di cuore, con i grandi occhi dorati leggermente a mandorla, la bocca carnosa e i capelli castano chiaro, che ora scoprivano il collo lungo e flessuoso. Però in tutte le foto in cui Rebecca era ritratta, Gray l’aveva vista serena e sorridente, non devastata dall’angoscia come in quel momento.

    Vedendola in foto era rimasto incantato dal suo volto e aveva pensato che il gusto di Jason doveva essere notevolmente migliorato per aver scelto una donna tanto affascinante, benché di una bellezza non convenzionale.

    Gray in realtà la preferiva alle maliarde

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