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Solomon Sawyer - Neve rossa: Ciclo: Solomon Sawyer
Solomon Sawyer - Neve rossa: Ciclo: Solomon Sawyer
Solomon Sawyer - Neve rossa: Ciclo: Solomon Sawyer
E-book58 pagine39 minuti

Solomon Sawyer - Neve rossa: Ciclo: Solomon Sawyer

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Info su questo ebook

Fantasy - racconto lungo (34 pagine) - “Il mio Dio è un martello.
Il tuo è morto inchiodato.”


Il tallone di una tirannia di ferro calpesta libertà e religioni, segregando i sudditi in città da incubo.

Sul margine dell’apocalisse, i crociati di una fede in estinzione si oppongono all’oppressore con il ferro e il fuoco del dogma.

Ma non esiste redenzione, nella cenere.

Non c’è speranza, nel ghiaccio.

Solo la certezza che nessuna carne verrà risparmiata.


Luca Mazza è nato a Bologna nel 1980. Maturità classica, laurea in Scienze Motorie, come autore è stato selezionato in diverse antologie: Zappa&Spada, Acheron Books 2017, con il racconto Il monco il lurco la laidaThanatolia, Watson 2018, con il racconto L’Inferno non ha mappeL’orrore di Lovecraft, Esecranda 2018, con il racconto Eggregora. Ha curato l'antologia N di meNare, Lethal Books 2018; ha fondato il sito Ignoranza Eroica e ne cura la pagina su Facebook. Collabora con Heroic Fantasy Italia e Italian Sword&Sorcery con racconti e approfondimenti.

LinguaItaliano
Data di uscita28 mag 2019
ISBN9788825409154
Solomon Sawyer - Neve rossa: Ciclo: Solomon Sawyer

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    Anteprima del libro

    Solomon Sawyer - Neve rossa - Luca Mazza

    9788825408829

    I.

    – Buona notte drugo! – Le Cimici mi scaricano nella cella come un sacco di carbone. – E goditela, che è l’ultima.

    Clangori, risa grasse, tacchi che sprofondano nella struttura. Ora posso gemere. I boia di Regime sanno bene il mestiere: bronchi abrasi, unghie scalzate, genitali spremuti. Sono un unico nodo di dolore.

    Striscio.

    La cella è angusta. Niente assi o bugliolo, solo una finestra sbarrata. Sputo un fiocco di sangue. Il bagliore scheletrico della luna dà manforte al lume nel corridoio. Mi accascio al muro, polsi tibie gola in catene, e rifletto che una mano di calce non sarebbe un danno. Più mani.

    Guardo fuori, senza vederli, le ciminiere e i tetti gobbi di Celtenham. La lingua idrata le labbra rotte. Cerca, tra i molari, l’alloggio vuoto della capsula di cianuro.

    Chi ci ha venduti ha fatto si che ci prendessero vivi. Per farci sputare i nomi, le basi. Io non ho aperto bocca, se non per ingoiare l’acqua marcia dei boia.

    Ma altri lo hanno fatto, o adesso non sarei qui, ad ascoltare i rantoli del loculo attiguo. Un vecchio, tutto costole e parassiti, stagionato dal carcere. Puzza di dissenteria e croste. Cachessia terminale.

    Oltre le sbarre nuvole rosse pugnalano gli astri, che ammiccano indifferenti. Le nevi sulle colline sembrano soffiate di sangue.

    – Non sono più le stesse. – Il vecchio non stava dormendo. Mi fissa, tramite la gabbia. – Le stelle – precisa. – Ero un cosmista, nell’Armata. Dopo l’Eclissi il loro moto è diverso. Privo di senso, di relazione. Come tutto il resto.

    Sedermi mi estorce un carosello di smorfie.

    – Perché ti hanno internato? – domando, ma mica mi frega. Domani sarò morto. – Hai sbagliato un oroscopo?

    Niet. – Il teschio ridacchia e tossisce. – Ho fatto due guerre, e nove campagne. Reni e petto fottuti. Poi mi hanno sbattuto sottoterra a estrarre bauxite. C’erano delle Prolet. Gentili, con me. Lo facevano senza essere costrette, panjmajo? Le ho aiutate a nascondere i loro figli. Io non ne ho mai avuti. Tradimento. Ergastolo.

    Inspiro, espiro. – E le Prolet?

    – Assegnate alle Caserme. Saranno andate, adesso. Me lo auguro.

    Non chiedo che fine hanno fatto i bambini, tanto si sa.

    Parametri Minori: ghetto dei Robota. Parametri Maggiori: deportazione.

    Un tempo sabotavamo i Nautili che salpavano dall’isola. Stivati come agnelli, i bambini più gracili schiattavano. Selezione. Pianta forte per le truppe di Regime, o per i Laboratori.

    – Tu, invece? – Il vecchio insiste. Sarà una vita che non dà fiato alle corde. L’alito ammazza. – Sei uno di quelli che predicano o che sparano?

    Sotto il sangue rappreso ha scorto la mia croce sulla mimetica grigio-ruggine. È sveglio, l’ergastolo non gli ha cariato il cervello.

    – Cosa predichi a fare, se nessuno ti ascolta? – sospiro.

    – Vi ho combattuti, una volta. – Altra tosse, orrida. – Siete ossi duri. Ma non ho mai capito cosa vi spinge a morire. – Silenzio. Pesante come mola. – Lui vi ha abbandonato, non è chiaro? Ci sono prove dovunque: i raccolti uccisi, le piante bruciate. Le Cortine. – Il vecchio ansima catarro. – Gli Aborti. Li ho visti, sulle Sadlands. Nessuna Fede, nessun Dio permetterebbe a orrori simili di camminare sulla Terra. Il suo tempo è scaduto. E anche il vostro.

    – Dall’enfasi che ci metti si direbbe

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