Il Papa Padre
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Anteprima del libro
Il Papa Padre - Pasquale Oravecchio
Padre
Il Papa Padre
Autori: Oravecchio Pasquale
Patalano Angela
Tutto ebbe inizio in un afoso giorno del 19 settembre 1960. La mia vita, una lunga storia…
Il 25 ottobre 1959 i miei genitori, dopo quattro anni di fidanzamento, si unirono in matrimonio a Ischia in una piccola ma graziosa chiesetta del Cinquecento, San Domenico.
Un matrimonio tradizionale, ma per quei tempi particolare. Voi potete pensare perché? Be’ per me lo è e ve lo racconto!
Il mio papà è sempre stato un po’ vanitoso, ma veramente poco, e per l’occasione pensò bene di farsi la permanente. Strano, vero? A quei tempi chissà cos’era un uomo con la permanente, ma lui non se ne faceva alcun problema. Così con questi capelli mossi e brillantinati, tutto carino in abito blu di sartoria, noleggiò una Cadillac cabriolet tutta bianca e si incamminò verso la chiesetta insieme ai familiari.
Nel frattempo anche mamma si preparava per l’evento. Lei era molto bella ed esile nel suo abito bianco. I capelli scuri e raccolti in boccoli.
Una deliziosa carrozzella, trainata da due cavalli bianchi, piano piano la condusse alla chiesa.
Dopo il fatidico sì, all’uscita dalla chiesa li accolsero familiari e amici in una cascata di confetti e fiori. Ormai era autunno, ma in quel giorno speciale c’era un sole molto caldo e un venticello di maestrale che faceva esaltare il profumo dei fiori di arancio dalla campagna che circondava la chiesa. Mamma e papà vollero un piccolo sevizio fotografico, naturalmente in bianco e nero
. Erano persone umili e avevano risparmiato per questa circostanza. Con quella splendida macchinona iniziarono a girare per le stradine e vialetti dell’isola. Il venticello tirava via il velo di mamma, gli amici li chiamavano Pasquale- Rosaria auguri e figli maschi, come siete belli!
.
Verso l’ora del tramonto diedero inizio al festino. A quei tempi si festeggiava nelle proprie dimore; l’odore di quei conigli di fossa allevati da papà si spandeva per tutta la casa, assieme al pane appena sfornato dalla nonna e tante altre cose genuine. L’appetito c’era, visto che stavano digiuni dal mattino. Quei cibi caserecci invogliavano tantissimo e finalmente si sedettero per mangiare con i parenti e i pochi amici. L’allegria era tanta e tra musica, balli, vini e compagnia bella nel momento magico del taglio della torta, decorata dal famoso pasticciere della zona, scoprirono che nell’atra stanza i loro cani, Alì e Giardino, si stavano Gnam gnam
gustando mezza torta. E che dire? Solo tante risate. Anche loro volevano festeggiare i loro padroni!
Per fortuna vivendo in campagna la festa si prolungò fin dopo la mezzanotte, ma la stanchezza era tanta, quindi andarono a riposarsi. L’indomani dovevano partire per il viaggio di nozze!
Papà aveva prenotato i biglietti per il traghetto. La sveglia alle 6.00, il profumo del caffè aleggiava per le stanze e dava subito freschezza, perfino al gallo. Dal giardino chicchirichì luna di miele
.
Mamma, che era ancora assonata, attinse un catino d’acqua dal pozzo e si rinfresco il volto. L’acqua era limpida e soprattutto piovana. Rosaria Rosaria
disse papà a mamma, fai presto dobbiamo andare, il vaporetto ci aspetta.
Pasquale sono pronta; yamme nen, andiamo.
E così scesero per la scorciatoia fino a Ischia Ponte, dove molti anni fa attraccavano i traghetti al pontile. Per mamma era la prima volta che si allontanava dall’isola. Lei era cresciuta con il nonno e aveva fatto da madre alle altre due sorelle. Anche se era la più piccola, la nonna volò in cielo che lei aveva nove anni, papà invece era abituato a viaggiare sin da ragazzo. Comunque salirono sul vaporetto diretto per Napoli. Il sole autunnale e il profumo dello iodio invogliavano a stare seduti fuori. Mia mamma era felicissima, perciò quell’ora di mare volò. Una volta arrivati chiamarono un taxi e si fecero portare a un ristorante di Posillipo, lì pranzarono su una terrazza che aveva un panorama mozzafiato. Poi, sempre con il taxi, si spostarono nella mitica Sorrento che allora era la città del cinema e lì con 10 mila lire potettero gustarsi una romantica cena a lume di candela. Torna a Surrient e un mandolino che suonava ‘O sole mio e altre canzoni napoletane, rendevano l’atmosfera molto romantica. Mia mamma fece a mio padre: Pasquale questo è un paradiso
. Era tutto così bello per loro! Fecero un giretto panoramico con il taxi e poi finalmente entrarono in albergo a riposarsi, si addormentarono come due pere cotte.
L’indomani papà, prima di ripartire, le volle fare una sorpresa: entrò in una bottega artigianale e comprò un carillon caratteristico di Sorrento.
Mamma ne fu contenta perché l’ho aveva notato la sera prima, mentre erano a passeggio, e poi a lei piacevano i carillon. Oggi lo custodisco io. Ogni tanto gli dò un giro di corda, per ascoltare quella musichina dolce che mi riporta indietro con la mente a quei momenti emozionanti dei miei genitori.
La luna di miele proseguì per Roma. Il treno procedeva lento con tante fermate. Era tutto un po’ stancante, ma entrambi erano entusiasti. Il fascino della grande città si respirava. Scelsero un albergo sul Lungotevere e come prima tappa vollero andare a visitare il Vaticano. Il clima era mite, più secco rispetto all’isola. Affascinati dalla Basilica, un capolavoro irrepetibile, guardarono con ammirazione ogni angolo e pensarono che quelli erano momenti indescrivibili
.
E poi Trinità dei Monti, la Fontana di Trevi, lo scroscio dell’acqua, la monetina per la fortuna rendevano magica l’atmosfera.
La dolce vita
era evidente ovunque ti trovavi. Mamma mi ha sempre detto che il suo desiderio si era realizzato. Infatti, nel momento in cui si girò per gettare la monetina, espresse il desiderio di avere dei figli e soprattutto un maschio, così avrebbe potuto dare un aiuto nella vigna. La fontana invogliava: Pasquale bagniamoci le mani nell’acqua
, limpida e fresca era come vivere in una favola. Trascorsero due giorni fantastici. L’ultima tappa, prima del rientro, fu Venezia. Papà la conosceva bene, era stato lì per due anni come militare ma non volle rimanere in Marina nonostante le suppliche dei suoi superiori. Il terreno e l’isola l’ho attraevano.
Venezia era un sogno per mamma. Mi ricordo quando stavano per salire in gondola, mamma cadde con il sedere per terra e gridò: Madonna mia aiutatemi
. Aveva paura del mare poverina! Per fortuna era elastica quando cadeva, non si faceva niente e poi con papà si mise a ridere come una bambina. Erano in luna di miele, giovani e spensierati.
Purtroppo quei tre giorni passarono velocemente e dovevano prepararsi al rientro. Una volta ritornati a Ischia, iniziarono subito la loro routine. Papà aveva il suo lavoro invernale: coltivare il terreno, amava e ama ancora oggi stare a contatto con la natura e con gli animali. Mamma lo aiutava molto, la mattina si alzava presto e il primo pensiero era dar da mangiare ai conigli, polli, galline. Dopo si dedicava a lei e alle sue cose; preparava la colazione con latte e biscotti fatti da lei, ma con lei anche i cani e i gatti facevano lo spuntino. Le cose da fare erano tante, aveva dei momenti di sconforto perché era sola senza l’aiuto di nessuno. Le venivano alla mente quei momenti di relax con papà così la nostalgia si faceva sentire. Il viaggio di nozze era ormai un dolce ricordo, però piena di energia si rimboccava le maniche e via: più veloce della luce
. Per pranzo preparava sempre piatti appetitosi, poiché papà aveva tanta fame. Zappava nel campo e seminava le verdure per Natale. Era un lavoro pesante, ma anche papà faceva tutto da solo. Nell’altro lato della casa abitavano mia nonna e mia zia. Questa faceva tutto un altro lavoro e non poteva aiutare nella vigna, la nonna invece si dedicava a cucinare e spesso chiamava la figlia: Rosaria mi puoi dare una mano nelle faccende per piacere?
. Mamma non si tirava mai indietro.
Intanto l’inverno si avvicinava, il vento di tramontana soffiava forte e il freddo era pungente. In casa c’era un focolare e una cucina a legna favolosa, che riscaldava tutto l’ambiente. I gatti intorno le rubavano i gomitoli per giocare, mentre sferruzzava la maglia, e nello stesso momento dallo scatolone delle cose natalizie tirava fuori gli addobbi per decorare la casa. Preferiva fare sia il presepe sia l’albero, però ecologico ma lei diceva che era finto. Un’attenzione particolare la riservava ai dolci, ai mitici biscotti profumati alla cannella e vaniglia che adorava, ma anche ai classici roccocò, mostaccioli e strufoli, non mancavano però i fichi secchi imbottiti, con la frutta secca, scorzette di mandarino e con la glassa di cioccolato, una vera squisitezza! Papà invece amava cucinare piatti tipici natalizi: a base di pesce per la Vigilia e di conigli e pollame per Natale. La famiglia si incontrava a casa nostra e la cosa più bella era che mamma dopo doveva