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Scomodamente
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E-book129 pagine2 ore

Scomodamente

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Info su questo ebook

Un mese intero per essere altrove, rinascere forse, e poi rivivere ancora.O per restare quel che si è, più probabilmente. Questi i propositi di una giovane donna, decisa a cambiare la propria vita. Credere che non debba essere sempre il destino a decidere tutto, ma che forse anche il caso possa dire la sua. Attendere una vita per sapere cosa manca a se stessi, guardarsi dentro e trovare...a volte nulla. Credere allora che tutto sia bianco o nero, troppa luce o troppo buio, troppo intenso o troppo definito, senza gradazioni. Per questo la volontà più forte non è quella di di tornare a casa, né di fermarsi lì; ciò che lei veramente cerca è una terza opzione. Nel corso di quest'esperienza la protagonista si ritrova sospesa tra il passato e il presente, tra due sentimenti, quelle diverse mescolanze di sostanze eterogenee che siamo soliti chiamare amore. E proprio nel bel mezzo di questo viaggio sabbatico, realizza che, se un giorno qualcuno frugando tra le sue carte troverà "questa specie di diario di bordo", si scoprirà perso in un viaggio che appartiene a qualcun altro, "una gita all'interno di un cervello che tenta costantemente il salto verso l'infinito, che dimentica scientemente di essere un agglomerato di neuroni per farsi mente".

A whole month to be elsewhere, perhaps reborn, and then relive again.Or to remain what you are, the more likely. These are the intentions of a young woman, determined to change her life. Believe that it should not always be the fate to decide everything, but perhaps also the case to have its say. Wait a lifetime to know what is missing in themselves, look within and find ... sometimes nothing. Then believe that everything is black or white, too much light or too dark, too intense or too defined, with no shades. For this reason, the stronger will is not to go home, or to stop there; what she really wants is a third option. During this experience she finds herself suspended between the past and the present, between two feelings, those different mixtures of heterogeneous substances that we call love. And right in the middle of this trip, she realizes that if one day someone will find trough her papers "this kind of logbook", he will discover himself lost on a journey that belongs to someone else, "a tour inside of a brain that is constantly trying to jump into the infinity, who knowingly forgets to be a cluster of neurons to become the mind".

LinguaItaliano
Data di uscita17 ott 2014
ISBN9781311528872
Scomodamente

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    Anteprima del libro

    Scomodamente - Viviana Ceresa

    Scomodamente

    by Viviana Ceresa

    Smashwords Edition

    Copyright 2014 Viviana Ceresa

    Smashwords Edition, Licenza d’uso

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    Premessa alla seconda edizione

    Questo libro è stato pubblicato nel 2007, dopo essere stato in un cassetto per tre anni. Ad oggi la parola libro mi fa ancora molta impressione. La storia che racconta è frutto di fantasia e non è autobiografica, salvo per il fatto che c’è sempre qualcosa di noi in ciò che scriviamo.

    Nel periodo della stesura mi trovavo al terzo anno fuoricorso di filosofia, comodamente parcheggiata a casa dei miei genitori, insieme al mitologico gatto Jupiter. Quando non dilapidavo lo stipendio da baby sitter in giro per locali, mi ricordavo di studiare. E pensare, sempre troppo. Questo lavoro è lo specchio di quel momento, è pieno di pensiero, oltre che d’emozione.

    Superfluo dire che il lavoro in un campo totalmente alienante per un umanista, il mutuo e le bollette, le prime rughe e un po’ di esperienza in più, hanno messo una distanza abissale tra la ragazza innamorata del pensare sui propri pensieri e la donna che è diventata.

    Recentemente ho ripreso in mano il cartaceo con l’idea, timidissima, di rieditarlo e pubblicarlo in elettronico a titolo gratuito. L’ho riletto con lo scopo di rimetterci le mani sopra e mi sono resa conto che non ne sarei stata capace, trovandolo a tratti ingenuo, macchinoso, ridondante, ritorto su se stesso, complesso, troppo personale. Tutte ragioni per cui ho sempre domandato alle persone che nel tempo sono venute a conoscenza della sua esistenza, la gentilezza di NON leggerlo. Tra tutte le attitudini che mi vengono riconosciute, e che un po’ al limite della presunzione anche io ritengo essere numerose, certamente manca quella all’autopromozione. Probabilmente perché non ho mai sentito la necessità di vendermi in alcun modo.

    Quindi, come mai sto scrivendo la premessa all’edizione rivista e corretta?

    Perché le persone cambiano continuamente, anche quando pensano di aver trovato il loro centro e scelto in quale direzione camminare. Nel caso in questione, gli ultimi due anni della mia vita hanno costituito una rivoluzione copernicana. Le credenze che pensavo di aver consolidato si sono sgretolate e hanno fatto posto a nuove prospettive, le cose che ho costruito e per cui ho lavorato hanno smesso di avere un senso, per qualche inspiegabile ragione. Mi sono scoperta infelice, incompleta. E a coronamento di questa involuzione, ho preso anche un paio di sonori calci nel sedere. Nulla di male, capita a tutti, e tutti sanno che il tempo lenisce le ferite, quel che non uccide fortifica e blabla. Ma quando il sistema di valori sui quali si è edificata un’esistenza si ribalta, è difficile trovare appigli e punti di riferimento per rimettersi in piedi. Personalmente, da maniaca del controllo quale sono stata, ho trovato particolarmente dolorosa la constatazione di aver perso gli ormeggi e vedermi costretta a seguire la corrente, pensare cose che non ho mai pensato, fare cose che non ho mai fatto nella dimensione adulta. E ho scoperto che si arriva a fine giornata anche così, che posso lasciar convivere la ragazza innamorata dei propri pensieri con la persona che sono diventata. Restituendo un senso alle cose che ho intorno a me e quelle che sogno di costruire. Cosa che mi ha permesso di rileggere questo libro senza giudicarlo, di cesellarlo e dove possibile ammorbidirlo, senza stravolgerlo. Perché mi sono ricordata che nella mente dell’autrice era nato in quella forma, un’alternanza tra fuori e dentro, tra flussi di pensiero e frammenti di realtà, ad alto tasso emozionale. Che non è una parolaccia, ma è ciò che ci tiene in vita.

    Al lettore, un ringraziamento per la pazienza e l’invito a munirsi di caffeina o altro eccitante. Senza esagerare.

    Per scelta ho deciso di omettere le note sulla sottoscritta a fondo libro, ma chiunque volesse contattarmi può scrivere a viviana.ceresa@gmail.com

    I

    Lo chiamano viaggio sabbatico… Io preferisco non dargli un nome. Viaggiare, dileguarsi, evadere. Neppure troppo lontano in verità, è sufficiente operare una scelta che permetta di restare distanti da casa quanto basta per cadere nell’oblio, con la ferma convinzione che, qualsiasi cosa succeda, in un’ora e mezzo di volo sarò di nuovo tra le mie cose. Un mese intero per essere altrove, rinascere forse e poi rivivere ancora. O per restare quella che sono, più probabilmente.

    L’ho pensato per tanto tempo, senza avere il coraggio di formulare la mia idea ad alta voce, e in cinque minuti ho deciso. Mi è parso che il mare fosse il posto migliore per una fuga. Farsi riplasmare dalle onde, in un assolato ottobre di un anno qualsiasi, allontanarsi per non lavorare e per non pensare… Quale luogo migliore di un’isola, staccata dal continente ma neppure troppo distante, nella consapevolezza di non poter tornare a terra se non solcando le nuvole o il mare… Oramai mi trovo qui e se anche avessi qualche ripensamento mi resterebbe il tempo per abbandonare l’idea del ritorno durante il tragitto verso l’agenzia di viaggi più vicina.

    Eccomi. La mia prima notte qui, fa caldo e non avrei mai pensato fosse possibile in autunno. Guardo attorno a me e non mi appartiene nulla, se non la coscienza di averlo scelto, fosse solo in qualche istante di vaneggiamento. Ma ormai sono qui, è fatta, e queste parole scivolano sul foglio come se mi dispiacesse, come se fossi rassegnata. In realtà la situazione mi trasmette a ogni istante sensazioni differenti, una sorta di eccitazione infantile attraversa tutti i miei sensi. Sorrido.

    Ci siamo solo io e Max, il mio insostituibile e intimo amico con le fattezze di un cane, che se ne sta tutto addormentato su un polveroso tappeto intrecciato, ancora stordito dal viaggio. Ho tentato di dissuaderlo dallo sdraiarsi lì, avrei voluto fare un po’ di pulizia prima che lo eleggesse a giaciglio, ma sono esausta anch’io, e non credo in fondo che la stanchezza sia il frutto delle mie fatiche.

    Capita spesso che ci si ritrovi esausti per non aver fatto nulla, semplicemente perché una strana tensione imputabile a un particolare evento ha scosso tutta la nostra persona per un tempo troppo lungo. Le persone non lo credono, come se si ostinassero a volermi bugiarda, ma io sono una persona emotiva, troppo persino per renderlo manifesto. Max lo sa perché può sentirlo. Ho la sensazione che percepisca ogni mio movimento interiore dal modo in cui l’accarezzo, mentre solleva il muso curioso alla ricerca di una smorfia sul mio viso, a provargli che non si sbaglia. Non potrei immaginare compagno più adatto di lui per questa trasferta.

    La verità è che sono sempre un po’ arrabbiata. Sono in collera con il genere umano da quando ho smesso di essere bambina e non so più pensare di consacrare neppure un nuovo istante della mia esistenza a qualcosa che si muova su due arti, nemmeno se fosse una scimmia. Non ho confinato me stessa quaggiù, ho deliberatamente tagliato fuori gli altri dalla mia vita, con l’illusione e forse la speranza che sia per sempre e la certezza salda che tra qualche giorno avrò irrimediabilmente cambiato idea e sarò stanca di pensare e forse anche parlare da sola.

    Sono rapita dall’atmosfera di questo posto, di questo appartamento e della mia prima notte qui, popolata di rumori e di odori tanto diversi da quelli che sono abituata a percepire attorno a me. E di fantasmi. Mi trasfiguro in una sposa antica, ricoperta di merletti in attesa della sua prima notte d’amore, aspettando che tutto un mondo nuovo si dischiuda davanti ai suoi occhi. Curiosa eppure atterrita. Passo la lingua sulle labbra solo per gustare l’idea del suo sapore nella bocca… il suo sapore denso di promesse e appagamento. Ma il mio sposo non arriva e neppure ne percepisco la presenza nella stanza di fianco, non vengo raggiunta da un profumo che mi stimoli i sensi. Non sono certa che i sensi mi serviranno stanotte, se tutto andrà secondo i miei desideri, nessuno mi sarà d’aiuto o d’impaccio.

    Questa stanza, come le altre della casa, è piena di mobili vecchi e polverosi, di legno scuro che contrasta con le pareti bianche ricoperte di quadri e fotografie in bianco e nero. È la casa di mia nonna, quella che usava durante l’estate. Sono anni che non ci metto piede, da quando lei è mancata e da allora conserva gli stessi odori che ricordavo, fino a poche ore fa solo confusamente. È abitata da una colonia di strani insetti sconosciuti, il che è piuttosto normale nelle case che rimangono chiuse per lunghi periodi di tempo.

    Spero di non imbattermi nei soliti gechi attaccati ai muri, fermi a guardarti come scomodi estranei per ore, sino a che con un movimento convulso da invertebrati scappano a nascondersi dietro a un mobile, lasciandoti tutta la notte a fantasticare sull’eventualità di un incontro ravvicinato. Da queste parti li chiamano scorpioni, e degli scorpioni non hanno nulla, ma qui sono ben altre le parole davvero intraducibili, almeno per me che ho perso ogni dimestichezza con questi luoghi.

    Da ragazzina non ho molto amato la mia sicilianità, guardavo nello specchio constatando quasi con soddisfazione i miei tratti poco mediterranei. Nel tempo si è sostituita a quel sentimento una sorta di curiosità per tutto ciò che non conoscevo e che in un certo modo faceva parte di me. Ed è la verità, fa parte di me e non ha alcun senso avversarla. Nel mio sangue, tra le altre cose, scorre il sale del Mediterraneo, i sapori e gli odori forti sono scolpiti da qualche parte nel mio dna, le urla delle donne vestite di nero per le vie del paese mentre chiamano i loro bambini che scappano in bicicletta mi evocano familiarità, mi suscitano un riso spontaneo. E pace. Un agrumeto assalito dal sole pomeridiano e colmo dei canti delle cicale è qualcosa che muove le mie corde. Il mare che si frange sulla scogliera per adagiarsi altrove dolcemente sulla sabbia è la più alta manifestazione di un divino artefice.

    Quanto vorrei che le onde abbracciassero anche me che sono persa assieme al resto del creato in un turbinio infinito confinante col caos… Altrettanto vorrei perdermi negli abissi di un qualcosa per poter dire che è finita davvero oppure no, oppure sta solo iniziando.

    Posso diventare una piccola bolla di cristallo sospesa in uno scrigno di velluto caldo?

    Lo vorrei tanto.

    Per un giorno, un giorno soltanto.

    Come mai non mi è permesso farlo? Devo necessariamente continuare a pensare, esistere nella mia forma e nella coscienza?

    E quando anche dormissi, i sogni tornerebbero a perseguitarmi,

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