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Il Racconto del Cielo - Vincastro del Giorno
Il Racconto del Cielo - Vincastro del Giorno
Il Racconto del Cielo - Vincastro del Giorno
E-book224 pagine2 ore

Il Racconto del Cielo - Vincastro del Giorno

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Info su questo ebook

Ci fu un tempo in cui i cieli erano divisi a metà da uno spesso e invalicabile confine di vetro. Era un tempo in cui Sole, il principe del giorno (o come lo chiamavano qui sulla Terra il vincastro del giorno) governava con perfezione e ordine. Un tempo in cui nei cieli e sulla Terra regnava l'equilibrio e la pace. Poi però, per la prima volta dopo millenni di perfezione, lo sguardo del principe si posò su quello di Luna, la dama della notte, e nel giovane cuore di lui, l'equilibrio e la pace si spezzarono. Così iniziò la sua più grande avventura qui, giù sulla Terra. Alla ricerca della perduta perfezione e nella speranza di estirpare il seme di caos piantato nel suo cuore dalla dama della notte. Nel suo viaggio incontrerà popoli, attraverserà città e affronterà pericolose creature, scoprendo che tra le complesse pieghe dell'animo umano c'è qualcosa di più bello e significativo di un'eternità pacifica e perfetta... per chi ha il coraggio di accettarsi piccolo e di diventare grande.
LinguaItaliano
Data di uscita28 ago 2017
ISBN9788892680753
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    Anteprima del libro

    Il Racconto del Cielo - Vincastro del Giorno - Lorenzo Giol

    Grazie.

    PREFAZIONE

    aro lettore, permettimi di farti attendere ancora qualche riga prima di lasciarti alla lettura di questo racconto, e concedimi di esprimere la mia più piena soddisfazione per la storia che hai tra le mani.

    Una soddisfazione non tanto legata all’aver creato qualcosa, ma piuttosto all’aver trovato qualcosa.

    È la soddisfazione di vedere finalmente i risultati di un faticoso viaggio, che pezzo per pezzo mi ha concesso di ricostruire una storia tramandata di generazione in generazione (se di generazioni si più parlare per il popolo delle nubi!).

    E come ogni storia tramandata, persa e ritrovata, è vera. Forse nella sua totalità, forse solo in alcune parti, o forse solamente in fondo in fondo, ma preferisco lasciare a te, caro lettore, trarre a riguardo la conclusione che ritieni più consona.

    È difficile spiegare quando, esattamente, questa storia sia avvenuta, se all’origine dei tempi o ai giorni nostri. Diciamo che è accaduta esattamente prima che tu potessi averne memoria. Sono eventi accaduti, cioè, esattamente ieri. Puoi sforzarti di andare indietro con i ricordi alla ricerca di quando il cielo era diviso a metà, ma sarai sempre lontano di uno ieri da quel momento.

    Ho faticato parecchio per ottenere questa storia e ho dovuto pazientare molto.

    Seguendo i suggerimenti di una stella, ho scalato le cime più umide e ventose fino a trovare una nuvola in grado di capirmi e raccontarmi della più grande avventura vissuta da Sole, Vincastro del Giorno, il bastone che con la sua luce illumina i nostri passi. Poi ho passato in rassegna gli alti ghiacciai cercando un’altra nuvola, per colmare le lacune del primo distratto narratore. Infine mi sono arrampicato sulla cima di talmente tanti alberi secolari da perderne il conto, per trovarne una terza che rispondesse agli ultimi dubbi rimasti e risolvesse le incongruenze tra i primi due racconti.

    Nonostante i raffreddori, gli scivoloni sul ghiaccio e gli attacchi di picchi indispettiti che ho dovuto subire (e a cui chiedo scusa per il disturbo arrecato), sento di poter dire che ne è valsa la pena.

    Nella speranza che anche tu, caro lettore, la penserai come me alla fine di questo Racconto del Cielo, ti faccio il più grande augurio di una buona lettura.

    •I•

    TRAMONTARE

    era una volta, e c’è tuttora, un regno diverso da tutti gli altri, che non affonda le proprie radici nel solido terreno, ma nell’aria e tra i venti.

    Un regno sopra la cui testa non c’è l’azzurro manto del cielo diurno, ma al contrario la Terra, grande e maestosa.

    Un regno che non vede tramontare il Sole la sera, né lo vede sorgere al mattino, perché il Sole è il suo sovrano, e là è sempre giorno.

    C’era e c’è tuttora, tuttavia la nostra storia inizia in un tempo in cui il cielo era diverso da come lo conosciamo oggi.

    A quel tempo il regno del giorno e della notte erano divisi da un invalicabile confine. Se avessimo vissuto sulla Terra in quegli anni, alzando gli occhi al cielo avremmo visto una fascia come di vetro, costellata di simboli e disegni appena visibili a occhio nudo, attraversare l’intero cielo. Da un lato stava l’azzurro cielo diurno, dall’altro quello nero della notte. Ogni dodici ore un profondo rintocco scuoteva la Terra e annunciava lo spostamento dell’anello di confine, che ruotando capovolgeva il cielo. In pochi minuti scendeva la notte là dov’era giorno, e sorgeva il giorno dov’era notte.

    Nel regno del cielo diurno ogni giorno trascorreva perfetto e uguale, senza sosta né riposo, senza intoppi e senza cambiamenti. Tutto era semplicemente perfetto.

    Così come si sentiva perfetto il suo sovrano, il principe Sole, che con forza e severità governava il popolo delle nubi e il loro transumare nei pascoli del cielo. Regolava l’alternarsi delle stagioni in modo perfetto; le piogge iniziavano e finivano perfettamente quando decideva lui; allo stesso modo, l’energia che donava agli abitanti della Terra era perfetta, grazie alla luce e al calore emanati dal suo corpo perfetto, dalla pelle gialla e arancione. Il suo fisico giovane ed atletico, costellato qui e lì da piccoli cristalli d’ambra, era adornato da un gonnellino di stoffa chiara stretto in vita; il principe indossava una cuffia aperta sulla cima, in modo da lasciare liberi i luminosi cristalli arancioni di cui erano fatti i suoi capelli, che si alzavano come una corona di fiamme sopra la sua testa. La cuffia scendeva fino a coprirgli le spalle ed era cinta con una fascia di stoffa rossa simile ad una sciarpa che si muoveva nel vento come una liquida fiamma. Sul suo viso giovane e delicato, brillavano forti due occhi arancioni: dentro quei due grandi soli d’ambra si specchiava profondo l’intero cielo.

    Ogni volta che il grande orologio dell’universo rintoccava e l’anello tra i due cieli girava, il principe Sole iniziava la transumanza delle bianche greggi da un confine all’altro del suo regno. Lontana, sopra di lui, l’enorme e splendida Terra; sotto i suoi piedi nudi, il trono celeste: un globo grande quanto un elefante. La sua superficie era una vetrata gialla, rossa e oro, che brillava fulgida quando il corpo del principe risplendeva, riflettendo la sua energia e il suo calore sulla Terra sovrastante.

    Alla fine di ogni viaggio attraverso la volta celeste, le nuvole del cielo si raccoglievano sul confine, e insieme a Sole attendevano il successivo rintocco celeste, per iniziare un nuovo giorno sotto l’altro emisfero della Terra.

    «Tutto in ordine sire, pronti al rintocco!» annunciò la nuvola Ciry fluttuando verso Sole. Era nella sua forma più umana: un corpo bianco e spumoso di donna, con braccia sproporzionatamente lunghe e mani minute. Il viso era quello di una donna giovane e forte. Il suo corpo sotto la vita svaniva in frastagliati cirri dai bordi rosa perlato - lo stesso colore dei suoi occhi, oltre che l’unico dell’eterea figura bianca e grigia.

    «Nessun intoppo. Tutto perfettamente secondo i piani, come al solito,» concluse Ciry, inchinandosi di fronte al sovrano. Era una nuvola molto intelligente e meticolosa, cosa rara tra le nubi… Le sue capacità e la sua dedizione fuori dalla norma l’avevano resa il braccio destro di Sole nella gestione delle vaporose mandrie.

    «Perfetto. Anche oggi abbiamo concluso in anticipo,» rispose in tono autoritario il principe, osservando oltre il confine del suo regno le ultime stelle del cielo notturno allontanarsi come saette su e su in alto, scomparendo alla vista dietro il globo terrestre che li sovrastava. Provava una strana e piacevole sensazione all’altezza del petto nel vedere le sue greggi di nubi pronte sul confine, quando ancora le stelle non avevano finito di prepararsi per il cambio di emisfero. Una sensazione che sulla Terra si potrebbe identificare con la parola orgoglio.

    Passarono pochi istanti e un sonoro rintocco fece vibrare il cielo. Alcune tra le nuvole più giovani, ancora ingenue, belarono e nitrirono spaventate; alcune di loro tentarono di abbandonare i ranghi per fuggire, ma il pronto intervento di Ciry e delle altre nubi senzienti riportarono l’ordine e la calma senza difficoltà. Il confine dei due cieli iniziò a muoversi, prima lento, poi sempre più veloce, aprendo davanti a Sole e alle nuvole gli azzurri prati di un nuovo giorno.

    «Cumo! Al mio fianco! Ciry, occupati delle nuvole più basse. Nembo, tieni d’occhio i nuovi arrivati, abbiamo qualche indisciplinato a quanto pare,» gridò il principe.

    «Sì, sire!» rispose Ciry. Assunse l’aspetto di una vaporosa giraffa bianca e si allontanò fluttuando rapida.

    «Sì, sire!» rispose Nembo con voce nasale, e in forma di grosso elefante scuro si mise in posizione in alto, vicino alla Terra,

    «Sì, sire!» rispose infine Cumo schierandosi al fianco di Sole nella sua imprecisa forma di aquila bianca dalle zampe di gazzella.

    Alle loro spalle si avvicinò rapido il confine del cielo notturno, che infine si fermò a pochi passi da loro.

    Il nuovo giorno era ufficialmente iniziato.

    «Cumo, oggi iniziamo a preparare l’estate. Dovremo iniziare a concentrare le mandrie e a fonderle, le nuvole scure cominciano a essere parecchie,» disse il principe, mentre il suo trono sferico iniziava il lento percorso attraverso la volta celeste con a bordo il suo sovrano.

    «Oh, lo so bene, sire! Avete visto Nembo?! Si è preso un gran bel raffreddore! Tutte le volte che lo tocco scarica fulmini ovunque e…»

    «Concentrazione, Cumo!»

    «Sì, sire! Scusatemi, sire!»

    «Il passaggio di stagione è impegnativo e non voglio rallentamenti perché ti diverti a stuzzicare Nembo, è chiaro?»

    «Assolutamente, sire! Però è divertente… e non mi assegnate mai allo scaricamento dei fulmini dalle nuvole scure…» La figura di Cumo perse le ali e al posto del becco aquilino spuntò il muso di una gazzella, mentre trottava nel vuoto per restare al passo con il trono di Sole che viaggiava spedito nella volta. Mantenne tuttavia una vistosa coda di piume, Sole non avrebbe saputo dire se per scelta o dimenticanza. Cumo del resto era una nuvola lunatica e parecchio svampita; Sole l’aveva scelta per le molte forme che riusciva ad assumere, molto utili per la gestione delle mandrie. Tuttavia c’erano giorni in cui anche a Cumo serviva qualche colpo di vincastro come alle nubi delle mandrie per rigare dritto.

    «Meno chiacchiere, Cumo, voglio un cambio di stagione perfetto, pronto?»

    «Fino all’ultima molecola d’acqua sire! Come sempre!»

    «Quel gregge laggiù verso ponente,» indicò Sole, «raccoglilo in una nuvola unica, prima della fine del giorno voglio farla piovere. Vai!»

    Cumo spiegò in un istante le sue possenti ali bianche, ricomparse tra voluminosi sbuffi vaporosi, e sfrecciò nel cielo verso un gruppo di nubi a pecorelle che si spostavano quiete senza un ordine. Nel vedere arrivare la grande aquila, cominciarono ad agitarsi e belare forte, scappando. L’agile Cumo virò fiancheggiando il gregge, e gli impedì di disperdersi. Le fluttuanti pecorelle iniziarono a scontrarsi l’una con l’altra, fondendosi in nubi più grosse,dai belati più profondi e chiassosi.

    In alto verso la Terra, Nembo, in forma di possente elefante dai toni grigi e blu stava spingendo un’enorme nuvola scura priva di coscienza. Non appena le ebbe fatto prendere sufficiente velocità la lasciò andare, ed essa scivolò via come una biglia di vetro nero lanciata silenziosa su un tavolo invisibile. Poi si spostò verso un nuovo ammasso scuro. Questa seconda nuvola, per quanto dotata minimamente di intelletto, non faceva nulla più che borbottare. Sentendosi spingere, però, essa si indispose, e cominciò a lamentarsi con barriti e ruggiti, scaricando un fulmine verso Nembo e scaraventandolo indietro.

    «Nembo, fai attenzione! Sei troppo vicino alla Terra, rischi di colpirla!» lo rimproverò Sole.

    Nembo scosse la testa facendo oscillare le grandi orecchie da elefante per riprendersi dalla scarica. «Scusatemi sire, non si ripeterà!»

    Sole percorse a lunghi passi il suo trono sferico, fino a trovarsi a testa in giù a osservare la parte più profonda e lontana del cielo, dove all’infinito si estende solo l’azzurro. Qui Ciry, con l’aiuto di altre due nuvole senzienti, tentava di tenere in riga delle nuvole rosacee che, senza una forma precisa, si spostavano come cirri leggeri e veloci nel cielo ridendo divertite. Il principe trovava fastidiose le nuvole quasi umane come quelle: troppo stupide per capire un ordine, ma spesso abbastanza intelligenti e furbe da trovare facili vie di fuga dalle loro mandrie per andare a baloccarsi senza meta a cavallo dei venti. Erano le più indisciplinate e difficili da gestire, tanto che Sole spesso preferiva farle svanire lasciando che la loro essenza si disperdesse all’interno di nuvole più grandi e stabili. Altre volte, quando era possibile, le fondeva insieme, in modo da ottenere un intelletto sufficiente a trasformarle in nuvole pastore a loro volta. In alcune fortuite situazioni il processo dava vita a prodigiosi aiutanti, come era stato per Ciry.

    «Chiudila sulla destra! Falla venire da questa parte!» gridò Ciry in forma di giraffa a un’altra nube pastore, e si lanciò al galoppo inseguendo una fuggiasca ridacchiante. Quando fu a portata, Ciry le assestò un poderoso colpo di corna.

    La sfacciata nuvoletta smise di ridere e cominciò a gridare cose incomprensibili o quasi: «Bruttacchia! Carognupidona! Buamalattia! Stupicente!» La volgare creatura cambiò subito direzione schizzando via il più lontano possibile dall’eterea giraffa, e finì per schiantarsi senza accorgersene contro una sua compagna tenuta a bada dagli altri pastori. Le due, stordite, emisero bassi rantolii avvolgendosi caute una nell’altra e studiandosi sospettose. Probabilmente di lì a qualche ora sarebbero diventate una nuvola unica.

    «Ottimo lavoro! Avanti con le prossime!» si complimentò Ciry.

    Sole sorrise. «Perfetto…» si disse soddisfatto. Poi ripercorse il trono e guardò su verso la Terra, che enorme e maestosa copriva quasi la metà del cielo, nascondendo quasi per intero il regno della notte. In tanti millenni non si era mai chiesto come fosse il regno nero di madama Luna. Del resto non poteva certo essere migliore del suo.

    Sole aprì le braccia e chiuse gli occhi. I cristalli ambrati che gli costellavano il corpo iniziarono a brillare, poi la candida luce si espanse fino alla pelle, finché l’intera figura del principe ne fu coperta. Il trono sotto i suoi piedi rifletté quella luce, soffondendo il cielo e la Terra di un caldo tepore. Sole aprì gli occhi e guardò verso la Terra. Vide quei piccoli puntini che erano gli uomini uscire dai loro nidi e iniziare a darsi da fare; vide i prati e i boschi dai mille verdi della primavera macchiarsi dei colori dei fiori; vide i mari e gli oceani prendere vita e restituirgli grati i vispi e guizzanti riflessi della sua stessa luce.

    «Sire, in attesa di ordini!»

    Il principe abbassò lo sguardo. Un’aquila bianca lo affiancò; lì dove poco prima c’era un gregge di belanti nuvole, ora ce n’era una soltanto. Era grossa, scura e assomigliava a una capra con una dozzina di corna. Le sue innumerevoli zampe fendevano frenetiche l’aria, incapaci di coordinare il movimento.

    «Perfetto, è il momento di riportarla sulla Terra.» Sole afferrò la sciarpa rossa che portava al collo e se la sfilò. Essa si aggrovigliò su se stessa e si trasformò in un grande vincastro scarlatto con la punta arricciata che brillava di luce bianca. Sole spiccò un balzo dal trono, sfrecciando nell’azzurro verso l’agglomerato scuro, e usò il vincastro per agganciare la bestia. Con un grido, la scaraventò verso l’alto, dove si schiantò contro una nuvola più chiara vicina alla Terra. L’impatto provocò un fulmine che per un attimo, come una ragnatela, avvolse le due nubi, ora diventate una sola. La nuova massa informe brontolò sonoramente, infastidita dal pizzichìo provocato dal fulmine; poi, dalla sua cima, leggere gocce cominciarono a condensarsi e a salire verso la Terra. Così la nuvola, con un profondo respiro, si tranquillizzò, accettando serena di lasciarsi piano piano piovere sulla Terra, dove avrebbe ricominciato il suo ciclo tornando, un giorno, a solcare i cieli.

    «Perfetto…» ripeté il sovrano mentre, esaurito lo slancio del salto, precipitava nuovamente sul suo trono. Nonostante la velocità

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