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In controluce.: Scatti di epilessia
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E-book66 pagine49 minuti

In controluce.: Scatti di epilessia

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Info su questo ebook

Un libro di Davide Oldani. Con la prefazione di Ranieri Salvadorini.
Pubblicazione promossa da Associazione Epilessia Emilia Romagna.
Come cambia l’esistenza di una persona adulta che scopre di soffrire di epilessia? Ce lo racconta Davide Oldani lungo queste pagine. Un viaggio le cui stazioni scorrono dallo sbigottimento iniziale alla sofferenza, passando per la maturazione di un tenace sentimento di resistenza alla malattia e allo stigma.
Una volontà di strenua lotta alimentata anche dal supporto dei familiari, dei medici e dell’Associazione Epilessia Emilia Romagna grazie al cui contributo questo libro è possibile.
LinguaItaliano
Data di uscita22 gen 2019
ISBN9788832760613
In controluce.: Scatti di epilessia

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    Anteprima del libro

    In controluce. - Davide Oldani

    insieme».

    Prefazione

    di Ranieri Salvadorini

    ¹

    La malattia irrompe nella vita di Davide Oldani dividendola in un prima e in un dopo, per riprendere parole sue - quelle di chi ha vissuto un trauma - non rileva se un «singolo grande evento» (tipo sopravvivere a un terremoto) o una successione di eventi minori ripetuti, come spiega Bessel Van Der Kolk, uno dei maggiori esperti statunitensi in traumatologia. 

    La vita professionale di Davide è la prima a essere sconvolta. E man mano che le crisi si intensificano, nonostante qualche tregua, troncata: deve lasciare il lavoro. Il venir meno della dimensione professionale è tutto spazio che la patologia mangia, non solo sul piano delle ferite che seguono alle crisi, ma anche su quello emotivo. «Fare cose» è una forma di contrasto con una propria «ricaduta clinica». Viceversa, la costrizione all’inattività comporta ulteriore sofferenza. 

    Ulteriore conseguenza: la paura. Davide la definisce «perenne» e «impalpabile», uno stato di angoscia continuo. È impossibile, ovviamente, oggettivizzare uno stato soggettivo, unico e insondabile per definizione, ma forse si può provare ad accennare una dinamica emotiva più generale in chi soffra di questa patologia, quella richiamata dall’etimologia del termine stesso epilessia - «preso all’improvviso». 

    Paura, dunque. Tutti abbiamo paura, vien spontaneo da dire. Vero. Più precisamente: tutti abbiamo paura di qualcosa. L’oggetto delle nostre paure in genere è esterno, visualizzabile. In vista di un intervento, ad esempio, chi non sarebbe in tensione? In un caso del genere, la paura ha un suo oggetto ben preciso: l’operazione. Con l‘avvicinarsi dell’evento farà il suo decorso, per poi diradare. Verranno altre paure, con altri oggetti, e così via. Cosa cambia, dunque? Se una crisi epilettica arriva all’improvviso, in qualsiasi momento - per le scale? Per la strada? Al ristorante? Durante un bagno in mare? In montagna? - ogni situazione è di potenziale pericolo. La mente comincia a reagire in termini di «scenari di rischio», difficile che sia diversamente, sul piano emotivo, profondo. Così la paura può diventare, nel tempo, una dimensione endogena, cioè interna. Non ha più (solo) un oggetto esterno, ma «ci vivi dentro».

    La crisi «ti sbatte a terra» quando meno te l’aspetti: come il giorno in cui attacca Davide mentre sta mettendo l’acqua bollente per fare la pasta, e si ustiona, e in modo grave. Forse è per questo che chi soffre di epilessia sviluppa, nella stragrande maggioranza dei casi, come documentato in letteratura, crisi d’ansia. Un’ansia che può rinnovarsi a ogni crisi. Mentre «da fuori», gli altri vedono gli effetti delle crisi: le ferite, le ustioni appunto, ma di fronte a quell’angoscia impalpabile è inevitabile che Davide si senta e sia solo. 

    A far fronte a questo ospite indesiderato e violento - la sua è una forma grave della malattia - ci sono molte persone accanto a lui che sanno fare squadra. In questo senso, ci consegna un panorama di affetti intelligenti, premurosi e capaci - e questo è un dono. Ci sono molte storie di affetti che, colmi d’amore, si prodigano in ogni modo, ma purtroppo questo a volte non è sufficiente: mancano loro strumenti e risorse - è una realtà tragica dell’epilessia meno nota. 

    L’incontro con la malattia nel libro viene metaforizzato come lotta a tratti furiosa, con un linguaggio duro - del resto le crisi che lo mandano in ospedale, anche per settimane, sono violente. Mille volte abbattuto, mille volte rialzato: è un combattente. Ma la metafora dello scontro guida il lettore verso il cuore del libro: il processo di conoscenza di sé e dell’altro che fa Davide attraverso la malattia. Qualcuno potrebbe osservare che sia costretto a farlo. Temo che si sbaglierebbe. Di fronte al bisogno di un nuovo orizzonte di senso, mettere in moto un’operazione di ridefinizione di sé che integri una patologia di forma così pervasiva richiede uno sforzo attivo, capacità, scavo continuo, risorse. Richiede un cambio di prospettiva. È un’operazione «epistemologica» attraverso la quale Davide affina il proprio sguardo. E una cosa che vede con grande chiarezza, senza esitare, è la violenza dello stigma. Più precisamente: di una forma mentis

    Meglio spiegarsi. Si irrita Davide, anzi: si oppone in modo feroce, alla definizione stigmatizzante dell’essere epilettico. «Sono una persona che soffre di una patologia

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