A tavola è già tardi
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L’autore, un nutrizionista-biologo, sostiene che la dieta non si fa a tavola, perché in sala da pranzo è già troppo tardi, ma al supermercato e in cucina: imparare ad acquistare e cucinare cibi gustosi e nutrienti ma che non facciano ingrassare, per non doversi preoccupare quando è il momento di mangiare.
Domenicantonio Galatà
è un biologo nutrizionista, laureato presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata, esperto di nutrizione in cucina e sicurezza alimentare. Vive e lavora a Roma, dove ha avviato e dirige il primo studio nutrizionale con cucina, una grande innovazione per il mondo delle diete e dell’alimentazione sana. Membro dell’Equipe Regionale Cuochi Calabresi con la quale ha partecipato nel 2016 alle Olimpiadi della cucina di Erfurt. Consulente per la ristorazione collettiva, è docente di nutrizione in cucina e sicurezza alimentare presso Coquis l’Ateneo della cucina Italiana, A Tavola con lo Chef e nella scuola Cucina in Corso. Nominato ambasciatore della dieta mediterranea Italia dalla Defence of Agricolture Food Nutrition and Enviroment (Dafne). Ha lanciato un delivery di piatti bilanciati a domicilio e fondato l’Associazione Italiana Nutrizionisti in Cucina.
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Anteprima del libro
A tavola è già tardi - Domenicantonio Galatà
Cucina.
Prefazione
Conoscere: è uno dei verbi più importanti di cui disponiamo nel nostro lessico, senza del quale sarebbe impossibile perfino dirci umani; un verbo con radici profonde quanto lontane che ci giunge direttamente dalla culla del pensiero occidentale, l’Antica Grecia, attraverso il consueto filtro della latinità: γιγνώσκω, conosco, che – non certo per caso – condivide la radice con γίγνομαι che vuol dire nasco.
E non è poco.
Muovendo dalla riflessione sulla fascinosa importanza di questo verbo nasce – appunto - una collana che tenta di soddisfare un’esigenza fondamentale da sempre della società umana: mettere in comunicazione chi dispone della conoscenza, conquistata attraverso anni di studio e un’intera vita di esperienza, e chi della conoscenza si vuole servire per migliorare la propria condizione, perché afflitto da una malattia, titolare di un diritto da far valere, per promuoversi socialmente o, semplicemente, perché beatamente curioso di un sapere.
Ci viene proposta, dunque, una serie di opere dedicate alla diffusione della conoscenza: la novità, cruciale, è che i titolari della sua trasmissione non sono intermediari, come spesso accade, ma proprio le persone che detengono il sapere che si fa prassi socioculturale, dimensione antropologica. Sono medici, avvocati, commercialisti, architetti, imprenditori, artisti. Cittadini, insomma della Citta dell’uomo
.
Chiunque abbia costruito, negli anni, una competenza basata sullo studio e approfondita dall’esperienza è chiamato a condividerla per formare un bagaglio comune, un alveare di sapienza al servizio dei lettori.
La Collana è perciò anche una rassegna di buoni professionisti del Paese, donne e uomini che hanno dedicato passione e – diciamolo! – anche fatica, all’acquisizione di un patrimonio che sono disposti a condividere. Per non dimenticare la definizione della cultura data dal filosofo: il sedimento naturale dei saperi condivisi
. E da condividere, aggiungerei, con il villaggio globale fatto di informazione del quale tutti, oggi, siamo abitanti.
La Collana, infine, è un farmaco. Un genere preciso e molto particolare di farmaco: un antidoto. Va assunto senza alcuna preoccupazione di effetti indesiderati perché è l’antidoto a un veleno potente e diffuso: l’ignoranza.
Fake news, bufale, catene di Sant’Antonio multimediali, chiacchiere di fattucchiere e bugie più o meno telematiche sono gli agenti del contagio, gli untori dell’intruglio velenoso.
Ogni atto volto a contrastare la progressione del morbo va dunque accolto con la riconoscenza che si tributa al medico intervenuto a salvarci la vita. E a scacciare lo stregone.
Con la certezza di rivolgervi il più fausto degli auspici, il migliore che possa capitare di ricevere, vi auguro dunque una buona lettura.
Michele Mirabella
INTRODUZIONE
Nella mia lunga esperienza da nutrizionista ho incontrato centinaia di persone con problemi alimentari più o meno gravi. Parlando con loro, giorno dopo giorno, mi sono reso conto quasi subito che tutte queste persone provengono da percorsi sbagliati, hanno spesso affrontato – nel tentativo di perdere peso – esperienze di grandi privazioni, senza riuscire comunque non tanto a conquistare (quello è facile!), ma a mantenere una forma fisica per loro soddisfacente.
Questo accade perché fino ad oggi è stato dato alla parola dieta un significato sbagliato. L’etimologia conferisce a questa parola tutto un altro sapore
. Dieta deriva dal greco δίαιτα e significa modo di vivere, stile di vita. Nella nostra cultura questo termine è diventato sinonimo di privazione e ristrettezza, avendo perduto il senso originario di abitudine che deve durare a lungo; per tutta la vita, appunto.
La dieta è vista come un qualcosa in cui prevale la rinuncia a scapito del gusto e della convivialità. È soprattutto un sacrificio che, ci si augura, duri il minor tempo possibile.
Riceveremo una lista di alimenti permessi e alimenti vietati a cui dovremo sottostare con rigore, sperando che funzioni, senza però acquisire l’adeguata autonomia che ci consentirà di far diventare queste indicazioni la base su cui costruire un nuovo stile di vita, il nostro!
La maggior parte delle diete non ci consente di essere liberi di scegliere e ci rende schiavi di un pezzo di carta, di un regime, di uno schema.
Questo è il motivo per cui io non amo parlare di dieta, tanto meno di regime alimentare, ma piuttosto di menù alimentare
. Il mio interesse è quello di rendere le persone libere di mangiare ciò che vogliono, di preservare il piacere di mangiare con gusto e di sentirsi anche meglio. Le persone vanno aiutate a capire come scegliere gli alimenti, come fare la spesa, come leggere un’etichetta, come combinare i cibi nel modo corretto e come cucinare nel modo più sano. A tavola è già tardi
significa che quando ci sediamo per mangiare quello che doveva accadere è già accaduto: poca differenza farà quanto mangeremo e se invertiremo il primo col secondo, come consiglia qualcuno, o metteremo l’insalata prima di tutto; la dieta comincia quando entriamo al supermercato e scegliamo di percorrere una corsia al posto di un’altra, quando selezioniamo le pentole con cui cucinare, quando preferiamo la frittura al vapore o il crudo al cotto. A tavola è già tardi
è un avvertimento, un consiglio, ma soprattutto una guida pratica che insegna alle persone, attraverso l’alimentazione, un metodo nuovo e duraturo che mette al centro il benessere fisico e psichico, senza correre il rischio di non saper cosa fare quando è il momento di mangiare in completa autonomia. Alla fine di questo libro il lettore sarà in grado, da solo, di scegliere i suoi abbinamenti, aprendo il frigorifero in libertà.
Capitolo 1
ALIMENTAZIONE E PESO
Fino ad oggi abbiamo pensato che seguire una dieta servisse solo a perdere peso. Questo approccio, lo dico subito, è fallimentare e lo dimostrano gli studi¹.
In tutti i casi, come ci dice il McKinsey Global Institute, sia che si intraprenda una dieta ipocalorica, una dieta con pasti sostitutivi o una dieta associata ad attività fisica, all’incirca intorno all’ottavo mese i chili perduti si riprendono con una percentuale variabile dal 30 al 70% del peso perso. Tutti gli approcci indicati da McKinsey nello studio sono di tipo cognitivo, e questo è il loro più grosso limite. Quando compiamo una scelta alimentare utilizziamo principalmente un approccio emotivo, raramente solo cognitivo. Immaginate di scegliere tra due piatti di cui non conoscete gli ingredienti. Sapete però che uno ha 500 calorie e l’altro 1300. Sicuramente sceglierete quello da 500 calorie, con l’intenzione di restare in forma e non appesantirvi. Ma se l’alternativa tra cui scegliere fosse un piatto di riso con l’olio o un piatto di carbonara, decidereste ancora basandovi solo sulle calorie?
Secondo Goleman, autore del bestseller Intelligenza Emotiva, non è possibile compiere scelte alimentari adeguate senza imparare ad individuare e controllare le emozioni e i sentimenti dolorosi. Sempre Goleman, afferma: non esiste capacità psicologica più importante del saper resistere agli impulsi. Essa è alla base di ogni tipo di autocontrollo emotivo, poiché tutte le emozioni, per loro stessa natura, si traducono in impulso ad agire. Ricorderete il significato etimologico della parola emozione: è ‘muovere’
.
Sapevamo già che la mente ed il corpo non fossero entità separate, ma non avevamo una misura di quanto stretta fosse la loro relazione. Il cibo è il linguaggio principale di comunicazione tra queste entità. L’obiettivo principale di una dieta dovrebbe essere di creare una relazione armonica tra il cibo e le emozioni. La scelta di seguire un’alimentazione sana implica una serie di vantaggi che non si fermano al dimagrimento e al raggiungimento di una forma fisica che ci soddisfi: si tratta piuttosto di assicurarci uno stato generale di benessere psicofisico e il rallentamento dell’invecchiamento. È scientificamente provato che si comincia ad invecchiare nel momento in cui si nasce. Il rallentamento dell’invecchiamento attraverso un’alimentazione altamente antiossidante è l’unico metodo, ad oggi conosciuto, in grado di contrastare questo meccanismo che colpisce indistintamente tutti gli individui.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario far conoscere alle persone un metodo che vada oltre la dieta intesa come restrizione, in grado di offrire una reale opportunità di cambiare in meglio e in maniera duratura la propria vita.
Tutte le persone che hanno deciso di cambiare le proprie abitudini alimentari in modo positivo rimangono stupiti della sensazione di benessere che li pervade dopo poco tempo dall’inizio di questo nuovo cammino. Il corpo si depura, si percepisce di avere più energia, ci si sente più leggeri sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico.
Sappiamo che il cibo è il mezzo con il quale riforniamo il nostro corpo di energia, ma forse è meno noto che uno dei maggiori fruitori di questa energia è il cervello. Esso, in condizioni fisiologiche, si nutre esclusivamente di glucosio, una molecola contenuta negli alimenti ma anche sintetizzata dal nostro corpo a partire da altri substrati, ad esempio le proteine.
Dal corretto apporto di ossigeno e glucosio dipendono la sopravvivenza delle cellule cerebrali e muscolari ma anche l’efficienza delle prestazioni psicofisiche durante la giornata. Ecco perché sono importanti i carboidrati come pane, pasta, patate, legumi e cereali. Hanno effetti positivi sulla funzionalità del cervello: aumentano l’attenzione e la concentrazione ed è più facile sviluppare pensieri positivi.
1.1 Il microbiota, il primo commensale a sedersi alla nostra tavola!
È ormai noto che nell’intestino risieda un secondo cervello con importanti funzioni che si riflettono sull’intero organismo. Nell’intestino, la caserma
del sistema immunitario, si trovano milioni di cellule nervose, identiche a quelle del nostro cervello, che comunicano tra di loro e modulano la funzione gastrointestinale. Robert Ader, psicologo, nel 1974 scoprì che il sistema immunitario, proprio come il cervello, era capace di apprendere. L’intestino è anche la casa
del benessere, basti pensare che le cellule dell’intestino producono il 95% della serotonina, il neurotrasmettitore della felicità. Nell’intestino troviamo anche una colonia di microrganismi che costituiscono, tutti insieme, un vero e proprio organo, il microbiota, che vive in simbiosi con noi e regola numerosi meccanismi indispensabili per il nostro benessere, in primis il sistema immunitario. Il microbiota favorisce inoltre i processi digestivi e l’assorbimento degli alimenti; produce anche sostanze essenziali, come alcune vitamine. Immaginiamo il microbiota come un piccolo pianeta
che ospita una nutrita popolazione di microrganismi (milioni di miliardi!) di almeno 500-1000 specie diverse, che devono convivere in armonia,