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Luce
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E-book178 pagine2 ore

Luce

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Info su questo ebook

L’antropologa Giovanna Foresio ci catapulta fra le pagine di questo suo romanzo d’esordio, così profondo e veridico, passando per diversi livelli (e precisamente 3) dove Barbara, la piccola e tenera bambina timidissima, soffre in silenzio per la morte del padre e del fratello più piccolo e sopporta un marito che la ama alla follia, nonostante le innumerevoli sua mancanze (affettive interiori).
Ma come entra, nel libro, un rapimento ad opera della Sacra Corona Unita?
E le sedute dall’analista di fiducia (dove poter parlare ed affrontare, a viso scoperto, i propri demoni)?
E i segreti, le sensazioni, le riflessioni speculative di una donna vera?
Luce non è un libro riservato alle “donne”, ma un romanzo da leggere, condividere, con tutto l’universo femminile (certamente), ma una guida per l’UOMO in quanto essere vivente: proviamoci anche noi a metterci a nudo senza remore…
LinguaItaliano
Data di uscita19 set 2018
ISBN9788899333676
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    Anteprima del libro

    Luce - Giovanna Foresio

    http://write.streetlib.com

    collana Bianco h

    Luce

    Luce è un romanzo di Giovanna Foresio

    codice Isbn: 978-88-99333-67-6

    Tutti i diritti sono riservati.

    È vietata ogni tipo di riproduzione dell’opera, anche parziale.

    Azione

    Stava riflettendo su ciò che aveva realizzato negli ultimi due anni; era riuscita a prendere ben cinque cinture di karatè dopo aver fatto un corso di difesa personale. Uno di quei corsi di full - immersion, durato tre mesi in cui aveva perso cinque chili nonostante mangiasse più di prima; aveva conosciuto un maestro pazzo, innamorato della disciplina che insegnava e che l’aveva affascinata, soprattutto era rimasta incantata dalla sua capacità di trasformazione.

    Al di fuori della palestra era un uomo normale, anzi un ragazzo, la sua aria era molto giovanile, con gli occhialetti ed un insieme quasi da intellettuale, comunque un’aria da brava persona indifesa.

    Nel dojo si trasformava fisicamente; appariva più grande e sicuramente come una persona molto forte ed imponente con un vero e proprio carisma che si respirava nell’aria; con la sua determinazione e sfruttando l’istinto di conservazione che tutti noi abbiamo, era riuscito in quei brevi tre mesi non solo a rimetterla in perfetta forma fisica, ma anche, cosa sicuramente più importante e più difficile da raggiungere, era riuscito a farle superare quel punto critico in cui una persona passa dal semplice tentativo di salvarsi alla difesa vera e propria. Era riuscito a farle passare questa soglia seguendo una disciplina ferrea, facendola studiare, dandole i comandi solo in giapponese e riempiendola letteralmente di botte. Così, a poco a poco, era riuscita a ritrovare la sua perduta capacità di concentrazione e a superare le remore e le inibizioni proprie al suo essere. Prima certo non era in grado di aggredire una persona con la lucida determinazione di fargli del male, ora aveva trovato la forza ed era in grado di attaccare un altro individuo razionalizzando l’azione e preventivandola come mortale o mirata comunque a fare il maggior male possibile.

    Di ciò gli era grata e quindi le sembrò più che naturale accettare quando, superato brillantemente l’esame del corso, lui le aveva proposto di iniziare Karatè, stile Shitu - Riu’, con lui: si era sentita lusingata da una parte, mentre dall’altra era curiosa ed attratta da questo mondo che non conosceva ancora e da questo maestro che l’attirava sempre di più e senza pensarci due volte, senza minimamente porsi il problema dell’età, iniziò la sua vita di karatega con entusiasmo e grande tenacia.

    I risultati non mancarono, in quei due anni aveva superato tanti esami e conquistato cinture, aveva vinto combattimenti con uomini certamente più forti di lei. La fermezza ed anche il suo stato d’animo era sicuramente migliorati ed il suo rapporto con il maestro si era trasformato nel tempo in un sottilissimo feeling di reciproca stima ed ammirazione.

    Al karatè aveva affiancato anche altre discipline per la difesa sua e della sua famiglia; aveva imparato a sparare ed aveva preso il porto d’arma, aveva allevato ed addestrato il suo primo Reischescauzer, una femmina di nome ‘Mahat’ dea egiziana della giustizia.

    Anche lì, in fondo, aveva unito l’utile al dilettevole; aveva comunque appreso l’arte di educare un cane e come riuscire a portarlo fino al punto della cieca obbedienza; aveva capito come si può riconoscere un cane adatto alla difesa e come si può renderlo un arma mortale, ma nello stesso tempo con quella cagna si era anche divertita insieme a Maurizio a partecipare alle gare di lavoro e a viverla come sport con l’intenzione di utilizzare poi le loro conoscenze soprattutto sul prossimo cane che sarebbe stato un maschio. Stava appunto facendo il bilancio di questo ultimo periodo e del perché aveva fatto tutto ciò, quando i suoi pensieri furono interrotti da un brivido che le percorse tutto il corpo, sentì nella mente il trillo del telefono, si rivide sdraiata sul letto al fianco di Maurizio, erano le quattro circa di pomeriggio, era novembre e con quella telefonata iniziò la sua avventura.

    Maurizio aveva risposto al telefono, in un primo momento aveva detto che avevano sbagliato, poi lei non era riuscita a seguire il filo logico di una conversazione, ma sentiva la tensione nella sua voce. Maurizio mise giù il microfono e disse: Una voce in dialetto mi ha detto che vogliono un miliardo oppure ammazzeranno nostra figlia Claudia.

    Il suo corpo fu percorso un’altra volta da un brivido, sentiva perfettamente l’adrenalina che, alla velocità della luce, le scendeva dalla testa fino alla punta dei piedi. Scattò a sedere sul letto, guardò negli occhi il marito e capì che anche lui era spaventato e che la cosa era seria. Pensò alla figlia e si rese conto che non era ancora tornata a casa, telefonò immediatamente alla scuola, ma la suora della portineria le rispose che era sul pulmino e che erano già in viaggio per il ritorno. Sicuramente si trattava di pochi minuti ed avrebbe potuto abbracciarla, ma contemporaneamente incominciò a sentire l’ansia che le stringeva lo stomaco, ritornò di corsa in camera.

    Maurizio, Claudia e’ sul pulmino, che facciamo?

    Il non poter far nulla per lei, in quel momento, era inconcepibile, quando lui le rispose semplicemente

    Aspettiamo lei lo guardò come se avesse visto un marziano; come poteva stare li fermo ad aspettare!

    Solo con il tempo capì e riuscii ad apprezzare la calma e la sicurezza dimostrata da Maurizio in quel frangente, la sua stima per lui crebbe a dismisura.

    Dopo dieci o quindici minuti squillò il citofono, era la bambina , era tornata sana e salva, dentro sentì un calore che si diffondeva piacevolmente.

    Mentre Claudia saliva le poche scale per arrivare al primo piano, il suo cervello si mise in moto e cominciò a ragionare ad una velocità pazzesca.

    La prima cosa era non comunicare alla figlia la paura che sentiva e nemmeno poteva far capire troppo alla domestica, doveva immediatamente riprendere il controllo di sé. Quando la bambina entrò, lei sorrise come sempre, la baciò normalmente fermando con tutte le sue forze l’impulso di abbracciarla e di stringerla, le diede retta per un po’ facendosi raccontare la giornata scolastica poi la spedii dalla tata per fare merenda.

    A quel punto, cercando sempre di apparire calma, andò dal marito e si chiuse con lui in camera.

    Maurizio, che cosa facciamo?

    Barbara, non lo so. Per ora aspettiamo e vediamo che cosa succede. Stiamo sempre tutti e tre insieme. Domani io devo andare all’Università perché ho la discussione della mia tesi di laurea. Vorrà dire che tu e Claudia mi accompagnerete e mi aspetterete fuori, poi vedremo.

    Povero Maurizio, in quel momento si ricordò che veramente il giorno dopo doveva laurearsi; comunque la soluzione di rimanere insieme le piacque perché le dava un minimo di sicurezza, e per il fatto di aspettare era d’accordo anche se non sapeva e non riusciva e non voleva immaginare cosa dovessero aspettare.

    Passarono una notte molto agitata, lei non riusciva a prendere sonno. Ogni tanto guardava Maui, come lo chiamava affettuosamente ed incrociava il suo sguardo, anche lui si girava e rigirava e non riusciva ad addormentarsi, ma nessuno dei due aveva il coraggio di parlare. Lei pensò che lui la mattina dopo doveva essere fresco e riposato, ma poi si tranquillizzò ricordandosi la notte che comunque anche lei aveva passato prima della sua discussione della tesi di laurea. La mattina alle cinque era già in piedi; cominciò a preparare il caffè, ma poi si rese conto che comunque era troppo presto, ne bevve un po’ e preparò un’altra macchinetta per Maui. Uscirono tutti insieme, con grande gioia di Claudia che era doppiamente felice, sia perché saltava la scuola, sia perché usciva con i genitori e la mamma le aveva promesso delle compere non ben precisate. Arrivarono all’università, Maui non volle che salissero con lui e si misero d’accordo per rincontrarsi al bar o vicino alla macchina, intanto Barbara lo rassicurò affermando che non si sarebbe allontanata con la bambina.

    Prima lei e Claudia andarono al bar e fecero un’altra colazione, ma il tempo non passava mai; poi entrarono in un negozio di tappezzeria e passamanerie. Era un negozio dove la conoscevano perché ne era cliente e per aver accompagnato tantissime volte la contessa Fannucchi, arredatrice.

    Incominciò a farsi mostrare qualche stoffa per la camera della bambina e per la camera da pranzo che aveva già in mente per la nuova casa. Vide delle carte da parati e delle stoffe che le piacquero molto anche se erano in verità abbastanza care.

    Uscendo si fermò in un negozietto lì vicino per comprare una sciocchezza a Claudia, ma nel frattempo non si era resa conto che erano già trascorse tre ore.

    Guardò l’orologio e si precipitò alla macchina, Maui era già li, agitatissimo perché non le aveva viste subito, per la laurea era andato tutto bene; si abbracciarono in mezzo alla strada e tornarono a casa. Barbara capì che non avrebbe potuto festeggiarlo, ma in realtà, in quel particolare momento, non si rammaricò credendo che nemmeno per Maui sarebbe stato importante. Entrando si accorsero subito che la segreteria telefonica lampeggiava.

    Mandarono Claudia in camera con il nuovo gioco e ascoltarono il messaggio registrato: Forse non ci siamo chiariti, vogliamo un miliardo o vostra figlia, Claudia, morirà.

    Si guardarono in viso tutti e due perplessi, lei incominciò a ragionare; o questi erano degli inesperti, sprovveduti che non si rendevano conto dei rischi che stavano correndo, o queste persone erano talmente sicure del fatto loro che non si preoccupavano minimamente di lasciare un messaggio registrato. Quest’ultima considerazione l’agghiacciò.

    Maui era diventato bianco, con i lineamenti tirati; anche lui evidentemente era arrivato alla stessa considerazione.

    Barbara, credo che la cosa migliore sia che tu prenda la bambina e te ne vada subito da qui.

    Va bene, ma tu da solo che cosa fai, non sarebbe meglio chiamare subito la polizia?

    Si, adesso porta via Claudia, poi cerca di metterti in contatto con Diego, il tuo amico commissario e fammi sapere cosa ci consiglia. Ci teniamo in contatto telefonico; io resto per aspettare altri eventuali messaggi e per non far vedere che la casa è rimasta vuota.

    Si abbracciarono lungamente, poi lei prese Claudia, i cappotti e andò subito via con la bambina. Scendendo per la stradina che portava a casa loro, ebbe un tuffo al cuore, in fondo c’era una macchina ferma, accostata al marciapiede, una Centoventisette le parve, con dentro due strani tipi. Fece nascondere la piccola sotto il sedile davanti della sua vettura, e, cercando di darsi un aria tranquilla e di non accelerare, passò davanti ai due e continuò tranquilla per la sua strada.

    Appunti intimi

    Maui – Parole

    Stupido, non ti attacco, ti chiedo aiuto. Ma intanto non riuscirò mai a comunicare con te. È terribile il sapere, il sentire che tu non sai e non senti quello che provo per te, che tu non mi conosci, conosci una che non mi appartiene, il non riuscire a parlarti. Ciò che dico diventa invariabilmente un’altra cosa.

    Odio il potere e la nullità delle parole. Ogni cosa è relativa, anche la verità, a seconda di dove la si guarda.

    Viva I Moundang! [1]

    La virtù è la ricerca costante della moderazione. Il contrario di ciò che si pensa in gioventù.

    Abbraccio

    Un abbraccio.

    Dio quanto mi manca e quanto mi è sempre mancato.

    Sono quarant’ anni che mi manca l’abbraccio rassicurante e paterno di un uomo che mi accarezzi, che mi dica di non preoccuparmi di nulla, ma soprattutto che mi stringa e mi trasmetta il calore e la forza solida, inamovibile, statuaria del suo corpo. Ho bisogno di quel calore dolce e quieto, vorrei annullarmi e disperdermi in esso sciogliendo e disgregando la mia angoscia.

    Che ne sanno gli altri dell’ansia, della fatica enorme di vivere quando il tuo animo è stretto da una morsa tremenda e tutto ti pesa in modo ciclopico, tutto è lontano ed indifferente, è faticoso persino respirare; l’unica cosa che in questi momenti vorrei è riuscire a fermare il mio cervello, i pensieri che vorticosamente mi girano in testa e che non mi danno tregua, i finti ricordi che si accalcano e mi opprimono, ma purtroppo non esiste una spina o meglio credo che esista solo quella perenne.

    Sincerità

    Maui, mio marito, mi ha detto che io soffro perché ho troppa

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