Contrabbandiere tutto fare
Di Franco Enna
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Contrabbandiere tutto fare - Franco Enna
Contrabbandiere tutto fare
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1965, 2023 Franco Enna and SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788728523001
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
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www.sagaegmont.com
Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.
PERSONAGGI PRINCIPALI
L’azione si svolge in Florida, ai giorni nostri.
CAPITOLO I.
Gettai l’ancora nell’acqua azzurra e calma di Summer Beach e uscii sul ponte del Santana per guardarmi attorno. La piccola cittadina dormiva nel meriggio caldo di sole. Le finestre delle case avevano le veneziane abbassate e neanche un cane attraversava il lungo molo. Il silenzio sarebbe stato completo, se non ci fosse stato il motivetto trasmesso da qualche radiolina a transistor su uno degli yacht vicini. Era una musica indiavolata, un halli-halli forse, che dava fastidio.
A babordo del mio yacht (mio per modo di dire, perchè l’avevo avuto in prestito da Jimmy Strant, a Miami, dopo il furto del Floralis, di mia proprietà) galleggiavano cinque battelli, di cui soltanto due da pesca; gli altri erano panfili di lusso, di quelli che costano un occhio della testa. A tribordo, invece, potevo vederne una decina, anch’essi frammischiati. Da questo lato, il più vicino portava un nome attraente: Boccadoro; dall’altro, il mio dirimpettaio aveva chiamato Pinguino il suo battello. Erano tutt’e due legni di valore, agili e forti, che facevano venire l’acquolina in bocca a un patito yachtman come me.
Sul Boccadoro mi accorsi di avere destato una certa curiosità in due occhi grigi, sormontati da un largo cappello di paglia rossa. Un ciuffo di capelli neri sfuggiva di sotto le falde, ora che gli occhi mi fissavano dalla penombra. Non riuscivo a vedere il resto della faccia ma, quando mi mossi per trasferirmi a terra con l’intenzione di far mettere il visto di attracco al locale funzionario della capitaneria, scorsi una stupenda bocca e un corpo esposto al sole con tutto quello che madre natura gli aveva elargito. La donna indossava soltanto un cache sexe invisibile e aveva il seno schiacciato sul materassino e privo di reggipetto.
«Bene arrivato!» mi gridò la sconosciuta.
«Salve!» risposi.
«Mi chiamo Greta Powell e sono la proprietaria di questo yacht.»
Mi toccai con un dito la falda del mio cappellaccio di panama, da tre anni fedele amico della mia capigliatura, e tirai diritto. Avrei fatto amicizia più tardi, con Boccadoro
. Per il momento avevo altro a cui pensare.
La capitaneria si trovava a circa cento metri dal mio posto di attracco. La porta era aperta e varcai la soglia. Un grassone in canottiera e calzoncini kaki russava su una poltrona, con i piedi su una piccola scrivania polverosa. Alle pareti le solite carte nautiche di tutte le capitanerie di porto della costa occidentale davano l’illusione della frescura, con i blu e i verdi dei mari che esponevano.
Quando mi fui allietato alla sinfonia del grassone, picchiai un pugno sul tavolo, e quello aprì un occhio.
«Che modi avete, accidenti!» borbottò. «Che diavolo volete?»
«Un visto di attracco.»
«Venite più tardi. Per il momento, l’ufficio è chiuso.»
Faceva così caldo che non mi sentivo la voglia di discutere. Uscii sullo spiazzo e lentamente ispezionai tutti i battelli attraccati a Summer Beach. Quando passai davanti alla mia vicina, notai che stava succhiando il contenuto di un enorme bicchiere e mi voltava le spalle. Dovetti riconoscere che Boccadoro
, o Greta che fosse, aveva spalle stupende. La schiena non aveva il solito segno del reggipetto, e solo un paio di gabbiani che volavano sul mare erano in grado di gustare lo spettacolo dei suoi seni.
Scesi fino all’altezza dell’ultimo battello, in fondo al molo. Nessuna traccia visibile del mio Floralis. Lo avrei riconosciuto comunque, il mio caro battello, anche se vi avessero apportato molte modifiche alle strutture.
Risalii lentamente verso il Santana. Al rumore dei miei passi sulla passerella di legno, gli occhi grigi si sollevarono di nuovo verso di me; si sollevarono più della prima volta, mettendo in mostra un faccino delicato e una bocca armoniosa.
«Gradite un drink gelato?» fu l’offerta che mi venne rivolta.
Ero stanco di solitudine, dopo nove ore di navigazione lenta lungo la costa; inoltre faceva caldo e una bibita gelata non mi avrebbe guastato la digestione. Infine, occorre dirlo, Greta aveva tutto il necessario per fare da scacciapensieri a un uomo come me che da cinque giorni navigava in lungo e in largo per mettere le mani su quel dannato che si era impadronito del Floralis.
«Andate sempre per le spicce, voi?» le chiesi.
La testa si sollevò, oltre il riparo del telone steso lungo il parapetto.
«Non sempre.»
«Questo m’incoraggia un po’» dissi. «Non mi piace far parte della collettività.»
«Siete un individualista, allora.»
«Esattamente. Specie quando si tratta di belle donne.»
La sua risata mi accolse squillante, mentre mettevo piede sul ponte di coperta del Boccadoro. Greta si gettò, senza eccessiva fretta, un piccolo asciugamani sul petto e mi porse la destra.
«Sedetevi qui» m’invitò, indicandomi uno sgabello pieghevole situato alla sua destra. «Se volete prendere il sole, non fate complimenti.»
«Più tardi. Questo drink?»
Aveva tutto l’occorrente a portata di mano: liquori di gran marca, ghiaccio conservato in un frigo portatile, acqua tonica e tartine, oltre a una varietà incredibile di salatini.
Feci man bassa sui salatini, annaffiandoli di una mistura gradevolmente acidula e gelata.
«Siete qui in incognito?» mi chiese Greta a un tratto, dopo avermi fissato con estrema attenzione. «O debbo attirare a cenni la vostra attenzione, quando ne avvertirò il bisogno?»
«Per non sapere il mio nome, l’avete attirata abbastanza, la mia attenzione» dissi.
Rise nel suo modo gradevolmente squillante, poi riprese, improvvisamente seria: «Mi piacete…»
La stavo ammirando centimetro per centimetro, dalla testa ai piedi, attraverso i miei occhiali da sole. Era piena di desiderio insoddisfatto. Mi chiesi quanti uomini sarebbero riusciti a soddisfarla. La sua età era indefinibile: dai vent’anni ai trent’anni certamente; bella di sicuro, tuttavia, salda in ogni parte del corpo, che faceva pensare a una adolescente.
«Mi chiamo Lorran» dissi, «Cooper Lorran. Ho trentasei anni, peso settantonove chili, divorziato, sfaccendato, sensibile alle belle femmine…»
«Siete capitato per caso a Summer Beach?»
«Diciamo per caso» risposi, e il mio pensiero corse al ladro del mio battello. «E’ sempre il caso a fare il destino, non vi pare?»
«Giustissimo.»
Infilò la cannuccia tra le belle labbra e succhiò il residuo del suo cocktail. Un ragazzetto in bicicletta sfrecciò lungo il molo, dopo essere uscito da una viuzza laterale, e scomparve in una seconda viuzza.
«Ottimo il vostro drink» dissi posando il bicchiere sul ponte. «Spero di potere ricambiare presto la vostra ospitalità…»
«Quando vorrete» fece lei fissandomi con intenzione. «Vi fermerete a lungo qui?»
«Dipende.»
«Da che cosa?»
«Da molte cose» dissi evasivamente. «Da quando siete a Summer Beach?»
«Da sei giorni. Sto godendomi la prima libertà della mia vita. Mi sono divorziata il mese scorso.»
«Ah! Questo bel battello sarebbe un regalo d’addio del marito ripudiato?»
«Me lo sono concesso io» replicò Greta con una certa ostentazione. «Era tanto che volevo averne uno a mia disposizione. Joe soffriva il mare.»
«Capisco.»
«Oh, non potete capire!» esclamò lei, abbracciandosi le ginocchia e poggiandovi sopra il mento. Con lo sguardo sperduto sul mare, soggiunse: «Mi sono sposata a ventun anni ed ero piena di sogni e di speranze. Quattro anni di vita con Joe mi hanno distrutta… Ma ora sono libera, Cooper… Posso chiamarvi per nome?»
«Certo che lo potete.»
Greta mi sfiorò un braccio con le punte di due dita.
«Il sole scotta, ora» disse all’improvviso, scattando in piedi. «Venite, Cooper. Dabbasso staremo più a nostro agio.»
La seguii lentamente sottocoperta. Lo yacht aveva otto o nove cabine, era attrezzato per l’alto mare e Greta non aveva badato a spese. Mi domandavo come fosse composto l’equipaggio.
Sulla soglia della saletta, a poppa, Greta si fermò e si voltò ad attendermi. La sua bocca mi diede il benvenuto a Summer Beach, fresca e ardente insieme, nel desiderio inquietante che la dominava. L’asciugamano scivolò ai nostri piedi, quando le sue braccia mi strinsero il collo. E lei fu quasi nuda contro il mio corpo, inattesa e insperata, dolce come un fiore colto al passaggio.
«Vieni, Coopie» bisbigliò poi, staccandosi da me. «Nessuno ci disturberà fino a stasera.»
«E il tuo equipaggio?»
«Il capitano Hatteras e i suoi aiutanti sono andati a fare bisboccia. Torneranno tardi.»
M’introdusse in una spaziosa cabina, arredata come la cameretta di una fanciulla. Lì dentro tutto era bianco e tutto ispirava serenità, fiducia, conforto morale.
Greta si lasciò cadere sul letto e mi tese le braccia.
CAPITOLO II.
Il grassone in canottiera stava sbraitando al telefono, ora che aveva fatto riposare ogni chilo del suo lardo sulla scomoda poltrona.