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Il sentiero delle spine
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E-book432 pagine5 ore

Il sentiero delle spine

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Info su questo ebook

È ormai tardi quando don Giuseppe rientra a casa dopo un’altra giornata spesa ad aiutare gli altri. La stanchezza è tanta e quando finalmente sta per riposarsi, ecco che una giovanissima donna bussa alla sua porta. Lo stupore che si disegna sul suo viso alla vista della giovane è notevole e in quel momento non sa ancora quanto l’incontro con quella sconosciuta dall’aria provata cambierà la sua vita costringendolo ad un duro confronto con il suo passato. 
Michele Mele ci presenta la vita di un personaggio straordinario, sempre pronto ad aiutare gli altri in ogni situazione, e che sarà capace di donare tutto se stesso oltre ogni limite. 
Un romanzo coinvolgente e per nulla scontato, capace di mostrarci i tanti volti dell’amore.
LinguaItaliano
Data di uscita23 ott 2017
ISBN9788856786040
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    Anteprima del libro

    Il sentiero delle spine - Michele Mele

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-8604-0

    I edizione elettronica ottobre 2017

    1

    Le campane della città suonavano l’avemaria. Il loro suono, accompagnato dal cinguettio degli uccelli che si alzava dagli alberi del viale, formava un dolce concerto. Il sole, con gli ultimi raggi del tramonto, benediceva gli uomini, gli animali, le cose. Sembrava che tutto dovesse aprire l’animo alla serenità e alla pace interiore.

    Don Giuseppe rientrava a casa dopo aver fatto visita agli ammalati più gravi della sua parrocchia, a quelli che più soffrono, che sentono più la solitudine e che hanno più bisogno di conforto.

    Ha partecipato al loro dolore e ha provato a lenire le loro sofferenze cercando d’inculcare nell’animo la speranza e la rassegnazione. Ma, quando la carne soffre, non sempre queste medicine riescono a mitigare le pene dello spirito.

    La strada che lo portava a casa sembrava non finisse mai. Sentiva la stanchezza; si sentiva appesantito come se avesse caricato sulle sue spalle le sofferenze degli altri.

    Prima di rientrare in canonica entrò in chiesa, s’inginocchiò davanti all’altare del Santissimo e pregò. Pregò e pianse pensando alla sofferenza di tanta gente. Il pianto e la preghiera gli diedero un po’ di serenità.

    Il Cristo gli ricordò che ciascuno ha la sua croce e così come Lui è stato aiutato dal buon Cireneo a portare la croce sulla via del Calvario, così Egli avrebbe aiutato chiunque avesse bisogno di aiuto.

    Il sacrista cominciava a chiudere le porte della chiesa e don Giuseppe si alzò, scambiò qualche parola con lui, salutò e si avviò a casa.

    Gli aprì Maria, alla quale non sfuggì il suo malessere. Don Giuseppe cercò di rassicurarla dicendo che sentiva solo stanchezza e che tutto sarebbe passato con un po’ di riposo.

    - La cena è quasi pronta. Ti preparo una minestrina che ti rimetterà in sesto - disse Maria.

    - Non ho voglia di mangiare. Ho bisogno solo di riposo. Quello che ci vuole è una buona dormita.

    - Ma se hai mangiato poco anche a pranzo! Ti vuoi proprio rovinare la salute?

    Dopo tanto insistere, don Giuseppe prese un po’ di latte con due biscotti, salutò e si ritirò nello studio. Doveva ancora leggere una parte del breviario e recitare le preghiere della sera. Poi si sarebbe messo a letto perché anche l’indomani sarebbe stata una giornata d’intenso lavoro.

    Bussarono alla porta e Maria aprì. Si presentò una ragazza che chiese di poter parlare con don Giuseppe.

    - Sta male; mi dispiace, non può riceverla. Provi a ripassare domani.

    - è urgente, molto urgente - soggiunse la ragazza. Don Giuseppe sentì, chiuse il breviario, si alzò e si presentò nell’ingresso. Maria lo rimproverò dicendo che doveva stare a riposo.

    - È stato detto: Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete. Che sia proprio io, che devo predicare le parole del Maestro, a cercare d’impedire che si possano realizzare i suoi insegnamenti?

    - Sì, ma la salute...

    - Ci sono cose molto più importanti della salute. Prego – disse il sacerdote alla ragazza invitandola ad accomodarsi nello studio. - Non dare peso alle parole di Maria. È un po’ bisbetica ma non lo fa per cattiveria.

    - Io veramente non avrei dovuto insistere…

    - Non preoccuparti. Esponi pure il tuo problema.

    - Sono due giorni che non mangio e…

    - Due giorni che non mangi? Come mai?

    - Non ho soldi; quei pochi che avevo li ho spesi per mamma che è ricoverata all’ospedale e sta molto male.

    Don Giuseppe l’osservò ben bene: si vedeva che era denutrita e non aveva neanche la forza per parlare.

    - Perché non hai chiesto aiuto prima?

    - Avevo vergogna.

    - Ti faccio preparare subito qualcosa per mangiare.

    Don Giuseppe suonò il campanello e si presentò subito Maria.

    - C’è qualcosa da mangiare per la ragazza? - chiese don Giuseppe.

    - Sì, c’è la cena che tu non hai voluto mangiare. Fra dieci minuti sarà pronta. Intanto, se si accomoda nella sala da pranzo, comincio a servirle un po’ di antipasto.

    Don Giuseppe accompagnò la ragazza e la fece accomodare a tavola. Accese il televisore per cercare di togliere da un evidente stato d’imbarazzo la ragazza che guardava intorno per sfuggire al suo sguardo. Intanto, egli faceva finta di seguire il programma televisivo ma, in realtà, nella sua mente si presentavano dei pensieri che con le immagini che scorrevano nell’apparecchio avevano niente a che vedere: quel viso, quegli occhi, quello sguardo, quel modo di fare, quella ragazza, insomma tutto gli ricordava un’altra ragazza. Oh Dio, quanto si somigliano! - pensava.

    In un attimo, nella sua mente scorse un turbinio d’immagini e di ricordi: un condensato di una parte della sua gioventù.

    Fece di tutto per allontanare quei pensieri. Il suo cuore batteva forte. Eppure Cecilia la ricordava tutti i giorni nelle sue preghiere senza sentire alcuna emozione.

    Intanto l’ospite mangiava in silenzio. Ogni tanto sollevava lo sguardo dal piatto e guardava intorno a sé. Si sentiva a disagio ma doveva mangiare; anche perché non sapeva quando avrebbe potuto consumare un altro pasto.

    Dopo che ebbe finito di mangiare, la ragazza ringraziò e chiese scusa per la libertà che si era presa e per il disturbo che aveva arrecato.

    - Sono io che devo ringraziare te per avermi dato l’opportunità di compiere un’opera buona. Scusa la curiosità, è la prima volta che ti vedo: non fai parte della mia parrocchia?

    - No, faccio parte della parrocchia di San Paolo.

    - Come hai fatto ad arrivare qui da me?

    - Un giorno, passando in questa via, sono entrata nella sua chiesa e l’ho sentita predicare. Commentava le parole di Gesù che diceva: Chi ha dato da mangiare a un povero è come se avesse dato da mangiare a me. Mi ha dato la sensazione che lei dicesse quelle parole con molta convinzione. Questo mi ha spinto a reprimere la vergogna, a bussare alla sua porta, a insistere anche quando la sua perpetua mi ha detto che lei stava male. La ringrazio per la sua bontà e la sua generosità. E che Dio la benedica.

    - La mia casa è aperta a tutti quelli che hanno bisogno di aiuto. Fin quando sulla mia mensa ci sarà un pezzo di pane sarò disposto a spartirlo con chi ha fame. Piuttosto, oggi hai mangiato, ma domani?

    - Domani sarà un altro giorno di fame e di sofferenze. Non ho soldi, non ho pane, non ho lavoro. Oh, se qualcuno mi trovasse un lavoro!

    - Che lavoro vorresti fare?

    - Qualsiasi lavoro purché sia un lavoro onesto, possibilmente un lavoro a ore per darmi la possibilità di assistere mia madre. Frequento il conservatorio e suono il piano. Mi piacerebbe tanto insegnare musica. Comunque, ripeto, sono disposta a fare qualsiasi lavoro.

    Don Giuseppe rimase pensieroso per un po’, poi disse:

    - Farò di tutto per aiutarti. Dove stai di casa?

    - In una casa d’affitto in via Carlo Alberto. Non so fin quando potrò starci, perché il proprietario minaccia di sfrattarci per morosità: gli dobbiamo due mensilità. Reverendo, la mia è una situazione drammatica. Molte volte penso al suicidio e se non mi tolgo la vita è per non far soffrire ancora di più la mia povera mamma.

    - Figliola, abbi fiducia in Dio e Dio ti aiuterà. Non lasciarti tentare dal diavolo. Mi vuoi ricordare il tuo nome?

    - Mi chiamo Pina.

    - Senti, Pina: tuo padre non ti aiuta?

    Ci fu un attimo di silenzio. Poi, la ragazza, sospirando rispose:

    - Sono figlia di una ragazza madre e non ho mai conosciuto mio padre.

    - Oh, mi dispiace! Non hai parenti, delle amiche, qualcuno, insomma, che ti stia accanto, che ti possa aiutare?

    - Dovrei avere un nonno benestante che, purtroppo, è la causa dei nostri mali. È una storia triste la mia. Può darsi che un giorno possa raccontargliela. Le amiche? La gente vuol essere felice e cerca di stare alla larga dalle persone infelici.

    - Pina, mi farà veramente piacere se domani verrai a pranzo da me. Così, avremo la possibilità di scambiare qualche parola e vedere come poterti aiutare. Di mattina, celebrata la messa, vado a scuola ad insegnare. Alle tredici e trenta sarò a casa. Ti va bene a quell’ora? Se ci saranno difficoltà puoi venire a qualsiasi ora.

    - Ritengo di aver disturbato abbastanza!

    - Ti aspetto domani. Intanto prendi questi soldi: potrebbero servirti per comprare qualcosa per tua madre. Sono pochi: in seguito spero di poterti aiutare di più.

    - Li accetto come prestito, con la speranza che un giorno glieli possa rendere. Grazie, grazie di cuore!

    - Ripeto: domani ti aspetto per il pranzo. D’accordo?

    - D’accordo!

    - Tanti auguri a te e a tua madre.

    - Grazie! Buona notte, reverendo.

    - Buona notte, Pina.

    Don Giuseppe la vide allontanarsi a passo lento e la seguì con lo sguardo fin quando scomparve in fondo al viale. Poi chiuse la porta e andò in soggiorno a subire il brontolio di Maria.

    - Ma, Giuseppe, la tua casa non è un ristorante dove qualsiasi ragazza possa fermarsi a mangiare. E poi, una ragazza che neanche conosci: potrebbe anche essere una di quelle…

    Avrebbe continuato chissà per quanto se don Giuseppe non l’avesse interrotta con decisione.

    - Sì, una ragazza che neanche conosco, che potrebbe essere, ma certamente non lo è, una di quelle; che aveva bisogno di un po’ di cibo perché erano due giorni che non mangiava; che ha la madre malata grave all’ospedale; che non ha un soldo e nessuno che possa aiutarla e che, spinta dalla disperazione, ha bussato alla mia porta per chiedere aiuto. Che cosa potevo, che cosa dovevo fare? Dovevo mandarla via invitandola, magari, a battere il marciapiede o a rubare nei supermercati o a spacciare la droga? Sono un ministro di Dio e devo predicare il suo verbo. Come posso parlare di carità e d’amore se non vivo facendo la carità e amando il prossimo? Tu mi dici che potrebbe essere una di quelle. E se lo fosse? Avrei dovuto agire diversamente da come ho agito? Forse Gesù ha mandato via la Maddalena o ha innalzato uno steccato tra Lui e i peccatori? Forse non è compito dei sacerdoti cercare di convertirli? Maria, pentiti per aver pensato male del prossimo tuo e per aver cercato di distogliere un sacerdote dal compiere il suo dovere. Se non ti penti non presentarti domani a ricevere con la Comunione il Dio dell’amore e della carità. Domani Pina sarà a pranzo da noi. Accoglila come se stessi accogliendo Dio perché se no il giorno del Giudizio ti dirà: Ho bussato alla tua porta sotto le sembianze di una povera ragazza e mi hai accolto male.

    Maria ascoltava con lo sguardo verso terra e piangeva in silenzio.

    Don Giuseppe, augurata la buonanotte, si ritirò nella sua camera. Doveva ancora leggere una parte del breviario e recitare le preghiere della sera ma il suo animo era turbato. Si rese conto che non stava pregando bene e chiese perdono a Dio.

    Recitate le preghiere, si mise a letto e spense la luce. In attesa che si addormentasse, pensò agli ammalati della sua parrocchia, alle loro sofferenze e a quelle dei loro familiari. Pensò ai bambini piccoli che piangevano e non potevano avere la piena assistenza e il conforto della madre inchiodata al letto a causa della malattia. Signore, aiutali, elimina le cause delle loro sofferenze e, se i tuoi progetti sono diversi, concedi loro la forza perché riescano a sopportare i mali con cristiana rassegnazione. Così pregava don Giuseppe implorando Dio. Ma il suo pensiero correva soprattutto a Pina. Sembrava l’incarnazione di Cecilia. Forse gliel’aveva mandata Dio per metterlo alla prova. Signore, ho fatto la mia scelta e confermo la mia scelta: ho voluto e voglio essere tuo ministro ieri, oggi, sempre. Forse ho fatto male a fare entrare quella ragazza a casa mia; forse, dopo averle dato un po’ di soldi, avrei dovuto invitarla ad andare in un negozio a comprarsi qualcosa per mangiare. Ma potevo mandar via una donna che faceva fatica a reggersi in piedi senza offrirle un po’ di cibo?.

    Poi riprese a pregare per quelli che soffrono. Ma anche Pina soffriva: soffriva la miseria, la fame, la solitudine. E soffriva soprattutto per la madre gravemente ammalata. E pregò anche per lei, anche per loro.

    Tra lui e Dio s’interponeva anche Cecilia. Ma Cecilia era ancora viva? Stava bene? Viveva con suo padre o si era sposata? Che Dio l’abbia aiutata e l’aiuti. Che il mio sacrificio sia servito a renderla felice!, era quanto le augurava di cuore don Giuseppe.

    Così passò la notte tra preghiere e ricordi, ricordi di un passato alquanto lontano che si erano ridestati alla vista di una povera ragazza. Riuscì ad assopirsi ma non per molto tempo. Gli uccelli, sugli alberi del giardino, come al solito, avevano iniziato il concerto del mattino. Era quella la sua sveglia. Si svegliò, si segnò e recitò le preghiere. Indugiò ancora nel letto e nella sua mente scorsero, come in un filmato, i fatti della giornata precedente.

    Si alzò. Le campane cominciarono a suonare per invitare i fedeli ad assistere alla messa. Questi arrivarono alla spicciolata e presero posto nei banchi. Erano più o meno quelli degli altri giorni. La maggior parte erano anziani ma non mancavano i giovani che diventavano di giorno in giorno sempre più numerosi.

    Quando don Giuseppe prese possesso della parrocchia, i giovani erano piuttosto rari e fu grazie all’impegno del sacerdote che molti si avvicinarono a Dio partecipando alle funzioni religiose. La maggior parte di questi erano studenti che lo conoscevano bene perché era il loro insegnante di storia e filosofia al liceo. Non era stato difficile per loro diventare amici di questo professore tanto umano e comprensivo quanto preparato. Le sue lezioni non erano per loro un tormento ma un momento di sereno e piacevole arricchimento culturale e umano. I genitori facevano di tutto per inserire i loro figli nelle sezioni dove lui insegnava.

    Finita la messa, don Giuseppe impartì la benedizione e diede appuntamento ai fedeli per le funzioni della sera.

    Consumata una parca colazione, ricordò a Maria che a pranzo ci sarebbe stata un’ospite; salutò e si avviò a scuola.

    2

    Gli studenti accolsero con gioia don Giuseppe, ma si resero conto che in lui qualcosa non andava.

    Glielo fecero notare, ma egli rispose che non c’era niente di preoccupante e se non era di buonumore come sempre ciò era dovuto al fatto che non aveva dormito bene.

    Spiegò la lezione e i ragazzi seguirono con molta attenzione. Al suono della campana, che annunciava il cambio dell’insegnante, i ragazzi lo salutarono, come al solito, con molto affetto.

    Nell’altra sezione le cose non andarono molto diversamente. Interrogò i suoi studenti ma alcuni dimostrarono di non essere sufficientemente preparati. Non diede loro il voto ma li invitò a prepararsi bene per la prossima lezione.

    - Probabilmente non sono stato chiaro io quando ho spiegato - disse don Giuseppe rivolgendosi agli studenti. - Perciò, state attenti: vi spiegherò nuovamente la lezione che non avete assimilato. Se qualcuno non capisce qualche cosa è pregato di alzare la mano.

    Alla fine delle lezioni gli studenti presero le loro cose, si misero in fila e uscirono in silenzio.

    I ragazzi delle altre sezioni guardavano con una punta d’invidia i loro compagni. Pensavano che fossero davvero fortunati ad avere un professore così bravo.

    Uscito da scuola, don Giuseppe camminò di buon passo per poter arrivare puntuale all’ora di pranzo.

    3

    Don Giuseppe, seduto nella sala da pranzo, seguiva il telegiornale aspettando l’arrivo di Pina. Sentì bussare: si alzò ed andò ad aprire la porta. Salutò la ragazza e le chiese come stesse sua madre.

    - Ha dormito tutta la notte e stamattina era abbastanza serena. Comunque non c’è da farsi illusioni.

    - Bisogna aver sempre fiducia in Dio e non perdere mai la speranza. Vedo che anche tu oggi stai meglio e ciò mi fa molto piacere.

    - Probabilmente lei, reverendo, non sa che cosa sia la fame. Non credo più a quelli che dicono che fanno lo sciopero della fame per giorni e giorni - aggiunse Pina accennando ad un sorriso.

    Il pranzo era servito. Don Giuseppe si alzò e recitò le preghiere che era solito recitare prima di mangiare. E Pina pregò insieme a lui. Finite le preghiere, cominciarono a mangiare.

    - Mangia tranquilla come se fossi a casa tua.

    - Non riesco a capire come possa essere così tranquilla. Eppure sono molto timida. Però con lei è come se ci conoscessimo da una vita. Io non ho conosciuto mio padre, perciò forse non sono la persona più adatta a dire certe cose, ma è come se mi trovassi a casa sua.

    - Ecco, Pina: il sacerdote è come un padre, il padre dei suoi parrocchiani e di tutti quelli che l’avvicinano nel nome del Signore. Non per niente i sacerdoti degli ordini religiosi vengono chiamati padre.

    Maria si era presentata due volte per chiedere se servisse qualche cosa ma certamente era spinta più che altro dalla curiosità di sapere che cosa avessero da dirsi don Giuseppe con quella ragazza.

    Bisogna stare attenti con le ragazze di oggi - pensava Maria, bisogna stare alla larga. Non si deve mettere la legna troppo vicino al fuoco se no finisce col bruciare. Giuseppe è molto buono ma è anche molto ingenuo. E il guaio è che non accetta i consigli di chi gli vuole bene. Se gli si fa notare qualcosa risponde come ha fatto ieri sera. E quando si mette a parlare chi lo ferma più? È come un torrente in piena.

    - Mi hai detto che non conosci tuo padre – disse don Giuseppe a Pina – e mi hai accennato al nonno materno…

    - Non so se nonno sia ancora vivo; comunque non l’ho mai conosciuto. Nonna è morta quando mamma era ancora bambina.

    - Come mai non hai conosciuto tuo nonno?

    Pina scosse la testa, fece un profondo sospiro, abbassò lo sguardo e stette in silenzio.

    - Scusa se ti faccio tante domande. Non lo faccio per curiosità ma per poterti conoscere bene perché ti voglio aiutare. Mi sono subito reso conto che non soffri solo per la fame e per tua madre che sta male. La tua sofferenza ha radici molto profonde. Tu hai paura di qualcosa di cui neanche tu, forse, ti rendi conto. Comunque non sei obbligata a rispondere. Se vuoi, parliamo d’altro.

    Pina sospirò nuovamente, passò una mano sulla testa come se volesse assestarsi i capelli.

    - Vede, reverendo, è come voler mettere il dito sulla piaga. Ci ha fatto tanto male e mi dà fastidio ricordarlo. È una storia triste, molto triste. Oggi non me la sento di parlarne. Comunque spero che un giorno riesca a raccontarle la nostra storia.

    - Temo di averti rovinato il pranzo con le mie chiacchiere. Adesso ci vuole un buon caffè. Lo gradisci?

    - Sì, grazie.

    Presero il caffè, poi rimasero un po’ in silenzio.

    - È da molto che è parroco in questa parrocchia?

    - Da sei anni. Ho cominciato facendo il viceparroco in una parrocchia di Torino, poi altri tre anni qui in città e infine parroco in questa parrocchia.

    - Ma lei non è piemontese?

    - No, sono sardo; ma sono dovuto andare via. - E qui ci fu una pausa, una lunga pausa. - Vedi, Pina - riprese don Giuseppe – anche la mia è una storia tormentata. A Torino, comunque, lavoravo e studiavo. Ed è lì che mi sono laureato, che ho cominciato ad insegnare e che sono stato ordinato sacerdote.

    - Se non ho capito male, si è fatto sacerdote dopo aver conseguito la laurea e aver cominciato ad insegnare. È così?

    - Sì, ho avuto la vocazione da grande. Dio mi ha chiamato ed io ho risposto con entusiasmo. Ed eccomi qua, umile e indegno sacerdote, con un incarico e una responsabilità tanto grande. Per fortuna Dio ci tiene per mano e ci guida nella nostra strada.

    - Eh, Dio!

    - Tu non credi in Dio?

    - Sì, credo in Dio, ma Dio non ci ha mai aiutato: si è dimenticato di noi.

    - Dio vi ha messo a dura prova ma ricordati che ama soprattutto quelli che soffrono. Gesù diceva: Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete perché riderete.

    - Sì, d’accordo, ma sulla terra noi abbiamo sofferto tanto, soffriamo tanto.

    - Sulla terra cerchiamo di costruire il ponte per il paradiso e questo ponte è retto soprattutto dalle opere buone e dalle sofferenze sopportate con cristiana rassegnazione. Affida a Dio le sofferenze di questa vita temporanea e riceverai in compenso le gioie della vita eterna. Intanto prega. La preghiera è il filo diretto che ci unisce a Dio. Rivolgiti a Lui ed Egli ti ascolterà. Tu senti la mancanza di un padre terreno che non hai mai conosciuto? Dio è il Padre celeste che ti ama. Aprigli il tuo cuore ed Egli te lo inonderà di amore e di gioia.

    - Lei, reverendo, ha una grande fede ed è molto buono. Ed è un piacere sentirla parlare.

    - La fede c’è se no non mi sarei fatto sacerdote. La bontà? È qualcosa alla quale aneliamo ma ti assicuro che non è facile averla. Ti fa piacere sentirmi parlare? Se tua madre starà bene potrai sentirmi nuovamente domenica alla messa.

    - Se mi sarà possibile, verrò – rispose Pina alzandosi. Ringraziò don Giuseppe per il cibo materiale ma anche per il cibo spirituale che le aveva offerto.

    - Ho solo cercato di fare il mio dovere – rispose il sacerdote che prese dal portafoglio e porse a Pina dei soldi. – Non so se ti bastino per pagare l’affitto.

    - Ma, reverendo, me ne ha dato anche ieri! Mi sento in imbarazzo perché non so quando potrò restituirglieli.

    - Se un giorno potrai restituirmeli bene, se no non fa niente. Dimmi piuttosto se bastano.

    - Sì, bastano e ne avanzano anche. Non so come ringraziarla - rispose commossa. Le lacrime le rigavano il volto e cominciò a singhiozzare: - Prima che conoscessi lei credevo che la bontà non esistesse, invece…

    - Esiste la Provvidenza e la Provvidenza si è servita di una persona indegna come me per darti una mano d’aiuto. Se ti troverai in difficoltà sai ormai dove trovarmi. Comunque mi darò da fare per trovarti un lavoro.

    - Grazie, grazie di nuovo. Non so proprio come ringraziarla.

    - Un modo c’è: recitando qualche preghiera per me.

    Pina salutò e andò via.

    4

    Don Giuseppe si ritirò nello studio e cominciò a preparare la lezione per l’indomani.

    Più tardi andò in chiesa a ricevere le confessioni mentre il viceparroco si apprestava a celebrare la messa. C’erano molti fedeli e non erano pochi quelli che ricevettero la Comunione. E ciò fece molto piacere a don Giuseppe.

    Finita la messa, con il viceparroco preparò il programma per la settimana entrante e poi andarono nell’oratorio per salutare i ragazzi che erano impegnati nei vari giochi. Al loro arrivo questi smisero di giocare e gli si fecero incontro.

    - Mi ha fatto molto piacere avervi visto numerosi alla messa e fare la Comunione e mi fa anche piacere vedervi giocare in ordine e nel rispetto delle regole – disse don Giuseppe. - Continuate a giocare e a divertirvi; io non mi trattengo perché ho varie cose da sbrigare.

    Salutò e si avviò verso casa dove continuò a preparare la lezione per l’indomani. Fece in tempo anche a recitare il rosario e a leggere il breviario prima che Maria lo chiamasse per la cena.

    - Come hai trovato il pranzo? - gli chiese la zia.

    - Buono: ho mangiato veramente con gusto. Anche Pina lo ha trovato squisito. Va bene che, con la fame arretrata che aveva, qualsiasi cibo le sarebbe sembrato buono. Mi ha incaricato di farti i complimenti e di ringraziarti.

    - Per averla accolta come l’ho accolta ieri? Mi sono resa conto di averla trattata male. Quando si tratta di proteggere te non riesco più a controllarmi. Poi mi rendo conto di aver agito male; purtroppo allora è troppo tardi.

    - No, Maria, non è mai troppo tardi per chiedere perdono a Dio e alle persone offese e per cercare di correggerti. Cerca di controllare anche la curiosità. Di che credi che stessimo parlando durante il pranzo? Io cercavo di conoscere il tormento di Pina che non soffre solo per la fame e per la malattia della madre. È una ragazza che ha bisogno di aiuto, di aiuto materiale ma anche di aiuto spirituale. Cerca di non essere diffidente nei suoi confronti.

    - Purtroppo diffido delle ragazze di oggi: sono capaci d’indurre in tentazione un santo.

    - Io non sono un santo ma con l’aiuto di Dio so proteggermi.

    Don Giuseppe rimase un bel po’ a conversare con Maria poi salutò e si ritirò nella sua camera dove continuò a preparare le lezioni per l’indomani.

    Dopo aver recitato le preghiere, si mise a letto. Pensò ai ragazzi della scuola, ai suoi fedeli che partecipavano numerosi alle funzioni religiose ma soprattutto pensò a Pina, alla sua tristezza, alla sua infelicità. E non poteva non associarla a Cecilia. Quella ragazza sembra proprio lei ed è come se gli anni non l’avessero neanche sfiorata e il tempo si fosse fermato vent’anni fa lasciandola giovane e bella.

    5

    La domenica, alla messa, la chiesa era piena di fedeli e don Giuseppe sentiva il cuore colmo di gioia. L’organo accompagnava il coro e l’armonia si diffondeva sotto le navate creando una forte emozione. Ma chi suonava lo strumento musicale? È da tanto che non c’è più un organista!

    Alla fine della messa, dopo la benedizione, la chiesa a poco a poco si svuotò.

    Il dottor Rossini con la consorte entrarono in sacrestia per salutare don Giuseppe. Erano amici di vecchia data ma non avevano tempo per incontrarsi impegnati com’erano nel loro lavoro. Quando erano liberi, andavano alla messa festiva e dopo passavano a salutare il loro amico. Si parlava del lavoro, dei problemi della vita e, soprattutto, della famiglia. Avevano tre figli che purtroppo non potevano seguire bene a causa del lavoro. Ora erano preoccupati perché la ragazza che badava a loro doveva sposarsi e non sapevano con chi sostituirla.

    - Non è che tu possa consigliarci qualche brava persona che possa seguire i ragazzi? – chiese il dottor Rossini a don Giuseppe.

    - Io una persona da consigliarvi l’avrei ma non so se sia di vostro gradimento. È una ragazza sfortunata che ha bisogno di lavoro. Ha una discreta cultura e studia musica al conservatorio. E, soprattutto, la ritengo una brava ragazza.

    - Ci piacerebbe conoscerla.

    - Ha promesso che sarebbe venuta a messa. Probabilmente è già andata via o ha avuto problemi e non è potuta venire.

    Invece Pina era accanto all’organo intenta a leggere la partitura di un pezzo musicale in attesa di poter parlare con don Giuseppe. E fu lì che questi la notò mentre accompagnava i signori Rossini fuori dalla chiesa.

    - Ecco la persona di cui vi parlavo - disse loro don Giuseppe. Poi, rivolgendosi alla ragazza: - Pina, questi signori cercano una persona che possa badare ai loro figli. Io ho fatto il tuo nome e loro vorrebbero conoscerti.

    La ragazza arrossì, abbozzò un sorriso e fece un leggero inchino:

    - Mi chiamo Pina e sono onorata di conoscervi – disse.

    - Pina, noi cerchiamo una ragazza che possa seguire i nostri figli per un paio di ore nel pomeriggio e che li assista, se è il caso, durante l’esecuzione dei compiti scolastici. Si tratta di un bambino di quarta elementare, una bambina di quinta e una di prima media. Don Giuseppe ha detto che frequenta il conservatorio. Ci farebbe piacere se insegnasse loro anche un po’ di musica. A proposito, era lei che suonava l’organo durante la messa?

    - Sì, ero io. Chiedo scusa - disse rivolgendosi al sacerdote – se mi sono presa la libertà di suonare senza chiedere il permesso. Il coro cantava benissimo ma ritenevo che, accompagnato dall’organo, si potesse ottenere un effetto migliore.

    - Avrei dovuto immaginarlo che eri tu. Sei veramente brava, Pina - rispose il sacerdote.

    - Bravissima - aggiunse il dottor Rossini. – Hai suonato magistralmente. Ti propongo come organista della parrocchia.

    - Proposta accolta - concluse don Giuseppe.

    Pina arrossì e ringraziò commossa.

    I signori Rossini le diedero appuntamento per l’indomani alle quindici per cominciare a conoscere i bambini. Poi salutarono e andarono via.

    - Sono brave persone - disse don Giuseppe. – Purtroppo hanno poco tempo per seguire i figli. Lui è il primario della clinica che porta il suo nome. La signora ha una farmacia nel centro della città. Vedrai che da loro ti troverai bene.

    - Lo spero. Ne ho avuto una buona impressione. La ringrazio nuovamente per tutto quello che sta facendo per me.

    - Tua madre come sta?

    - Sta benino. Dopo pranzo andrò nuovamente a trovarla così le dirò che forse ho trovato lavoro.

    - Vuoi restare a pranzo con

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