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Fra le tue calde braccia: Harmony Collezione
Fra le tue calde braccia: Harmony Collezione
Fra le tue calde braccia: Harmony Collezione
E-book155 pagine2 ore

Fra le tue calde braccia: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Alexander Knight è stato incaricato di proteggere un testimone chiave in un importante processo. E intende portare a termine l'incarico a ogni costo.
Cara Prescott è la bella e giovane donna affidata alle cure dell'aitante Alex.
L'unica speranza di riuscire nel difficile compito è, per Alex, portare Cara al sicuro su un'esotica isola privata, tenendola stretta a sé durante i caldi e umidi giorni... e soprattutto nelle lunghe, intense e appassionanti notti.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2020
ISBN9788830518384
Fra le tue calde braccia: Harmony Collezione
Autore

Sandra Marton

Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Fra le tue calde braccia - Sandra Marton

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Naked in His Arms

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2006 Sandra Myles

    Traduzione di Anna Vassalli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-838-4

    Prologo

    Aveva un fisico eccezionale, un metro e novanta di maschio arrabbiato.

    I capelli erano neri come la notte, gli occhi verdi come le profondità del mare, gli zigomi pronunciati della madre di sangue comanche, la mascella squadrata del padre texano.

    Quella notte la ferocia del popolo di sua madre gli scorreva nelle vene.

    Era in una stanza in cui l’oscurità era rotta dal riverbero latteo della luna. Le ombre, in agguato negli angoli, conferivano un sinistro senso di gelo all’aria. All’esterno, il sibilo del vento tra gli alberi aumentava la sensazione d’inquietudine.

    I continui movimenti della donna addormentata nell’immenso letto ne erano una manifestazione.

    La donna che aveva creduto di amare era sola. La donna che conosceva, intimamente...

    La delicatezza del suo profumo, una tenue folata di gigli, la seta dei capelli castani contro la sua pelle, il sapore dei capezzoli, caldi e dolci sulla sua lingua.

    La mascella s’irrigidì. Oh, sì, la conosceva bene. Almeno, così aveva pensato.

    Trascorsero attimi interminabili. La donna mormorò qualcosa nel sonno e agitò il capo. Forse stava sognando di lui. Di come l’aveva preso in giro.

    Un motivo in più per essere lì quella notte.

    Azione conclusiva. Questa la soluzione degli strapagati strizzacervelli del ventunesimo secolo che non hanno una dannata idea di cosa realmente significhi.

    Alex si era adeguato. E avrebbe messo in atto un’azione conclusiva portandosi a letto per l’ultima volta quella donna.

    Possederla, sapendo che tipo era, sapendo che l’aveva usato, che tutto ciò che avevano condiviso era solo una menzogna.

    L’avrebbe strappata ai suoi sogni, l’avrebbe spogliata, le avrebbe imprigionato le mani sopra il capo, accertandosi che lo guardasse negli occhi mentre la faceva sua, in modo che capisse che per lui non significava niente, che fare sesso con lei era solo uno sfogo fisico e nient’altro.

    C’erano state dozzine di donne prima di lei, e ce ne sarebbero state altrettante dopo. Niente di lei, o di ciò che avevano fatto l’uno nelle braccia dell’altro, era memorabile.

    Questo la sapeva bene.

    Adesso doveva fare in modo che lo sapesse anche lei.

    Alex si chinò sul letto e tirò indietro la coperta.

    Lei indossava una camicia da notte, di seta probabilmente. Le piaceva la seta, e anche a lui. Lo attirava la sensazione al tatto, il modo in cui scivolava sulla sua pelle tutte le volte che avevano fatto l’amore. Col corpo, le mani, la bocca...

    Rimase a guardarla. Era bellissima, non lo si poteva negare. Aveva un corpo stupendo.

    Poteva scorgere la forma dei suoi seni sotto la camicia. Arrotondati come mele, con capezzoli rosa pallido, così sensibili che era sufficiente passare la punta della lingua sulla pelle delicata per avere in risposta un gutturale gemito di piacere.

    Lo sguardo scese all’apice delle gambe, un’ombra visibile attraverso la seta. Ricordava la delicatezza dei riccioli scuri, del colore dell’oro brunito, in quel punto. Le piccole grida che lei emetteva quando lui la accarezzava, tormentandola con la punta delle dita e posando poi la bocca... Lei si inarcava contro di lui singhiozzando il suo nome.

    Menzogne. Non c’era da sorprendersi. Era una donna che amava i romanzi e il mondo fantastico che descrivevano.

    Ma lui era un combattente, e la sua esistenza era ancorata alla realtà. Come aveva fatto a dimenticarlo?

    E com’era possibile che si scoprisse eccitato solo guardandola? Il fatto di volerla ancora lo faceva imbestialire.

    Cercò di convincersi che era normale, che era una semplice questione fisica. La parte A era attratta dalla parte B, e la prima aveva una volontà propria.

    Forse. E forse per questo doveva farlo. Un ultimo incontro, soprattutto in quel letto. Un’ultima volta per assaporarla, per perdersi nel suo corpo di seta. E questo gli avrebbe calmato la rabbia.

    Adesso, decise, e le sfiorò con le dita i capezzoli.

    «Cara.» La voce era roca.

    Lei si agitò nel sonno senza svegliarsi. Lui la chiamò di nuovo, la toccò, e lei spalancò gli occhi.

    Rimase a fissarla finché non le si riempirono di terrore. Un attimo prima che si mettesse a urlare si tolse la maschera nera mostrandole il viso.

    L’espressione mutò, passando dal terrore a qualcosa che non riuscì a identificare.

    «Alex?» bisbigliò la donna.

    «Proprio io, bambola.»

    «Ma come... come hai fatto a entrare?»

    Il suo sorriso fu lento e agghiacciante. «Pensavi davvero che un allarme potesse tenermi lontano?»

    All’improvviso lei si rese conto di essere quasi nuda e arrossì. Afferrò la coperta, ma lui scosse il capo.

    «Non ne hai bisogno.»

    «Alexander, capisco che tu sia arrabbiato...»

    «Ah, lo capisci, eh?» Incurvò le labbra in un sorriso che aveva terrorizzato quelli con cui aveva avuto a che fare in quella che considerava un’altra vita. «Togli quella camicia.»

    «No! Alex, ti prego, non puoi...»

    Lui si chinò e posò la bocca sulla sua, baciandola selvaggiamente anche se lei si divincolava. Poi afferrò la camicia e gliela strappò.

    «Ti sbagli» le disse, «questa notte posso fare qualsiasi cosa, Cara. E, ti assicuro, la farò.»

    1

    Nessuno aveva mai domandato ad Alexander Knight se l’ansia potesse serrare lo stomaco in una morsa, ma se qualcuno l’avesse fatto, lui sarebbe sbottato in una risata affermando che questa reazione fisica era del tutto impossibile, almeno quanto l’eventualità di veder volare un asino.

    Ansia era un termine che non apparteneva al suo vocabolario.

    Conosceva la sensazione di avere i nervi tesi allo spasimo, del sangue che pulsava frenetico. La tensione dell’attesa, dopotutto, aveva fatto parte della sua vita per lungo tempo. Non è possibile appartenere per anni delle Forze Speciali e agire sotto copertura, senza sperimentare momenti di stress, ma non era la stessa cosa.

    Perché si dovrebbe essere in ansia quando si è addestrati ad affrontare il rischio?

    Alex parcheggiò la BMW accanto all’edificio che non vedeva da tre anni, al quale non aveva dedicato un solo pensiero...

    Diavolo, era una menzogna. C’erano stati fin troppi sogni – o forse incubi – dai quali si era svegliato, il cuore in gola, le lenzuola bagnate di sudore e aggrovigliate ai piedi del letto.

    La prima cosa su cui lui e i fratelli si erano trovati d’accordo, ancora prima di fondare la Risk Management Specialist, era che per nessun dannato motivo avrebbero superato di nuovo quelle porte di cristallo.

    «Io no di sicuro» aveva affermato Matt cupo.

    «Neanch’io» aveva ribadito Cam.

    E Alex aveva concluso: «Dannatamente giusto». Sarebbe dovuto splendere un sole accecante in gennaio perché si avvicinasse a quel luogo singolare.

    La mascella gli s’irrigidì.

    Parole. Era novembre, era freddo, il tempo uggioso, eppure stava per superare quelle dannate porte e percorrere l’atrio per avvicinarsi alla guardia di sicurezza.

    Diavolo, tutto era così familiare, come se non l’avesse mai lasciato. Si ritrovò persino a frugare in tasca alla ricerca del tesserino di riconoscimento ma, naturalmente, non c’era nessun pass; c’era soltanto la lettera che l’aveva condotto lì.

    Fornì il nome alla guardia, la quale controllò sul computer.

    «Vada pure, signor Knight.»

    Alex si avvicinò al cancello.

    Primo controllo, pensò mentre la porta elettronica effettuava un controllo preliminare. Era l’ultima possibilità di girare sui tacchi e ritornare all’uscita.

    Una seconda guardia gli porse un tesserino d’identificazione.

    «L’ascensore è lì in fondo, signore.»

    Sapeva benissimo dove si trovava quel dannato ascensore. Sapeva anche che le porte avrebbero impiegato due secondi a chiudersi, e sette per compiere la salita al sedicesimo piano. Sapeva anche che sarebbe uscito in un corridoio all’apparenza normale, ma il cui soffitto era costellato di telecamere e Dio solo sapeva cos’altro. Tutte per controllarlo da capo a piedi. E che quella porta Solo Personale Autorizzato si sarebbe aperta quando avesse posato il pollice sull’apposita piastrina, guardando fisso davanti a sé, in modo che uno scanner potesse controllare la sua retina e accertare che era veramente Alexander Knight, agente.

    Ex agente, si corresse Alex mentre la porta si apriva, esattamente come aveva fatto anni prima.

    Non era cambiato nulla, neppure la donna che indossava un severo abito grigio, seduta dietro la scrivania di fronte alla porta. Si alzò come aveva fatto centinaia di volte in passato.

    «Il direttore la aspetta, signor Knight.»

    Niente Salve. Niente Come va? Solo la consueta fredda accoglienza che gli aveva riservato nel corso degli anni di servizio.

    Alex la seguì lungo il corridoio fino a un ufficio in cui le finestre con cristalli a prova di proiettile si affacciavano su Washington.

    L’uomo alla scrivania alzò lo sguardo, sorrise e si alzò a sua volta. Il vecchio direttore per cui Alex aveva lavorato se n’era andato, sostituito dal vice Shaw, che Alex non aveva mai potuto sopportare.

    «Alex» esordì Shaw, «mi fa piacere rivederti.»

    «Anche a me» replicò Alex. Era una menzogna, ma le menzogne erano la linfa vitale dell’Agenzia.

    «Siediti. Hai fatto colazione? Vuoi del tè o del caffè?»

    «Niente, grazie.»

    Il direttore si sedette sulla sedia girevole e incrociò le braccia sul petto. «Allora, Alex, ho sentito che le cose ti vanno bene.»

    Alex annuì.

    «La vostra agenzia... Risk Management Specialist... si chiama così? Ho sentito cose strabilianti sul tuo lavoro e quello dei tuoi fratelli.» L’uomo uscì in una risatina complice. «È un complimento per noi, credo. Fa piacere sapere che le tecniche che avete appreso qui non sono andate sprecate.»

    Il sorriso di Alex era teso. «Niente di quanto abbiamo appreso qui è andato sprecato. Ricorderemo sempre tutto.»

    «Davvero?» esclamò il direttore, il sorriso che evaporava. Si sporse in avanti, posò le mani sulla scrivania, gli occhi azzurri fiammeggianti. «Me lo auguro, e mi auguro anche che tu ricordi il giuramento che hai fatto quando sei entrato a

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