Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Cercando San Fiorentino
Cercando San Fiorentino
Cercando San Fiorentino
E-book238 pagine3 ore

Cercando San Fiorentino

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Segreti e misteri passati e presenti in una Pieve della Bassa Mantovana nella ricerca compiuta da un giornalista francese.
Con il ritrovamento del cadavere di un sottufficiale della Wehrmacht, ormai ridotto a scheletro, nascosto dietro una porta murata nella chiesa di San Fiorentino, viene alla luce una tragica vicenda accaduta nel 1945, durante la ritirata delle truppe tedesche. Il giornalista registrerà testimonianze e ricordi dei pochi protagonisti dell’epoca rimasti in vita.
Nel contempo, sempre con epicentro la chiesa di San Fiorentino, si verrà a conoscenza del furto del Polittico del Correggio, donato alla chiesa nel 1530 da Federico II Gonzaga, perpetrato un paio d’anni prima. Il giornalista seguirà le strane e movimentate vicende che circondano la scomparsa del dipinto e le indagini volte a scoprire il ladro.
LinguaItaliano
Data di uscita16 gen 2019
ISBN9788829597253
Cercando San Fiorentino

Correlato a Cercando San Fiorentino

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Cercando San Fiorentino

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Cercando San Fiorentino - Mauro Danzi

    Mauro Danzi

    CERCANDO SAN FIORENTINO

    UUID: f367308a-1995-11e9-a0d8-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Mauro Danzi

    CERCANDO

    SAN FIORENTINO

    Romanzo

    AMBOISE

    ARCIDIOCESI DI TOURS

    FRANCIA

    Ottobre 1984

    Per celebrare degnamente il novecentesimo anniversario del trasferimento delle spoglie di San Fiorentino da Amboise alla Cattedrale di Avellino, l’Arcidiocesi di Tours indisse un concorso nazionale di narrativa. Patrocinio della Chambre de commerce et d’industrie, con premio pecuniario al vincitore e pubblicazione del racconto con distribuzione dello stesso in tutte le diocesi francesi. Amboise, è uno dei sette decanati in cui è suddivisa l’Arcidiocesi.

    Oggetto del concorso: San Fiorentino martire.

    Bruno Pascal, letta la notizia su L’Ange de la Diocèse, chiamò immediatamente l’Abbazia.

    Chi decide tutto è il nostro superiore, deve parlare col priore! Si sentì rispondere dal centralinista con una voce gutturale che non faceva nulla per nascondere un tono risentito.

    Come lo debbo chiamare? Monsignore? Priore?Fratello?Non vorrei cominciare con una gaffe.

    Padre Raymond, ovviamente! Attenda in linea.

    Non seguì la musichetta che di solito accompagna le attese al telefono, solo silenzio… e ancora silenzio. Silenzio di tomba.

    Pascal non tenne il conto di quanto dovette aspettare finché, finalmente, quando stava per perdere ogni speranza, lo stesso centralinista dalla voce gutturale si degnò di dare una risposta.

    L’attesa, anche se prolungata, fu premiata.

    Pascal ottenne un appuntamento per il giorno seguente.

    Arrivò all’Abbazia a mezzogiorno.

    Suonò due volte, gli fu aperto.

    Superato il chiostro, imboccò un corridoio, stretto, disadorno, le pareti alte e i muri screpolati. Da una parte solo mattoni a vista, dall’altra, rare ma ampie finestre sprofondate nelle vecchie mura dell’edificio gettavano un po’ di luce sul pavimento probabilmente di pietra lavica. Il soffitto era affrescato, ma non ne riusciva a distinguere le figure da tanto che era scrostato. L’unico rumore scaturiva dall’incedere dei suoi passi che rimbombavano trasformandosi in suoni a tratti cupi, a tratti acuti e stridenti. Saliti alcuni gradini imboccò un corridoio più largo. La luce era diffusa, intensa.

    Si sentì chiamare. Alzò gli occhi fino a quel momento concentrati sul movimento dei suoi piedi, vide una figura di frate piccola e magra avvolta in un saio grigio scuro. Questi era immobile, con la testa leggermente inclinata sul davanti, con le braccia penzoloni lungo i fianchi.

    Pascal rispose alla chiamata con un cenno del capo e allungando il passo.

    Quando gli fu vicino notò che il frate in una mano reggeva una busta grigia, piuttosto rigida, quadrata, mentre con l’altra sventolava un foglio spiegazzato.

    Riuscì a mormorare Padre Raymond? Sono Bruno Pascal quello della telefonata di ieri, sa… l’appuntamento. Per il concorso. Rimase con lo sguardo imbambolato aspettando una risposta.

    Che fosse veramente Padre Raymond quel frate davanti a lui, riuscì a capirlo da un suo leggero cenno del capo. Il frate non si sprecò in convenevoli, gli allungò la busta e il foglio. Pascal rimase lì attonito, fermo con le braccia e rigido sulle gambe. Quei gesti sbrigativi lo mandarono in confusione tanto che non riuscì a ritirare la documentazione.

    Il priore sembrò spazientirsi. Indicando il portone aperto dietro di lui, gli fece chiaramente intendere di avere una certa fretta, i suoi confratelli lo aspettavano in refettorio. Gli disse che era opportuno che almeno leggesse subito il documento, se ci fosse stato scritto qualcosa di poco chiaro…

    Pascal lo guardò negli occhi, ritirò la busta e il foglio che dispiegò immediatamente.

    Lesse a bassa voce:

    "FIORENTINO. Santo, venerato ad Amboise. Il suo culto rimasto limitato ad Amboise fino al sec. XIV, si estese in seguito a tutta la diocesi di Tours, dove è onorato il 1° Dicembre. E’ uno dei Santi Patroni, con Modestino e Flaviano, della città e della diocesi di Avellino in Italia dove svolse la sua attività di evangelizzazione.

    La sua vita è un tessuto di fatti leggendari.

    Martirizzato e decapitato nel territorio di Avellino il 14 febbraio del 311 d.c.

    L’iconografia è scarsa."

    Girò il foglio sull’altro lato. La facciata a tergo era intonsa. Frugò all’interno della busta dove c’erano altri fogli stampati, probabilmente con gli estremi per il concorso che al momento evitò di analizzare.

    Pascal guardò di nuovo negli occhi il priore. Si grattò a più riprese il mento con uno spigolo della busta. Dopo alcuni momenti di imbarazzo, chiese con fare deferente:

    - Tutto qui?

    - E’ tutto. Non possiamo fare eccezioni. - Rispose l’abbé Raymond muovendo appena le labbra.

    Ci fu qualche istante di silenzio imbarazzante.

    - Quanto tempo ci è concesso?- Domandò Pascal mentre portava la mano che stringeva la busta dal mento alla nuca.

    - Consegna dello scritto entro il 30 giugno 1985, ultimo giorno valido per partecipare al concorso. Le premiazioni saranno effettuate il 1° dicembre. Nella busta, come ha visto, c’è una copia del bando. Legga con attenzione! - L’abbé Raymond rispose con tono deciso e sguardo severo. Si mise a braccia conserte. Fece un leggero inchino, borbottò qualcosa che assomigliava ad un augurio di buon lavoro o ad una benedizione , indietreggiò di un paio di passi per poi girarsi e riprendere il corridoio da cui era arrivato. Con cura chiuse dietro di sé il portone di legno del refettorio.

    Pascal concentrato nel leggere il testo del concorso non rispose. Quando volle farlo, era ormai troppo tardi. Avrebbe voluto chiedere del premio offerto dalla Chambre de commerce et d’industrie, di quanti franchi si trattasse visto che il bando era piuttosto evasivo in proposito, promettendo genericamente un premio pecuniario senza specificare cifre, voleva chiedere... voleva chiedere… troppo tardi.

    Si portò le carte a casa.

    *****

    La Peyronnet era una piccola casa editrice che aveva nei libri scolastici per le scuole medie il suo punto di forza. Pascal vi lavorava da quasi vent’anni. Era stato assunto dal vecchio Charles, il fondatore, e aveva vissuto con lui tutta la trasformazione e lo sviluppo che l’originaria tipografia aveva subito negli anni. Morto Charles, i poteri passarono nelle mani di suo figlio Henry. Henry aveva pressappoco la sua età, con lui manteneva rapporti di amicizia pur nel rispetto delle reciproche posizioni aziendali: da una parte Monsieur Henry Peyronnet, il Presidente, dall’altra un capo redattore, molto stimato, ma pur sempre un dipendente, Bruno Pascal.

    Quella sera Pascal aspettò, come di consueto, che tutte le maestranze se ne fossero andate per salire al piano superiore e salutare Henry. Trovò Albertine, la più anziana delle segretarie intenta a battere le ultime lettere della giornata. Scambiò qualche frase di circostanza, si accertò che Henry fosse nel suo studio da solo, bussò, non attese la risposta, aprì. Di solito Pascal socchiudeva la porta, introduceva la testa, salutava, richiudeva e se ne andava. Quella volta no, chiese di poter entrare quando già aveva varcato la soglia del suo studio. Albertine si alzò, forse il Presidente aveva bisogno di lei, ci ripensò Pascal era uno di famiglia, richiuse dolcemente la porta dello studio. Riprese il suo lavoro alla scrivania.

    Dopo circa mezz’ora, Pascal uscì dallo studio.

    Ad Albertine che con una certa insofferenza gli fece notare l’ora tarda, rispose serafico, abbassando di proposito il tono della voce:

    - Stai tranquilla, Non mi vedrai per un bel po’! Vado in vacanza, in Italia questo te lo posso dire… - Pascal non parlò di ciò che aveva in mente, tergiversò, cercò di depistarla, e all’ultima domanda che lei gli fece rispose con un sorriso malizioso. La segretaria che avrebbe voluto sapere almeno quando sarebbe tornato rimase lì, seduta, con la schiena ritta e la testa alta, le mani appoggiate alla scrivania, con le sue curiosità insoddisfatte.

    Pascal indietreggiò fino ad uscire dalla stanza.

    Scese le scale di corsa.

    Quando fu per strada scoppiò a ridere.

    LA PIEVE

    DIOCESI DI MANTOVA

    ITALIA

    Novembre 1984

    1

    Era arrivato in questa località situata nell’Oltrepò Mantovano, sulla sponda destra del fiume Secchia, a pochi chilometri dalla sua confluenza nel Po, trascinato dalla possibilità di trovare elementi utili per dimostrare che Fiorentino era venerato anche fuori dagli stretti confini delle diocesi di Tours e di Avellino.

    Da quando suo padre, alla fine dell’ultima guerra mondiale, aveva lasciato la Pieve per stabilirsi a Tours il paese si era quasi spopolato, non era più sede di Municipio. Ma non mancava niente di quello che la gente rimasta considerava essenziale.

    La chiesa con il campanile, a fianco un oratorio e un campetto di calcio, il camposanto, l’ufficio postale, la farmacia, la panetteria, dove si potevano trovare anche i giornali, il negozio in cui convivevano le attività del sarto e del barbiere (due fratelli gemelli). Non si poteva non notare la Pensione Benvenuto con la sua enorme insegna al neon, un fabbricato a corpo unico con locanda, osteria e annessa rivendita di sali e tabacchi, al piano superiore qualche camera per gli avventori. La scuola elementare, a causa di un forte calo degli alunni, era stata chiusa quattro anni prima e l’edificio era rimasto inutilizzato.

    Pascal vagava in paese senza fare concreti progressi, sforzandosi di familiarizzare con l’ambiente e di approfondire alcuni aspetti di una storia che gli avevano raccontato da bambino e che solo adesso a quasi quarant’anni, in occasione del concorso letterario, aveva deciso di verificarne l’attendibilità. Avrebbe voluto arricchire i contenuti che la sua memoria aveva conservato nel tempo con la lettura dei documenti conservati in parrocchia. Gli s arebbe tornato utile anche consultare i vecchi registri dell’anagrafe comunale lasciati in deposito nell’edificio scolastico, ormai in disuso, ma non era facile arrivare a disporne. Era in attesa dei permessi delle solite Autorità civili ed ecclesiastiche competenti. Nel frattempo non era rimasto inattivo, aveva deciso di procedere con le interviste e di raccogliere le testimonianze dei paesani.

    I risultati, fino a quel momento, erano stati piuttosto deludenti. Le annotazioni sul suo taccuino si limitavano a riportare unicamente un inciso pubblicato sulla Rivista L’illustrazione mantovana.

    Chiesa parrocchiale di San Fiorentino. Fatta erigere da Matilde di Canossa nell’anno 1093. Esempio di romanico della bassa padana. La chiesa è citata nel 1219 in una donazione di Gandolfo, vescovo di Reggio, al monastero di San Prospero, Diocesi di Mantova. Conosciuta per la presenza del polittico del Correggio dove, nelle cinque tavole, sono rappresentati i Santi: Vincenzo, Antidio, Ilario, Desiderio di Langres e Fiorentino. Il campanile, costruito in epoca successiva, risale al 1668.

    A seguire un commento dell’autore:

    Le leggende ci ricordano che in quasi cinquecento anni dalla sua donazione alla chiesa, diverse volte hanno rubato l’intero polittico oppure una sola tavola di esso. Ogni volta il malvivente, se non era rimasto fulminato al momento del tentativo di trafugamento, era stato catturato con la refurtiva, e sottoposto a dure pene corporali, oppure costretto a riportarla in chiesa, tante erano le disgrazie capitategli.

    Tutto coincideva con ciò che suo padre gli aveva raccontato sulle vicende funeste che perseguitavano i ladri del polittico.

    Addirittura di un tale che mentre tentava di rubare fu colpito dall’ira dei Santi, tanto da rimanere con il corpo paralizzato. Narrava tra l’altro di intrighi, passioni, amori e tradimenti occorsi negli anni immediatamente precedenti l’Unità d’Italia, e di quando, regnante l’imperatore Francesco Giuseppe I, fu fucilato un viandante accusato di omicidio e di furto. Questi, innocente, davanti al plotone d’esecuzione avrebbe invocato San Fiorentino affinché punisse il vero colpevole che, pochi giorni dopo, destino volle che morisse incenerito da un fulmine.

    Circa episodi più recenti per i quali ancora esistevano testimoni oculari, si mormorava che qualcosa di nefasto fosse accaduto anche nel periodo immediatamente precedente la fine della seconda guerra mondiale. Faide da guerra civile tra partigiani e collaborazionisti del regime fascista, tedeschi in ritirata inseguiti dagli alleati, e San Fiorentino a far da giustiziere. Le storie che Bruno aveva ascoltato da suo padre finivano con le stesse parole… è tutto vero… te lo può dire anche l’arciprete . Per Bruno, fin da allora, a forza di sentirlo invocare, questo arciprete, era un’autorità. Qualcuno che non si poteva mettere in discussione l’ha detto lui… quindi, ti basti! E Bruno accolse quelle storie come fatti realmente accaduti, anche se i confini rimanevano sempre vaghi, non avevano mai un inizio e una fine certa… le accettava così come venivano raccontate.

    2

    Pascal aveva preso alloggio in paese, programmando di fermarsi una decina di giorni.

    Aveva trovato una buona sistemazione alla Pensione Benvenuto.

    Qui incontrò Jolanda e ne rimase attratto.

    Una bella donna che conduceva in prima persona l’attività della Pensione. Anche solo per ammirare le sue forme, i clienti non mancavano mai. C’erano gli irriducibili, soprattutto anziani, giocatori di briscola e tresette, e quelli che passavano di lì anche solo per un bicchiere di vino e un’occhiata alla bella locandiera. Questa sembrava vivesse nel ricordo del marito defunto, considerato con quanta cura e quanto frequentemente levava la polvere e lucidava i quadretti con le fotografie del coniuge estinto esposti dovunque. Pascal ne aveva contato quindici tra quelli appoggiati al banco e quelli sospesi alle pareti. Si era fatto la convinzione che il defunto doveva essere stato in vita una specie di santo, visto che la vedova a ogni spolverata si faceva il segno della croce.

    Dai suoi motteggiamenti, Pascal aveva capito di non esserle indifferente. Forse perché per lei lui era un vero scrittore, interprete del suo immaginario mondo di evasione, fatto di romanzi d’amore e di passione, persona con la quale era possibile combinare un incontro amoroso al di fuori dell’ordinaria routine. O forse semplicemente perché era un estraneo con il quale avere una relazione sentimentale senza porsi tanti problemi oppure, ed era l’ipotesi più probabile, perché era unanimemente considerato un bell’uomo. L’accento francese lo rendeva ai suoi occhi ancora più desiderabile.

    Sempre lei, che stava portando faticosamente a termine i primi sei mesi di lutto, e che cominciava a lasciare liberi gli oppressi pensieri licenziosi, aveva assunto il ruolo di segretaria, difendendolo da tutti i curiosi che gli ronzavano attorno.

    Da parte di Pascal, peraltro, c’era una certa muta condiscendenza. Non era rimasto insensibile all’avvenenza e alle attenzioni della donna e cercava di trarre vantaggio dalla situazione.

    Come corrispettivo delle premure di cui era oggetto, si era impegnato a soddisfare le curiosità culturali di Jolanda con risposte che tendevano a sbalordirla. Pascal si era spinto a inventare situazioni mai vissute descrivendole figure che mai nella sua vita aveva incontrato. La riteneva una maniera non eccessivamente disonesta di accompagnarla nel mondo dei sogni e di assecondare i suoi desideri di fuga dalla realtà quotidiana. Pascal non aveva capito fino in fondo se lei veramente credesse alle sue parole o facesse finta, compiacendolo per ammirazione. La risposta a questo dubbio non gli sembrava importante, non se ne preoccupò più di tanto.

    Il rapporto tra loro due, al momento esclusivamente platonico, funzionava.

    Pascal trascorreva molte ore alla locanda, osservava i comportamenti degli avventori poi, rimasto solo, li commentava con la locandiera. Una volta gli capitò di vedere uno di loro alzare il bicchiere davanti a una delle tante fotografie dell’estinto appese alle pareti. Forse un invito per un estremo improbabile brindisi e sentì lei sussurrare che gran coglione. Non riuscì a capire se l’epiteto riguardasse l’avventore o il marito.

    - Doveva essere un uomo benvoluto! - Commentò Pascal.

    Jolanda gli rispose prontamente e bruscamente: - Sì, proprio quello che si dice un buon uomo! - Aggiungendo, con aria impertinente e guardando Pascal dritto negli occhi:

    - Sono quasi sei mesi che se n’è andato… dice che le fotografie le dovrò lasciare appese anche dopo?

    - I ricordi si portano nell’anima. - Rispose sommessamente Pascal abbassando lo sguardo.

    - Ha ragione, trascorsi i canonici sei mesi di lutto, tolgo tutto. I ricordi… come dice lei… insomma, le fotografie non servono… un poco per volta… dovrò abituarmi a non vederle più.

    - Il tempo guarisce le ferite.

    - Ancora una ventina di giorni e la guarigione sarà completa, se di guarigione si tratta! Ci sono le usanze, l’arciprete che vigila, c’è un locale pubblico da mandare avanti, qualche sacrificio bisogna pure farlo. Certo che sei mesi sono proprio tanti! - Concluse lei malinconicamente. Allargò le braccia alzandole verso il cielo.

    Erano ragionamenti che non lasciavano il minimo dubbio circa la volontà

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1