La Rivoluzione Alimentare
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Alimentazione e malattie: una relazione
L’alimentazione può essere destabilizzante e rivoluzionaria?
Rivoluzione significa “rivoltare” cioè rovesciare i paradigmi. Concetto non necessariamente negativo, perché per evolvere è necessario cambiare, a volte velocemente.
Gli alimenti possono renderci tristi e farci ammalare, il cibo guarisce quasi sempre.
Il vero problema dei comportamenti alimentari odierni è soprattutto la quantità innaturale e non fisiologica di cibo di cui possiamo disporre senza alcuna difficoltà a costi bassissimi.
Ci troviamo così a gestire rapporti spesso conflittuali con principi nutrizionali nei confronti dei quali si stabiliscono vere e proprie dipendenze, socialmente accettate se non addirittura culturalmente enfatizzate, le quali, sul piano dei numeri, creano molti più danni alla salute delle cosiddette dipendenze classiche quali l’alcool, la droga, il fumo, e persino di molte malattie infettive.
Guardando le prime 14 fra le 25 cause di morte più frequenti rilevate dai modelli ISTAT nel 2014, un vero e proprio bollettino di guerra, troviamo malattie quasi sempre direttamente correlabili all’alimentazione, allo stile di vita, alla tossicità ambientale.
Vincenzo Ercole Valesi
Il dr. Vincenzo Ercole Valesi ha sviluppato nel corso degli anni una visione integrata delle “due medicine”: quella “accademica convenzionale” e quella “naturale”, e la capacità di una mediazione equilibrata fra questi due aspetti dell’arte del curare.Svolge attività professionale a Brugherio, in provincia di Monza (vinvalesi@gmail.com).È moderatore del Forum di Sanihelp sulle Medicine naturali-
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Anteprima del libro
La Rivoluzione Alimentare - Vincenzo Ercole Valesi
VINCENZO ERCOLE VALESI
LA RIVOLUZIONE ALIMENTARE
mnamonebookLa rivoluzione alimentare
L’alimentazione può essere destabilizzante e rivoluzionaria.
Rivoluzione significa rivoltare
cioè rovesciare, rovesciare i paradigmi.
Concetto non necessariamente negativo, perché per evolvere è necessario cambiare, a volte velocemente. Qualcuno potrebbe pensare allora che ogni cambiamento sia utile. Prima di tutto, bisogna vedere a chi. E poi se è rispettoso dell’informazione, quella vera, quella che illumina tutta la stanza, non solo l’angolo di comodo. Nessuna scelta libera è possibile se non c’è informazione completa, anche di quella scomoda. E ci sono verità scomode la cui rimozione prima o poi ci fa ammalare, nel corpo e nello spirito.
Esiste un rapporto molto stretto fra le abitudini alimentari, lo stile di vita
e la libertà, la sua realizzazione, e la capacità di difenderla.
Questa relazione passa attraverso la salute, e la salute è intimamente collegata a quello che mangiamo. Il cibo non è solo materiale, ma anche spirituale. Sia il tuo cibo la tua medicina
, diceva Ippocrate.
Gli alimenti possono renderci tristi e farci ammalare, il cibo guarisce quasi sempre.
Non si può essere medici, nemmeno di se stessi, se non si è anche psicologi e soprattutto filosofi.
Filosofia significa amore per la sapienza, per la conoscenza, ricerca della verità: che sono gli strumenti più potenti per la realizzazione della libertà.
Questo libro è rivolto soprattutto ai lettori del cosiddetto mondo industriale occidentale civilizzato. Prima ancora di parlare di scienza bisogna parlare di aspetti socioeconomici e culturali. Tutto è globale e tutto è collegato, nel mondo, nei rapporti fra gli individui, nelle strategie di induzione dei comportamenti consumatorii
Così il cittadino è diventato un utente
e un consumatore
: di beni materiali, di servizi, di ideologie. Il cittadino deve consumare per far girare una catena produttiva che se non ben gestita lo fa ammalare, traghettandolo dal semplicemente nutrizionale al necessariamente farmacologico. Le multinazionali che hanno azioni nella catena alimentare, le hanno anche nell’industria del farmaco, nel mercato del petrolio, dell’oro, nei più svariati settori commerciali e nelle testate giornalistiche che dirigono l’orchestra delle opinioni indotte.
In questo senso si potrebbe configurare un conflitto di interessi fra un’induzione ossessiva all’acquisto di beni alimentari sulle cui proprietà salutari si può discutere a lungo, e il conseguente consumo di farmaci che si rendono necessari per gestire nella cronicità situazioni che successivamente li rendono indispensabili. Non è in realtà conveniente per un certo tipo di establishment, sottolineare i concreti rischi di una alimentazione scorretta in senso quantitativo e qualitativo; né promuovere sinceramente un comportamento virtuoso, per non dire salutare, capace di allungare la vita e di migliorarne la qualità. Paradossalmente diventa persino socialmente disfunzionale.
Se si consuma di meno le ditte potrebbero chiudere o comunque ridimensionarsi, molti lavoratori si troverebbero senza occupazione, il potere di acquisto monetario si indebolirebbe. Si creerebbero degli scompensi gravissimi sugli equilibri economici fra gli stati, sui debiti, sul pil, sulla stabilità sociale. Questo potrebbe disgregare il mondo globale con riflessi di impoverimento dei popoli e ulteriori sofferenze (per i poveri). La logica conseguenza è che, se vogliamo essere cittadini politicamente corretti e in regola con tutte le normative, è per noi un gesto di grande solidarietà nei confronti della rete economica, continuare a mangiare tanto, male, e di conseguenza ad ammalarci: bravi soldatini che si immolano per il bene comune, dimenticandoci che non può esistere libertà senza salute, né salute senza libertà.
Il vero problema dei comportamenti alimentari odierni è soprattutto la quantità innaturale e non fisiologica di cibo di cui possiamo disporre senza alcuna difficoltà a costi bassissimi. Ci troviamo così a gestire rapporti spesso conflittuali con principi nutrizionali nei confronti dei quali si stabiliscono vere e proprie dipendenze, socialmente accettate se non addirittura culturalmente enfatizzate, le quali, sul piano dei numeri, creano molti più danni alla salute delle cosiddette dipendenze classiche quali l’alcool, la droga, il fumo, e persino di molte malattie infettive.
Mi sono limitato a riportare le prime 14 fra le 25 cause di morte più frequenti rilevate dai modelli ISTAT nel 2014.
Si tratta a dir poco di un vero e proprio bollettino di guerra di malattie quasi sempre direttamente correlabili all’alimentazione, allo stile di vita, alla tossicità ambientale!
LE PRIME 10 CAUSE DI MORTE IN ITALIA
Su un totale di 598.670 riferite anche ad altre cause percentualmente meno significative. Sono numeri impressionanti, che dovrebbero farci riflettere.
Partendo dal presupposto che, come diceva Ippocrate, il cibo è un fattore di salute e di malattia, ogni strategia dietetica deve essere modulata e adattata sulla base di ogni singolo caso, secondo esigenze specifiche individuali.
Siamo bombardati da proposte alimentari molteplici, dove tutti strombazzano diete presunte miracolistiche e stabiliscono metodi e regole. Estrapolando ciò che, come diceva Plinio il Vecchio, c’è di buono in ogni libro, e che ha un fondamento razionale e scientifico, elaboreremo e impareremo a costruire la dieta ideale per ognuno di noi, e le caratteristiche principali di alcuni principi alimentari di uso comune, in modo da poter esercitare una scelta libera.
Sviluppando il nostro livello di consapevolezza e conoscenza, diventando soggetti e non più bersagli. Come? Ragionando.
Dietro i consigli della pancia c’è la promessa della consolazione e del raggiungimento di una felicità impossibile.
Dietro ogni affermazione deve sempre esserci una spiegazione e non atti di fede, abitudini, luoghi comuni.
Voglio ora raccontarvi una simpatica storiella, che vi prego di non prendere alla lettera ma di estrapolarne la metafora, non poi così lontana dalla realtà. La storia probabile di un nostro antenato di due milioni e mezzo di anni fa.
Capitolo 1
Una giornata particolare
(due milioni di anni fa)
Sta per iniziare per me, Homo erectus del paleolitico, una nuova giornata. I raggi di sole che filtrano attraverso l’ingresso della grotta dove trascorro giornate fredde e umide mi rapiscono al mondo magico dei sogni, della cui sostanza, come diceva Shakespeare, siamo fatti. Mi ritrovo così proiettato in quello che oggi è chiamato mondo reale
; le cui differenze col mondo dei sogni io non sono in grado di distinguere, perché questi due mondi in me si confondono e si continuano l’uno nell’altro, come l’alternanza del giorno e della notte. Convivo con la mia femmina, compagna della mia vita, e con alcuni cuccioli della mia specie, coi quali comunico attraverso grida, mugolii, suoni gutturali, odori, sguardi, ammiccamenti, smorfie, digrignamento dei denti, contrazioni dei muscoli emozionali del viso, pianti e lacrime; ancora non sono in grado di esprimere un linguaggio compiuto, una sintassi, né tanto meno di scrivere.
Anche se non ho imparato a padroneggiare l’uso delle parole né tantomeno di affidarle al giudizio dei posteri attraverso simboli incisi su tavolette di cera o fogli di papiro, per definizione inizio della i-storia, sono in grado di provare emozioni e sentimenti, gioia, dolore, rabbia, paura: di gioire per una nascita e piangere per una separazione.
Se capita di impugnare un frammento di terra rossa, mi diverto a imitare sulle pareti della grotta in cui dormo e trascorro giorni freddi e piovosi, immagini della vita, delle stagioni, e della natura che mi circonda: animali, scene di caccia, femmine della mia specie enfatizzando i loro attributi attrattivi. Ho un unico, grande, eterno problema: quello di procurare a me e agli individui del branco che mi segue, proprio in virtù di questa mia abilità, il cibo e l’acqua che ci permetterà di vivere; ho anche imparato che insieme è più facile che da soli. L’acqua estinguerà questa mia insaziabile sete, assai più tormentosa della fame.: perciò sono disposto a correre ogni giorno per 20 chilometri nella savana. Gli altri mi seguono e mi rispettano, per la mia astuzia e per la mia forza, che metto al loro servizio.
Non ho ancora imparato a coltivare piante né ad allevare animali, eppure la mia specie sopravvive così, come gli uccelli che tutto inseguono per prendere ciò di cui hanno bisogno, e le cui uova speso rubo. Certo, non posso aspettare che il necessario mi venga dal cielo, né da quel globo infuocato che sorge e cala ogni giorno, alternando la sua luce calda e bruciante, con quella fredda del disco argenteo che illumina la notte. Non ho ancora imparato a comunicare con Dei deleganti a pochi iniziati il diritto di amministrare sulla terra le leggi del cielo. Il mio potere deriva dalla forza dei muscoli, dalla velocità, dalla capacità di risolvere più facilmente problemi per me, e per gli altri.
Nella savana, nella foresta, nelle steppe fredde e umide o fra ghiacci gelidi, inizierò, a piedi scalzi e nudo, oppure coperto da pelli che ho strappato ad animali morti o uccisi, un lungo percorso quotidiano, per trovare e carpire ogni cosa che può soddisfare le mie necessita’ primarie.
Mi alzo, mi stiracchio, stropiccio gli occhi e comincio a camminare, aguzzando la vista intorno, ascoltando, fiutando, per vedere se c’è qualcosa di interessante: non so ancora cacciare, intendendo per caccia un’ attività organizzata, pianificata e finalizzata a uccidere altri esseri viventi, con l’ausilio di strumenti appuntiti e taglienti, pietre o lame, da solo o in gruppo. Non so ancora uccidere animali, soprattutto quelli grossi. Non ho ancora sviluppato una vera socialità, per cui l’ultima cosa che potrei pensare è di cacciare un mammut o una tigre dai denti a sciabola, e nemmeno una gazzella che è molto più veloce di me. Perciò quello che cerco di fare, insieme alle mie femmine e ai miei cuccioli più grandi, sono le cose più semplici: raccogliere direttamente con le mani quello che più facilmente riesco a trovare intorno. Oh che fortuna! Che gioia! vedo delle formiche, qualche gustosissimo lombrico, così semplice da mangiare e ricchissimo di proteine e di energia, della quale ho tanto bisogno...fermi tutti, vedo su un ramo una velocissima e agile cavalletta: se sarò abbastanza bravo la catturerò con le mie stesse mani: è gustosissima!
Più in là un serpente striscia dalla terra sul ramo di un albero e nello stagno alcuni piccoli pesci nuotano a pelo d’acqua: anche questi possibile soluzione al problema della fame. Qualche volta mi è capitato di imbattermi nella carcassa di qualche grosso animale e, superando la mia ritrosia e per necessità di mettere qualcosa sotto i denti, ho provato a masticare quei muscoli duri che i predatori lasciano perché prediligono la parte migliore: i visceri. Tutto crudo, cari amici: non conosco ancora quello che un giorno chiamerete fuoco: Prometeo non ha ancora rubato agli dei del cielo la sacra fiamma della folgore e del sole. Belle quelle bacche rosse e scure sui cespugli che io posso facilmente raggiungere con le mani perché crescono basse o al massimo alla mia altezza! Sono aspre e gradevolmente dolci. E questa sostanza dolce prodotta da quelle strane mosche così aggressive e