Le tre di notte
Di Antropoetico
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Anteprima del libro
Le tre di notte - Antropoetico
Salgari
Le indagini del tenente Salgari
-Maledetto chi che hai inventato i cellulari e la loro vibrazione.
Il tenente Salgari ha l’udito fine, rodato da anni di quasi totale insonnia e da una vita svolta senza alcun orario. Vent’anni di onorato servizio in polizia, vent’anni con, nella testa, tutta la spazzatura del mondo, vent’anni che lo hanno portato alla squadra omicidi. Giorni, mesi, anni passati nei bassifondi a confrontarsi con la peggior feccia del pianeta. Sa che non dormirà più stanotte. Chiamano dalla Centrale. - Ci vado subito. Ci vuole una sigaretta, intanto il caffè sale profumando l’aria. Le idee sono ancora torbide. La mente vaga alla rinfusa. Meglio segnare l’indirizzo prima di scordarlo. Chissà perché i delitti avvengono nei luoghi più insoliti. Segnarlo sul cartone della pizza della sera prima sembrò a Tre
la strada più semplice, la via senza intoppi quella per cui non serve cercare un foglio di carta. Solo che la penna non scrive. - Al diavolo! Via Mantegna, angolo Via Saporiti. Via Mantegna all’incrocio con via Saporiti. Devo memorizzarlo. Poi l’idea giusta. Mandarsi un sms sul telefonino. Il cervello comincia a lubrificarsi grazie alle fumigazioni di Marlboro e all’irrorazione di caffeina. I calzini forse sono spaiati ma chi se ne frega. Di notte provate a distinguere il blu dal nero. L’abito grigio, ancora gravido del sudore della sera prima a tal punto da diffondere un’aurea di vissuto
, capace di rappresentare tutto il suo senso di disfatta perfettamente intonato con il grigio della mente. - Il mio è un lavoro di merda. Non avrei potuto fare il bancario? O magari il geometra. Con questo nome che mi hanno affibbiato i miei genitori sarebbe stato perfetto. Giovanni. Come l’apostolo. Ecco, sì, forse anche il prete avrei potuto fare. E invece… Non sembra ma ciò che fai nella vita ti scava dentro. Lascia segni, rifiuti, sporcizia e incrostazioni e vedere sangue, ferite, situazioni disperate, ti pennella addosso una sorta di cinismo verso il buonismo morale, l’ipocrisia latente della gente. Alla fine Giovanni aveva indossato la maschera come tutti gli altri, si era plasmato sul ruolo assegnatogli dalla società. - Tenente di polizia. Io. Capo della squadra con più segnalazioni. Quella degli uomini corrotti, delle mazzette. Ma chi se ne frega? Lo specchio in bagno a ricordargli di non aver più un capello in testa. Liscio come una palla da biliardo e due baffi folti a compensare. I segni del tempo sotto gli occhi. Da buon idealista non si aspettava riconoscenza per il suo lavoro, non voleva encomi e nemmeno essere un eroe. In realtà amava il gioco e soprattutto vincere e lo stesso criterio lo applicava nel lavoro. Ogni delitto nascondeva una sfida, il confrontarsi con altre menti per lo più malate, un gioco perverso per svelare le carte dell’avversario rischiando tutto e tutti. In un certo senso durante le indagini il Tenente Salgari finiva per consegnarsi nelle mani del suo ignoto interlocutore fino a capirne l’anima, lo spirito e la logica dell’azione. Causa effetto sempre correlati. Le tre di notte ricorrevano spesso nelle sue indagini tra un risveglio e l’altro come se in quell’esatto istante accadesse una magia, si formasse un miracolo e il cervello avesse una marcia in più. I casi difficili li aveva sempre risolti nel profondo buio della notte a tal punto che gli uomini della sua squadra lo avevano soprannominato Tre
. Mezz’ora dopo. La solita scena. Lampeggianti, qualche poliziotto a delimitare la zona. La scientifica già intenta ad analizzare la scena del crimine. - Chi uccide dentro una cabina telefonica? Giovanni intuì subito la cosa dagli spruzzi di sangue sui vetri sporchi di quello che rimaneva di una obsoleta postazione della Telecom. Il vecchio sergente era già lì. Probabilmente anche lui dormiva poco, forse addirittura meno del suo capo. Sta di fatto che era sempre il primo ad arrivare. - Eccomi Calogero. Mannaggia. Ma perché sempre di notte avvengono i delitti? - Salve Tre
. Di certo non solo di notte. Stanotte tocca a noi, che ci vuole fare? A questo gli hanno tappato la bocca. Calogero Misanti, prossimo alla pensione, tutore dell’ordine di vecchio corso e senza nessuna intenzione di ritirarsi a fare il pensionato. Giovanni spalancò gli occhi e poi gli venne spontaneo un risolino sarcastico. Aveva capito la battuta, a denti stretti, del suo socio investigativo, affacciandosi all’interno della cabina. L’uomo era stato colpito più volte con la cornetta del telefono, fino a fargli cadere i denti ed era stato lasciato steso a terra con l’apparecchio infilato in bocca. Proprio in quell’istante un poliziotto della scientifica stava raccogliendo resti del sangue. - Mi scusi. Il sangue è solo dentro la cabina o anche all’esterno? Dico sui vetri. - Cosa cambia? - Lei è giovane. Glielo spiego allora. Può darsi che chi lo ha ridotto in questo modo abbia fatto tempo a prendersi qualche randellata. Sa, in una colluttazione si danno ma anche si prendono. Per cui è probabile che troviate due dna. Uno della vittima e l’altro del possibile killer. Tutto chiaro? Per cui voglio che analizziate accuratamente ogni centimetro nel perimetro di tre metri dalla cabina. Prima i vetri e poi nell’ambiente circostante. Piacere. Sono il Tenente Salgari. L’appuntato scattò sull’attenti eseguendo prontamente. - Pivelli. Mi fanno tenerezza, Calogero. - Lo siamo stati tutti, Giova
. - Non abbreviare il mio nome eddai. Sai che non mi piace. Il vice di Salgari gesticolò con le mani per aria e poi gliele scosse davanti, riempiendosi la bocca d’aria come un pesce. - Lo so. Ho un carattere peggio del tuo alito. Che ci posso fare? O Giovanni
o Tre
. Giova
è un qualcosa d’incompiuto, d’indefinito, d’impotente. Una delle peculiarità della sua personalità consisteva nell’ordine rigoroso dei concetti. Due più due doveva fare sempre quattro, almeno nei delitti. Benché non riuscisse ad applicarlo pienamente nella sua vita, visto il disordine che regnava incontrastato dentro casa, perfetto esempio di gestione da single, lo richiedeva ai suoi colleghi e lo utilizzava come schema di ragionamento. Un delitto non avviene mai per caso. Ha sempre un motivo, una causa scatenante per quanto possa apparire assurda. Per cui il modo migliore per definire il quadro clinico di un assassino, di un potenziale killer, il suo modus operandi è immedesimarsi nella sua specifica logica. Tre
prese a girare intorno alla cabina del telefono come un corvo sulla preda o meglio come il falco, aguzzando la vista per esaltare i particolari. L’uomo era vestito bene per cui non poteva essere uno sbandato, uno di quelli che si trascinano ai bordi della strada. Le mani definivano trattarsi di un lavoratore di cervello, non certo di un muratore. - Impiegato bancario o assicuratore. - Come dici, capo? - Di certo non lavorava in fabbrica. Guarda le dita. Poi osserva la pancia, tipica di chi sta seduto diverse ore davanti a un computer. Abbondanti maniglie dell’amore frutto di un lavoro tranquillo. Per cui diciamo che si tratta di un impiegato ma di basso livello. Calogero fissò il Tenente, rimanendo con lo sguardo fisso in attesa come al solito del verdetto dell’oracolo. - Vuoi sapere perché lo penso? - Ovvio. - Osserva i molari in ciò che resta della bocca. Cariati da entrambi i lati, per cui guadagnava abbastanza per mantenere una vita ordinaria ma faceva fatica ad affrontare imprevisti costosi come rifarsi i denti. E poi le scarpe, risuolate. Mentalità al risparmio. - Tre
, per me sei sempre il numero uno! - No, se sono Tre, non posso essere uno. La matematica non è un’opinione. Tra i due sempre la stessa battuta da anni pronunciata con la goliardia tipica dei giovani. - Quindi che cosa pensi di quanto successo? Di certo la violenza con cui è stato ucciso indica rabbia, un livore folle. Una cattiveria senza controllo. - Uhm. Quindi un forte odio accumulato o la reazione, violenta e spropositata, a qualcosa di inaspettato. Vedremo. Il tenente Salgari si fece un giro con gli occhi individuando il distributore di benzina poco distante. Appena al di là della strada. Tutto normale, almeno in apparenza. Senza dire nulla al sergente raggiunse le colonnine per la distribuzione del carburante. In una chiazza d’olio c’era l’impronta di una scarpa. - Calogero, la scientifica ha finito con il rilievo? Portami la scarpa della vittima, quella sinistra e fai venire il fotografo. Presto. - Pensi che sia fermato a fare benzina e che, poi, sia successo il casino? - Probabile. Domani mattina vieni, anzi, no, resta qui. Tanto fra un paio d’ore il gestore riaprirà l’impianto e fatti dare il video delle telecamere. Questa potrebbe essere l’impronta della suola della sua scarpa o se siamo fortunati quella dell’assassino. Una volta fatti gli scatti da diverse angolazioni, Il tenente Salgari sovrappose il mocassino a ciò che rimaneva della traccia. - Non è la sua. Sergente, vedi se è possibile risalire al modello della scarpa e alla taglia del piede. Ah, il prima possibile. - Come sempre. E quando mai si fanno le cose con calma? - Tre cose: 1- video del distributore 2- modello della scarpa 3- misura. Grazie. Vado a parlare con il medico legale nell’ambulanza. Adios. - Adios, me gusta travacar Hombre. - Il tuo spagnolo fa pena Calogero. - Vuoi che te lo dica in napoletano? Uè. - Vattinne. Te possino. - Dito medio alzato, senza girarsi. Il rapporto tra lui e il medico legale era tanto stretto quanto piccante benché non fosse mai sfociato in una storia d’amore o di passione. D’altronde la Margutta era una bella ragazza nel fiore dei suoi anni migliori, capace, esperta e con la passione per il macabro. - Ciao Marta. Posso chiederti una cortesia? Ma così , da amico. Un favore se puoi farmelo. - Giovanni sai che per te io potrei perfino commettere un omicidio. Chiedi e ti sarà dato mio caro. - La scollatura. Subito Marta lo interruppe. - Troppo casta? - No. Al contrario. Mi distrae, sposta i miei occhi dalla mandibola fratturata della vittima verso le tue colline. È pericoloso distrarsi in questi momenti, potrebbero sfuggire dettagli fondamentali. - Ma un vero uomo, uno come te, rozzo e burbero, esperto non permetterebbe a due semplici tette di fargli ciò. - Allora dopo vieni a casa mia che ho un rubinetto da mettere a posto. Al medico legale venne da ridere, sorpresa da una simile risposta. - Parli del tuo rubinetto, il cosino vero. Se no che c’entra con l’indagine? - Appunto. Nulla. Come questo tuo essere sempre sexi, anche alle quattro del mattino. Parlami del tipo. Ora del decesso? - Uffa! Al posto di essere contento che hai una donna anziché un vecchio dottore come medico legale. Mai contento. Ti starebbe bene una con il velo. Coperta fino ai piedi. Più