Quando l'anno sta per finire
Di Luigi Bosi
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Quando l'anno sta per finire - Luigi Bosi
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Intro
Un’amicizia nata per caso fra un vecchio e una bambina, entrambi segnati da un destino tragico, consente all’uomo di passare in rassegna quella che è stata la sua vita e di prepararsi per il Grande Viaggio.
QUANDO L’ANNO STA PER FINIRE
La corriera saliva con fatica lungo gli stretti tornanti della strada di montagna, lanciando a ogni curva ripetuti segnali con le potenti trombe bitonali. Enrico teneva la fronte appoggiata al finestrino, godendo della frescura che il vetro gelido gli procurava sulla pelle.
S’era imposto di non pensare a nulla, ma ben presto s’era reso conto che mantenere quell’intendimento non gli sarebbe stato facile. Per un poco guardò fuori, osservando il paesaggio che, come in un film, gli veniva incontro. Guardava le dolci colline emiliane che bene conosceva, ma che già tradivano l’aria di Toscana nei sobri cascinali aggrappati alla sommità dei poggi, contornati di cipressi. Guardava i fitti boschi di castagni e la festa dei colori, dei rossi, dei gialli, del marrone intenso, che i larici sfoggiavano, come di consueto, in quell’autunno ormai avanzato. Osservava tutte le piccole scene che, lungo la strada, a ogni curva gli si presentavano davanti. Tutte queste cose per un poco lo tennero occupato, impedendogli di pensare ad altro.
Ben presto comunque se ne stancò, e il suo interesse si spostò sugli altri viaggiatori. Tutta gente all’apparenza di quelle parti, gente di collina, contadini che si spostavano senza fare tanta strada, senza andare troppo lontano. Qualche maestrina, qualche impiegato comunale, gente per lo più che andava da un paese all’altro per il mercato, per fare visita a un parente, per recarsi in qualche ufficio a ritirare un documento. Accanto a lui sedeva un uomo corpulento, di mezza età, con due grandi baffi neri e il cappello ben calcato sulla testa. Un mozzicone di sigaro toscano gli pendeva, come fosse incollato, a un angolo delle labbra carnose: nonostante fosse spento, ugualmente emanava all’intorno un odore forte. Poteva trattarsi di un mediatore o di un mercante di bestiame, ma non era facile indovinarlo così, senza nemmeno scambiare due parole. Ma poi si rese conto che in fondo non gliene importava niente di saperlo, e che non aveva nessuna intenzione d’attaccare discorso.
Dopo l’ennesimo fragore di trombe, superata l’ultima curva, la corriera finalmente percorse in salita il rettilineo prima d’entrare in paese. La piazzetta la ricordava bene. C’erano stati tante volte anni addietro, lui e Sara, proprio di quella stagione, per funghi o per castagne. Per questo aveva scelto quel paesino sperduto fra i monti, perché ricordava come entrambi lo avessero amato, e perché in un certo senso, n’era sicuro, lì si sarebbe sentito un poco come a casa sua.
* * *
Quella mattina, quando era venuto il momento d’andare, a lungo era rimasto immobile ai piedi del letto a osservare la moglie che dormiva. Sara aveva sempre avuto il sonno profondo e non si sarebbe svegliata di sicuro. Con un misto di tenerezza e d’apprensione aveva guardato a lungo la donna, la sua donna, e per un momento aveva esitato, commosso di fronte a quel suo modo un poco buffo di dormire che bene conosceva, a pancia in giù, con un braccio ripiegato sulla testa, quasi a protezione, e l’altro infilato sotto il cuscino, a scomparire.
Ma la decisione da parte sua era già presa: per cui dopo poco, se pure facendo uno sforzo su sé stesso, Enrico s’era costretto a distogliere lo sguardo dal letto. Sistemata la lettera in bella mostra sul comò, aveva recuperato in fretta la grande sacca gialla e, lanciando un ultimo sguardo, come un saluto silenzioso, alla donna che nel frattempo continuava imperterrita a dormire, senza far rumore, come un ladro che porta a termine il suo colpo, aveva aperto adagio la porta di casa e se n’era andato.
Non appena s’era ritrovato in strada il professore non aveva potuto fare a meno di rabbrividire, un poco perché già faceva freddo la mattina, ma soprattutto perché si sentiva emozionato. Aveva tirato su il bavero della giacca a vento e senza fretta s’era avviato verso la stazione delle corriere.
* * *
Seduto ora nel piccolo tinello sconosciuto e freddo dell’anonima casetta, Enrico guardava fuori dalla finestra che dava su alcuni orti piuttosto malcurati, posti sul retro delle ultime abitazioni del paese. Poco oltre, lo stradello che passava davanti a casa iniziava a salire bruscamente, addentrandosi in un fitto bosco di quercioli aggrappato ai ripidi fianchi della montagna. Un centinaio di metri più in alto la pendenza del sentiero s’attenuava, per addentrarsi dolcemente in un bosco di larici e d’abeti.
Il professore se ne stava seduto quasi al buio in quella stanza dove si sentiva un estraneo, la giacca a vento ancora abbottonata perché faceva freddo. Non aveva alcuna voglia di darsi da fare, né tanto meno d’accendere il fuoco nella stufa.
A quest’ora, si diceva, chissà quante volte Sara avrà letto la mia lettera. E chissà quante domande si sarà posta, senza riuscire a darsi una risposta
.
Lo rattristava il pensiero d’aver provocato alla moglie tanta angoscia, tanto dispiacere, ma nel contempo era consapevole d’aver fatto ciò che secondo lui andava fatto. Quante volte negli ultimi tempi lui e Sara ne avevano parlato, anche se per lo più le sue erano sembrate allora soltanto parole, malumori, dettate più che altro dall’irrequietezza che ogni tanto in lui era solita affiorare, specie ora da quando aveva saputo della malattia.
La moglie stentava non poco a seguirlo in quei discorsi, lei così attaccata ai suoi concreti valori d’ogni giorno, molto più semplici, quasi elementari. Sara non riusciva a comprendere questa sua nuova inquietudine, questo suo improvviso desiderio di qualcosa d’altro, di diverso. Non capiva perché tutto a un tratto gli fosse nato dentro quel bisogno impellente d’allontanarsi da lei, dalla loro vita ordinata d’ogni giorno, dopo tanti anni vissuti insieme e così bene. Per di più ora, che più pressanti s’erano fatte le preoccupazioni per la salute, anche se ancora lui si sentiva piuttosto bene.
Una delle prime reazioni di Sara quando lui aveva iniziato, sia pure prendendola alla larga, a farle quei discorsi, era stato inevitabilmente un atteggiamento alquanto risentito e sospettoso, di disappunto, com’era naturale. Ma lui un poco alla volta, con grande pazienza, era riuscito a convincerla che fra loro non c’era niente di diverso, nulla era cambiato. Anzi, se mai con gli anni il loro legame s’era fatto ancora più solido, più essenziale. Eppure adesso Enrico andava ripetendole che aveva bisogno di restare solo, con sé stesso. E Sara alla fine aveva capito che il problema non sarebbe stato tanto semplice.
* * *
La prima volta che Enrico aveva affrontato l’argomento era stato soltanto qualche settimana prima, quella domenica mattina che erano appena usciti dalla messa. Camminavano come al solito per le vie del centro, soffermandosi ogni tanto a guardare le vetrine, in quella tiepida giornata di un’estate che stava per finire.
Era stato lui ad avviare il discorso, mentre sostavano davanti a un negozio di scarpe e di corami. Senza distogliere lo sguardo dalle calzature esposte, come se in effetti l’avessero interessato, se n’era uscito con una frase all’apparenza del tutto banale.
Sai, credo che presto andrò via per qualche tempo…
Sul momento Sara aveva dato poco peso a quella frase, buttata là quasi per caso, e continuando a guardare le scarpe in mostra a sua volta aveva chiesto E dove dobbiamo andare?
Erano talmente abituati a spostarsi sempre assieme, che le veniva naturale pensare che una partenza di lui dovesse per forza di cose riguardare entrambi.
Non hai capito. Questa volta sono io che parto. Me ne andrò via per un po’ di tempo, da solo, da qualche parte che ancora non so
.
A questo punto Sara s’era voltata per guardarlo in faccia. Più ancora della risposta, era stato il tono distaccato della voce di lui che l’aveva messa in allarme, e ora si sentiva nascere dentro un’inquietudine nuova.
Ma cosa stai dicendo? Dov’è che devi andare?
Nella sua voce ora c’era una nota più alta, come sempre del resto quando era in apprensione. Enrico si voltò verso la moglie, guardandola per un istante negli occhi che già cominciavano a farsi più lucenti del normale. Poi la prese sottobraccio e ricominciarono a camminare.
Ho bisogno di stare un poco da solo. Tutto qui. Perciò debbo allontanarmi da casa per qualche tempo
.
Sul momento il discorso era finito lì, anche perché una lacrima era spuntata nel frattempo negli occhi di Sara. Avevano ripreso a camminare senza più scambiarsi tante parole, mentre fra loro era rimasta una certa incomprensione.
A casa, come c’era d’aspettarsi, lei era tornata sull’argomento.
Se c’è qualcosa che debbo sapere, tu me lo devi dire. Ho diritto di sapere!
Adesso era Enrico che cominciava