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Novelle (Illustrate)
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E-book321 pagine4 ore

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Info su questo ebook

Edmondo De Amicis (Oneglia, 21 ottobre 1846 –Bordighera, 11 marzo 1908) è stato uno scrittore e giornalista italiano.

È conosciuto per essere l’autore del romanzo Cuore, uno dei testi più popolari della letteratura mondiale per ragazzi.

NOVELLE (con disegni di V. Bignami):

- GLI AMICI DI COLLEGIO.

- CAMILLA.

- FURIO.

- UN GRAN GIORNO.

- ALBERTO.

- FORTEZZA.

- LA CASA PATERNA.
LinguaItaliano
Data di uscita18 set 2019
ISBN9788831640305
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    Anteprima del libro

    Novelle (Illustrate) - Edmondo De Amicis

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    NOVELLE

    Edmondo De Amicis

    Biografia

    Da soldato a giornalista

    Pinerolo

    Cuore

    Ultimi anni

    Opere

    Curiosità

    Bibliografia

    NOVELLE

    A GONZALO SEGOVIA Y ARDIZONE

    GLI AMICI DI COLLEGIO.

    I.

    II.

    III.

    IV.

    V.

    VI.

    VII.

    VIII.

    IX.

    X.

    XI.

    XII.

    CAMILLA. RACCONTO.

    I.

    II.

    III.

    IV.

    V.

    VI.

    VII.

    VIII.

    IX.

    X.

    XI.

    XII.

    XIII.

    XIV.

    FURIO.

    I.

    II.

    III.

    IV.

    V.

    VI.

    VII.

    VIII.

    IX.

    X.

    XI.

    XII.

    XIII.

    XIV.

    XV.

    XVI.

    XVII.

    XVIII.

    XIX.

    XX.

    XXI.

    XXII.

    XXIII.

    XXIV.

    XXV.

    XXVI.

    UN GRAN GIORNO.

    ALBERTO.

    I.

    II.

    III.

    IV.

    V.

    VI.

    VII.

    VIII.

    IX.

    X.

    XI.

    XII.

    XIII.

    XIV.

    FORTEZZA.

    I.

    II.

    LA CASA PATERNA. DALLE MEMORIE DI WILELM VAN MINDEN.

    Note

    NOVELLE

    DI

    EDMONDO DE AMICIS

    GLI AMICI DI COLLEGIO. - CAMILLA.

    FURIO. - UN GRAN GIORNO. - ALBERTO. - FORTEZZA.

    LA CASA PATERNA.

    _______

    QUINTA IMPRESSIONE.

    della nuova edizione del 1878, riveduta e ampliata dall’autore

    con sette disegni di V. Bignami.

    1884.

    Il presente ebook è composto di testi di pubblico dominio.

    L’ebook in sé, però, in quanto oggetto digitale specifico,

    dotato di una propria impaginazione, formattazione, copertina

    ed eventuali contenuti aggiuntivi peculiari 

    (come note e testi introduttivi), 

    è soggetto a copyright. 

    Edizione di riferimento: Novelle / di Edmondo De Amicis. - 5. impressione della nuova ed. del 1878 / riveduta e ampliata dall’A.; con sette disegni di V. Bignami. - Milano: F.lli Treves, 1884. - 462 p.; 19 cm

    Immagine di copertina: Designed by pikisuperstar / Freepik

    (http://www.freepik.com)

    Elaborazione grafica: GDM, 2019. 

    Edmondo De Amicis

    Edmondo De Amicis  (Oneglia, 21 ottobre 1846[1] –Bordighera, 11 marzo 1908) è stato uno scrittore e giornalista italiano.

    È conosciuto per essere l’autore del romanzo Cuore, uno dei testi più popolari della letteratura mondiale per ragazzi.

    Biografia

    Nacque in Piazza Vittorio Emanuele I, ora titolata a suo nome, presso Oneglia, prima che fosse accorpata a Porto Maurizio ed altri 9 comuni nell’unica città di Imperia 77 anni dopo, nel 1923. Con Edmondo ancora duenne però, la sua famiglia si trasferì in Piemonte, dapprima a Cuneo, dove il piccolo Edmondo studiò alle scuole primarie, quindi a Torino, dove frequentò il collegio Candellero, per prepararsi agli esami che gli avrebbero permesso di entrare nell’Accademia Militare di Modena. Di famiglia benestante, il padre Francesco (1791-1863), d’origine genovese, copriva mansioni di regio banchiere di sali e tabacchi. La madre, Teresa Busseti, faceva parte dell’alta borghesia. Sia la sua casa ligure (oggi sede della Guardia di Finanza) che quella di Cuneo (oggi caserma militare Carlo Emanuele dei bastioni di Stura, con vista Monviso) furono ampie ed eleganti.

    Da soldato a giornalista

    A sedici anni entrò al Collegio Militare Candellero di Torino[2], per preparare gli esami di ammissione all’Accademia militare di Modena, che frequentò fino all’estate del 1865, licenziandosi con il grado di sottotenente. Nel 1866 poi, partecipò alla battaglia di Custoza, assistendo alla sconfitta italiana.

    Divenne quindi giornalista militare, trasferendosi a Firenze per assumere la direzione de L’Italia militare, organo ufficiale del ministero di guerra. Su questo giornale avviò la pubblicazione dei bozzetti militari[3], poi editi anche in altri giornali e infine raccolti in volume sotto il titolo La vita militare (1868). In una edizione successiva, dell’anno seguente, vi aggiunse il bozzetto-reportage L’esercito italiano durante il colera del 1867 che molti interpretarono come documento autobiografico, frutto di un’esperienza direttamente vissuta. Tuttavia, De Amicis non fece per nulla parte della spedizione in Sicilia, né affrontò alcuna epidemia di colera, come riportano erroneamente molti testi di letteratura e dizionari biografici. Si recò in Sicilia soltanto nel 1865, quando fece la sua prima guarnigione militare a Messina, ripartendo col suo reggimento nell’aprile del 1866 per partecipare alla guerra contro l’Austria. Sull’isola poi, tornerà soltanto nel 1906, su invito del poeta Mario Rapisardi. Il viaggio del De Amicis in Sicilia durante il colera fu smentito in maniera chiara e incontrovertibile da Piero Meli nel suo articolo Edmondo De Amicis e i fantasmi letterari del colera in Sicilia [in La Sicilia, 22 dicembre 2012].

    Come giornalista De Amicis collaborò col giornale la Nazione di Firenze[4] e raccontò la storica presa di Roma del 1870. Successivamente, abbandonato l’esercito, viaggiò e scrisse vari libri-diari di viaggio: Spagna (1872), Ricordi di Londra (1873), Olanda (1874), Marocco (1876), Costantinopoli (1878/1879), Ricordi di Parigi (1879). Significativo il viaggio in Argentina, raccontato nel romanzo Sull’Oceano e in una serie di bozzetti dedicati agli emigranti italiani, poi raccolti nel volume In America[5].

    Pinerolo

    Dal 1871 De Amicis si stabilì definitivamente a Torino. Passò regolarmente le sue vacanze a Pinerolo, presso l’elegante villa D’Aquiland, chiamata successivamente villa Accusani e oggi denominata La Graziosa (sul Viale Gabotto, in quartiere San Maurizio). Qui scrisse Alle porte d’Italia, dedicato alla città e ai territorivalligiani circostanti (un esempio per tutti, il capitolo de Le termopili valdesi, ambientato in zona Gheisa ‘dla tana di Angrogna). Nel 1884, la stessa Pinerolo gli conferì la cittadinanza onoraria, con tanto di diploma datato 4 aprile.

    Cuore

    Dal 1879, ma più permanentemente dal 1885, lo scrittore prese alloggio a Torino presso il palazzo Perini in Piazza S. Martino, 1 - ora Piazza XVIII Dicembre - davanti alla vecchia stazione ferroviaria di Porta Susa, dove oggi una targa lo ricorda. Qui, De Amicis terminò (ispirato dalla vita scolastica dei suoi figli Ugo e Furio) quella che fu considerata la sua più grande opera.

    Pubblicato infatti per la prima volta il 17 ottobre 1886 (il primo giorno di scuola di quell’anno) come libro per ragazzi, la casa editrice milanese Treves fece uscire Cuore, una raccolta di episodi ambientati tra dei compagni di una classe elementare di Torino, provenienti da regioni diverse, e costruito come finzione letteraria di un diario di un ipotetico ragazzo, l’io narrante Enrico Bottini. Il romanzo ebbe subito grande successo, tanto che in pochi mesi si superarono quaranta diversi tipi di edizioni e decine di traduzioni in lingue straniere.

    Il libro fu (e lo è tuttora) di forte carattere educativo-pedagogico (insieme al successo italiano di soli tre anni prima, Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi) e fu molto apprezzato anche perché ricco di spunti morali attorno ai miti affettivi (da cui il titolo) e patriottici del recente Risorgimento. Tuttavia, fu ampiamente criticato dai cattolici per l’assenza totale di tradizioni religiose (i bambini di Cuore non festeggiano nemmeno il Natale), specchio politico delle aspre controversie tra il Regno d’Italia e Papa Pio IX dopo la presa di Roma del 1870.

    Nel 1889 De Amicis si avvicinò poi al socialismo, fino ad aderirvi totalmente nel 1896. Questo mutamento d’indirizzo è visibile nelle sue opere successive, in cui presta molta attenzione alle difficili condizioni delle fasce sociali più povere e vengono completamente superate le idee nazionalistiche che avevano animato Cuore. Amico di Filippo Turati, collaborò a giornali legati al partito socialista come la Critica sociale e La lotta di classe.

    La sua iniziazione in massoneria non è considerata certa da alcuni autori, ma altri lo danno come iniziato nella Loggia Concordia di Montevideo, presieduta da D. Triani, presumibilmente all’Obbedienza della Gran Loggia dell’Uruguay[6]. Nel 1895 fu proprio De Amicis a pronunciare il saluto al massone torinese Giovanni Bovio, in occasione della rappresentazione teatrale del dramma San Paolo, che era interpretato da un altro massone, l’attore Giovanni Emanuel. Molti critici letterari sostengono che Cuore sia un libro di forte ispirazione massonica, dove si sostituiscono la religione cattolica degli italiani con la religione laicista della Patria, la Chiesa con lo Stato, il fedele col cittadino, i Comandamenti coi Codici, il Vangelo con lo Statuto, i martiri con gli eroi.[7]

    Dopo il successo di Cuore, seguirono altri libri come Sull’oceano (1889), sulle condizione dei poverissimi emigranti italiani e poi Il romanzo di un maestro (1890, da cui è stato tratto nel 1959 lo sceneggiato televisivo omonimo), Amore e ginnastica (1892), da cui è stato tratto il  film omonimo), La maestrina degli operai (1895) e La carrozza di tutti (1899), ritratto della città di Torino vista da un tram. Inoltre scrisse per Il grido del popolo di Torino numerosi articoli d’ispirazione socialista, che furono poi raccolti nel libro Questione sociale (1894).

    Ultimi anni

    Gli ultimi anni furono rattristati sia dalla morte della madre Teresa, alla quale era molto legato, sia dai continui screzi con sua moglie Teresa Boassi, che aveva sposato nel 1875. Si scatenavano spesso tra i due delle accese litigate[8], che contribuirono probabilmente al suicidio del figlio maggiore Furio. Questi, si sparò nel 1898 con un colpo di pistola presso una panchina del parco del Valentino. L’altro figlio Ugo, si ritirò nella solitudine delle passeggiate in montagna. Non solo questi eventi funesti portarono lo scrittore a cambiar casa, trasferendosi da Piazza San Martino in un piccolo studiolo dell’appena terminata Via Micca (al numero 10) ma, qualche anno dopo, ad allontanarsi definitivamente da Torino.

    Nel 1903, in occasione della sua elezione a socio dell’Accademia della Crusca[9], soggiornò brevemente nella sua città della giovinezza, Firenze. Nel 1906 quindi, tornò a Catania, a trovare il suo collega scrittore ed ex commilitone Mario Rapisardi, immaginando l’incontro come quello di:

    Il Ministro Vittorio Emanuele Orlando lo chiamò (insieme a Fogazzaro) a far parte del Consiglio Superiore dell’Istruzione. Le ultime sue opere furono L’idioma gentile (1905), quindi Ricordi d’un viaggio in Sicilia e Nuovi ritratti letterari e artistici (questi ultimi due poco prima di morire).

    Nel 1908, durante un soggiorno a Bordighera, fu colpito da un’emorragia cerebrale e morì in una camera dell’hotel Regina, albergo scelto dallo scrittore perché vi abitò pochi anni prima il poeta George MacDonald, che proprio lì fondò il centro culturale letterario Casa Coraggio; l’edificio si trova nell’attuale via Vittorio Veneto, 34[10], dove due targhe commemorative li ricordano entrambi. Dalle sue ultime volontà, il suo corpo fu immediatamente traslato e tumulato[11] presso la tomba di famiglia, nel Cimitero monumentale di Torino.

    L’unico figlio rimasto, Ugo, divenne avvocato e anche un modesto romanziere[12]. Si sposò con Vittoria Bonifetti, ma non ebbero figli; morì nel 1962, mentre Vittoria nel 1971. La cospicua eredità dei De Amicis (più di due miliardi di lire), che doveva essere destinata sia al Comune di Torino che a borse di studio per studenti poveri, sparì misteriosamente dai conti correnti sul finire degli  anni sessanta[13][14], scatenando delle cause legali[15][16][17].

    Da qualche anno l’opera di De Amicis viene nuovamente rivalutata, a partire dallo studio delle opere che erano state oscurate dal successo di Cuore. Dopo che Italo Calvino ripubblicò il racconto Amore e ginnastica, vari studi critici hanno esplorato gli scritti di quello che è stato chiamato l’altro De Amicis[18].

    Opere

    L’esercito italiano durante il colera del 1868 , Milano, Bernardoni, 1869.

    La vita militare. Bozzetti, Milano, Treves, 1868.

    Racconti militari. Libro di lettura ad uso delle scuole dell’esercito, Firenze, Le Monnier, 1869.

    Impressioni di Roma, Firenze, Faverio, 1870.

    Spagna, Milano, Cerveteri, 1871; Firenze, Barbera, 1873.

    Pagine sparse, Milano, Tipografia editrice lombarda, 1874; 1876.

    Novelle, Firenze, Le Monnier, 1872; Milano, Treves, 1878.

    Ricordi del 1870-71, Firenze, Barbera, 1872.

    Ricordi di Londra, Milano, Treves, 1874.

    Olanda, Firenze, Barbera, 1874.

    Marocco, Milano, Treves, 1876.

    Costantinopoli, Milano, Treves, 1877.

    Ricordi di Parigi, Milano, Treves, 1879.

    Gli effetti psicologici del vino, Torino, Loescher, 1881.

    Ritratti letterari, Milano, Treves, 1881.

    Poesie, Milano, Treves, 1881.

    Gli amici, Milano, Treves, 1883.

    Alle porte d’Italia, Roma, Sommaruga, 1884.

    Cuore. Libro per i ragazzi, Milano, Treves, 1886.

    Sull’oceano, Milano, Treves, 1889.

    Il romanzo d’un maestro, Milano, Treves, 1890.

    Il vino, Milano, Treves, 1890.

    Osservazioni sulla questione sociale. Conferenza detta la sera di giovedì 11 febbraio 1892 all’Associazione universitaria torinese, Torino, Roux, 1892.

    Amore e ginnastica, 1892.

    Fra scuola e casa. Bozzetti e racconti, Milano, Treves, 1892.

    Coraggio e costanza. Il viaggiatore Carlo Piaggia, Torino, Paravia, 1895 (1878).

    Ai fanciulli irredenti. Padri e figli, Milano, Morosini, 1895.

    Ai ragazzi. Discorsi, Milano, Treves, 1895.

    La maestrina degli operai, Milano, Treves, 1895.

    La lettera anonima, Milano, Treves, 1896.

    Il 1º maggio. Discorso tenuto all’Associazione generale degli operai la sera del 1º maggio 1896, Torino, Libreria editrice socialista del Grido del popolo, 1896.

    Ai nemici del socialismo, Novara, Repetto, 1896.

    Collaboratori del socialismo; Compagno, Milano, Morosoni, 1896.

    Nel campo nemico. Lettera a un giovane operaio Socialista, Firenze, Tip. Cooperativa, 1896.

    Pensieri e sentimenti di un socialista, Pavia, Tipografia e legatoria cooperativa, 1896.

    Socialismo e patria, Milano, Monti, 1896.

    Per l’idea. Bozzetti, Novara, Repetto, 1897.

    Gli azzurri e i rossi, Torino, Casanova, 1897.

    Il socialismo e l’eguaglianza, Diano Marina, Tip. artistica, 1897.

    Il socialismo in famiglia. La causa dei disperati, Milano, Ramperti, 1897.

    In America, Roma, Voghera, 1897.

    Le tre capitali. Torino, Firenze, Roma, Catania, Giannotta, 1898[19].

    La carrozza di tutti, Milano, Treves, 1899.

    Lotte civili, Firenze, Nerbini, 1899.

    Consigli e moniti, Firenze, Nerbini, 1900.

    Memorie, Milano, Treves, 1900.

    Il mio ultimo amico, Palermo, Biondo, 1900.

    Speranze e glorie. Discorsi, Catania, Giannotta, 1900.

    A una signora. Lettera aperta, Firenze, Nerbini, 1902.

    Capo d’anno. Pagine parlate, Milano, Treves, 1902.

    Nel giardino della follia, Livorno, Belforte, 1902.

    Un salotto fiorentino del secolo scorso, Firenze, Barbera, 1902.

    Una tempesta in famiglia. Frammento, Valenza, Battezzati, 1904.

    Nel regno del Cervino. Nuovi bozzetti e racconti, Milano, Treves, 1905.

    L’idioma gentile, Milano, Treves, 1905.

    Pagine allegre, Milano, Treves, 1906.

    Nel regno dell’amore, Milano, Treves, 1907.

    Compagnina. Scenette scritte per essere recitate dai bimbi, Torino, Tip. Cooperativa, 1907.

    Per la bellezza di un ideale, Iesi, Tip. Flori, 1907.

    Ricordi d’un viaggio in Sicilia, Catania, Giannotta, 1908.

    Ultime pagine di Edmondo De Amicis

    I, Nuovi ritratti letterari e artistici, Milano, Treves, 1908.

    II, Nuovi racconti e bozzetti, Milano, Treves, 1908.

    III, Cinematografo cerebrale. Bozzetti umoristici e letterari, Milano, Treves, 1909.

    Primo Maggio, Milano, Garzanti, 1980.

    Curiosità

    Nel 2011 Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi Airbus A320-216 (EI-DSD).

    Bibliografia

     Piero Meli, De Amicis e Rapisardi. Fratelli d’arte, in La Sicilia, sezione Terza Pagina, Cultura Società Spettacolo, sabato 6 maggio 1995.

    Antonio Carrannante, De Amicis nella storia della scuola italiana, in: Rivista di studi italiani, giugno 2007, pp.49–68.

    Piero Meli, Edmondo De Amicis e i fantasmi letterari del colera in Sicilia, in La Sicilia, sezione Terza Pagina, Cultura, sabato 22 dicembre 2012, p.31.

    Roberto Ubbidiente, L’Officina del poeta. Studi su Edmondo De Amicis, (Sanssouci - Forschungen zur Romanistik, vol. 4). Berlino, Frank & Timme, 2013.

    Luigi Cepparrone, Patria e questione sociale nel primo De Amicis, in Aspettando il Risorgimento. Atti del convegno (Siena, 20-21 novembre 2009), a cura di S. Teucci, Cesati, Firenze, 2010, pp. 109-132, ISBN 978-88-7667-404-4;

    Luigi Cepparrone, La ginnastica in condominio. Su «Amore e ginnastica» di De Amicis, in «Studi e problemi di critica testuale», n. 80, aprile 2010, pp. 181-214, ISSN 0049-2361;

    Luigi Cepparrone, Gli scritti americani di Edmondo De Amicis, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2012, ISBN 978-88-498-3658-5;

    NOVELLE

    DI

    EDMONDO DE AMICIS

    GLI AMICI DI COLLEGIO. - CAMILLA.

    FURIO. - UN GRAN GIORNO. - ALBERTO. - FORTEZZA.

    LA CASA PATERNA.

    _______

    QUINTA IMPRESSIONE.

    della nuova edizione del 1878, riveduta e ampliata dall’autore

    con sette disegni di V. Bignami.

    1884.

    A GONZALO SEGOVIA Y ARDIZONE

    Per ringraziarvi degnamente delle cortesi accogliente che mi faceste in Siviglia, dovrei dedicarvi un libro, nel quale fossero descritte le meraviglie della vostra bellissima città natale; ma poichè quel libro non è anche fatto, e a me preme d’esprimervi la mia gratitudine, vi prego di accettare queste povere Novelle. Possiate, leggendole, pensare qualche volta all’amico lontano, echi quel desiderio affettuoso ch’io sento di voi alla lettura dei vostri versi gentili. Vivete sano, e godetevi i quadri del Murillo e il profumo degli aranci.

    Torino, 20 luglio 1872.

    Vostro

    E. De Amicis.

    GLI AMICI DI COLLEGIO.

    I.

    Molti scrivono ogni sera quello che hanno fatto il giorno; alcuni tengono ricordo delle commedie sentite, dei libri letti, dei sigari fumati; ma c è uno su cento, su mille, che faccia una volta l’anno, o che abbia fatto una volta in vita sua, l’elenco delle persone che conosce? E non intendo dire di quei pochi, con cui si ha che fare, o che si vedono, o a cui si scrive; ma di quel gran numero di persone, viste altre volte, che forse non rivedremo, e che pur tornano ancora alla mente molto tempo dopo che si son lasciate, a mano a mano più di rado, fino a che scompaiono affatto, e non ci si pensa mai più. Chi di noi  non ha perduto la memoria di cento nomi e smarrito la traccia di cento vite? Eppure è una gran perdita per l’esperienza, e io ne son tanto persuaso, che, se ricominciassi a vivere, vorrei spendere mezz’ora al giorno nel noioso lavoro di notar nomi e casi di persone, anche le più indifferenti.

    Che storia intricata e strana mi ritroverei tra le mani, se avessi serbato ricordo di tutti i miei compagni delle prime scuole; e continuato a chiederne notizie qua e là, via via che se ne presentava l’occasio ne, e tenuto dietro, in qualche modo, alle vicende principali di ciascuno! Ora, di quelle due o tre centinaia di ragazzi che conoscevo, venti o trenta appena mi son rimasti nella memoria, e so dove sono, e che cosa fanno; degli altri non so più nulla. Per qualche anno ho avuto davanti agli occhi l’immagine distinta di tutti: erano trecento visi rosei che mi sorridevano, e trecento giacchette che mostravano ciascuna, più o meno, la condizione del babbo, da quella di velluto del figliuolo del sindaco a quella infarinata del figliuolo del fornaio; e mi pareva di sentirmi ancora sonar nell’orecchio, a una a una, le voci di tutti; e vedevo il posto di ciascuno  nei banchi della scuola, e ricordavo parole, atteggiamenti, gesti. Ma a poco a poco tutti quei visi si confusero in una sola striscia color di rosa, tutte quelle giacchette in un color bigio uniforme, tutti quei gesti in un tremolìo indistinto, tutte quelle voci in un mormorìo fioco; fin che una nebbia fitta coprì ogni cosa, e anche il mormorìo tacque, e la visione scomparve.

    E mi dispiace, e molte volte mi piglia il desiderio di squarciar quella nebbia, e di ravvivar la visione. Ma ohimè! non li troverei più insieme; e se dovessi andarli a cercare a uno a uno, chi sa quanti giri e rigiri mi toccherebbe fare, e dove metter piede, e tra chi! Forse passerei da una sacrestia a una caserma, da una caserma a un’officina, dalla officina allo studio d’un avvocato, dallo studio dell’avvocato a una carcere, dalla carcere a un palco scenico, dal palco scenico, pur troppo! al camposanto, e dal camposanto sur un bastimento mercantile in un porto dell’America o delle Indie. Chi sa quante avventure, quante disgrazie, quante tragedie domestiche, e mutamenti di visi e di costumi e di vita, in così piccolo numero di gente e in così breve giro di tempo!

    Eppure, non son quelli gli amici che si desidera più caldamente di rivedere. Non solo; ma se badiamo a discernere in noi il sentimento di mesto desiderio che ci risospinge verso gli anni della fanciullezza, da quello che ci pare ne sospinga verso i compagni di quegli anni, ci meravigliamo di trovar questo così debole, e fors’anco di non trovarlo nemmeno. E perchè ci dovrebb’essere, e forte? Stavamo sovente insieme, eravamo allegri, ci cercavamo, ci desideravamo; ma le nostre anime non si ricambiavano nulla di quello che le ravvicina e le stringe e vi lascia una traccia. Le nostre amicizie si legavano e si scioglievano con uguale facilità. Avevamo bisogno di un compagno che facesse eco alle nostre risa e ci aiutasse ad arrampicarci sugli alberi e ci rimandasse la palla con un colpo vigoroso; e a ciò serviva meglio il più destro, il più chiassone e il più ardito; e questo, il più delle volte, era l’amico più caro. Ma volevamo bene ai deboli? Domandavamo ai malinconici: - Che cos’hai? - E se ci dicevano: - Il tale è morto - si piangeva? Ah! non eravamo amici.

    E sarà certo seguìto a molti di rivedere dopo quindici anni un compagno delle scuole  elementari. Si riceve una lettera, di cui non si riconoscono i caratteri, si getta un’occhiata alla firma, e si dà un grido: - Come! Lui! È vivo? - Si piglia il cappello e si corre all’albergo. Oh certo che, mentre si corre, il cuore batte, e salendo la scala s’affretta il passo con grande ansietà, e si ride, e si gode, e non si darebbero quei momenti per tutto l’oro del mondo. Ma son quelli i più bei momenti. Si entra nella stanza con impeto, si bacia un uomo, nel quale, sì, a guardarlo bene, si ravvisa qualche tratto del fanciullo d’una volta; l’uno domanda all’altro: - Che fai? - e l’uno ricorda all’altro, in fretta e in furia, qualche bazzecola di quando si andava a scuola e poi…. è finita. Cominciate a pensare: - Chi è costui? Come ha vissuto, dacchè non ci siamo visti? Che cos’è seguito in quell’anima? È buono, è tristo, è un credente, è uno scettico? Io non ho niente di comune con lui, non lo conosco. Bisognerebbe scrutarlo, studiarlo; ma dunque non è un amico! - E quel che pensate voi, lo pensa lui, e la conversazione procede languida e fredda; e forse dalle prime parole vi accorgete che avete battuto due opposte vie; egli vi lascia trasparire una striscia  del suo berretto frigio, voi, secondo lui, la punta del vostro codino di monarchico; voi gli date una tastatina sulla letteratura, egli a voi sul seme dei bachi da seta; voi, prima di dirgli che avete moglie, gli domandate s’egli l’ha; ed egli vi risponde: - Fossi minchione! - e finite col lasciarvi, stringendovi la punta delle dita, e ricambiandovi un sorriso morto appena nato.

    Gli amici d’infanzia! Cari sì, sopra tutti, quando si siano vissuti insieme anche gli anni della giovinezza; ma se no, che cosa sono fuor che fantasmi? E l’infanzia stessa! Non ho mai potuto capire perchè si rimpiangono da molti quegli anni, - anni in cui non si soffre, è vero, ma non si pensa, non si lavora, non si crede, non si prorompe in quegli scoppi di pianto ardente ed amaro, che purificano l’anima e fanno rialzar la fronte altera e splendida di speranza e di coraggio nuovo! Oh mille volte meglio soffrire, faticare, combattere e piangere, che sfumar la vita in quel riso continuato e inconsapevole,

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