La città del leone -Lentini dal 1696 al 1860
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Anteprima del libro
La città del leone -Lentini dal 1696 al 1860 - Francesco Valenti
Francesco Valenti
La Città del Leone
Il centro urbano di Lentini dal 1696 al 1860
Copyright © 2012 by Francesco Valenti
Foto e impaginazione by Francesco Valenti
Tutti i diritti riservati. All rights reserved.
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Edizione digitale: Aprile 2012
Premessa
Il presente volume si discosta leggermente dai precedenti aventi come titolo principale Leontinoi storia della città, per l’impostazione metodologica. Esso infatti, più che la continuazione dei precedenti volumi, è la risposta alle sempre più numerose richieste giuntemi già da molti anni e da vari ambienti, sia accademici e sia scolastici, nonché da semplici cittadini, affinché, anche come semplice ristampa, fosse ripubblicato La città del Leone, il centro urbano di Lentini dal 1696 al 1860 (CUECM, Catania 1993), da tempo assente dagli scaffali delle librerie.
Esaudisco volentieri le richieste di questi affezionati lettori ripubblicando il testo con l’aggiunta di altre notizie, la rielaborazioni di alcune parti e un nuovo apparato iconografico.
Tutto ciò con la speranza, così come con i precedenti lavori, di fornire uno strumento per una presa di coscienza, per una acquisizione di consapevolezza, per un recupero di identità.
Spetterà ad altri, speriamo in tempi brevi, scrivere la storia completa di Lentini. Colgo l’occasione per ringraziare e sono molti, tutti coloro che mi hanno sostenuto e incoraggiato a continuare lo studio matto e disperatissimo
sui vari aspetti della storia di Leontini, nonostante la voglia di mollare fosse sempre dietro l’angolo e soprattutto chi ha avuto la pazienza e la benevolenza di leggere quanto ho pubblicato, senza i quali ogni fatica letteraria, piccola o breve, sarebbe inutile.
Per esigenze di brevità è citata solo la bibliografia più recente, comprensiva della letteratura precedente.
Lentini dopo il 1693 Ripensare il Centro Storico
La bibliografia di molte città del Val di Noto, i cui impianti urbani sono stati realizzati dopo il terremoto del 1693, in questi ultimi anni si è arricchita di nuovi ed interessanti contributi¹. Città come Catania, Augusta, Noto, Avola, Grammichele², considerate le maggiori espressioni dell'urbanistica siciliana del XVIII secolo, devono la loro fama ad architetti e ad ingegneri come Grunemberg, Vaccarini, Angelo Italia, Michele da Ferla o altri e, specialmente nelle città demaniali, alle classi dirigenti, che furono in grado di capire e quindi di attuare le innovatrici idee dell'urbanistica barocca e, successivamente, illuminista.
Su Lentini, che è stata da sempre uno dei maggiori centri della Sicilia sud-orientale, non esistono studi o ricerche che traccino, anche a grandi linee, la storia sociale, urbana e politica della città. La mancanza di testimonianze architettoniche di un certo rilievo, di documenti di archivio relativi al formarsi dell’attuale centro urbano dopo il terremoto del 1693³ e di notizie certe sull’estensione dell’area urbana, sul numero e sulla densità degli abitanti nei vari quartieri nelle diverse epoche, ha probabilmente scoraggiato lo studio delle vicende relative alla nascita, allo sviluppo e alle trasformazioni architettoniche ed urbanistiche della città⁴.
Lentini è stata sempre una città agricola, legata a schemi e a ritmi propri della civiltà contadina ed estranea, sino a qualche decennio fa, ai flussi innovatori
portati dalla selvaggia industrializzazione di buona parte dell'area settentrionale della provincia di Siracusa (Melilli, Priolo ed Augusta) o della vicina Catania. Questo isolamento
ha influenzato notevolmente, specialmente in passato, le tipologie edilizie e lo sviluppo urbanistico, legati più alle esigenze della produzione agricola, che alle realtà culturali o religiose presenti nella città. Ciò ha fatto sì, probabilmente, che urbanisticamente Lentini fosse caratterizzata da un caotico addensamento di case (mentre è stata assente l’opera di ingegneri o di architetti, che con appropriati piani urbanistici avrebbero rivoluzionato, di volta in volta, il paesaggio urbanizzato), condizionando così anche la qualità della vita dei cittadini.
Il prevalere degli antichi schemi urbani, nella Lentini post 1693, anche se è stato ed è motivo di rammarico per le passate e per le odierne generazioni, può dare la possibilità allo studioso di tentare di individuare gli antichi tracciati viari, infatti là dove gli architetti hanno stravolto con i loro progetti la dimensione dei lotti edificabili, la destinazione delle singole aree e il sistema viario, è abbastanza arduo, in assenza di cartografie antiche, di rappresentazioni pittoriche, di documenti di archivio e di scavi archeologici, riuscire a ricostruire il vecchio tessuto urbano⁵, mentre si conservano perfettamente gli schemi viari ed urbani delle città morte
(vedi ad esempio Pompei, Selinunte, Megara Hyblea, Solunto ecc.)⁶.
La recente storia urbana di Lentini, al pari di quella delle altre città del Val di Noto, non può prescindere dall’inventario delle devastazioni causate dal terremoto del 1693 e dalle vicende sviluppatesi nell’arco di tempo che va dal 1693 al 1860, durante il quale la Sicilia passa dalla dominazione spagnola al domino, nell’ordine, dei Savoia, degli Asburgo e dei Borboni, un lungo periodo che vede l’avvio, la fase di realizzazione ed il momento conclusivo della ricostruzione della città.
Si tratta di un notevole arco di tempo, poco meno centosettanta anni, durante il quale l’opera di ricostruzione procedette lentamente, a causa delle notevoli difficoltà economiche e sociali, che in un certo momento fecero intravedere anche la possibile scomparsa della città ed il trasferimento, altrove, della sua popolazione. Ciò rende estremamente difficile ogni tentativo rivolto ad ordinare cronologicamente le varie fasi della ricostruzione dei principali edifici, la maggior parte dei quali furono edificati in tempi così lunghi, che è possibile, ove non sono sopravvenute recenti modifiche sostanziali, osservare, attraverso le diverse soluzioni architettoniche adottate e nelle decorazioni, i mutamenti di stile e di gusto che ogni momento storico porta con sé.
Unica eccezione, anche se con le dovute cautele, si possono considerare gli edifici di culto, che per loro stessa natura sono in genere avulsi