Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La successione
La successione
La successione
E-book658 pagine9 ore

La successione

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Sfida per il potere al vertice di una grande banca è il tema centrale del romanzo, che si intreccia con una serie di vicende caratterizzanti il genere finanziario dell’opera. Riccardo Brusoni e Alex Vandelli sono i due direttori centrali che, da eterni rivali, scendono in lizza per la candidatura alla Presidenza della banca, nel momento in cui si diffonde la notizia che la carica si renderà presto vacante. Se pure ritenuti entrambi idonei a reggere le redini dell’istituto di credito, ostentano visioni contrapposte sulla politica da adottare per gestirlo in modo efficace e proficuo. Mentre il primo intende perseguire l’obbiettivo della massima redditività a ogni costo e a esclusivo beneficio degli azionisti, il secondo propende per la destinazione di una quota delle risorse disponibili, a investimenti di carattere sociale e culturale. A minacciare il futuro della banca sarà l’ambizione sfrenata di Brusoni che, nell’intento di accaparrarsi la prestigiosa carica, si impegnerà in modo spericolato nell’acquisizione di nuovi clienti da finanziare, spesso non meritevoli di credito. In particolare un colosso multinazionale che Brusoni sponsorizzerà presso il Consiglio di Amministrazione per la concessione di una linea di credito mastodontica, si rivelerà una relazione ad altissimo rischio, il cui fallimento trascinerà la banca sull’orlo della bancarotta e finirà in tragedia...
LinguaItaliano
Data di uscita27 feb 2019
ISBN9788831607261
La successione

Leggi altro di Domenico Martusciello

Correlato a La successione

Ebook correlati

Thriller per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su La successione

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La successione - Domenico Martusciello

    significato.

    UNO

    Quel martedì della prima settimana di ottobre, Milano si risvegliò sotto un cielo plumbeo, simile a una cappa impenetrabile di nubi color del piombo foriere di pioggia. Un vento impetuoso sferzava le chiome degli alberi.

    Erano le nove e Fulvio Soldani, Presidente esecutivo del Credito Industriale, stava in piedi – le mani affondate nelle tasche dei pantaloni – a guardare fuori dalla enorme portafinestra del suo sontuoso studio sito al settimo piano dell’imponente edificio moderno sede della banca, che si ergeva per quindici piani in piazza della Repubblica.

    Contemplava con un’espressione corrucciata, ma senza veramente vederli, il traffico automobilistico e la fiumana di pedoni che si muovevano frettolosamente lungo i marciapiedi, diretti al lavoro.

    Sapeva che la giornata che stava per cominciare, sarebbe rimasta un ricordo indelebile nella memoria collettiva del Personale, dal momento che avrebbe segnato il manifestarsi di alcuni inquietanti eventi che si sarebbero riverberati con forza in seno alla banca e non soltanto.

    Sollevò il polso per dare un’occhiata al Rolex d’oro.

    Alle nove e mezzo in punto, avrebbe finalmente dato – come da tempo si proponeva – quell’annuncio che, per la criticità della sua natura, era ormai divenuto improcrastinabile. Questa la ragione che lo aveva indotto il giorno prima a convocare d’urgenza un Consiglio di Amministrazione straordinario, ma informale. Vi avrebbero presenziato, oltre ai Consiglieri, anche tutti i componenti il vertice dell’istituto di credito, nonché uno sparuto gruppo di anziani dipendenti non funzionari che da sempre Soldani considerava amici di vecchissima data.

    La decisione della convocazione l’aveva assunta il giorno prima. La motivazione addotta era stata brevissima: un’importante comunicazione da parte del Presidente.

    Egli stesso aveva telefonato di primo mattino a tutti i membri della direzione centrale cogliendoli, alcuni in procinto di uscire da casa dopo aver fatto colazione e altri, che solitamente anticipavano l’arrivo al lavoro, nei loro studi.

    La segretaria Linda Moretti, si era invece occupata di avvertire, già la sera prima, i quindici Consiglieri. Ma era stata in grado di contattarne soltanto quattro, poiché tutti gli altri erano fuori Milano e stranamente irraggiungibili sui cellulari. Ai Consiglieri cui era riuscita a parlare, aveva rivolto la medesima e semplice raccomandazione: quella di trovarsi nella sala riunioni del Consiglio alle nove e mezzo in punto.

    Soldani si girò allontanandosi dalla finestra e si mise    a passeggiare lentamente su è giù per l’ampio locale come per mitigare la tensione di cui era preda.

    Aveva da qualche anno superato la sessantina. Era molto magro e di media statura, l’incarnato pallido, il volto dalle guance scavate e una capigliatura incanutita di cui non restavano che rade ciocche superstiti. L’elegante doppiopetto gessato grigio scuro che indossava, ricadeva sul fisico ossuto come appeso a un attaccapanni, senza con ciò celarne il pregio per la fattura sartoriale.

    Era opinione diffusa che quel suo proporsi a tutti in modo comprensivo e accomodante, quasi accattivante, fosse, se pure in parte, ingannevole. Nascondeva in realtà il piglio autoritario – che sfoderava all’occorrenza – dell’uomo abituato al comando e che si attende obbedienza incondizionata dai suoi sottoposti. Era un aspetto, questo, che non ne sminuiva la stima e popolarità di cui godeva per le sue qualità umane e doti professionali.

    Andò a sedersi alla enorme scrivania di mogano scuro. Lanciò un’occhiata alla pendola vittoriana appesa alla parete accanto alla porta dello studio: mancava ancora un quarto d’ora all’inizio della riunione. Per ingannare l’attesa del poco tempo che restava, si mise a scorrere in fretta con lo sguardo privo d’interesse i titoli del Sole 24 Ore che prese dalla pila dei quotidiani che sempre trovava al suo arrivo ogni mattina alla sua destra sul ripiano della scrivania.

    In quel momento, la sala del Consiglio, sita al settimo piano e ampia quasi quanto un campo da squash, era già affollata. Era presente ad attenderlo, radunata a chiacchierare in piccoli gruppi, non meno di una trentina di persone.

    Tutti parlavano a bassa voce, ma il modo concitato in cui lo facevano denotava la grande impazienza e curiosità che avvertivano per ciò che il Presidente avrebbe comunicato.

    Era opinione comune che dovesse trattarsi di qualcosa di molto importante e urgente, se la convocazione era giunta praticamente senza preavviso.

    In attesa del Presidente, nessuno aveva osato prendere posto all’enorme tavolo ellittico al cui centro facevano bella mostra di sé cinque secchielli colmi di ghiaccio in cui erano immerse numerose bottiglie già sturate di Dom Pérignon, pronto per essere servito – a momento venuto – dai tre camerieri in giacca bianca che stazionavano nei paraggi.

    Sicché abbiamo una riunione straordinaria del Consiglio con un brindisi! Una voce roboante interruppe il brusio delle conversazioni. E con il miglior Champagne, per giunta. Non è qualcosa di insolito? Io non ne ricordo un precedente.

    Molte teste si girarono verso l’ingresso della sala per osservare Riccardo Brusoni, direttore centrale, mentre faceva il suo ingresso con aria baldanzosa pronunciando quelle parole. Era di elevata statura, sulla cinquantina, impeccabilmente vestito con un completo rigato blu sopra una camicia bianca con cravatta grigia a pois. Il portamento austero tradiva l’altezzosità e supponenza del suo carattere.

    E’ stato lo stesso Presidente, disse quello che doveva essere il capocameriere. a richiedere esplicitamente che sia servito il Dom Pérignon precisando che sarebbe stato lui ad accollarsene il costo.

    Capisco…" Brusoni annuì abbozzando un lieve sorriso.

    Già, ma mi chiedo… a pro di che questo brindisi di primo mattino? A meno che non serva a festeggiare un lieto evento che lo riguardi personalmente. A parlare era stato Alex Vandelli, l’altro direttore centrale.

    E di cui tutti noi siamo ansiosi di conoscere la natura, Brusoni replicò."

    Comunque…, Vandelli riprese, …ritengo del tutto sconveniente non partecipare a un brindisi con il Dom Pérignon, qualunque sia l’ora e la circostanza.

    Brusoni annuì di nuovo a indicare il suo accordo.

    Vandelli ebbe un ampio sorriso. Aveva da poco compiuto quarantasette anni. Gli occhi erano di un blu intenso e i capelli biondastri tirati indietro con un lieve tocco di grigio sulle tempie. Era sul metro e ottanta con un fisico atletico, e al pari di Brusoni vestiva con ricercatezza. L’abito gessato blu fatto su misura fasciava perfettamente il suo corpo slanciato ed elegante. Aveva un tratto gioviale e cortese, del tutto informale, un portamento disinvolto e il volto atteggiato a un perenne sorriso appena accennato.

    Ma erano in molti a sapere che quella era soltanto una sorta di facciata dietro cui si nascondeva una mente acuta dotata di una capacità decisionale non comune, di cui si serviva per affrontare e risolvere i problemi di lavoro con cui doveva misurarsi giornalmente.

    Brusoni e Vandelli nella loro carica di direttori centrali, si collocavano al livello immediatamente inferiore a quello del Presidente, e sebbene all’apparenza fossero entrambi capaci di collaborazione reciproca, erano in realtà rivali per molti versi. Una rivalità che derivava essenzialmente da opposte visioni su come condurre con efficacia la politica gestionale della banca. Era un aspetto che ne permeava ogni ganglio, procurando a ciascuno di loro un seguito di sostenitori e simpatizzanti, persino nelle gerarchie più basse, e tra i membri del Consiglio.

    Il Credito Industriale – con sede e direzione centrale a Milano – era per importanza e dimensioni – la terza banca a livello nazionale.

    Oltre che su quasi mille dipendenze sparse sul territorio, poteva anche contare su un nutrito numero di insediamenti all’estero – tra filiali, banche associate e uffici di rappresentanza – nelle capitali degli Stati più importanti del pianeta.

    Adesso, Alex Vandelli facendo vagare lo sguardo sulla folla dei presenti incrociò quello di Arianna Orsini, una bella bruna poco meno che quarantenne, dall’aspetto statuario, con viso ovale e occhi verdi. A renderla più attraente c’era il suo abbigliamento. Indossava un tailleur grigio chiaro molto attillato con una gonna che le arrivava fino a poco sopra le ginocchia.

    A dispetto dell’età ancora abbastanza giovane, era già la direttrice responsabile della sede di Milano della banca, che occupava i primi due piani dell’edificio e sovrintendeva alla sorveglianza delle trenta e passa agenzie di città e di tutte le filiali dislocate in Lombardia. I piani restanti dello stabile erano adibiti a uso esclusivo della direzione centrale. La dirigente gli sorrise e sollevò una mano a mo’ di saluto, che voleva essere anche un invito ad avvicinarsi a lei. Vandelli la raggiunse facendosi largo un po’ a fatica tra i numerosi presenti.

    Si strinsero la mano con vigore.

    Ciao, Arianna, come stai?

    Molto bene, Alex.

    Qualche previsione sulle ragioni di questa improvvisa adunanza?

    Neppure una, non ne ho la minima idea.

    Lo stesso vale per me.

    Senza alcuna ragione, lei volse il capo verso l’area della sala dove sostava Brusoni e si accorse che l’uomo li stava osservando con un’espressione accigliata, quasi non gradisse che stessero insieme a chiacchierare. Non si sorprese poiché sapeva che quello sguardo era rivelatore della sua consapevolezza che lei facesse parte della folta schiera di coloro che stavano dalla parte di Vandelli. Era qualcosa cui la donna non attribuiva la benché minima importanza.

    Proprio in quel momento, un uomo dalla mole imponente comparve sulla soglia della sala. Era Mario Arduini il dirigente a capo del Servizio Ispettorato della direzione centrale. Vicino ai due metri di altezza e alla cinquantina di età, era alquanto corpulento con una capigliatura foltissima in parte ingrigita, che faceva risaltare ancor più il colore scuro della carnagione. L’espressione del volto dai tratti irregolari, era dura e risoluta al punto da incutere timore ai suoi sottoposti, e a chiunque dovesse avere la cattiva sorte di incappare in un diverbio con lui.

    Il Presidente sarà qui tra cinque minuti, disse con un tono di voce baritonale che ben si addiceva al suo aspetto fisico. Poi annuì al capocameriere a indicare che lo Champagne poteva essere versato nei numerosi calici di cristallo posati sul ripiano del tavolo.

    L’operazione fu eseguita dai tre camerieri nel giro di qualche minuto.

    Signori… il Presidente…, Arduini annunciò a voce alta sollevando una mano per imporre il silenzio.

    Il brusio delle conversazioni cessò di colpo nel momento in cui Fulvio Soldani fece il suo ingresso con un lieve sorriso che gli aleggiava sulle labbra. Si fermò poco oltre la soglia della sala su cui fece scorrere lo sguardo.

    Buon giorno a voi tutti! disse.

    Come sempre, aveva un contegno che sembrava incarnare le qualità del buon padre di famiglia, coniugate a quelle del solido e rassicurante banchiere a cui migliaia di cittadini affidano i loro risparmi perché vengano ben custoditi e proficuamente amministrati.

    Erano molti, tra i presenti, a cogliere in lui una impressionante somiglianza con suo nonno che mezzo secolo prima era stato anch’egli Presidente del Credito Industriale, cosa che gli aveva consentito di spianare al nipote la strada per una fulgida e rapidissima carriera, dopo il suo pensionamento. Un suo ritratto era appeso alla parete di fianco alla porta finestra.

    Stranamente, oggi la consueta vivacità di Soldani sembrava aver perso smalto. Appariva invecchiato dall’ultimo Consiglio. Si muoveva un po’ incurvato e lentamente, come gravato da qualche problema fisico. Si avvicinò all’estremità più vicina del tavolo da cui fece per scostare una delle pesanti sedie su cui accomodarsi. Ma Arduini che gli stava accanto fu più lesto di lui. Afferrò la sedia per l’alto schienale e la dispose un po’ discosta dal bordo del tavolo. Sussurrando una parola di ringraziamento, il Presidente vi si sedette. Fece un gesto con la mano per invitare gli altri a fare altrettanto, ma nessuno si mosse. Questa è una riunione informale, disse. Non vi sottrarrò molto tempo. E rivolto a un cameriere che gli porse un bicchiere di Champagne, aggiunse:

    Ah, grazie! Ma vi prego servitevi pure, signori.

    Tutti accolsero l’invito e a quel punto i camerieri uscirono dalla sala chiudendosi la porta alle spalle. Qualcuno scostò una sedia per far accomodare Arianna Orsini, ma tutti gli altri restarono in piedi reggendo in mano un calice di Champagne.

    Calò il silenzio nella sala.

    A infrangerlo fu Vandelli quando disse:

    Appare ovvio, signor Presidente, che lei ci abbia qui riuniti per festeggiare qualche lieto evento che la riguarda. Fece una pausa. La domanda è…, di cosa mai può trattarsi?

    Soldani ebbe un sorriso fugace. Disse: Vorrei poter dire che si tratta di un brindisi per celebrare qualcosa di allegro, Alex, ma purtroppo così non è. Si fermò un istante a riflettere. "Dal mio punto di vista, questa è un’occasione in cui un drink può aiutarvi ad assorbire meglio l’impatto della notizia che sto per darvi."

    Rimase in silenzio e in quel momento fu chiaramente palpabile la tensione che permeava l’intero ambiente. Era lampante che quella non era una convocazione di ordinaria portata. Sul volto di molti comparvero sguardi incerti e preoccupati.

    Ho deciso di rassegnare le dimissioni con effetto immediato, il Presidente disse infine, e subito dopo si portò il calice alle labbra per bere un lungo sorso di Champagne.

    Lo sguardo allibito e insieme interrogativo di tutti si posò su di lui.

    Possiamo sapere, signor Presidente, Vandelli riprese, che cosa la spinge ad assumere una decisione così drastica e improvvisa? Una pausa. Lei ha un’età che è ancora perfettamente compatibile con la carica che ricopre.

    E’ vero, Alex, ma il problema è che sono costretto a farlo perché ho un cancro e sto morendo.

    DUE

    Nel silenzio della sala, divenuto così profondo che non si sarebbe sentita volare una mosca, molti deposero sul tavolo i calici di champagne rinunciando a berne perfino un sorso.

    Dall’esterno filtravano i rumori smorzati del traffico, e da qualche parte del cielo coperto da nubi, giunse il rombo assordante di un aereo che sorvolava la città a una quota troppo bassa.

    Il Presidente allungò le mani sopra il ripiano del tavolo e le intrecciò. Suvvia! esclamò. "Non voglio vedere facce tristi. Questa è la ragione per la quale vi ho convocati. E, a evitare che qualcuno lo chieda, la mia decisione non può che essere irrevocabile poiché tale è la sorte che mi aspetta.

    Se avessi avuto un briciolo di speranza, avrei atteso ancora del tempo prima di fare quest’annuncio. Indugiò un attimo per vagare con lo sguardo per l’intera assemblea. Un’altra cosa che di certo vorrete sapere è di cosa morirò e quanto tempo mi resta. Una nuova pausa. Tumore polmonare in fase terminale, conseguenza del vizio pernicioso del fumo che mi porto appresso dall’età di quindici anni. Quanto tempo mi resta? Quasi certamente non mangerò il panettone a Natale. Rimase in silenzio con aria riflessiva e improvvisamente si accasciò sulla poltrona facendo sì che il suo fisico si rivelasse in tutta la sua fragilità. Disse infine in tono sommesso: Sicché ora che voi tutti sapete potete divulgare la notizia e cominciare a pianificare la mia successione.

    Arianna Orsini pensò che riguardo alla divulgazione della notizia non fosse necessario agire d’iniziativa.

    Qualche minuto dopo che la sala del consiglio si fosse svuotata, la voce sarebbe circolata nella banca e fuori con la rapidità del divampare di un fuoco di paglia. Pensò che tutti ne sarebbero stati colpiti con vari gradi di intensità emotiva, ma alcuni soltanto in apparenza. Lei ne era addolorata e a un tempo stupita, e riteneva che molti dei presenti lo fossero allo stesso modo e in egual misura.

    Signor Presidente…, disse con voce tremula per la commozione Ugo Moroni l’anziano funzionario a capo del servizio Gestioni patrimoniali, …direi, per usare una metafora, che lei ci ha mandati tutti al tappeto. Sono certo che nessuno di noi sappia cosa dire.

    Dalla sala si levò un mormorio di solidale comprensione. Nel sussurrio delle voci quella di Brusoni emerse con tono elevato e un po’ affettato. Ciò che ci corre l’obbligo di sottolineare, disse lanciando a Moroni un’occhiata di riprovazione per il fatto che gli avesse impedito di parlare per primo, è che se la notizia ha scioccato e rattristato tutti noi, dobbiamo pregare e sperare perché ci sia un margine di speranza. Sappiamo di numerosi casi in cui le diagnosi più infauste si sono rivelate inaffidabili, e che la scienza medica ha fatto passi da gigante nel trascorso decennio nel curare ed arrestare malattie che…

    Ho già percorso tutte le strade possibili, Riccardo, il Presidente lo interruppe in tono un po’ spazientito. E quanto alle cure e consultazioni mediche, mi sono procurato quanto di meglio sia disponibile in Italia e all’Estero. Hai mai sentito parlare del professor Vergnani, primario di oncologia al San Raffaele? E’ un luminare nel campo dei tumori.

    Vergnani lo aveva convocato nel pomeriggio del giorno prima nel suo ambulatorio, per un resoconto dei risultati dei recenti controlli sullo stato della malattia, dopo l’ultima chemio. Fossi in lei, gli aveva detto dopo aver esaminato la cartella clinica, comincerei a sistemare le mie cose.

    Quanto tempo mi resta, professore?

    Qualche mese.

    Era stato in quel momento che Soldani si era sentito in dovere di convocare con urgenza il Consiglio per comunicare la notizia e rassegnare, al tempo stesso, le dimissioni.

    Di sicuro non puoi ritenere, proseguì rivolto a Brusoni, che io non mi sia impegnato al massimo delle mie possibilità.

    L’altro annuì con veemenza, dicendo:

    Certo che no…, ma dobbiamo tener presente che esiste un Potere superiore a quello della scienza medica ed è obbligo di tutti noi credenti…, lanciò un rapido sguardo intorno nella sala come per ricercare il consenso dei presenti su ciò che stava per dire, …pregare il Signore che le conceda la Sua grazia o almeno più tempo di quello previsto.

    Soldani replicò in tono secco:

    Sono sicuro che il Padreterno abbia già assunto una decisione.

    A quel punto Vandelli interloquì:

    Presidente, siamo tutti sconvolti e io devo scusarmi con lei per qualcosa di inopportuno che ho detto poc’anzi.

    Ti riferisci a quel tuo accenno su un possibile festeggiamento per un lieto evento? Dimenticalo, ti prego, non potevi immaginare…, Soldani disse ridacchiando. A ben guardare, però, perché non dovrei celebrare la mia dipartita con un brindisi come se stessi per andare in pensione? Ho avuto una vita piena e fortunata, del genere di quelle cui pochi possono ambire. E questa è già di per sé una ragione per brindare. Si palpò le tasche della giacca mentre si guardava attorno. Qualcuno ha da offrirmi una sigaretta? Ne sono sprovvisto poiché i medici mi hanno ovviamente proibito di fumare anche se la proibizione non ha senso visto che sono spacciato. Ma in questo momento ne avverto un gran desiderio. Come dal nulla si materializzarono davanti a lui diversi pacchetti di sigarette. Lui scelse una Malboro con filtro e se la mise tra le labbra.

    Brusoni disse: E’ proprio certo, Presidente, che sia una buona idea?

    L’anziano Presidente gli rivolse uno sguardo a metà tra il sardonico e il seccato, e si astenne dal rispondergli.

    Non era un segreto che ancorché Soldani rispettasse Brusoni per il suo talento di banchiere, tra i due non si era mai instaurato un rapporto di vera intesa o vicinanza.

    Vandelli si accostò al Presidente e gli accese la sigaretta. I suoi occhi, come quelli di molti altri, erano un po’ lucidi di pianto.

    Un evento infausto come questo, per quanto triste, presenta dei vantaggi di non poco conto, Soldani riprese. Anzitutto quello del preavviso della fine imminente che, di conseguenza, offre la possibilità di poter disporre del tempo necessario per sistemare i sospesi. Parve riflettere avvolto in una nuvola di fumo della sigaretta, poi continuò:

    Naturalmente, c’è il rovescio della medaglia rappresentato dall’insorgere di rimpianti per il modo in cui certe cose si sono evolute nella tua vita. Non puoi fare a meno di meditarci senza provare amarezza.

    Tutti sapevano esattamente a cosa il Presidente alludesse. Non aveva eredi poiché l’unico figlio maschio era morto ventenne in un incidente d’auto, mentre guidava in stato di ubriachezza. La moglie era deceduta alcuni anni addietro per un collasso cardio circolatorio. Improvvisamente, fu colto da un violento accesso di tosse convulsa. Estrasse un fazzoletto e se lo portò alla bocca. Arduini che gli stava vicino allungò una mano e accettò la sigaretta che Soldani gli porse, per poi schiacciarla con forza in un posacenere. Ora apparve evidente a tutti l’entità dello stato di grande debilitazione in cui Soldani si dibatteva e che l’atto dell’annuncio appena compiuto, lo aveva ancor più provato.

    Forse erano in molti a ritenere che quella sarebbe stata la sua ultima comparsa in banca. Sfilarono davanti a lui e si congedarono stringendogli la mano con delicatezza e sussurrando parole di stima e di conforto.

    Quando fu la volta di Arianna Orsini, lei si chinò a baciarlo leggermente su una guancia. Lui la guardò sorridendo e le fece l’occhiolino.

    TRE

    Brusoni fu il primo a lasciare in fretta la sala del Consiglio al termine della riunione. Aveva un importante compito di cui occuparsi.

    Già mentre la riunione era in corso, e dopo l’annuncio di Soldani, aveva elaborato mentalmente un piano strategico su come perseguire due importanti obbiettivi. Il primo era quello di preparare il terreno affinché il passaggio di poteri avvenisse nel modo più agevole possibile dopo la morte del Presidente, e senza intoppi.

    Il secondo di porre le basi per assicurarsene la successione.

    Era consapevole di essere un candidato molto forte, ma lo era pure del fatto che Alex Vandelli, il suo rivale, non lo era da meno.

    Riteneva che in seno alla banca, il secondo potesse contare su un consenso più ampio, mentre lui era favorito da un sostegno più consistente all’interno del Consiglio di Amministrazione.

    Ed era questo che più contava dal momento che il Consiglio era l’organo deputato alla nomina del numero uno dell’istituto di credito.

    Prese l’ascensore per il quindicesimo piano dove era situato il suo lussuoso ed enorme studio dalle pareti rivestite con pannelli di mogano chiaro. La grande scrivania dietro cui si accomodò era a ridosso di una porta finestra molto ampia che offriva una vista mozzafiato della piazza e di una vasta parte della città, compreso il duomo.

    Convocò Angela Rodani, la sua segreteria, e le impartì di telefonare – passandoglieli poi a uno a uno – a tutti i membri del Consiglio che non avevano presenziato alla riunione. Gliene porse l’elenco che aveva davanti a sé sulla scrivania. A parte queste telefonate, le disse, non doveva essere disturbato per nessuna altra ragione. Infine le chiese di chiudere la porta dietro di sé uscendo dallo studio: una richiesta insolita poiché derogava dalla tradizione consolidata – osservata da tutti i dirigenti che componevano la direzione centrale – di tenerla sempre aperta.

    Brusoni aveva notato, durante l’assemblea, che dei quattordici consiglieri soltanto quattro erano presenti, e riflettuto che di conseguenza i restanti undici non erano ancora al corrente del funesto annuncio di Soldani.

    Sarebbe stato lui a informarli.

    Calcolò due probabilità. La prima che, poiché la notizia era così improvvisa e sconcertante, avrebbe forse generato una sorta di intesa istintiva tra lui che la comunicava e gli altri che la ricevevano. La seconda che molti dei contattati potevano indispettirsi per il fatto che una così importante riunione, fosse stata tenuta in loro assenza. Avrebbero sostenuto che poteva essere rinviata per il tempo necessario ad assicurare la presenza di tutti i membri del Consiglio. Né avrebbero considerato il particolare che la convocazione era venuta dallo stesso Presidente.

    Lui intendeva speculare a suo vantaggio su questi risentimenti per accrescere le sue chance di successo.

    Il telefono squillò in quel momento e la segretaria gli annunciò che il primo consigliere era in linea. Rimase a discorrere con lui per qualche tempo.

    Poi seguì un’altra telefonata, e un’altra ancora.

    La Rodani lo informò che diversi consiglieri erano fuori Milano, ma che lei stava facendo del suo meglio per rintracciarli. A distanza di mezz’ora dall’avvio dei colloqui telefonici, Brusoni stava ora conversando animatamente all’apparecchio con Mario Benvenuti.     

    Naturalmente qui in banca, diceva in tono sommesso, siamo tutti estremamente scossi e facciamo fatica a crederci.

    Dio mio! l’altro esclamò con un tono che rifletteva lo stesso sgomento che aveva provato poco prima nell’apprendere la brutta notizia. Non ti invidio, Riccardo, per il compito ingrato che ti sei accollato di informare tutti gli altri.

    Mario Benvenuti era un primario cliente della banca, titolare dell’agenzia pubblicitaria Astor – una tra le maggiori a livello nazionale quotata in Borsa –, e membro di spicco del Consiglio di Amministrazione sul quale era in grado di esercitare una notevole influenza.

    Quell’osservazione diede a Brusoni l’apertura di cui necessitava. Disse: Capisco esattamente ciò che intendi, Mario, circa il metodo improprio, ma impegnativo, che sto usando per dare la notizia agli altri consiglieri, ma sono perplesso per il fatto che ne siano all’oscuro mentre avrebbero dovuto essere i primi a essere informati. Ho sentito il dovere di farmi carico personalmente di questo compito.

    Il suo volto dal profilo aquilino parve concentrarsi. Dietro le spesse lenti prive di montatura, gli occhi grigi avevano un’espressione glaciale.

    La verità è, continuò, che quella riunione, per la sua importanza e delicatezza, non avrebbe dovuto essere tenuta senza la presenza di tutti i componenti il Consiglio. Opera di convincimento in tal senso avrebbe dovuto essere esercitata nei confronti del Presidente, magari dalla stessa segretaria una volta che questa fosse stata informata dello scopo della riunione.

    Non posso che convenirne, l’altro disse. Tutti noi avremmo dovuto essere tempestivamente informati in qualche modo. Una pausa. E vorrei aggiungere che apprezzo molto la tua iniziativa che ti rende meritevole di grande stima.

    Brusoni ebbe un sorriso di autocompiacimento.

    Ti ringrazio, Mario,, disse. In siffatte circostanze, non si è mai sicuri di quale sia il comportamento più idoneo. L’unica certezza è che qualcuno dovrà assumere la guida di questa banca in tempi brevi. Indugiò. Un altro motivo che mi ha spinto a tentare di informare tutti i membri del Consiglio è che questa triste notizia si diffonderà rapidamente e potrebbe avere un impatto negativo non indifferente.

    Non c’è dubbio, l’altro disse. Già domani tutti i media ne saranno informati e piomberanno come avvoltoi per fare domande riguardo al nome del possibile candidato alla successione di Soldani.

    Esattamente. E un’informativa non corretta o fuorviante potrebbe ingenerare preoccupazione tra i nostri investitori e risparmiatori con conseguenti riflessi negativi sull’andamento del titolo in Borsa.

    Già.

    Brusoni riuscì a immaginare quello che girava nella mente di Benvenuti in quel momento. Era il Presidente del fondo fiduciario di famiglia che deteneva un grosso pacchetto di azioni del Credito Industriale. Pertanto disse: Naturalmente se il Consiglio dovesse avviare una qualche azione efficace ed energica per rassicurare gli azionisti e gli investitori nonché l’opinione pubblica, allora non ci sarebbe alcun effetto dannoso sull’immagine della banca e neppure sul titolo in Borsa, o se ci fosse sarebbe di entità trascurabile.

    Cos’hai in mente esattamente, Riccardo?

    Pensavo in termini generici all’esigenza di assicurare alla banca la continuità manageriale. In altre parole, a mio avviso, non dovrebbe esserci alcun vuoto temporale nella carica di Presidente dopo la morte di Soldani. Neppure per un giorno. Mentre parlava avvertiva la sensazione del riflettere astuto e circospetto, prima di rispondere, dell’uomo all’altra parte del filo.

    Ne visualizzò l’aspetto che aveva di un anziano playboy per il modo stravagante in cui vestiva, e per la folta parrucca bionda e ondulata che gli scendeva fluente quasi fino alle spalle. Era certo che in quel momento stringesse tra i denti un grosso avana.

    Brusoni sapeva che Benvenuti era tutt’altro che uno sprovveduto. Aveva la reputazione di un uomo scaltro e perspicace, capace di grande successo negli affari. Infine lo sentì dire: Penso che il tuo punto di vista sulla continuità manageriale sia valido. Pertanto sono d’accordo con te che il successore debba essere individuato al più presto, e il nome fatto circolare in modo surrettizio prima della morte di Soldani.

    Brusoni ascoltava attentamente senza interloquire mentre l’altro parlava.

    Si dà il caso, Benvenuti continuò, che io ritenga che tu sia l’uomo giusto per quella posizione. Ne sono sempre stato convinto, per la verità. Hai due requisiti essenziali, vale a dire l’esperienza e la determinazione… Fece una pausa. Pertanto sono pronto ad assicurarti il mio appoggio, e posso affermare che vi sono altri nel Consiglio disposti a seguirmi. Suppongo che questo sia quello che tu desideri.

    Certamente… e te ne sono molto grato.

    Naturalmente, potrebbe accadere che io debba ricorrere a te occasionalmente per qualche favore. Tacque un attimo. "Sì, insomma, la cosa si configurerebbe come una sorta di do ut des. Che ne dici?"

    Che mi sembra ragionevole.

    Bene, allora direi che siamo in perfetta sintonia.

    Quando chiusero la comunicazione, Brusoni pensò che la conversazione si fosse svolta in maniera oltremodo soddisfacente. Conosceva bene Benvenuti e sapeva che era un uomo leale che manteneva sempre la parola.

    Altrettanto poteva dire degli interlocutori dei precedenti colloqui, anche se nessuno di loro aveva espresso l’impegno esplicito ad avallare una sua eventuale candidatura.

    Poco dopo era in linea Roberto Tornelli, il Presidente delle Acciaierie Riunite Lombarde, un complesso industriale di grandi dimensioni, che contava una decina di aziende operanti nel settore con circa quattordicimila dipendenti.

    Sin dalle prime battute del colloquio, Tornelli aveva subito intuito lo scopo per il quale Brusoni lo aveva contattato. Ne aveva avuto conferma quando lo stesso si era spinto ad affermare che tra lui e Alex Vandelli con correva buon sangue per via di certe sue idee che considerava poco ortodosse. Alex ha dei punti di vista difficili da condividere, disse. Possono derivare da problemi personali, ma non sono certo fino che a punto possano ripercuotersi negativamente sulla sua attività professionale.

    Che genere di problemi?

    Donne… essenzialmente… Ma non mi piacerebbe divulgarli…

    Riccardo, quello che affermi è molto importante. Ma è anche confidenziale. Sta’ tranquillo che terrò la bocca chiusa a doppio filo. Va’ pure avanti, quindi.

    Be’, anzitutto Alex ha delle difficoltà matrimoniali. Una pausa. In secondo luogo, ha pure una relazione con un’altra donna la quale, si vocifera, è una fiancheggiatrice della sinistra radicale.

    Comunista, cioè…

    "Così sembrerebbe. Di lei si legge spesso sulla stampa, e non sono infrequenti sue comparse in televisione, nei talk show e in interviste varie, ma non sempre in contesti che appaiono favorevoli alla banca. Mi chiedo spesso quanta influenza potrebbe esercitare su Alex. Come ripeto non vorrei dover…" S’interruppe lasciando sfumare la frase.

    Hai fatto bene a parlarmene, Riccardo, Tornelli replicò. E’ qualcosa di cui i consiglieri dovrebbero essere informati. Rifletté un istante. Hai detto ‘sinistra radicale’, eh?

    Sì. Fa l’avvocato e si chiama Margherita Bramanti.

    Mi sembra di averne sentito parlare, e quello che ho ascoltato non mi è piaciuto.

    Brusoni sorrise soddisfatto.

    Ma lo fu molto meno quando, dopo due ulteriori telefonate che si erano concluse positivamente, contattò Luigi Regani, il Presidente della Tessile Mondial Spa. Era una società per azioni quotata in Borsa, in pratica la holding di una decina di aziende tessili tra le più importanti in campo nazionale, con sede a Milano. Regani si era fatto dal nulla avendo cominciato a lavorare da ragazzo come operaio in una piccola industria tessile della Brianza. Aveva raggiunto il successo e il benessere a poco a poco con il sudore della fronte. Quando capì la motivazione della chiamata di Brusoni sin dal momento in cui questi cominciò a parlare, e la sostanza di dove voleva andare a parare, disse subito: Non puoi propinarmi, Riccardo, questa cavolata che i consiglieri avrebbero dovuto essere informati per primi della natura dell’annuncio e magari dallo stesso Soldani. Secondo me lui si è comportato esattamente nel modo in cui io stesso avrei agito. Vale a dire si è preoccupato di avvisare le persone che gli sono più vicine, anzitutto, senza dare peso all’assenza della maggioranza dei consiglieri, me compreso, cosa di cui non gli si può di certo addossare la responsabilità.

    Quanto alla possibilità di una marcata flessione dell’azione in Borsa cui Brusoni aveva accennato, Regani minimizzò dicendo: E con ciò? E subito dopo aggiunse: Di certo l’azione perderà due o tre punti quando la notizia della morte di Soldani si diffonderà. E questo accadrà perché gli ordini di vendita saranno impartiti da una branca di tonti isterici che non sono in grado di cogliere la differenza tra fantasia e realtà. Tacque un attimo. Ma sono sicuro che il titolo recupererà nell’arco di una settimana poiché il suo valore intrinseco resta e la banca è solida. Tutti noi che operiamo in qualche modo nella sua sfera ne siamo consapevoli.

    Non parlarono per quasi un minuto finché Regani riprese, dicendo: Riccardo, questa tua opera di esercitare pressioni, se pure larvate e nel tuo interesse, è trasparente come uno specchio d’acqua cristallina. Pertanto ritengo che debba esprimermi con sincerità a evitare malintesi tra noi, e spreco di tempo. Tu sei un dirigente di prim’ordine nel settore bancario, e credo che ti collochi all’apice della categoria. Il giorno in cui dovessi decidere di migliorare la tua posizione, soprattutto sotto il profilo economico, sarò felice di assumerti nella mia azienda con l’incarico di dirigere il settore finanziario dell’intero gruppo. Fece una pausa. La mia è un’offerta, ma anche una promessa. Sono sincero.

    Brusoni mormorò un tepido ringraziamento che l’altro sembrò ignorare.

    Ma per quanto tu sia un ottimo dirigente, il mio punto di vista è che non hai le qualità del leader ‘globale’.

    Che cosa intendi esattamente per ‘globale’?

    Intendo la capacità di gestire contemporaneamente e con efficienza le molteplici funzioni di cui il Presidente di una grande banca, qual è il Credito Industriale, deve farsi carico. S’interruppe di nuovo per riflettere. "Insomma… ti manca il quid, cioè quella dote essenziale che è l’abilità di sintesi decisionale, e pertanto non ti ritengo idoneo a succedere a Soldani."

    Capisco.

    Pertanto questi sono i termini in cui mi esprimerò quando il Consiglio si riunirà per decidere chi debba prendere il seguito di Soldani.

    D’accordo.

    Infine ritengo giusto tu debba sapere che la mia preferenza andrà a Vandelli.

    Brusoni disse con un piatto tono di voce: Ti ringrazio per la tua franchezza.

    E se eventualmente dovessi decidere di accettare la mia offerta, chiamami pure in qualsiasi momento.

    Ci penserò sopra.

    Ma Brusoni non aveva alcuna intenzione di lasciare la banca per andare a lavorare per la Tessile Mondial o per qualsiasi altra società.

    Sebbene il denaro fosse per lui molto importante, il suo orgoglio non glielo avrebbe consentito, soprattutto dopo l’impietoso parere su di lui che Regani aveva appena espresso. Inoltre era molto fiducioso di potersi accaparrare il ruolo di numero uno del Credito Industriale.

    Di nuovo squillò il telefono.

    La segretaria annunciò che c’era in linea un altro consigliere.

    E’ il dottor Francesco Verdani, disse.

    Me lo passi pure.

    Riccardo?

    Oh, salve Francesco, Brusoni esordì con un tono sommesso e grave al tempo stesso. Sono profondamente rammaricato di doverti comunicare una brutta notizia.

    QUATTRO

    Non tutti coloro che avevano presenziato alla riunione lasciarono la  sala con la sollecitudine di Riccardo Brusoni. Alcuni attesero che  Soldani se ne andasse    e poi si attardarono a discutere sommessamente, i volti che continuavano a esprimere shock e mestizia.

    L’anziano dirigente Ugo Moroni responsabile delle Gestioni Patrimoniali disse ad Arianna Orsini con un filo di voce: Questa è una giornata molto, molto triste.

    Arianna annuì, incapace di profferire parola.

    Fulvio Soldani era stato importante per lei come amico, e la aveva sempre sponsorizzata nella carriera consapevole com’era delle sue qualità professionali, fino a farle raggiungere, anzi tempo, il grado di direttrice della sede di Milano della banca.

    Alex Vandelli si fermò accanto a lei e la guardò, dicendo: Che ne diresti, Arianna, di prendere un caffè insieme nel mio studio e fare quattro chiacchiere?

    Volentieri, Alex, grazie.

    Uscirono dalla sala e si diressero agli ascensori. Tutti gli studi dei membri della direzione centrale erano dislocati al settimo piano, lo stesso di Brusoni.

    Quello di Vandelli, sontuosamente arredato come tutti gli altri, era pure provvisto di un’area appartata adibita agli ospiti, con due grandi poltrone rivestite con lucida e morbida pelle scura e un basso tavolino. Arianna si accomodò su una poltrona mentre il direttore centrale si affaccendò alla macchinetta Nescafe a capsule, collocata su un mobiletto addossato a una parete dietro la scrivania. Vi inserì due capsule una per volta, e premette il pulsante di avvio. Poi reggendo tra le mani un piccolo vassoio su cui erano posate due tazzine di caffè con cucchiaini e zuccheriera, si sedette sull’altra poltrona. Porse ad Arianna una tazzina, dicendo: Zucchero? Lei scosse la testa in diniego.

    L’amicizia che li legava era di lungo corso.

    Sebbene Arianna, che pur dirigeva la sede di Milano della banca, ricoprisse un ruolo gerarchico largamente inferiore a quello di Alex, lui la trattava sempre come fossero parigrado. Spesso discuteva direttamente con lei importanti questioni che riguardavano il lavoro della sede, bypassando le pastoie burocratiche che si frapponevano tra loro.

    Alex, Arianna disse all’improvviso, mi sembra che tu sia eccessivamente dimagrito.

    Il volto dell’uomo si aprì in un sorriso. Si vede, eh?

    Vandelli, per gli obblighi di rappresentanza impostigli dalla sua elevatissima posizione, non poteva esimersi dall’accettare inviti a riunioni conviviali almeno due o tre volte a settimana, che producevano l’effetto di fargli mettere su peso costringendolo poi, come in quel periodo, a osservare diete drastiche e prolungate.

    Come per un tacito accordo evitarono, per il momento, di discutere l’argomento che più di tutti era vicino alle loro menti, vale a dire le possibili ripercussioni sulla banca dell’imminente morte di Soldani.

    Come si presentano i risultati della sede questo mese? lui chiese.

    In forma eccellente, e ti dirò che sono ottimista anche per il prossimo anno. Sorrise appena portandosi alle labbra la tazzina di caffè.

    A proposito del prossimo anno, come sono le previsioni di Carlo sull’andamento dell’economia? Prese un sorso di caffè.

    Lei ci pensò su prima di rispondere.

    Carlo Marchi era il marito di Arianna, editore e proprietario de La lettera finanziaria, una testata finanziaria a diffusione nazionale largamente letta da investitori e risparmiatori.

    Fosche, affermò poi con forza. Secondo lui, il deprezzamento cui stiamo assistendo dell’euro rispetto al dollaro non basterà a rimettere in marcia le esportazioni e a far crescere l’economia e di conseguenza l’occupazione, salvo che non siano avviate efficaci riforme e accresciuti gli investimenti secondo i propositi dichiarati dal governo. Per non dire della necessità di abbassare le tasse.

    Sono d’accordo con lui. Vandelli annuì con convinzione. Rimasero in silenzio per diversi secondi.

    La enorme vetrata che affacciava sulla piazza, costituiva gran parte dell’intera parete dello studio di Vandelli e offriva una vista spettacolare della città. In lontananza, il Duomo con la Madonnina e le alte guglie che si protendevano verso il cielo.

    Arianna disse: Se io fossi oggi nelle condizioni di Soldani, vorrei essere ricordato come colui che ha contribuito in modo determinante alla realizzazione del grande progetto edilizio del Parco Lambro.

    Anch’io, Alex disse voltandosi a guardare la giovane donna dopo aver deposto la tazzina vuota sul tavolino. Di certo senza di lui sarebbe rimasto soltanto un’idea e niente di più. Ma lui lo ha praticamente messo in piedi.

    Il progetto di cui parlavano, definito ‘Lambro’ per la vicinanza allo splendido parco, omonimo del fiume che lo attraversava, era molto ambizioso. Si trattava di un enorme complesso residenziale in costruzione in una zona amena della città, anche se periferica. Avrebbe sopperito alla esigenza di alloggi popolari ma di una certa qualità, a prezzi accessibili anche ai meno abbienti.

    Fulvio Soldani aveva impegnato finanziariamente il Credito Industriale nel progetto e in misura rilevante. Vandelli vi era direttamente coinvolto nella gestione, mentre Arianna, nel suo ruolo di direttrice della sede, sovrintendeva alla concessione di linee di credito alle varie imprese edili e all’allestimento di pratiche di mutui ipotecari richiesti dagli acquirenti degli alloggi.

    Sto pensando, Arianna riprese, ai cambiamenti che immancabilmente si verificheranno...

    Era implicito che si riferisse ai cambiamenti dopo la scomparsa di Soldani.

    Alex Annuì. Ce ne saranno, naturalmente, e anche grossi. Spero anzitutto che niente accadrà a compromettere il progetto Lambro.

    Lei sospirò. Non è neppure trascorsa un’ora dall’annuncio di Soldani e…, parve esitare,

    …e ancor prima che la sua fossa sia stata scavata, noi discutiamo i possibili problemi futuri della banca, Alex concluse, e aggiunse: "Be’, è necessario farlo, Arianna, perché Soldani se lo aspetta.

    Alcune importanti decisioni devono essere assunte al più presto."

    Prima tra tutte quella di chi dovrà succedergli come Presidente.

    Di nuovo Alex annuì.

    "Quella è soltanto una delle decisioni", disse.

    Ma è la più rilevante, e io so che moltissimi in banca sperano che la scelta ricada su di te.

    Francamente, lo spero anch’io.

    Quello che non dissero era che già prima dell’annuncio funesto di Soldani, Vandelli era considerato il suo naturale successore poiché era risaputo che lui stesso lo aveva indicato come tale da tempo. Ma la sua eventuale nomina, che competeva al Consiglio di Amministrazione, non poteva aver luogo in tempi brevi dopo la sua morte, poiché Alex era in carica come direttore centrale soltanto da due anni. In precedenza aveva ricoperto prestigiose funzioni direttive in vari importanti istituti di credito, compresa la Banca d’Italia. Soldani, al quale era legato da lunga amicizia, gli aveva un giorno proposto l’assunzione come direttore centrale quando una delle posizioni si era resa vacante. Lo aveva persuaso ad accettare prospettandogli un avanzamento fino alla massima carica della banca: quella di Presidente quando lui fosse andato in pensione.

    Tra cinque anni, gli aveva allora detto, tirerò i remi in barca e voglio passare il testimone a qualcuno dotato della capacità di gestire con efficacia i grossi numeri, in modo da ottenere risultati persino migliori di quelli che io ho sinora conseguito. Credo che quello dello sviluppo reddituale armonico e senza eccessi, sia la prerogativa che contraddistingue un vero banchiere, che pertanto non può essere soltanto un eccellente tecnico. Aveva fatto una pausa. Ma l’uomo al quale desidero lasciare la gestione della banca, non deve mai dimenticare che i risparmiatori, anche se piccoli, rivestono una importanza fondamentale. Il problema è che oggigiorno molte grandi banche tendono a quasi ignorarli, ragione per la quale essi diventano appannaggio delle banche popolari e di istituti di credito minori.

    Gli aveva precisato che la sua non era una proposta definitiva, ma aveva aggiunto: Ho l’impressione, Alex, che tu sia l’uomo giusto di cui abbiamo bisogno, pertanto lavoriamo insieme per cinque anni, e poi si vedrà.

    Ma quei cinque anni non avevano avuto modo di maturarsi.

    Alex aveva accettato la carica di direttore centrale e si era insediato portando con sé tutta la sua passata esperienza e il suo fiuto per gli affari, che gli avevano consentito il perseguimento di importanti obbiettivi, in ciò facilitato dal fatto che lui e Soldani erano in perfetta sintonia.

    Sono molto fiduciosa, Arianna disse, che il Consiglio farà la scelta giusta.

    Lo spero, Alex rispose con aria un po’ assente. In quel momento pensava a Soldani e alla sua cattiva sorte, ma anche a suo padre, divenuto vedovo quando lui, figlio unico, aveva solo cinque anni. Per tutta la vita si era spaccata la schiena come manovale in una impresa edile e lo aveva cresciuto a prezzo di grandi sacrifici, perché potesse studiare conseguendo la laurea con centodieci e lode alla Bocconi. Un titolo di studio che gli aveva spianato la strada verso ambiziosi traguardi nel mondo bancario. In quel momento i due ricordi –  quello del padre e quello di Soldani – si intrecciarono stranamente nei suoi pensieri.

    A riportarlo al presente fu la voce di Arianna.

    L’anzianità di servizio non è essenziale, osservò, quando si tratta di eleggere il Presidente di una grande banca.

    Una certa importanza ce l’ha…

    Alex soppesò mentalmente le sue possibilità. Riteneva di essere in possesso della necessaria professionalità ed esperienza per poter guidare il Credito Industriale, ma era consapevole che i membri del Consiglio avrebbero, molto probabilmente, scelto qualcun altro con una maggiore anzianità di servizio rispetto ai suoi due anni. Riccardo Brusoni, ad esempio, era alle dipendenze della banca da quasi vent’anni, e a dispetto delle occasionali divergenze con Soldani, poteva contare su un consenso significativo in seno al Consiglio. Arianna si alzò in piedi, dicendo. Mi spiace, ma devo tornare al mio lavoro.

    Anch’io.

    Si congedarono e Arianna, uscita dallo studio, si diresse all’atrio da dove prese un ascensore per il pianterreno. Lanciò un’occhiata all’enorme salone del pubblico. Era gremito di clienti che per lo più sostavano a formare lunghe e ordinate code davanti ai dodici sportelli lungo il bancone. Rispose al saluto cordiale di una guardia giurata di sorveglianza che stazionava vicino all’ingresso dalla grande porta a vetri scorrevole, attraverso la quale s’intravedeva una parte della grande piazza, comprese alcune zone di verde.

    Si soffermò per qualche secondo a lanciare un’occhiata all’esterno. Il cielo era grigio e un vento impetuoso sollevava, facendole volteggiare nell’aria, le foglie secche di cui erano tappezzati i marciapiedi. Per quanto ancora ai primi di ottobre, la temperatura era già rigida e costringeva i pedoni a muoversi in fretta nel dirigersi a luoghi caldi all’interno di locali.

    L’autunno era la stagione dell’anno che Arianna più odiava. La percezione dell’inverno incombente le procurava una certa tristezza assieme a sensazioni funeree acuite, in quel momento, dalla consapevolezza della imminente dipartita di Soldani.

    Ebbe un brivido convulso e poi, attraversato il salone, si diresse verso il retro dello stesso da dove imboccò un lungo corridoio su cui si affacciavano numerosi uffici dalle porte chiuse, ma da cui filtravano i rumori caratteristici degli addetti ai lavori.

    Si fermò davanti all’ultima porta che recava incisa su una targa di ottone lucido la scritta ‘Direzione’. Rovistò per qualche secondo nella sua borsetta per prendere le chiavi.

    Entrata nello studio si tolse anzitutto il soprabito scuro dal collo di pelliccia, che appese dentro il guardaroba inglobato in una parete. Andò a sedersi sulla poltrona dirigenziale di pelle nera dall’alto schienale, dietro la grande scrivania e trasse un profondo sospiro.

    Era nel suo regno.

    CINQUE

    Di nuovo Arianna frugò nella sua borsetta per prendere il cellulare, ma senza riuscire a pescarlo facilmente poiché giaceva sul

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1