Ricordati di me
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Anteprima del libro
Ricordati di me - Marco Ismaili
imparando.
Capitolo 1
Il cielo è completamente ricoperto di nuvole, il vento inizia a farsi sentire, il silenzio della gente è cosi frustrante. Erano già passati dieci minuti, ma continuammo a camminare per il cimitero. Dietro di noi una lunga fila di persone tristi e sconvolte. Non mi aspettavo cosi tanta gente. È mia moglie a conoscere la maggior' parte di essa. Anzi, era mia moglie. Verbo passato.
Quando eravamo ormai vicini, guardai i miei figli. Charlie e Madison. Li tenevo per mano, guardando davanti a me, guardando la tomba di mia moglie. Chiedendomi come potevo farcela, come potevo gestire due ragazzi tutto da solo? Come potevo gestire la malattia di mio figlio Charlie? Sono cosi arrabbiato con te Isabel. Perché l'hai fatto? Perché?. Le lacrime iniziarono a scendere, feci in modo di ricacciarle dentro. Non volevo che i miei figli mi vedessero cosi. Quando il prete fini di parlare, Ana la cugina di mia moglie si avvicinò alla tomba, mentre l'abbassarono per seppellirla. Quella canzone che Ana inizio a cantare fu cosi bella e allo stesso tempo cosi irritante.
La canzone che cantava era Amazing Grace. Mia moglie la adorava quella canzone, e prima che morisse, la ascoltava ogni singolo giorno. Mi chiese esplicitamente di metterla al suo funerale. Mia moglie soffriva di una malattia incurabile, l'alzheimer. Il tutto comincio, una mattina di novembre. Come ogni mattina, Isabel preparò la colazione ed io andavo a svegliare i ragazzi. Charlie aveva quattordici anni. All'età di tre anni, li avevano diagnosticato l'autismo. Io e mia moglie eravamo sconvolti, nel saper questa notizia, ma facevamo il possibile per rendere la vita di Charlie normale
. Otto anni dopo venne al mondo la bellissima Madison, eravamo preoccupati che anche lei potesse aver riscontrato l'autismo, ma fortunatamente era sana, non per questo amavamo meno Charlie, entrambi li amavamo allo stesso modo. Entrai nella stanza di Madison, la vidi seduta per terra con una delle sue bambole preferite. Ne aveva molte di bambole, ma le Bratz erano quelle che usava di più. «Madison, scendi che e pronta la colazione, la mamma ti sta aspettando giù in cucina», si alzo di scatto e corse giù per le scale. Aprì la porta di Charlie era sveglio, sdraiato sul letto a fissare il soffitto, lo chiamai un paio di volte ma era come se non mi sentisse. «Charlie, Charlie» mi avvicinai al letto, lo fissai, poi lui si giro guardandomi per qualche secondo, «papà» gli sorrisi, «ciao Charlie, e pronta la colazione, hai dormito bene?» annui con la testa, si alzo, e ci avviamo giù verso la cucina. Indossava quel pigiama azzurro con su i pupazzi che li piacevano molto, ormai Charlie era alto 1,74 con i capelli marroni scuro e occhi castani. E con quel' pigiama era cosi buffò. Quando arrivammo in cucina Charlie si sedette sulla sedia vicino a Madison, e li diedi il suo piatto. «Dannazione dove sono le chiavi del' auto, le avevo lasciate qui, vado a cercarle». La vidi girovagare per casa. «Ragazzi andate a prendere gli zaini». «Hai trovato le chiavi?» «che chiavi?» «le chiavi della macchina» «no! Perché dove sono?» «Amore va tutto bene?» «Si!» «Mi avevi detto che andavi a cercare le chiavi del' auto, perché non le trovavi più» «le ho lasciate in borsa».
La guardai un po' stordito, ma pensai che fu solo stanca. Nei giorni seguenti iniziai a preoccuparmi, mi accusava di spostare oggetti, (tipo la pianta di sua nonna) in altri posti, gli dissi che non spostavo niente e che tutto rimaneva sempre allo stesso posto. Stavo uscendo di casa quando senti Isabel chiamarmi.
«Matthew, Matthew» «Si dimmi» «mi prendi la crema per le mani» «certo». Quando tornai sali verso il bagno, sentivo scorrere l'acqua pensai che c'era mia moglie, apri la porta ma non c'era nessuno, furioso chiamai Isabel. «Isabel, dove sei?» girai per tutta la casa ma non c'era. Iniziò a squillarmi il cellulare, e l'educatrice che aiuta Charlie dopo la scuola. «Salve sono la Signora Smith, dovete venire a prendere Charlie» «Doveva passare a prenderlo mia moglie» «mi dispiace Signor Evans, ma sua moglie non e arrivata» «arrivo subito» «Madison sali in macchina, andiamo a prendere Charlie». Mentre mi dirigevo a prendere Charlie, provai a chiamare Isabel, ma il telefono continuo a suonare a vuoto. Quando tornammo a casa vidi mia moglie in cucina a preparare la cena.
«Perché non sei andata a prendere Charlie?» «perché! dovevo andarlo a prendere?» «Perché toccava a te oggi, andarlo a prendere dalla signora Smith» «smettila non e vero» «tu dovevi andarlo a prenderlo, non io. Mi dici perché non rispondevi al telefono? E dove diavolo sei stata?» «Non lo so, sono andata in giro, e smettila di aggredirmi» «amore domani ti porto dal dottore». La sera mi ricordai di aver lasciato la crema sulla mensola della cucina, la presi e mi dirigei verso il bagno, apro l'astuccio di mia moglie dove tenne le creme. Quando la apri dentro c'erano altre dieci creme per le mani della stessa marca tutte uguali, a come l'avevo presa io. Guardai dalla sogna della camera mia moglie che ormai stava già dormendo, e mi chiesi cosa li stava succedendo.
Quella notte non riusci a dormire bene, continuai ad avere un pensiero fisso su quello che stava succedendo a mia moglie. La prima volta che passai la notte in bianco fu per Charlie, che non stava bene per delle crisi che gli erano venute. La mattina seguente portai Isabel dal nostro medico di famiglia, il dott. Bennett, dopo aver' lasciato i ragazzi a scuola. «Salve dott. Bennett» «Isabel, Matthew» dopo esserci stretti le mani ci accomodammo sulle sedie. «Allora che succede?» «mia moglie si comporta in modo strano, si dimentica le cose a volte e confusa e diventa improvvisamente aggressiva» «dottore mio marito la sta facendo più grave di quello che e» «Isabel siediti sul lettino che ti faccio dei controlli» «dottore non e necessario» «Isabel». La guardai negli occhi, e lei mi fece la linguaccia, sbuffò e si sedette sul lettino alle nostre spalle. La stanza e molto accogliente, quando entrai nello studio notai subito il quadro appeso sul muro sopra la scrivania, le mura sono colorate di un arancione aspro, la scrivania e di legno chiaro con qualche tonalità più scura, sulla scrivania ci sono delle cartelle impilate uno sopra l'altra con accanto delle biro, un telefono fisso, con vicino una cornice della sua famiglia. Sulla finestra ce una pianta con le foglie che cadevano accanto al lettino su qui era seduta Isabel. Il dottore torno al suo posto, ed Isabel fece lo stesso. «non ce niente di strano ma vorrei comunque che Isabel facesse una risonanza magnetica, mi sono accorto che ogni tanto i tuoi occhi anno degli strani scatti». «Dottore mi sta facendo preoccupare» «fin che non vedo i risultati delle analisi non posso sapere che cosa può essere». «Grazie Dott. Bennet, arrivederci». Lasciai mia moglie al lavoro. «Ti vengo a prendere quando hai finito» «guarda che posso farcela benissimo da sola a venire a casa, non sono ancora cosi stupida» «amore sai che non lo penso» «bene allora non trattarmi come se lo fossi» chiuse lo sportello sbattendolo forte e se ne andò, la fissai entrare nella scuola materna dove lavorava. Isabel lavorava come maestra da vent'anni e tutti quelli che la conoscevano la adoravano, riaccesi il motore e ripartì.
Capitolo 2
Sul lavoro ero completamente distratto e i collegi l'avevano capito, mi chiesero se andava tutto bene. «No! Non va bene niente, non so che cosa abbia mia moglie, e da qualche settimana che si comporta in modo strano». «Non preoccuparti, sarà solo stanca o stressata». George Powell, sapeva sempre come rassicurarmi o tirarmi su il morale. Erano ormai quindici anni che lavoravo nello studio medico come pediatra, al Free Medical Beam. quando fini di lavorare, andai a prendere Charlie e Madison a scuola, e poi Isabel al lavoro. Per tutto il viaggio di casa Isabel non disse una parola. Nei giorni seguenti fu confusa ed ebbe sbalzi d'umore. Iniziai a pensare che potesse essere incinta, i suoi sbalzi d'umore divennero frequenti, il problema e che li vennero per cose banali. Un pomeriggio Madison lascio qualche gioco sparso per casa, «Madison, Madison vieni subito giù, quante volte ti ho detto di non lasciare i giochi in giro per casa». Madison aveva il viso triste e stava quasi per piangere, «scusa mamma non lo farò più» Madison prese i giochi e corse verso la camera piangendo, dopo qualche minuto Isabel passo davanti alla camera della piccola Madison la vide seduta sul letto con le sue bambole, tutta triste, «va tutto bene piccola» «sei ancora arrabbiata con me mamma?» «no tesoro perché dovrei essere arrabbiata» «perché mi hai sgridato per i giochi» «io non ti ho sgridato» «si mamma prima, giù di sotto» Isabel fisso sua figlia che ricomincio a giocare con le sue bambole, si alzo dal letto e si dirisse in bagno, chiuse la porta alle sue spalle e chiuse a chiave, si fisso allo specchio per qualche istante chiedendosi cosa li stava succedendo inizio ad avere paura.
Nei giorni seguenti fu tutto tranquillo, Isabel ed io andammo al Center Hospital Collins per la visita di Isabel. Erano le dieci e trenta quando chiamarono Isabel dentro a fare la risonanza magnetica, io rimasi nella sala d'aspetto per circa venti minuti. Quando Isabel torno fuori passarono altri venti minuti, prima che il medico ci chiamo nel suo studio per darci i risultati. «signori Evans, salve io sono il dottore Sanders, accomodatevi. Signori Evans purtroppo non ci sono buone notizie». Guardai Isabel e mentre la fissavo negli occhi notai un po' di paura, come del resto avevo anche io. «Di cosa si tratta dottore?» il medico guardo Isabel in silenzio per qualche secondo e fece un respiro di rammarico. «Signora Evans le abbiamo diagnosticato l'alzheimer» un improvviso vuoto dentro di me, non riuscivo a pensare a niente, non sapevo che emozioni stavo provando, anzi pensavo di non averne più di emozioni mi sentivo come un vegetale, avevo lo sguardo perso nel vuoto, quando improvvisamente senti mia moglie piangere, mi voltai per aiutarla a calmarsi. Non sapevo cosa dire, non sapevo come comportarmi, non sapevo come affrontare questo nuovo problema. Pensai per un istante se dio ci stava punendo, e perché ce l'aveva con noi?. «Si può fare qualcosa?» facevo fatica a parlare ma Isabel aveva bisogno di me. «Si potrebbe presc vergli qualche medicinale?» «la malattia e