I Cento Giorni
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Anteprima del libro
I Cento Giorni - Marco Galeotti
conclusive
Prefazione
Cosa pensiamo quando sentiamo nominare 'Waterloo'? Per molti essa è, e sempre rimarrà, niente più che: L'ultima battaglia di Napoleone
. Ci si limita, solitamente, a indicarla come la sua sconfitta definitiva e molto, molto raramente essa viene dipinta e descritta più a fondo. Credo fermamente che sia tanto interessante quanto necessario scendere nel dettaglio e collocare quello che è un evento storico in una sorta di linea spazio-temporale, renderlo nostro, comprendendo le dinamiche e le motivazioni che hanno portato a tale impresa. Allo stesso modo, ritengo sia altrettanto stimolante comprendere le idee e i punti di vista, la psicologia e i ragionamenti di quelli che sono stati i protagonisti che hanno gestito, creato e interferito con gli eventi la cui fama è giunta fino a noi, perché ne sono parte integrante e non esterna. Il testo che segue analizza questi aspetti sotto chiave narrativa. Ho inserito frequentemente anche delle note, che hanno il compito sia di spiegare il contesto storico dei fatti narrati, sia di approfondire alcuni aspetti e curiosità, come le decisioni tattiche messe in atto sul campo, poiché talvolta intrecciate tra loro e per questo ardue da comprendere. Un altro punto che ho ritenuto fondamentale è stato quello di spaziare il racconto su diversi livelli: la stessa realtà rappresentata dal punto di vista di più fazioni e, ancora più a fondo, attorno a ranghi diversi; Waterloo visto dagli occhi di un ufficiale che agisce dalla distanza non è lo stesso Waterloo vissuto da un soldato che combatte in prima linea. Nessun evento è messo a caso, pertanto consiglio vivamente di leggere con molta calma, prestando attenzione anche a fattori che talvolta tendiamo a considerare irrilevanti. La narrazione principale infatti coprirà prevalentemente un periodo di tempo piuttosto corto (circa quattro giorni), per tale motivo essere attenti agli orari indicati può aiutare a comprendere la linea temporale della vicenda che non sempre sarà sequenziale, ma talvolta contemporanea ad un altro avvenimento che verrà necessariamente descritto in seguito.
In alcuni casi, ho utilizzato le parole testuali pronunciate (e passate alla storia) dai protagonisti della vicenda. Sono differenziate dalle altre poiché scritte in carattere corsivo ed evidenziate in grassetto. Certo, si tratta pur sempre di un testo che, se pur prettamente fondato sulla vera successione storica degli eventi alla quale si attiene il più fedelmente possibile, è trattato in chiave narrativa pertanto ho ritenuto necessario, alle volte, inserire personaggi fittizi che assumessero il ruolo da analizzare al momento. Tuttavia, ho fatto in modo che avessero ciascuno un attributo comune, per facilitare la loro rintracciabilità. Tenete a mente quindi, che coloro il cui nome inizierà per la lettera 'J' sarà un personaggio frutto della mia immaginazione, anche se inserito in fatti realmente accaduti. Tutti gli altri, invece, sono persone realmente esistite, nominate e descritte nelle relative fonti storiche.
Premesse queste considerazioni introduttive, lascio via libera alla propria interpretazione degli eventi, augurandomi che riescano a farvi apprezzare la storia per quel che è realmente: un infinito turbine di sentimenti e di idee, non una fredda e calcolata sequenza di date.
1
Isola d'Elba, metà febbraio 1815
Chaboulon alzò lo sguardo: la grande casa si ergeva fiera sopra Portoferraio, come a controllare quanto stava sotto di lei. Era quasi arrivato. Fece sprofondare il viso, colpito ininterrottamente dal vento gelido, nella giubba inglese che aveva preso in prestito
prima di salpare dalle coste francesi, poi riprese a camminare, affrettandosi verso il suo obiettivo. Era ben consapevole di quel che stava per accadere. Dal fallimento o dal successo della sua missione dipendeva, secondo il suo e moltissimi altri punti di vista, il destino della Francia e dell'Europa intera. Chaboulon fece un respiro per allentare la tensione, poi si decise a bussare alla grossa porta di legno. Dei passi, stanchi e lenti, provennero dall'interno. Un grosso scatto e la porta si aprì. Letizia guardò quel misterioso viandante, poi si affacciò e controllò che nessuno fosse giunto assieme a lui.
Entra, ti stavamo aspettando.
Chaboulon eseguì l'ordine dell'ormai anziana signora e mosse all'interno della dimora. La porta si chiuse con lo stesso terrificante rumore con il quale si era aperta.
Letizia prese a camminare e fece cenno all'uomo di seguirla, il quale annuì, non privo di ansia per il carico che si portava sulle spalle. Percorsero due lunghi corridoi finché non arrivarono ad una porta socchiusa, da dove partiva un raggio di luce che si stagliava sul pavimento scuro dove i due avevano appena camminato. La donna, anziana ma ancora carica di energie e speranze, scostò l'uscio e varcò la soglia, seguita dal nuovo arrivato. Chaboulon si trovò immerso nel tepore della stanza, la cui atmosfera era molto accogliente e tranquilla.
Un uomo, sui quarantacinque anni, era voltato di spalle e impegnato a guardare fuori dalla sua amata finestra. Sulla scrivania che stava al centro della sala c'erano moltissimi libri, una scacchiera, e dei fogli con su scritto qualcosa. Da una parte, quasi come se fosse gelosamente custodita dal proprietario, si poteva notare una bottiglia di rum francese di ottima qualità, ormai ammezzata, con un bicchiere accanto rigorosamente vuoto.
Figlio mio – azzardò Letizia – l'ospite è arrivato.
L'uomo continuò a scrutare la cittadina dalla finestra. Tutte quelle luci lo mettevano a suo agio, e il mare in lontananza lasciava che la sua mente esprimesse il meglio di sé nella dolcezza della solitudine. Chaboulon deglutì, visibilmente imbarazzato dall'inusuale comportamento di quello che sarebbe dovuto essere il suo interlocutore. Letizia lo notò con la coda dell'occhio, ma preferì rimanere in silenzio. Finalmente l'uomo si mosse: scosse lentamente la testa e fissò il pavimento per alcuni