Il cappotto e il cornuto e altri racconti impossibili
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Recensioni su Il cappotto e il cornuto e altri racconti impossibili
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Anteprima del libro
Il cappotto e il cornuto e altri racconti impossibili - Nino Di Fazio
Fazio
IL CAPPOTTO E IL CORNUTO
Un cappotto, andando per la via, incontrò un cornuto. Lo fermò e gli disse:
-Ciao. Sono stanco, vengo da lontano; mi faresti appendere per un poco?
Il cornuto lo guardò incuriosito e rispose:
-E tu cosa mi dai in cambio?
-Ti riparo dal vento gelido; ti pare poco?
Rimase per un poco sovrappensiero; immobile mentre il vento gelido gli feriva gli apici delle corna. Qualche minuto dopo, avendo intravisto un certo vantaggio dalla proposta, iniziò a piegarsi da un lato per permettere al cappotto di arrivare nelle ramificazioni più alte.
Il cappotto intuì la risposta positiva e, con un leggero balzo, si sistemò distendendosi sulle corna.
-Come ci stai?
Domandò il cornuto mentre cominciava ad apprezzare il beneficio della copertura.
-Ti dirò che non ci sto tanto male, a parte qualche bucatura per le tue punte acuminate.
-Mi servono per la difesa dagli inopportuni.
Perché? Ne incontri tanti?
-Il mondo è strapieno, mio caro. Per la verità non mi capita tutti i giorni di dare delle cornate; io non sono un tipo litigioso, mi devono offendere con maniere forti perché io decida di scatenarmi.
Durante un tragitto, con il cappotto sulle corna, cominciò a sentire, all’altezza del collo, un getto gelido come se si fosse aperta improvvisamente una finestrella.
-Cosa ti succede? Sento uno spiffero sul collo, ti sei forse sbottonato?
-No. Mi si è aperta un poco la cucitura sul fianco; se ti giri sull’altro lato, non senti più il vento.
-Io non posso camminare sempre di fianco, potrei sbattere contro qualcosa che non vedo.
-Allora fermati al riparo, niente e nessuno ci fa fretta.
Il cornuto si fermò in un anfratto, dove il vento non riusciva a entrare, e si rannicchiò per terra. Questa manovra improvvisa causò la caduta del cappotto che finì steso per terra.
Il vento, con la sua forza, trascinava ogni cosa: cespugli, lattine vuote cadute dai contenitori cittadini, pezzi di cartone e fogli di carta. Una violenta ventata depose, proprio accanto al cappotto, un pezzo morbido di plastica chiaramente imbrattato di una sostanza appiccicosa. Il cappotto se ne accorse e capì che poteva usarlo per porre rimedio alla sua scucitura.
Fece un balzo, che incuriosì molto il cornuto, e si buttò, con tutta la sua forza, sulla plastica,facendo in modo che la sua scucitura aderisse perfettamente alla superficie appiccicosa.
Ci si adagiò sopra per un poco, e, quando sentì che la plastica aderiva perfettamente alla sua superficie scucita, si rannicchiò accanto al suo compagno di ventura.
Il cornuto non si rese assolutamente conto dell’operazione condotta dal cappotto; rannicchiato, al riparo dal vento, aspettava la fine della buriana.
Quando il vento diminuì la sua potenza e ridusse la percezione del gelo, il cornuto si rialzò dando al cappotto la sensazione che volesse rimettersi in cammino.
-Perché ti sei alzato? Hai fretta di andare via?
-Non ho alcuna fretta io. Stare fermo mi produce prurito ai piedi.
-Allora fammi appendere e andiamo via insieme.
-Perché ti devi appendere di nuovo? Non puoi camminare per conto tuo?
-Scusa, se io rimango a terra, non ti viene meno la protezione dal freddo sulle tue corna? Se io resto appeso, non solo ti evito il gelo, ma, stando insieme, eviteremo di apparire due personaggi. Chi ci incontra potrebbe avere paura.
-Chi mai potrebbe avere paura di un cappotto?
-Non di me potrebbero impaurirsi ma per le tue corna. Non porti esposto un cartello con scritto cammino in pace
!
Il cornuto accettò l’obiezione e s’incurvò da una parte; chiaro invito, per il cappotto, di appendersi.
-Lo sai che non sento più lo spiffero?
-Ti credo; l’ho rimediato con la plastica che il vento mi ha messo a disposizione.
Il cornuto non capì cosa era successo e non si curò nemmeno di fare domande, si accontentò del conforto della copertura.
Camminò spedito sia per l’assenza del vento sia per il conforto procurato dal trasportato, per la verità, non molto pesante.
In una piazzuola alberata, coperta da tutto il materiale che il vento aveva lasciato senza alcun rispetto per il pubblico decoro, vide una fontanella che regalava un bel getto di acqua chiacchierina per la sua caduta contro la griglia in basso.
La sua voce era particolarmente udibile a causa della lotta contro le foglie che non ne volevano sapere di essere cacciate nella fogna sottostante.
Osservò questa scena, per qualche istante, prima di decidere di chinarsi per bere dal libero getto.
Quando decise, con gesto rapido, s’inclinò verso l’acqua e sentì un grido di disappunto.
-Perché mi bagni tutto? Cosa ti ho fatto di male?
-Scusami tanto, mi sono dimenticato di tenerti sulle corna. Avevo sete; l’acqua di questa fontanella mi ha attratto come una calamita. Mettiti giù perché ho bisogno di bere.
Il cappotto capì il bisogno descritto e, senza fare altre obiezioni, si dispose sulla panchina che si trovava lì vicino; osservava il suo compagno occasionale durante il soddisfacimento di un bisogno di cui non aveva conoscenza. Rimuginava sul fatto che qualcuno aveva usato l’acqua su di lui soltanto per levargli da dosso delle sporcizie. Come mai il cornuto, invece che pulirsi dalle sporcizie che teneva addosso, la faceva scomparire per qualche istante. Non capiva perché, in quei precisi momenti, la fontanella non emettesse voce alcuna; restava muta come un pesce. Forse ne era confortata?
Il dubbio gli suggerì di chiedere