Il Racconto del Cielo - Romanza della Notte
Di Lorenzo Giol
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Il Racconto del Cielo - Romanza della Notte - Lorenzo Giol
lettura.
•I•
SORGERE
era una volta, e c’è tuttora, un regno diverso da tutti gli altri che non affonda le proprie radici nel solido terreno, ma nell’aria e tra i venti.
Un regno sopra la cui testa non c’è lo splendente manto di stelle del cielo notturno, ma al contrario la Terra, grande e maestosa.
Un regno che non vede sorgere la Luna la sera, né la vede tramontare al mattino, perché la Luna è la sua sovrana, e là è sempre notte.
C’era e c’è tuttora, tuttavia la nostra storia inizia in un tempo in cui il cielo era diverso da come lo conosciamo oggi.
A quel tempo il regno della notte e del giorno erano divisi da un invalicabile confine. Se avessimo vissuto sulla Terra in quel tempo, alzando gli occhi al cielo avremmo visto una fascia come di vetro, incisa con simboli e disegni appena percettibili a occhio nudo, attraversare l’intero cielo. Da un lato stava il nero cielo notturno, dall’altro quello azzurro del giorno. Ogni dodici ore un profondo rintocco scuoteva la Terra annunciando lo spostamento di quest’anello di confine, che ruotando capovolgeva il cielo. In pochi minuti sorgeva il giorno dov’era notte, e scendeva la notte dov’era giorno.
Nel regno del cielo notturno ogni notte trascorreva perfetta e uguale, senza incertezze né dubbi, senza intoppi e senza cambiamenti. Tutto era semplicemente perfetto.
Così come perfette e minuziose erano le leggi che muovevano quel regno di cui madama Luna era sovrana, ambasciatrice e rappresentante. Precise e impeccabili, le stelle si spostavano nel cielo nelle loro formazioni perfette, formando le costellazioni che davano direzione e guida al navigare dei velieri e ai sogni degli uomini. Perfetto era il canto che usciva dalle delicate labbra di madama Luna, che dolce invitava l’uomo su sulla Terra al riposo, a dimenticare le proprie stanchezze, ad affidare al sonno le proprie difficoltà e a togliere le catene ai propri sogni per un po’.
Perfetta nella sua delicata dolcezza era la sovrana di quel regno, madama Luna. Nei suoi occhi scuri come il velluto blu e profondi come la notte si riflettevano tutte le stelle del cielo. I suoi capelli mossi, striati d’argento e d’azzurro, salivano sopra la sua testa a formare una falce ricurva. Essi scintillavano in sintonia con le sfavillanti luci delle stelle. Indossava un abito scuro e lungo con un’ampia gonna che cadeva leggera sul suo corpo sottile. La sua pelle, liscia e perfetta, era di un colore tenuemente azzurro.
Ogni volta che il grande orologio dell’universo rintoccava e l’anello tra i due cieli girava, madama Luna iniziava il suo viaggio da un confine all’altro del regno, mentre le sue stelle rapide saettavano a prendere posizione per il nuovo ciclo. Sopra la sovrana, l’enorme e splendida Terra; sotto i suoi minuti piedi nudi, il suo trono celeste: un globo grande quanto un elefante. La sua superficie era simile a una vetrata blu, azzurra e argento, e rifletteva vispa la luce delle stelle del cielo.
Alla fine di ogni viaggio, le stelle si raccoglievano sul confine e assieme a Luna attendevano il successivo rintocco celeste, per iniziare una nuova notte sotto l’altro emisfero della Terra.
«Tutto in ordine madama, pronti al rintocco!» disse una stella saettando a fianco della sovrana. Era il capitano Sirio, la stella che regolava le formazioni di tutta la volta celeste. La sua pelle era gialla, ed emanava una delicata luce che la sua armatura, leggera e trasparente, non nascondeva per nulla. Sulla schiena gli ronzavano rapide delle ali da libellula che lo tenevano a mezz’aria nel cielo. Il suo viso era austero, gli occhi grandi e neri. Le sue orecchie erano lunghe e a punta; insieme alle ali e al suo corpo affusolato, dagli arti incredibilmente sottili, la forma creata era quella celeste luce notturna a cinque punte chiamata nel nostro mondo stella.
«Come, di già? Ma abbiamo un sogno in procinto di schiudersi!» esclamò Betelgeuse, la stella ancella di madama Luna, accovacciata al fianco della dama sul trono sferico. Lei al posto dell’armatura indossava un vestito lungo e ugualmente trasparente su cui si poggiavano delicati i suoi lunghi e lisci capelli luminosi. Il capitano Sirio, impettito, inspirò e poggiò la mano sulla spada che portava al fianco. «Dama Betelgeuse…» iniziò.
«Sì sì, lo so… L’ordine, il tempismo, la precisione…»
Sirio squadrò indispettito Betelgeuse per l’interruzione insolente.
Madama Luna rise dolcemente. «Andiamo Betty, si schiuderà quando ripasseremo di qui. E poi era all’inizio di questo ciclo, ormai siamo dall’altra parte del cielo,» disse, poi si sollevò con perfetta grazia dal trono.
Betelgeuse fece vibrare le sue ali librandosi dal trono della sovrana. Aprì una sacca che portava alla vita e ci guardò dentro. «Avete sentito, piccole? È in arrivo un fratellino!» disse. La sacca si scosse, e dal suo interno arrivò un coretto di versi acuti e festanti.
Il capitano Sirio tossicchiò per attirare la loro attenzione.
«Capitano, siamo pronte anche noi,» disse Luna con grazia.
Il capitano fece un cenno di gratitudine e saettò via verso il confine opposto del regno notturno – là dove il giorno sarebbe avanzato a prendere il loro posto – per dare gli ordini di abbandonare le posizioni alle stelle sul confine.
Luna lo seguì con lo sguardo per un attimo, mentre veloce come una freccia schizzava attraverso tutto il regno salendo fin dietro il grande disco della Terra che li sovrastava; poi la sovrana si voltò verso il vicino capo opposto del confine con il regno del giorno. A pochi passi dal suo trono si estendeva a perdita d’occhio un confine di vetro inciso di simboli antichi, oltre il quale iniziava con uno stacco netto l’azzurro regno del cielo diurno.
Accompagnate da un suono simile a quello di una freccia che fende l’aria, le stelle del cielo iniziarono a saettare verso quel confine, formando in breve tempo ordinate e precise schiere a destra e a sinistra della propria sovrana.
Betelgeuse rimase a fluttuare alla sua sinistra. Dopo pochi istanti alla sua destra apparve Sirio, che sguainò la sua spada e gridò alle formazioni immobili di stelle: «Pronti per il cambio di ciclo! Formazione Orione in prima fila! Tenersi pronti!» Dalle schiere si alzò un grido unanime di risposta. Sirio puntò la spada contro il confine di vetro e Luna lo sentì sussurrare: «Tre, due, uno…»
Un sonoro rintocco scosse tutto il cielo. Il confine di vetro che avevano davanti iniziò a muoversi, prima piano, poi sempre più veloce, portando il nero della notte lì dove prima c’era l’azzurro del giorno. «Formazioni!» gridò Sirio.
Le stelle iniziarono a saettare nel cielo, lasciando dietro di sé per un istante una scia di luce, prima di fermarsi con precisione al loro posto per il nuovo ciclo. Sottili linee d’argento iniziarono ad apparire tra le stelle dando forma alle costellazioni del cielo notturno. Alle spalle di madama Luna, il confine opposto del cielo si avvicinò, rallentò e si fermò.
La sovrana guardò per un momento verso il regno diurno ora alle sue spalle, e vide lontane le prime nubi del giorno muoversi lente e scomposte nel loro nuovo ciclo. Erano sempre diverse, e Luna le vedeva spesso muoversi disordinate e caotiche, simili a greggi nel cielo. Al suo popolo, invece, bastavano pochi istanti per prendere posizione. Mai un passo fuori dalle loro formazioni, perfette.
Sapersi la fortunata sovrana di un regno tanto perfetto la colmava di una sensazione piacevole: ognuno con il suo compito chiaro, nessun imprevisto, nessuna disobbedienza, nessuna difficoltà. E in quel regno perfetto, perfetta era lei quando con il suo canto dolce e limpido addormentava gli uomini e li faceva crescere, deliziando il cielo con la sua voce. Perfetta nella perfezione.
Non sapeva bene che nome avesse quell’insolita piacevolezza che le si scioglieva nel ventre quando cantava. Sulla Terra si sarebbe potuta identificare con il termine di compiacimento. Quella cosa dentro era qualcosa che stava ben attenta a non condividere con nessuno, nemmeno con Betelgeuse. Non c’era legge o regola nel suo regno che parlasse di qualcosa di simile e non voleva certo mettere alla prova quel placido e perfetto equilibrio! Tuttavia, a volte, si concedeva comunque quella rilassante sensazione in segreto.
La dama della notte si scosse dai suoi pensieri quando sentì il trono sotto i suoi piedi iniziare a muoversi. Lento e costante, aveva dato il via al suo nuovo viaggio attraverso le lande di stelle. Era ufficialmente iniziata una nuova notte.
Betty aprì la sacca che portava in vita. «Coraggio piccoline, tutte fuori!» disse. Dalla sacca uscirono sei piccole creature luminose, non più grandi di un pugno. Avevano l’aspetto delle altre stelle, ma con il corpo e le alette più tozze. Le stelline si guardarono attorno saettando da una parte all’altra, felici di uscire dalla sacca.
«Sarebbe anche ora che prendessero parte alle formazioni anziché giocare tutto il giorno…» borbottò il capitano.
Betelgeuse sbuffò. «Andiamo Sirio, non hanno nemmeno cento milioni di anni! Lascia che si godano un po’ l’infanzia! Ci sarà tempo! Vero piccoline?» Alcune piccole stelle pizzicarono affettuosamente il viso di Betty in risposta.
«Questo non significa nulla! Polaris compie cinquanta milioni di anni tra un paio di secoli ed è una delle mie stelle più capaci!» le fece notare Sirio.
Betty non lo ascoltava ormai, o fingeva di non farlo, così Sirio sospirò e concluse: «Almeno fa attenzione che non disturbino madama…»
«Non ti preoccupare Sirio, sono brave stelle,» lo tranquillizzò Luna. Lui fece un cenno con il capo e sfrecciò via per organizzare gli spostamenti delle costellazioni nel ciclo.
Luna guardò su, verso la Terra: un enorme disco nero pieno di piccole luci pulsanti, come le sue stelle. Fece un profondo respiro alla ricerca della giusta concentrazione; poi schiuse le delicate labbra per cantare alla Terra, mentre Betty invitava le piccole stelle a prestare attenzione e mettersi in ascolto.
« Distendi le membra e riposa
sia culla e giaciglio il cantar
pensieri e domande giù posa
acquieta dei piedi l’andar. »
Le onde dei capelli d’argento e d’azzurro della dama si sciolsero, muovendosi sinuose e creando riccioli e disegni astratti sopra la testa della sovrana, come fossero immersi nel profondo mare. Il trono sferico iniziò a emettere un delicato suono d’accompagnamento al canto della sua padrona. La dama rivolta alla Terra proseguì la sua romanza:
« Il canto sia dolce cullare
cullare sian flutti nel mar
i flutti un invito a viaggiare
viaggiare nel cielo e sognar.»
Dalla Terra cominciarono a scendere verso il cielo notturno delle opache e tenui luci.
« Disciogli dei sogni i legacci
timor di sperar non v’è più
sian vento nei tuoi blu velacci
sian guida le stelle quaggiù.»
Le luci che scendevano dalla Terra si fecero più vicine, fino a fermarsi poco sopra madama Luna, mostrandosi come sfere irregolari grandi quanto un uovo di struzzo, al cui interno pulsava tenue una luce. Un filo appena visibile le collegava alla Terra. Era segno che l’uomo, l’Oro dell’Universo, iniziava ad addormentarsi; quelli erano i suoi sogni, che volavano giù e giù nel cielo. Qui, più vicini alle stelle, potevano maturare sotto le costellazioni, che li proteggevano e nutrivano con la loro luce. Il canto ristoratore della sovrana, intanto, faceva ritrovare all’uomo la forza, lo riposava dal lavoro del giorno passato, e lo aiutava a maturare e crescere; mutava in soddisfazione la stanchezza fisica, leniva i dolori di chi aveva sofferto e aiutava a voltare pagina, a guardare avanti.
Quando Luna smise di cantare, i suoi capelli delicatamente tornarono a formare il cono ricurvo sopra la sua testa, e il suo trono smise di suonare.
Alcune stelle adulte iniziarono a saettare tra i globuli scesi dalla Terra, controllandoli e voltandoli all’occorrenza delicatamente verso l’una o l’altra costellazione, affinché potessero assorbire al meglio le forze di cui avevano più bisogno.
Betty intanto stava accompagnando le giovani stelline a fare una passeggiata in quel campo di piccole lanterne. «Ehi, piano lì, Maia! Sono delicate,» disse materna la stella a una di loro. Capitava che i sogni si infrangessero, e nemmeno così raramente, ma capitava più spesso a causa della persona a cui era legato quel sogno. Poteva succedere, per esempio, quando un uomo trascurava per troppo tempo un sogno. Esso allora non riusciva a nutrirsi e la sua superficie si faceva più fragile, finché lo sbuffo di vento di una notte qualsiasi lo crepava e lo sbriciolava, facendo cadere come cenere le inermi briciole di quel sogno giù e giù nelle più basse profondità del cielo. A volte poteva capitare anche ai sogni più promettenti a causa di imprevisti sfortunati, e quelli erano i casi peggiori… Però quale gioia quando si realizzavano! Quando il desiderio e la speranza mutavano in realtà, quando il guscio di quelle uova luminose si schiudeva dando vita a una nuova piccola stella del regno! Erano la prova della perfezione del lavoro della sovrana. La prova che cantando con tenacia all’uomo ogni notte poteva portarlo alla perfetta realizzazione di sé.
Luna sapeva che giusto all’inizio del ciclo successivo, sotto l’altra faccia della Terra, la aspettava un sogno pronto a schiudersi. Al solo pensiero, già pregustava la soddisfazione che avrebbe provato.
Quella notte trascorse rapida e placida. Il trono viaggiava lento attraverso il regno notturno; ogni volta che il mare di lanterne sopra la testa di Luna si esauriva allontanandosi alle sue spalle, lei cantava di nuovo per la Terra, invitando al sonno e al riposo gli uomini di altri continenti e di altre culture. Ogni tanto percorreva tutto il suo trono sferico, e stava a testa in giù a osservare le sue stelle verso le parti più profonde del cielo. Cantava per loro allietandone il lavoro, con suo sommo piacere.
Le costellazioni sfavillando si spostavano lente e impeccabili; i nuovi sogni venivano controllati e sistemati in quella sorta di grande orto di luci; Betelgeuse inventava giochi e passatempi sempre nuovi per le piccole stelle che le erano state affidate, facendole ballare, ridere e scherzare.
Di canto in canto, di continente in continente, di costellazione in costellazione, il trono di madama Luna arrivò in vista del confine di vetro oltre al quale iniziava il giorno e con cui finiva quel ciclo. La sovrana ripensò alle canzoni di quella notte facendo tesoro dei sorrisi e della gratitudine dei suoi sudditi, e aggiunse ai suoi ricordi un altro perfetto ciclo.
Betty distolse la sovrana dai suoi pensieri afferrandole un braccio. «Oh, non sto più nelle ali! Una nuova stella! Che bello! Forza piccoline! Tutte al posto per il cambio di ciclo!» Le piccole stelle che vagavano poco distanti saettarono da Betty, rientrando obbedienti e ordinate nella sacca.
Sirio non si fece attendere. «Tutto in ordine madama, pronti al rintocco!»
«Siamo pronte anche noi, Sirio,» rispose lei sorridendo.
«Guardate madama!» cinguettò Betelgeuse. Il trono della sovrana era quasi arrivato al confine e lì, tra le ultime uova di quel ciclo che finiva, ce n’era una più grande delle altre che si muoveva scalpitando leggera. Luna si sentì invadere il corpo da un piacere forte e inaspettato. «È lei, Betty!» disse