Malkha, le avventure del giovane Nedo
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Anteprima del libro
Malkha, le avventure del giovane Nedo - Francesco Ambrosio
Francesco Ambrosio
Malkha,
le avventure
del giovane Nedo
Francesco Ambrosio
Malkha, le avventure del giovane Nedo
Prima Edizione 2017
Isbn 978-88-3343-030-0
Lello Lucignano Editore
Tutti i diritti sono riservati. © Copyright LFA Publisher
Via A. Diaz n°17 80023 Caivano - Napoli – Italy
Tel. e Fax 08119244562
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Partita IVA 06298711216
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Immagine di copertina dell’illustratrice Chiara Vincenzi
Indice
1. Prologo.....................................................................5
2. Nedo.........................................................................9
3. Sulla riva del lago..................................................13
4. La fuga..................................................................23
5. Samu-asgan...........................................................29
6. Il portale proibito...................................................34
7. Messaggi dal passato.............................................44
8. Finzolè...................................................................51
9. Kita........................................................................54
10. L’enigma dei petali..............................................61
11. Intrusi..................................................................66
12. Palakezia..............................................................70
13. Venuto dal futuro................................................76
14. Assalto alla torre.................................................84
15. Kuramins.............................................................91
16. Ultima visione.....................................................95
17. Pedaggio............................................................100
18. Il maestro...........................................................107
19. Il Gemello..........................................................114
20. Epilogo...............................................................123
1. Prologo
Pianeti, stelle, galassie, tutto normale ma solo se non includiamo in questo discorso anche Malkha. Chi è in realtà Malkha? Difficile spiegarlo in poche parole ma di sicuro nello spazio ha compiuto più imprese lui di qualsiasi mortale. Malkha era un celestiale, ossia un essere formatosi nel cielo o da polvere di stelle, come pensavano molti ricercatori dell’universo che non ne avevano mai visto uno. Lui era diverso dagli altri, abbastanza alto e robusto con orecchie a punta e altre punte sulla testa che formavano una sorta di cresta naturale. Appariva come un essere rossiccio e semi-invisibile, un po’come tutti i celestiali. Ma avere quei tratti somatici era una rarità tra i celestiali perché di norma si presentavano tutti come semplici ammassi di pietra e di polvere. Era abbastanza massiccio di braccia e di gambe e forse se fosse stato un comune mortale si sarebbe intuito facilmente che lavoro facesse, ma un celestiale che lavoro poteva mai avere nel cielo? Altri suoi simili gli avrebbero riso in faccia pur non sapendo la risposta. Ma lui non aveva paura di rispondere. Un costruttore. Sì, ma di cosa? Era la solita domanda che gli ponevano. Di strutture singolarmente intricate e geometricamente organizzate, rispondeva lui. Molti rimanevano a bocca aperta. Pensavano che da tutta quell’importanza che si dava, fosse un lavoro per pochi eletti.
I celestiali erano creature un po’ spaccone e anche molto ignoranti, si potrebbe dire, ma non lui, non Malkha. Qualcuno che non capiva gli poneva una domanda un po’ più specifica, ossia cosa significa costruttore di strutture singolarmente intricate e geometricamente organizzate?
E lui stupito e un po’ imbarazzato di far parte di quella specie rispondeva semplicemente: «Costruisco labirinti parastellari».
In tanti non sapevano neanche cosa fossero ma forse qualcuno ne aveva notati in giro per lo spazio. Lui si gonfiava il petto d’orgoglio e diceva di averli costruiti con le sue stesse mani. Iniziava a raccontare le sue imprese e in tanti, colti dalla curiosità, lo circondavano.
Quando lo si vedeva svolgere il suo lavoro era molto serio e di poche parole ma quando non lavorava si prendeva gioco degli altri celestiali facendosi passare per un eroe o addirittura un essere quasi leggendario. Ma torniamo al suo lavoro. Cos’è in realtà un labirinto parastellare? Era appunto un labirinto, che circondava e integrava stelle, una struttura che interagiva con lo spazio. Ancora non ci siamo, detto così si capisce ben poco.
Prima creava attorno a sé una barriera molto simile a un reticolato bianco e con i suoi piccoli occhi scavati sotto le sopracciglia osservava lo spazio circostante, attraverso di essa, per capire se le stelle fossero prive di forme di vita o se nel cielo ci fossero navicelle. Doveva essere libero di svolgere il suo lavoro senza intralci esterni e soprattutto senza mettere in pericolo la vita dei mortali.
I puntini bianchi nel reticolato indicavano la presenza di esseri viventi.
In quel cielo azzurrino a quanto pare non c’era nessun ostacolo per la creazione del suo labirinto. Malkha aveva contato quasi cinquecento stelle da includere nel suo progetto. Un numero abbastanza alto, considerando che dal basso sembravano un ammasso di una cinquantina di stelle. Per fare un lavoro del genere bisognava essere molto minuziosi.
Il Geometra dello spazio sollevò il suo robusto braccio destro e con dei veloci fendenti squarciò il cielo provocando un forte addensamento di nubi. Dopo il suo braccio si abbassò, creò precisi blocchi di pietra e li posizionò orizzontalmente nel cielo facendo avanzare la parete creata in direzione di una stella. Mentre fece quest’operazione rese invisibile il muro per evitare che si schiantasse contro un corpo celeste. Creò altri muri simili fino a congiungerli in un fitto labirinto semi-invisibile da cui si potevano osservare le stelle incluse in essa.
Vi starete chiedendo se quelli che abitavano su quelle stelle o pianeti avessero bisogno di una mappa per attraversare il labirinto. Niente paura, potevano attraversarlo quando volevano e viaggiare tranquillamente con le loro navicelle. Ma allora a cosa servivano veramente quelle strutture? Da quello che Malkha sapeva, i labirinti servivano a difendere i corpi celesti dai meteoriti che a contatto con quelle mura potevano esplodere senza danneggiare esseri viventi o stelle. Quindi, poteva capitare che quei blocchi di pietra si materializzassero all’improvviso davanti a una navicella spaziale. Certo un pilota dapprima sarebbe sobbalzato dalla paura ma dopo avrebbe anche tirato un sospiro di sollievo e a pericolo scampato avrebbe potuto tranquillamente riprendere il suo viaggio, a meno che le tempeste di meteoriti non si facessero più forti e in quel caso i muri invisibili, di cui nessun alieno era a conoscenza, fungevano da vero e proprio semaforo rosso.
Tutto questo accadeva mentre Malkha esultava e si vantava da solo delle sue costruzioni dicendo: «È perfetto, maestoso, sono troppo bravo, nessuno è migliore di me…»
Eh sì, si può dire che tra tutti i celestiali diventò una leggenda e ben presto qualche storia su di lui iniziò ad essere raccontata anche tra i comuni mortali che abitavano il creato.
Malkha stava terminando quel labirinto verde che a osservarla da un qualsiasi pianeta lontano sembrava una croce a otto punte con triangoli perfetti in ogni lato. Nessun comune mortale poteva immaginare che essa racchiudesse al suo interno ben mille stelle.
Certo il Costruttore, Geometra dello spazio, come molti lo chiamavano, ce la metteva tutta a far morire di invidia gli altri celestiali.
Ma comunque ritorniamo a quel momento. Improvvisamente alle sue spalle sentì una violentissima folata che lo fece sobbalzare e lo mandò a sbattere su una parete appena terminata che si frantumò davanti ai suoi occhi increduli.
«Ma cosa è stato? No, ci avevo messo tanta cura nel costruirla!» esclamò lui preoccupato più per la sua creazione che per la sua vita. Una cosa degna di un artista permaloso.
«Malkha, smettila di frignare, mi hai disobbedito!» Quella voce era piuttosto minacciosa.
Lentamente il celestiale iniziò a frantumarsi e dal suo corpo fuoriuscì una polvere rossa che si sparse nello spazio. Non aveva avuto nemmeno il tempo di obiettare o di lamentarsi.
Una mano grigiastra provò a penetrare in un muro del labirinto ma andò a sbattere contro di esso che a quanto pare era molto più resistente del previsto. Di chi era quella mano?
La mano riuscì ad attraversare la prima parete del muro, poi la seconda da essere così vicina a una stella. Ma improvvisamente essa andò a sbattere contro una terza parete più invisibile delle altre, anzi sembrava proprio che non esistesse dato che al semplice tocco non si materializzò come le altre. Com’era possibile? Di chi era quella mano? E il Geometra dello spazio, a chi aveva giocato un brutto scherzo da meritarsi quella fine?
2. Nedo
Abixinia era un piccolo pianeta che aveva una città ricca di giardini e di palazzoni bianchi. Era famoso per la sua grande università e i centri di ricerca per cui giungevano alieni da ogni galassia per studiare e diventare dei buoni ricercatori. Non pioveva mai su Abixinia. Le giornate erano sempre torride e molti si rinfrescavano nei boschi dove dei torrenti attraversavano le rovine della città antica, situata ai piedi di una montagna.
Nella città alle spalle dei palazzoni bianchi si estendeva un agglomerato di casette dove sognare era l’unica cosa possibile in un’esistenza scandita da magre consolazioni e dove era difficile guadagnare una sola moneta dorata. Una moneta dorata ne valeva mille d’argento e quelle di bronzo, beh, erano la magra consolazione accennata prima.
In una di quelle casette abitava un giovane abixino molto irrequieto.
Come tutti quelli della sua specie era un alieno dalla pelle blu con testa ovale, due occhi di un azzurro scintillante adombrati da un caschetto di capelli neri che coprivano le sue orecchie a punta. Inoltre, aveva anche la punta di una coda, una cosa comune per i bambini di quel pianeta, dato che essa spuntava del tutto solo a sedici anni.
In quel momento l’abixino stava osservando dalla finestra i palazzoni della città sognando di diventare un ricercatore. Era infatti quello il mestiere più remunerativo su Abixinia. Il ragazzo era piuttosto sbadato e aveva spesso la testa tra le nuvole. Anche a scuola si impegnava poco e ogni giorno era costretto subirsi il sermone del padre che di mestiere faceva l’artigiano. La modesta condizione della sua famiglia però non aveva ostacolato la carriera intrapresa dal maggiore dei due fratelli, diventato un esploratore di primo livello sui cinque esistenti nella società.
L’esploratore di primo livello poteva viaggiare nello spazio per studiare stelle particolari o altri corpi celesti, o addirittura mettersi sulle tracce di leggendarie creature che popolavano i cieli.
Lui, invece, poteva solo fantasticare su cose simili, insomma, l’immensità dello spazio gli sembrava una cosa così bella rispetto a quel buco di pianeta che, invece, avrebbe rischiato di condannarlo per sempre a un qualche lavoro forzato.
«Nedo! Nedo!» lo stava chiamando qualcuno.
Il ragazzo era troppo assorto a fantasticare.
«Nedo! Nedo!» La pacca sulla spalla lo fece sobbalzare come se si fosse appena risvegliato da un sogno.
«Mamma!» esclamò lui alla vista dell’aliena dai lisci capelli biondi.
«La cena è pronta!» disse lei che dopo lo abbracciò con un dolce sorriso stampato sulle labbra.
Nedo restò a bocca