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Gino Zani. L'ingegnere, l'architetto, lo storico
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E-book408 pagine4 ore

Gino Zani. L'ingegnere, l'architetto, lo storico

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Info su questo ebook

La carriera dell’ingegnere sammarinese Gino Zani (1882-1964) attraversa una fase cruciale del passaggio a una nuova forma di città. L’urgenza storica con cui si presenta la metropoli è, già di per sé, l’espressione stessa del moderno che scardina le tradizionali categorie interpretative. L’irruzione del moderno è però pervasiva, investe anche chi, come Zani, cercherà di opporre all’urto una resistenza conservativa.
La città in Zani è inizialmente un risultato che emerge dagli sviluppi tecnologici come risposta pratica alle necessità, e si trasforma poi in un ambizioso obiettivo da raggiungere che, insieme allo spazio, deve coinvolgere la storia mitizzata della sua forma urbana. A una prima città moderna, la Reggio Calabria dei primi del Novecento, espressione di una borghesia urbana che tenta un riscatto dopo lo choc della distruzione del terremoto, succede così una seconda città, la San Marino degli anni Trenta, che, attraverso l’invenzione di una tradizione, si apriva ugualmente alla modernità travestita da borgo storico ricostruito. Il libro vede riuniti i lavori di autorevoli autori che hanno contribuito ad elevare la figura di Zani e una selezione dei suoi progetti.
LinguaItaliano
Data di uscita18 mar 2019
ISBN9788898275823
Gino Zani. L'ingegnere, l'architetto, lo storico

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    Anteprima del libro

    Gino Zani. L'ingegnere, l'architetto, lo storico - Luca Morganti

    Castelli

    Presentazione

    In un recentissimo volume [Medievalismi italiani (secoli XIX-XXI), a cura di Tommaso di Carpegna Falconieri e Riccardo Facchini, Gangemi ed., Roma 2018, pp. 191] i due curatori introducono il lettore all'idea di medievalismo: «Del medioevo siamo insieme figli e genitori. Ne siamo figli, non vi è dubbio, perché moltissimi sono i lasciti di quel millennio che ancora ci raggiungono e condizionano; ma ne siamo anche genitori, perché il medioevo ce lo siamo, in buona parte, inventato dopo che è terminato. Gli abbiamo dato nome e forme, lo abbiamo sognato, ricreato, rivissuto, lo abbiamo usato per i nostri intendimenti, riempiendolo di significati e trasfigurandolo nel nostro presente.

    Tutto questo è medievalismo».

    In architettura l'ingegnere sammarinese Gino Zani è stato uno degli interpreti di questa piega che la cultura europea e quella italiana hanno preso nel corso degli ultimi due secoli, ma non solo. Nel senso che la figura di Gino Zani, del quale ricorreva il cinquantesimo anniversario della scomparsa, ben meritava un convegno che ne ricostruisse la complessa personalità di architetto, urbanista e storico, una personalità non ristretta alla rifabbrica della sua patria, per usare il felice neologismo di Guido Zucconi del 1992, ma estesa all'insieme dei suoi interessi e della sua opera.

    La pluralità e lo spessore culturale dei contributi che sono confluiti nel convegno del dicembre 2014, dicono che valeva la pena attendere quasi quattro anni per avere questo volume di atti che il Centro Sammarinese di Studi Storici oggi include nella sua collana di studi. Delle iniziative che hanno fatto da corona al convegno (la mostra, la donazione degli arredi dello studio Zani), l'acquisizione dei documenti e dei disegni e la loro conservazione presso la Biblioteca di Stato sono apparse tra le cose più congeniali a un Centro che, istituzionalmente, si occupa di storia e di fonti che consentono di raccontarla con fondamento scientifico. Insomma, un buon lavoro è stato fatto e Luca Morganti ha dimostrato di avere spalle larghe per sostenerlo.

    Ercole Sori

    Direttore del Centro Sammarinese di Studi Storici

    Introduzione

    Come restituire quanto è stato detto e mostrato nelle relazioni presentate alle celebrazioni dell’ingegnere Gino Zani è soltanto il primo dei compiti di questa pubblicazione. Diciamolo subito, senza temere i diktat delle nuove regole universitarie, il presente libro corrisponde a tutti gli effetti a ciò che, fino a poco tempo fa, si era soliti chiamare atti del convegno. Il convegno, svoltosi nell'intera giornata del 6 dicembre del 2014 al Teatro Titano della Repubblica di San Marino, è stato il primo atto di una serie di manifestazioni presentate in ricordo del cinquantesimo della scomparsa dell'ingegnere sammarinese, eventi riuniti sotto il titolo, che questa pubblicazione prende in prestito e fa proprio, di Gino Zani. L'ingegnere, l'architetto, lo storico.

    Le celebrazioni furono promosse dal DARCH, Istituto di Diffusione dell'Architettura e dall'Istituto Ingegnere Gino Zani in collaborazione con il Centro Sammarinese di Studi Storici e l'Ordine degli Ingegneri e Architetti della Repubblica di San Marino al fine di apportare un contributo di approfondimento all'opera di Zani. Al convegno, nell'arco di tempo di tre mesi, si sono sovrapposte in quell'occasione: la mostra antologica dei progetti a partire dai disegni e dai plastici, allestita al Museo Pinacoteca di San Francesco; l'intitolazione della via nei pressi dell'Arco dell'Ospedale; la donazione, tuttora in corso, da parte della famiglia del fondo librario, degli arredi dello studio, dei documenti, nonché dei preziosissimi disegni di Zani alla Biblioteca di Stato che ha sistemato i materiali in un apposito spazio all'interno di palazzo Valloni.

    Verificare che sia stata recisa la persistenza di un pregiudizio dogmatico circa l'incapacità della scrittura di consegnarci uno scambio vivo del sapere, invece della sua lettera morta, diventava allora l'esperimento difficile a cui il presente libro non solo non si è voluto sottrarre, ma ha cercato di mettere in pratica. Gli autori di seguito presentati – tra coloro che hanno maggiormente contribuito ad elevare la figura di Zani in alcuni fondamentali studi – hanno offerto i loro scritti traendoli direttamente dalle comunicazioni e solo chi è stato chiamato a completare la sezione degli atti in un secondo momento, per chiudere il cerchio dei contributi, ha portato un saggio di tipo classico, certamente non meno interessante. Traspare nei primi, molto spesso, il tono immediato dell'oralità che rende piacevole la lettura, ed è proprio negli interstizi di questa parola patica che oggi quei testi ci suggeriscono già altre piste da percorrere nella direzione di possibili esplorazioni.

    Incombe su questi studi, non vogliamo nascondercelo, il refuso della celebrazione che, in quanto tale, ha poco a che vedere con le analisi critiche. Bisogna però saper trarre dalle sconfitte i buoni insegnamenti: per quanto velleitari e pretestuosi possano sembrare i bilanci, le ricorrenze e gli anniversari, sono oggi diventati l'unico motivo di dibattito strappato al circuito dissipativo della chiacchiera mediatica e anche l'unico appuntamento di rilievo culturale possibile nelle odierne società, specie se periferiche rispetto ai circuiti ufficiali della cultura, come nel nostro caso. Mettendo da parte, quindi, ogni riserbo intellettualistico, abbiamo provato, al contrario, a sfruttare quest'ultimo spazio dando forma all'ultimo bilancio, in ordine di tempo, di un'attività prolifica e intensa come quella di Gino Zani.

    Un secondo e più importante compito del presente libro – un compito più interno all'ordine dei significati che abbiamo voluto proporre per quest'occasione – è quello di tenere insieme, nell'interezza che meritava, la carriera di quest'autore divisa tra luoghi molto distanti, come la città di Reggio Calabria, fulcro d'elezione che irradiava sull'intera macroarea dello Stretto dopo il terremoto del 1908, e la Repubblica di San Marino. Se della ricostruzione reggina Zani è stato un indiscusso protagonista, apportando un sapere tecnico di grande rilievo che gli ha permesso di concepire il proprio lavoro come ricerca concreta sul campo, a San Marino la sua opera si è resa fondamentale nel far compiere alla Repubblica il transito dall'Ottocento verso le incalzanti evoluzioni del dopoguerra. Di Zani esiste, per questo, una rappresentazione rigidamente divisa tra questi due momenti che corrispondono a luoghi diversi, come se la figura di questo professionista fosse stata scissa in parti uguali, senza che mai l'una parte rivendicasse l'altra quasi a vedere, nelle due parti, blocchi autonomi che non si sono sfiorati.

    Ci sono autori che, con differenti approcci, hanno legato il proprio nome in maniera indissolubile a luoghi specifici e particolari città. Sono forse i casi più interessanti, in cui l'architettura viene restituita a quella pratica, che le è propria, di ancella delle trasformazioni della città. I loro nomi sono fin troppo noti ma senza tornare a presentarli, per non incedere in impropri paragoni, bisognerà ammettere che nel lavoro di Zani a essere state oggetto d'intervento, tanto da dovere ricorrere necessariamente alla sua autorità, sono state ben due realtà. La carriera di Zani, come ho cercato di chiarire, attraversa una fase cruciale del passaggio a una nuova forma di città. La perturbante urgenza storica con cui si presenta la metropoli è, già di per sé, l'espressione stessa del moderno che scardina le tradizionali categorie interpretative. L'irruzione del moderno è però pervasiva: investe anche chi, come Zani, cercherà di opporre all'urto una resistenza conservativa. Da questo punto di vista, l'opera dell'ingegnere è interna al paradigma della modernità ed è proprio dentro tale struttura che maturano le differenze di approccio in tempi e spazi diversi. La città in Zani è un risultato che emerge inevitabilmente dagli sviluppi tecnologici come risposta pratica alle necessità e si trasforma in un ambizioso obiettivo da raggiungere che, insieme allo spazio, deve coinvolgere la storia mitizzata della sua forma urbana. A una prima città moderna, espressione di una borghesia urbana che tenta un riscatto dopo lo choc della distruzione del terremoto, succede così una seconda città che, attraverso l'invenzione di una tradizione, si apriva ugualmente alla modernità travestita da borgo storico ricostruito.

    Si trattava allora, da parte nostra, di riunire in un'unica pubblicazione le due carriere, in modo che il confronto scaturisse sia da un semplice motivo di adiacenza, come nelle migliori intuizioni di ricerca che nascono sullo scaffale aperto delle biblioteche, sia dal porre in questione lo stesso rapporto in modo diretto, come di fatto emerge in alcuni scritti. Ma se a determinare il proprio fare architettonico, in trasformazioni che segnano continuità e scollamenti, intervengono luoghi particolari e precisi eventi, ciò significa che la propria biografia è già stata implicata, e direttamente, nella vicenda.

    La vita che reclama il suo racconto è di seguito restituita dall'architetto Gino Zani in una narrazione familiare che ricostruisce, insieme alla primissima formazione, anche il lato umano dell'ingegnere, nelle sensibili percezioni di un rapporto tra nonno e nipote. Ed è ancora partendo da una dimensione biografica che prende le mosse il testo di Laura Rossi. Nei diari, come sempre accade, la sfera privata viene spesso a infrangersi sul piano pubblico del lavoro. Le due dimensioni allora si avviluppano in una zona d'indistinzione, laddove alla descrizione delle avventure del progetto si sovrappongono i racconti del cantiere, dei rapporti difficili con i diversi attori sociali o, più frequentemente, dei conflitti che, guarda caso, si traducono in antipatie. La ricostruzione di Rossi attraverso i diari, ma non solo, diventa di estrema importanza nel ricucire le aspettative e le speranze con la loro dura e concreta realizzazione e ha soprattutto il merito di consegnarci un lato nascosto, altrimenti imperscrutabile, del progetto di architettura. Solo a partire da questa secante, sembra suggerire Laura, ciò che in un primo momento appare diviso nello stile si ricongiunge, in segreto, nella vita privata.

    Il contributo di Massimo Lo Curzio ritorna su un tema che il professore aveva cominciato ad affrontare a partire dalla prima monografia del 1986 dedicata all'attività di Zani a Reggio Calabria. In questo nuovo lavoro, però, il discorso si estende non per completare quella prima ricerca già conclusa, quanto per fornire un'interpretazione aggiornata che, in realtà, pare non essersi da allora mai fermata. Per Lo Curzio, Zani è un punto fermo della trasformazione urbana sul quale diventa impossibile non tornare continuamente: nella produzione dell'ingegnere sammarinese scorge, infatti, un'opera imprescindibile che, toccando tutti gli aspetti del progetto, riesce a dare soluzioni in grado di porsi come modelli ripetibili nella loro formulazione logica. Zani condensa in un'unica figura gli innumerevoli intrecci della professione partendo da un nucleo tematico, che non è mai necessariamente lo stesso, per risolverlo in tutte le direzioni. L'approccio «globale», lo definisce Lo Curzio, gli permette di toccare integralmente il tema dell'abitare senza, però, essere mai sterilmente generico. Emerge, al contrario, la preferenza per l'innovazione tecnologica che prima ancora di essere una prerogativa della formazione, è una tonalità ideologica, per così dire, della fiducia nel progresso e nella scienza.

    Zani si trova ancora a Reggio Calabria quando comincia i primi lavori per San Marino. Sono inizialmente lavori d'occasione in cui, infatti, il progetto emerge dalla contingenza particolare delle richieste della committenza e non si inscrive in un quadro più ampio di intervento specifico per il luogo d'origine. Leo Marino Morganti ricostruisce storicamente la vicenda soffermandosi sul palazzo Bertoldi del 1911. Quando a metà degli anni Trenta Zani dovrà costruire il palazzo dell'Ipois la questione si ribalta, dice Morganti: in quel tempo un'architettura autoctona è già stata messa a punto e ad essere ripescata, per accontentare i desideri della committenza, è l'esperienza giovanile di Reggio Calabria. Non deve sfuggire che è in queste fessure che andranno analizzati i rapporti dirimenti tra un prima e un dopo.

    In ogni caso, la parola chiave che tende ancora all'unità è, per Gilberto Rossini, lo spazio urbano. «I livelli della progettazione» sono, per Rossini, l'individuazione razionale delle componenti spaziali della natura, della città e dell'architettura. Componenti che procedono di pari passo alla definizione del risultato architettonico e compiono quel passaggio che Zani fa da Reggio a San Marino, e l'architettura del Novecento sviluppa dall'ornamento alla sobrietà razionalista. Sobrietà non dottrinaria, però, che affonda le sue prerogative nella semplicità, da intendersi come dismissione di ogni arroganza personalistica, che affetta spesso un certo tipo di professionista, e ricerca dell'adaequatio non tanto alla «rei et intellectus» che Mies van der Rohe, citando Tommaso d'Aquino, rivendicava quale verità dell'architettura, ma alla funzione e al carattere del luogo. Non al luogo ma al tempo storico si rivolge nella sua ultima lettura Guido Zucconi. Il professor Zucconi ha lavorato a lungo sull'attività di Gino Zani a San Marino, fornendo la più lucida interpretazione della ricostruzione sammarinese dalla quale oggi non si può prescindere. Dietro a un laconico e professionale «non ho altro da aggiungere», il suo contributo sgombra il campo da alcune facili attribuzioni che sono state rivolte all'opera di rifacimento. La dialettica nuovo/antico è inserita in un panorama molto diffuso in cui la tendenza delle politiche di gestione dell'attività edificatoria urbana andava attestandosi sui medesimi schemi di quella sammarinese e, come questa, il canovaccio era tratto da una continuità storica di lunga durata che affondava le radici negli ultimi decenni dell'Ottocento. In più, in questa sede, emerge un dato che, in nuce, era già apparso nei precedenti lavori e che ora acquista una sua critica fondante nel notare come il progetto dell'architetto e del restauratore Gino Zani si attesti in una prossimità ai principi teorici espressi negli scritti di Gustavo Giovannoni: l'idea che a essere investito dall'azione di modificazione dell'esistente vi sia un sistema di relazioni che coagula, insieme all'oggetto architettonico, anche la realtà urbana dalla quale quello stesso oggetto si genera.

    La prima parte dei contributi ci informa, attraverso chi ha seguito da vicino con determinazione e passione l'attribuzione alla Repubblica di San Marino del riconoscimento Unesco, che l'opera di Gino Zani, proprio per quanto sostenuto dagli autori presentati fin qui, è stata fondamentale ai fini dell'ottenimento dell'iscrizione al Patrimonio dell'Umanità. Lo afferma, di seguito, Edith Tamagnini e lo ribadisce con forza, successivamente, Alessandro Galassi. A ciò si deve aggiungere la personalissima ricerca di Paolo Rondelli che ritrova, per la prima volta, le tracce di un'attenzione internazionale al lavoro di Zani già durante la sua carriera quando, per la costruzione del Palazzo degli uffici, l'interesse degli americani è rivolto all'impresa del piano regolatore interno.

    Agli atti del convegno abbiamo poi aggiunto, in questa pubblicazione, una parte monografica finale, dal titolo Opere e progetti, riguardante una selezione dei progetti di Zani che, nella nostra intenzione, può in parte restituire gli sforzi compiuti per la realizzazione della mostra antologica. Le immagini presentate in mostra, prevalentemente disegni tecnici e viste prospettiche, sono state riordinate per l'occasione in base alla scelta di mostrare zone meno conosciute di un repertorio già ampiamente noto agli interessati. Identica rispetto alla mostra è la divisione dei capitoli ma, trattandosi di una pubblicazione che, in quanto tale, si lascia usare per l'approfondimento, qui abbiamo incluso delle schede, per ogni progetto presentato, in modo da facilitare l'approccio anche a chi si accosta al lavoro di Zani per la prima volta e senza una specifica competenza degli argomenti trattati.

    Luca Morganti

    Riconoscimenti internazionali

    1.1 L'importanza dell'opera di Zani per il riconoscimento Unesco di San Marino quale patrimonio dell'umanità

    di Edith Tamagnini

    San Marino è, dal 7 luglio 2008, Patrimonio dell'Umanità. Il bene iscritto (55 ettari di cui 42 pubblici, 3,8 privati, 1,2 di proprietà religiose) include il Centro storico di San Marino con le sue mura difensive, i versanti del monte Titano, il Centro storico di Borgo Maggiore fino al Sacello del Santo. La zona tampone (167 ettari, buffer zone) è concepita per salvare l'integrità visiva del Sito in considerazione del fatto che la Città è stata largamente modellata dal paesaggio. Un paesaggio che va strenuamente difeso perché organismo vivente in cui si compendia la nostra identità di abitatori e di fruitori.

    In base alla Convenzione del Patrimonio Mondiale, all'analisi del Consiglio internazionale dei Monumenti e dei Siti (icomos) a seguito dell'elezione unanime del Comitato del Patrimonio Mondiale (composto da 21 Stati che rappresentano i 5 continenti), San Marino è una città storica vivente e costituisce una testimonianza universale di democrazia rappresentativa, che è iscritta pertanto nella Lista del Patrimonio Mondiale secondo il criterio III. Invito a questo proposito, per approfondire i temi del Valore Universale, a consultare l'apposito sito: www.visitsanmarino.com.

    In questo contesto, si comprende quanto l'opera di Gino Zani sia stata importante. Essa infatti ha permesso all'intera Città di diventare un Gesamtkunstwerk, cioè un'opera di insieme, dove ogni dettaglio veniva studiato con cura, una città le cui pietre millenarie testimoniavano la storia indipendente della Repubblica dal medioevo ad oggi. Questo palinsesto rispecchia la filosofia che ispirava, all'epoca, la teoria del restauro medievale, al fine di rivalutare la storia e, nel caso di San Marino, l'identità della Repubblica.

    Per fare comprendere il valore di San Marino è stato necessario, nel dossier di presentazione della candidatura, procedere ad approfondite analisi comparative. icomos, organo consultativo dell'Unesco, ha considerato pertinenti le analisi comparative con le ricostruzioni delle fortificazioni urbane del XIX secolo, in particolare con la città fortificata di Carcassonne (iscritta nella Lista nel 1998) caratterizzata dagli interventi di restauro di un grande architetto francese, Viollet-le-Duc, e con i castelli medioevali di Luigi II di Baviera, in Germania.

    Confrontando tutti questi elementi, si comprende bene che San Marino ha subito una rifabbricazione come capitale storica vivente ed è stata oggetto di un'attenta ricostruzione per valorizzare l'identità dell'intera Repubblica, l'accento essendo posto sull'immagine della libertà, al fine di conferire un valore aggiunto rispetto ad altri esempi che si riallacciano al Movimento romantico dell'epoca.

    Tornando all'architetto Viollet-le-Duc è importante, secondo la sua teoria, nel momento in cui si attua un restauro, «ristabilire un edificio in uno stato completo che può non essere mai esistito». In poche parole restaurare significa saper intervenire su un'architettura alteratasi nel tempo, degradatasi a causa di vari errori stilistici compiuti in epoche diverse, per cui mettere in atto un restauro significa anche portare a completamento, secondo lo stile più confacente, un edificio che può anche essere rimasto incompiuto nel corso del tempo.

    È proprio ciò che, a mio avviso, ha fatto Gino Zani, intervenendo sull'esistente ma anche sull'inesistente. Ed è per questo che considero Zani non solo uno studioso instancabile, i cui disegni affascinano per la loro eleganza e per lo stile, basti pensare ai ceselli dei balconi di palazzo Valloni, da lui disegnati personalmente, ma anche considero Zani un grande sammarinese perché, operando nel campo del restauro e delle manutenzioni, in una città poverissima e devastata dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, ha voluto contribuire al futuro della Repubblica, individuando nella bellezza del paesaggio un grande valore aggiunto e tratteggiando con le antiche mura e le torri lo skyline del monte, per il futuro turistico di San Marino. Una bellezza che permane, nonostante alcuni errori evidenti compiuti in periodi postumi alla sua esistenza, di cui egli non può essere ritenuto responsabile.

    La città – come scrive il grande architetto Giancarlo De Carlo – è il museo più straordinario che esista. È la registrazione continua e inesauribile di una società: tutto è scritto nella struttura e nella forma della città. Possiamo guardare alla struttura urbanistica come a un'opera d'arte composita, nella quale leggere la severa impronta medioevale e, in forma minore, l'eleganza rinascimentale di alcune loggette, di interventi settecenteschi dalle linee barocche, di quelli neoclassici dell'Ottocento, che io personalmente prediligo di meno, perché alcune opere hanno definitivamente cancellato importanti complessi come la Pieve di San Marino.

    Ai pretoriani della conservazione, a coloro che definiscono, spesso senza competenza, il centro storico di San Marino come qualcosa di disneyano, è opportuno replicare leggendo ciò che figura nella Dichiarazione di Valore Universale a proposito del Centro storico:

    i lavori di restauro e di ricostruzione realizzati a cura di Gino Zani possono essere considerati come parte integrante della storia del Bene e valutati in quanto applicazione dei principi teorici provenienti dal Movimento Romantico di restauro. Nel presente caso, l'idea di medioevalizzazione del Centro Storico può essere considerata come un'espressione dell'identità nazionale ricercata attraverso un'immagine idealizzata del Centro Storico.

    Sono rimasta molto colpita da un'intervista rilasciata recentemente alla televisione da uno dei più grandi architetti contemporanei, Renzo Piano. In essa veniva soprattutto esaltato il valore della manutenzione, e non della distruzione, per un adeguato recupero dell'esistente. Tutto questo gli fa onore: chi se non lui può essere ritenuto oggi un archistar? Berliner Alexanderplatz è opera sua! A seguito di un concorso internazionale che egli aveva vinto.

    Quindi non esaltiamoci per progetti faraonici, che a volte sono calati in un territorio e in una realtà preesistente di tutt'altro genere. Prendiamo motivo d'ispirazione da un instancabile, ammirevole e sinceramente ispirato Gino Zani, per prenderci cura oggi del nostro centro storico, che potrà essere oggetto di interventi per restauri e manutenzioni rispettosi di un'identità già ben definita. Un'identità che non deve essere né stravolta né violata. Sussistono in San Marino qualificati professionisti capaci di concorrere alle migliori idee per questa straordinaria città-stato.

    Non dimentichiamoci, inoltre, che se nella vicina, splendida Italia si fosse curata di più la manutenzione invece che le grandi, spesso discutibili, opere moderne, certamente non assisteremmo al dissesto idrogeologico, alle catastrofi di una natura che non regge più l'urto della cementificazione.

    Con questo non voglio sottrarre nulla alle grandi opere che valenti architetti moderni hanno progettato in tutta Europa, come avvenuto, ad esempio, a Berlino, un grande riferimento culturale per comprendere pienamente cosa significhi l'architettura moderna rispettosa del territorio e dell'ambiente.

    Dopo l'iscrizione del nostro Paese nel Patrimonio dell'Umanità avvenuta, lo ricordo ancora una volta, nel 2008, abbiamo assistito con universale rammarico allo sfacelo di numerosi siti iscritti sulla Lista che, a causa di una mala o non gestione, rischiano di finire sulla Lista dei Beni in pericolo.

    Questo rischio non concerne San Marino in quanto le Istituzioni preposte hanno provveduto ad effettuare con competenza restauri e manutenzioni ammirevoli, che sono sotto gli occhi di tutti, e che sono stati svolti soprattutto dall'Azienda Autonoma di Stato di Produzione la quale ringrazio pubblicamente.

    Penso, inoltre, che a parte la legge Unesco n. 133 del 2009, che costituisce una protezione giuridica importante, a parte le nostre Istituzioni, siano i nostri concittadini processo integrante di questo progetto di salvaguardia e di questa volontà di tutelare il nostro Patrimonio.

    Credo, in conclusione, che l'imperativo più pressante sia guidare la Res-pubblica assumendo in pieno le responsabilità delle sfide di oggi. Per un mondo non spettacolare, non fittizio, ma per un mondo veritiero.

    1.2 Gino Zani e l'identità della Città-Stato

    di Alessandro Galassi

    Riflettendo sull'opera dell'ingegner Gino Zani per la rifabbrica di San Marino, la prima parola che viene in mente è proprio identità.

    L'identità del popolo sammarinese si fonda certamente sulla sua storia millenaria, sulle sue tradizioni e sulla permanenza delle sue istituzioni repubblicane, ma è soprattutto legata visivamente al monte Titano. Non a caso nel proporre San Marino per l'iscrizione all'interno della Lista del Patrimonio Mondiale, nel dossier di candidatura il titolo del bene proposto, e poi accettato, è Centro storico di San Marino e Monte Titano.

    Il monte fin dall'inizio ha rappresentato l'elemento fondante dell'identità di un popolo raccoltosi intorno a uno scalpellino, ed è proprio con la pietra del monte che si è costruito, a partire dalla sua fondazione, il centro di San Marino. La pietra e il lavoro degli scalpellini rappresentano quindi il vero genius loci della Repubblica, e gli interventi di restauro e ricostruzione operati a partire dalla fine dell'Ottocento sono l'attuazione eccezionale della trasposizione in pietra dell'identità del popolo sammarinese.

    Già Francesco Azzurri, chiamato nel 1883 a presentare un progetto per la ricostruzione del Palazzo, nella relazione che accompagna il suo progetto, chiedendosi quale stile adottare, afferma decisamente di voler esprimere nella fisionomia esterna e interna del Palazzo il glorioso passato della Repubblica, la sua invarietà, la sua antichità e la sua affermazione moderna:

    [...] l'Architettura deve nei suoi edifici esprimere a chi la guarda che essa mantiene invariabilmente l'antico carattere, come mantiene invariabilmente le sue antiche istituzioni[1].

    E se il Palazzo di Azzurri è il primo passo per il riconoscimento e l'affermazione del perdurare nei secoli della Repubblica, l'opera di Zani compiuta molti anni dopo, tra il 1925 e il 1940, ne è il naturale sviluppo e completamento. Il mito di San Marino ha bisogno di un'immagine forte e Zani, opponendosi fermamente alla ipotesi del piano di conservazione dei ruderi delle antiche fortificazioni del Titano elaborato dall'architetto Moraldi, propone in alternativa di basare il progetto di restauro su uno studio accurato delle fonti storiografiche, anche ricorrendo a ricostruzioni grafiche che evidenzino i caratteri originali o presunti tali dell'intero sistema di fortificazioni del monte, immagine celebrata in tutta l'iconografia storica e nelle antiche medaglie e nei sigilli di San Marino. Con questo spirito nasce quindi lo studio sulle tre rocche e i relativi disegni che confluiranno successivamente nell'opera Le Fortificazioni del Monte Titano, pubblicata nel 1933.

    Ma il lavoro di Zani non si ferma ad analizzare e riprogettare solamente i punti notevoli del centro storico. Egli, ripercorrendo la storia della costruzione della città-stato, dedica molte pagine non solo alla

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