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Sulle ali del vento
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E-book293 pagine4 ore

Sulle ali del vento

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Info su questo ebook

Sullo sfondo di un’Irlanda ottocentesca permeata di squallidi profili, si intrecciano, avvincenti, le avventure di un uomo dall’oscuro passato e di un figlio mai conosciuto. Due vite unite da un insolito destino alla disperata ricerca della verità. Un matrimonio naufraga e nella disperazione un mito esce dall’oscurità e ritorna a vivere. Ciò che si è voluto sotterrare non era morto; ciò che si è voluto dimenticare non era stato sepolto. Un volto rinasce a nuova vita e l’esistenza di un uomo e di un giovane cambiano radicalmente, ma proprio ora nascono le vere difficoltà, i veri ostacoli: la felicità ha un prezzo troppo alto. Una grande storia d’amore e d’avventura che va oltre i confini dell’esistenza. Storia di intrighi misteriosi e inaspettati, di rapimenti e di naufragi, di eredità nascoste, di misteri irresolubili. Un padre e un figlio alla ricerca di se stessi hanno come obiettivo comune un volto...

Nata a Sora nel 1964, si trasferisce a Roma, poi a Vercelli ed in seguito a Pavia; ma sarà a Torino l’ultima tappa, dove vive tuttora. Lavorando inizialmente per una nota casa d’aste piemontese, viaggia in tutta Italia e all’estero. Frequenta il mondo del jet set per molti anni; ma all’età di trent’anni decide di dare una svolta alla sua vita, molla tutto e ricomincia daccapo. Consegue gli studi alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino e inizia a lavorare come progettista per una nota multinazionale americana. Conosce l’uomo che diventerà suo marito e dal quale si separa dopo soli quattro anni: è l’ennesima svolta. Completa gli studi musicali iniziati in giovane età e viene scritturata, come soprano lirico, da una nota compagnia d’operetta di Torino per la quale interpreta il ruolo di protagonista in molte delle più celebri opere presso importanti teatri di tutta Italia. Animatrice nell’ambito dell’evangelizzazione per bambini e ragazzi, si occupa della formazione e crescita spirituale dei più piccoli: presta servizio a livello regionale e nazionale, fino anche a Roma con Papa Francesco. Mamma fiera dei suoi due figli, Manuel e Asya, decide di scrivere questo suo primo romanzo con il quale vince il terzo premio, per la categoria inediti, al VII Premio Letterario Internazionale Montefiore e un primo premio, Oscar per la letteratura inedita, al concorso internazionale Pegasus Literary Awards.
 
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2019
ISBN9788830602854
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    Sulle ali del vento - M. Antonietta Manuela Sasso

    eventi.

    Sulle ali del vento

    "Chi odia il proprio fratello è rimasto nella tenebra

    E non sa dove va,

    perché la tenebra accecò gli occhi suoi".

    (1 Gv 2, 1 1)

    "Principe della pace che trasformi le spade in vomeri

    e le lance in falci,

    muta l’odio in amore e la vendetta in perdono".

    (Is. 2,4)

    CAPITOLO I

    Irlanda 1825.

    L’estate era ormai terminata e quella sera, per le strade di Limerick, tirava un’aria particolarmente gelida. Dal cielo grigio la pioggia cadeva fitta martellando sui vetri un ritmo incessante e malinconico.

    Immerso nella foresta un castello si ergeva maestoso dominando incontrastato il paesaggio, avvolgendolo con la sua aria tetra come se un triste presagio misteriosamente incombesse nel silenzio.

    In una stanza buia un uomo, sprofondato in una poltrona di pelle nera, teneva tra le mani tremanti una lettera sgualcita. Il volto era teso e pallido, lo sguardo fisso.

    Affascinante uomo, Lord Brummel, si sarebbe senz’altro creduto intorno ai quarant’anni se i grigi capelli non ne avessero invecchiato notevolmente l’aspetto. C’era qualcosa in quell’uomo, qualcosa in quel volto che segnavano il trascorrere inesorabile del tempo, di un’esistenza difficile e soprattutto di solitudine. Michael Esterhans Brummel non coltivava amicizie all’infuori di un certo avvocato Mailer, e non frequentava che le sue fabbriche. Il cupo, misterioso e solitario Falco di Limerick l’aveva definito un giorno l’anziana Lady Mowrei nel suo salotto, sempre stato, fra l’altro, il più frequentato di Londra. Il falco con le ali spiegate sullo stemma dei Brummel aveva probabilmente ispirato la donna: ella non immaginava che da quel giorno il conte Michael Esterhans Brummel sarebbe divenuto per tutti il Falco di Limerick.

    In affari era imprevedibile, eccellente e tempestivo; nella vita un’ombra copriva il suo passato di cui si conosceva ben poco. Americano, arrivato in Irlanda diciotto anni prima. Suo padre Josh dicevano che fosse, in America, il più grosso esportatore di legname: aveva segherie e tagliatori lungo tutta la costa occidentale, dicevano, e dal territorio di Washington a San Francisco ogni porto e ogni foresta appartenevano a Josh Brummel.

    Michael aveva lavorato sodo fin dal primo momento in cui era arrivato a Limerick. Non frequentava mai nessuno al di fuori di quel certo Lawrence Mailer, arrivato dall’America insieme a lui. Si diceva che egli fosse figlio di un vecchio amico della famiglia Brummel, forse medico in una cittadina poco più a Nord di San Francisco, e che i due fossero amici d’infanzia. La gente si chiedeva come mai nessuno, all’infuori di Mailer, potesse avvicinarlo.

    Michael, una volta giunto a Limerick, si era arricchito presto e dopo due soli anni dal suo arrivo in Irlanda, ne possedeva le terre più fertili oltre a diversi territori in Inghilterra. Egli fu tra i primi a servirsi dei nuovi macchinari, sfruttando a fondo le nuove tecniche di lavorazione e le più economiche fonti di energia appena scoperte.

    Come risultato ne ottenne una notevole crescita del sistema industriale di produzione che gli garantì notevoli profitti, nonché le simpatie di Giorgio III, incallito promotore di tali nuovi sistemi.

    Gli venne conferito il titolo di Conte e quando sembrò che cominciasse a frequentare alcune amicizie, accadde qualcosa che nessuno poté mai spiegare: Michael Brummel scomparve. Ci fu chi disse che era morto, chi, invece, che fosse ritornato in America ed altri ancora che pensarono fosse gravemente ammalato, chiuso nel suo tenebroso castello di Limerick.

    Mailer curò gli affari del Conte in sua assenza e da lui non si riusciva a sapere altro che: Il conte è momentaneamente assente. Ma l’ombra che segnava il suo volto tradiva la presenza di una circostanza molto più grave.

    Cinque anni dopo, Lord Brummel, Conte di Limerick comparve come un fantasma, ad un convegno a Southempton, dove tutti aspettavano Mailer; da allora egli continuò ad occuparsi personalmente dei propri affari.

    Correva l’anno 1815 e la vita di corte era più che mai fiorente, a discapito dei ceti poveri. La guerra contro Napoleone di Francia era finita e gli inglesi ne erano usciti vincitori. Il Duca di Wellington e l’Ammiraglio Nelson avevano ottenuto per l’Inghilterra le isole di Malta, Ceylon, il Sud Africa e l’America Centrale.

    Giorgio III, impazzito cinque anni prima e dichiarato dal Parlamento inetto a regnare, era stato sostituito dal figlio Giorgio IV, nominato reggente durante la demenza del padre, ma non era ancora salito al trono che già si mostrava dissoluto e vizioso. E mentre nei quartieri poveri la gente (oppressa dalla fame che la guerra e le carestie non avevano che aggravato), senza mezzi di sussistenza veniva letteralmente lasciata morire, per la corona era gran festa. Si venne a sapere che Lord Brummel era tornato e, naturalmente, il primo invito fu a Corte. Egli si presentò, con grande stupore dei presenti, insieme alla vedova del Barone McRaiser, la quale terminava l’anno di lutto richiesto dal defunto marito. La cosa sollevò molte chiacchiere, soprattutto fu l’aspetto di Michael Brummel a non passare inosservato: quella lunga, misteriosa assenza aveva lasciato profondi solchi nel suo affascinante volto. Allora trentenne i suoi capelli erano spruzzati di grigio, il volto cupo e sofferente. Una cosa era certa: quella fu l’ultima volta che fu visto in società e sicuramente l’unica insieme a Lady Christin Eleonor Bernhardt, che poco tempo dopo divenne sua moglie.

    ***

    Lord Brummel la cena è in tavola da un quarto d’ora: se non vi decidete, presto sarà tutto freddo!. L’uomo sulla poltrona di pelle nera sussultò: non aveva sentito entrare la prosperosa, vecchia governante di colore.

    D’accordo Maggie: sistemo queste carte e arrivo le rispose, ma quando imparerai a bussare!?.

    Ho bussato Milord! Ho bussato ben tre volte, ma non mi avete dato ascolto!. Con un fruscio di vesti la donna uscì borbottando qualcosa di incomprensibile. L’uomo posò lo sguardo vitreo ancora una volta al centro di quel foglio sgualcito che teneva fra le mani: una frase era rimarcata. I suoi occhi, di un blu-verde simile a quello dell’oceano dopo la tempesta, erano velati di lacrime. Michael Brummel strinse quel foglio in un pugno e con un gesto d’ira lo gettò tra le fiamme del camino, ma la carta rimbalzò in un angolo dove le fiamme non arrivavano.

    Per Michael fu come un presagio: non avrebbe più dovuto dimenticare, sforzandosi di seppellire i ricordi che lo tormentavano da anni; cancellare il passato non sarebbe più servito ormai. Fu in quel momento che prese la sua ferma decisione: sarebbe tornato in America e avrebbe chiuso quella faccenda che era rimasta aperta ormai da troppi anni. Si alzò dalla poltrona e trascinando la sua vecchia gamba uscì.

    Nella sala da pranzo un giovane bruno, vestito di eleganti abiti scuri, era seduto accanto al camino, affondava lo sguardo tra le fiamme scoppiettanti rigirando tra le mani un bicchiere vuoto.

    Forza Kevin, sediamo a tavola gli disse entrando.

    Il giovane, in un profondo sospiro, si alzò: era molto alto, un corpo elegante e snello. Michael dieci anni prima aveva sposato sua madre Christin prendendolo con sé. A quei tempi Kevin aveva solo undici anni. Un anno dopo, la madre morì cadendo da cavallo e Michael, nonostante non avesse mai troppo tempo da dedicare al ragazzo, aveva cercato di provvedere a lui in tutti i modi. Maggie, la vecchia governante, gli aveva fatto da madre, e bisogna dire che faticò non poco ad educare quel vivace, capriccioso bambino. Con il tempo Kevin si era calmato un poco, dimostrandosi sempre più sveglio e intelligente, ma, purtroppo, senza alcuna ambizione e Michael cominciava a temere che in mano sua la fortuna dei Brummel si sarebbe ben presto estinta.

    Kevin amava la vita mondana, il gioco, i cavalli e, soprattutto, aveva la facoltà di far letteralmente impazzire le aristocratiche fanciulle che sempre solevano perdersi in quel suo verde affascinante sguardo. Era un bel giovane, il sogno di ogni fanciulla della contea e sicuramente non passava inosservato.

    Del tutto privo di scrupoli, impavido, intraprendente, arrogante, prepotente, affascinante e irresistibile, Kevin Andrew McRaiser, vantava il più vasto numero di amanti di tutta la contea.

    Seduto di fronte a Michael, a tavola egli notò qualcosa di molto più cupo del solito sul volto dell’uomo. Qualcosa non va? chiese, Vi sentite poco bene?.

    Non è niente ragazzo, lo rassicurò, Tra poco starò meglio. Ma non fu così: l’uomo sentì aumentare il dolore nel petto e il volto gli divenne ancora più teso e pallido. Sarà bene che mi ritiri, concluse, oggi è stata una giornata faticosa. Fece per alzarsi ma il dolore si fece più acuto e la smorfia che gli segnava il viso fece capire a Kevin quanto in realtà egli soffrisse; il ragazzo si alzò per aiutarlo e si trovò accanto a lui nel momento in cui si accasciava. Sean, il maggiordomo, lo aiutò a portarlo in camera; insieme lo misero sul letto e il piccolo Tom, il figlio di uno stalliere, fu mandato a chiamare il medico.

    Purtroppo è successo quello che temevo Milord: si tratta di una crisi cardiaca, ma credo che con un bel po’ di riposo tutto si sistemerà. L’espressione del medico tradiva tuttavia il tono rassicurante di quelle parole. Michael non gli badò: c’era qualcosa di molto più importante che doveva assolutamente fare.

    Rivolto al medico chiese in tono dissoluto:

    Tra quanto potrò partire Dottor Muller? Ho una certa urgenza di raggiungere la California.

    Il medico lo scrutò turbato:

    Voi state scherzando Milord! rispose, Non se ne parla nemmeno; riposo assoluto e lontano dalle preoccupazioni: ne va della vostra vita! concluse in tono grave, ma le preoccupazioni di Michael erano ben lungi: c’era qualcosa che doveva assolutamente fare prima di lasciare questo mondo e, francamente, sentiva che non ne avrebbe avuto ancora per molto.

    La vita era stata dura con lui; molti erano i fantasmi che popolavano le sue notti e i suoi pensieri: tutte persone care che egli aveva amato e che per causa sua avevano perso la vita. No, non doveva, non poteva finire così, senza, perlomeno, aver tentato di ritornare a San Francisco, per sistemare quella certa faccenda, quel conto che era rimasto aperto per tutti questi anni. Michael Brummel era un uomo forte, dalla fibra robusta: gliel’avrebbe fatta di sicuro!

    Corporatura atletica, spalle larghe, fianchi stretti, ventre piatto, mani sottili e affusolate ma forti e virili; la sua andatura evidenziava un piccolo difetto ad una gamba: una vecchia ferita non guarita bene, diceva; comunque erano molte le donne che desideravano essere notate da lui, di parlargli, di toccarlo ogni rara volta che avevano la fortuna di incontrarlo. I rari accenni di rughe intorno agli occhi e i fili argentei intrecciati nella sua folta chioma, un tempo corvina, gli conferivano un fascino particolare. E poi c’era qualcosa di inspiegabile e misterioso che lo avvolgeva, il suo sguardo sofferto nascondeva ira, passione, odio. Quelle labbra dal taglio deciso e sensuale spesso fremevano sotto la tensione del viso oscurato da chissà quali pensieri, sentimenti di rabbia e disprezzo. Eppure quegli abiti attillati che sembravano fasciare un fisico prestante, in realtà celavano un enorme segreto: un corpo dilaniato, deturpato da orrende cicatrici che lo rendevano mostruoso, ma questo nessuno poteva saperlo né mai lo avrebbe saputo. Qual era dunque il terribile segreto di Michael Esterhans Brummel?

    Era sempre stato un uomo di poche parole e, tuttavia, riusciva a riempire ogni ambiente con la sua sola presenza. Il suo amico Lawrence Mailer non aveva bisogno di chiedere per sapere cosa Michael volesse, pensasse o disprezzasse. Certo l’avvocato la sapeva lunga su quell’uomo, ma era una persona riservata, troppo riservata e il Falco di Limerick continuava a rimanere nell’ombra di quel misterioso passato di cui nessuno sapeva nulla, e di certo non c’era donna che avesse saputo rimanere indifferente al suo oscuro fascino. Michael Brummel non aveva amanti; persino di sua moglie tanti avevano dubitato, ma ormai lei era morta da più di dieci anni e si sapeva per certo quanto, in realtà, egli non l’avesse mai amata.

    Chi era dunque questo misterioso Falco che volava alto sulle terre di Limerick, incapace di amare, di desiderare, chiuso nella sua rabbia, disprezzo e odio; chi era e da dove veniva?

    ***

    In una piccola cittadina portuale sulla costa occidentale degli Stati Uniti, il sole faceva capolino dietro i rocciosi pendii, e nella fredda e umida capanna, ai margini della foresta vicino al mare, una giovane donna, sul suo giaciglio di paglia, stava per dare l’estremo addio alla vita. Aveva un volto meraviglioso, ma incredibilmente segnato da una vita di stenti e di rinunce. Teneva fra le mani una catena d’oro con appeso un medaglione.

    Una fanciulla le era inginocchiata accanto; poco più di una bambina, appoggiava il capo sul ventre della donna, con gli occhi chiusi e il viso inondato di lacrime, nascosto dai lunghi capelli. La donna cercò la mano della fanciulla e con un sussurro appena percettibile la chiamò: Kathleen piccina mia. Quel piccolo viso si sollevò dal suo ventre e tra la bruna chioma emerse il volto divino di una giovane fanciulla.

    Ascolta bambina mia, le disse, e lei era lì, con lo sguardo fisso nel vuoto, i grandi occhi blu-verdi, come le onde del mare quando è in tempesta, pieni di lacrime, lacrime amare che le inondavano il viso; Metti al collo questo medaglione, continuò la donna, nascondilo sotto il vestito e non lasciare mai che te lo portino via. Dovrai tenerlo sempre con te… Non dimenticartene Kathleen: non devi lasciarlo mai… non perderlo bambina mia, non per… derlo. Il volto della donna si inondava di lacrime mentre spirava e, in quel momento, schiuse le labbra e un nome ne uscì, con un filo di voce, come un soffio di quella vita a cui diceva addio. La fanciulla udì quel nome e capì. Il volto della mamma ora era disteso, perché finalmente riposava in pace; l’ombra di un sorriso la illuminava: aveva smesso di soffrire; ma questo la fanciulla non poteva saperlo: fissava il vuoto e piangeva.

    ***

    Nooo! Una voce tuonò nella notte, era quella di Michael che, balzato dal letto, con gli occhi spalancati fissava il buio: dolore e angoscia lo pervadevano e, distrutto, si lasciò ricadere sul letto; nascose il viso tra le mani e in silenzio pianse. Nella camera accanto Kevin aveva udito il grido ma non si era mosso; quasi ogni notte lo sentiva: erano gli incubi che perseguitavano Michael, ma l’uomo non aveva mai voluto parlarne. In tutti questi anni lo aveva visto così duro e deciso. Sapeva che niente e nessuno avrebbero potuto piegarlo, eppure c’era nel suo passato qualcosa che da sempre lo tormentava e tormentava le sue notti. Kevin si chiese cosa avesse lasciato in America, quale fosse il segreto che serbava in sé. Si chiese anche come mai, in tutto questo tempo, egli non avesse mai ricevuto notizie della sua famiglia. Kevin sapeva che il vecchio padre era ancora in vita e ciò lo turbava, dal momento che Michael si ostinava a sostenere che, invece, non aveva più nessuno laggiù. Ora il medico lo aveva avvertito della sua ferma intenzione di raggiungere il suo paese in America: cosa stava succedendo?

    Dannazione! pensò. Intuiva la dura e lunga battaglia che Michael aveva sostenuto in tutti quegli anni ed ora egli avrebbe affrontato quel viaggio anche se sapeva che non ne sarebbe uscito vivo.

    Kevin scrollò le spalle, affondò la testa arruffata nel cuscino, ma fu solo molto più tardi che riuscì ad addormentarsi.

    Il giovane nutriva molta stima per Michael. Egli si era occupato di lui molto più di quanto non lo avesse fatto suo padre, il Barone McRaiser. Più volte, mentre giocava, studiava o cavalcava, Kevin si era sentito osservare da Michael e in quei momenti lo sguardo di Lord Brummel era ben diverso da quello freddo e cupo che tutti conoscevano. Crescendo il giovane sentiva l’affetto che l’uomo gli nutriva e spesso si era persino chiesto se Michael non vedesse in lui il figlio che non aveva avuto o, chissà, quello che aveva perso; sapeva molto poco di lui, in fondo.

    Intanto la verità, che Kevin non poteva conoscere, era che Michael vedeva in lui il giovane uomo che era stato un tempo. Conosceva la storia del ragazzo, intuiva la sua solitudine, la sua angoscia che da orgoglioso testardo non avrebbe mai ammesso. Comprendeva la sua arroganza, il suo scetticismo, le sue abitudini e Kevin, d’altro canto, non aveva potuto fare a meno di affezionarsi a quell’uomo cupo e misterioso che, comunque, rimaneva la sola persona che si fosse realmente occupata di lui.

    Il castello dormiva e nel silenzio un cuore disperato lanciava strazianti urla di dolore, ma nessuno le avrebbe mai udite, nessuno tranne una persona che, in un posto lontano, aveva lasciato la vita sussurrando il suo nome, ma questo Michael non lo avrebbe mai saputo. Nella sua stanza aleggiava un roco lamento: il Falco di Limerick si chiedeva perché, Perché Dio mio hai voluto questo?!.

    CAPITOLO II

    Il giorno seguente fu chiamato l’avvocato Mailer, il vecchio amico di Michael. Subito dopo arrivò pure Chuck Dusay, notaio della Contea di Limerick, accompagnato da altri due uomini. Kevin intuì di cosa si trattasse e si sentì non poco turbato, ma una visita inaspettata lo distolse momentaneamente dai tristi pensieri.

    Elizabeth! Elizabeth Durbin, che gioia rivedervi!.

    Mio caro Kevin, spero non abbiate impegni per il prossimo weekend.

    Nessun impegno Elizabeth rispose il giovane.

    Bene: sabato i miei daranno una festa in mio onore. Compio ventuno anni sapete? Badate bene: tengo particolarmente alla vostra partecipazione Kevin, quindi vedete di non mancare.

    Non temete mia cara: ci sarò senz’altro. Le baciò le dita di una mano. I due si conoscevano da circa dieci giorni, ma si erano incontrati spesso. Kevin le aveva sempre fatto una corte spietata, anche perché era la preferita di suo cugino Steve Wilson. I due amavano questo genere di contese ma Kevin era il più spietato.

    Quando una fanciulla interessava particolarmente a Steve, egli si sentiva a sua volta tremendamente attratto dalla stessa donna e cercava in tutti i modi di sedurla. Ma c’erano motivi profondi che lo spingevano ad un simile comportamento. I due cugini erano cresciuti insieme nonostante esistessero tra loro profonde differenze. Da piccolo, molto spesso Kevin trascorreva determinati periodi ospite degli zii e la cosa, in realtà, ogni volta gli faceva più male che bene: il ragazzo invidiava al cugino la famiglia; vedeva la madre, il padre e persino la sorella più giovane di Steve prodigarsi per lui. Erano tutti sempre insieme, felici e complici. Kevin invece era solo. Sua madre non si era mai occupata di lui e suo padre era a sua volta troppo occupato a litigare con lei. Un giorno il ragazzo si era trovato ad assistere, senza volerlo, ad uno dei tanti litigi tra la madre e il padre, il Barone McRaiser, di settantacinque anni (più del doppio degli anni di Christin). La donna gli aveva confessato che Kevin non era figlio suo, ma di uno dei suoi amanti; ella disse di non essere neanche in grado di sapere chi ne fosse il padre. Kevin allora aveva undici anni: aveva sentito il vecchio urlare d’ira prima e di dolore poi, lo aveva visto accasciarsi al suolo con un lamento; subito dopo era morto: infarto, gli avevano detto.

    Crescendo il ragazzo si era mostrato del tutto somigliante al giovane Roland Smith, figlio del vecchio avvocato di casa, Alexander Smith.

    Morto il Barone, la donna aveva tentato di farsi sposare dal giovane, ma egli, pur riconoscendo il figlio come suo, non ne volle sapere di matrimonio; ciò nonostante si offrì di provvedere al bambino. Né l’una, né l’altra cosa egli poté fare, dal momento che morì in duello mentre difendeva il suo onore contro quello di un altro marito tradito di cui Roland aveva sedotto la moglie. In seguito Christin si trasferì a Londra con il figlio, e qui conobbe Lawrence Mailer. Lei era giovane, bella e con tutta l’intenzione di rifarsi una vita. Fece di tutto per dare una buona impressione a Lawrence: sapeva che era l’unico mezzo per arrivare alla preda sulla quale aveva posato gli occhi, l’unica persona che potesse avvicinare niente poco di meno che il ricco e affascinante Falco di Limerick.

    Il giovane avvocato Mailer, dal canto suo, vide di buon grado questa opportunità per Michael e lo convinse ben presto che fosse ormai giunto il momento di rifarsi una vita. Quando, infatti, lo aveva visto comparire a quel convegno a Southempton, dopo cinque anni di assenza, aveva capito che forse non tutto era perduto. Così gli presentò Christin e, a quanto pare, ella riuscì mirabilmente ad ingannare anche Michael, che la sposò qualche tempo dopo.

    Ben presto, però, dopo il matrimonio, Christin Eleonor Bernardt riprese la vita di sempre. Amava le serate mondane di corte, alle quali, però, il marito non aveva nessuna intenzione di partecipare, e a cui lei, d’altra parte, non era disposta a rinunciare riuscendo a trovare sempre qualche accompagnatore ben disposto, sollevando, naturalmente, molte chiacchiere e maldicenze. A Michael in realtà la cosa pareva non importare affatto. L’uomo, sposandola, aveva sperato di poter cancellare il passato e di riuscire con il tempo ad amare quella donna che, in principio, gli era apparsa tanto perfetta: ben presto, però, comprese che ciò non sarebbe mai stato possibile.

    Cominciò dunque a rimanere sempre più sovente e per periodi sempre più lunghi, fuori casa e all’estero per lavoro, occupandosi della moglie il meno possibile; Christin, dal suo canto, non se la prendeva a male, anzi, tutt’altro, potendo così ricevere liberamente in casa le visite dei suoi numerosi amanti.

    Donna viziosa Christin Bernardt, il suo comportamento non passava inosservato al figlio Kevin che la conosceva bene e che, in cuor suo, ne aveva sempre sofferto.

    Un giorno Michael tornò inatteso da un viaggio in Francia e fu così che scoprì il gioco della donna. Non le disse nulla, ma il giorno dopo ripartì e non fu più visto a Limerick per molto tempo.

    Non tornò neanche il giorno in cui Christin fu sepolta.

    Dopo la morte della donna, la sua unica preoccupazione fu per Kevin. Ritornò al castello e tenne il ragazzo con sé; anche se gli fu difficile occuparsene come avrebbe voluto, Kevin avrebbe comunque avuto una casa e una famiglia che poteva considerare suoi.

    Era stata dunque un’infanzia difficile quella di Kevin; crescendo si era reso sempre più conto di quanto invece, quella di Steve fosse diversa. In compenso era molto più attraente del cugino e a ventuno anni poteva già vantare un repertorio considerevole di belle fanciulle che, però, in fondo disprezzava.

    Le donne appagano il desiderio, mio caro Steve! Non innamorarti mai o potresti trovarti pieno di guai fino al collo, aveva più di una volta consigliato al cugino. Egli era fermamente convinto che nessuna di loro gli avrebbe mai fatto perdere

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