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L'Anello di Santa Rita: Romanzo familiare
L'Anello di Santa Rita: Romanzo familiare
L'Anello di Santa Rita: Romanzo familiare
E-book166 pagine2 ore

L'Anello di Santa Rita: Romanzo familiare

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Info su questo ebook

L’anello di santa Rita è una storia familiare a più voci. La ricostruzione degli anni di collegio della madre, il ritrovamento del diario del padre e un viaggio nei luoghi di santa Rita, sono gli elementi portanti di questo romanzo. La madre, Vincenzina, si racconta quando giovane ventenne che frequenta le scuole in un severo collegio di suore, si innamora per la prima e unica volta nella sua vita. Siamo nella prima metà degli anni quaranta.I ricordi della madre si intrecciano con quelli del padre, Giovanni, attraverso un breve diario da lui scritto quando era un giovane ufficiale di Marina, prigioniero in un campo di concentramento per ufficiali a Leopoli in Polonia dopo l’otto settembre 1943. Quei chiarimenti e quelle testimonianze che i figli avrebbero potuto facilmente avere allora dalla viva voce dei propri genitori, per conoscere in profondità i fatti di quel periodo e come essi abbiano inciso nella loro vita che si dipana attraverso gli eventi della seconda guerra mondiale, non hanno invece suscitato interesse nelle loro coscienze a causa della loro giovane età: sono gli anni sessanta, la vita è tutta proiettata verso un futuro che sembra promettere di tutto e di più: “Cos'ha a che fare con noi la guerra? E’ cosa del passato. Non interessa più”. Ora, diventati adulti, vorrebbero invece sapere, vorrebbero chiedere, ma non c’è più nessuno a cui chiedere. Inizia così un lavoro di scavo, alla scoperta dei fatti del tempo, che man mano che procede si allargherà più di quello che avrebbero immaginato; diventa appassionato, perfino febbrile, perché un ricordo se ne tira sempre dietro un altro. Questa ricerca li porterà a comprendere meglio i fatti e i modi della propria infanzia. Giovanni e Vincenzina, la loro storia e quella dei figli, i loro valori sono ora disegnati in chiaro, perché conoscere i fatti è un conto, capirli è un atto di volontà. Nel libro alcune fotografie dell’ epoca.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2019
ISBN9788894421590
L'Anello di Santa Rita: Romanzo familiare

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    Anteprima del libro

    L'Anello di Santa Rita - Lucia Forabosco

    Lucia Forabosco

    L'Anello di Santa Rita

    Romanzo familiare

    ISBN: 9788894421583

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Foto

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    Capitolo 31

    Capitolo 32

    Capitolo 33

    Capitolo 34

    Capitolo 35

    Capitolo 36

    Capitolo 37

    Capitolo 38

    Epilogo

    Bibliografia e riferimenti

    Ringraziamenti

    L'autore

    Presentazione

    Lucia Forabosco

    L'ANELLO DI SANTA RITA

    Romanzo familiare

    Edizioni Scripta Volant

    Collana: Narrativa familiare

    Edizioni Scripta Volant

    Tel: +39 3334408793

    Email: libri@scriptavolant.net

    Web: www.scriptavolant.net

    A Giovanni e Vincenzina

    1° edizione, Bellano 23 ottobre 2019

    Riproduzione vietata ai sensi di legge

    (art. 171 della legge 22 aprile 1941 n. 633)

    Copyright 2019 – Lucia Forabosco

    ISBN: 9788894421583

    Senza regolare autorizzazione è vietata la riproduzione

    di questo volume anche parzialmente o con qualsiasi mezzo,

    compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico

    Capitolo 1

    Lucia

    Sono già diversi giorni che non piove. I fiori nel giardino oggi hanno un’aria triste e sofferente, con la corolla reclinata in basso. Questo mese di maggio è iniziato con un sole rovente già estivo; solo le buganvillee rosse e viola e gli oleandri giù a mare, con i primi boccioli che fanno capolino tra le foglie verdi e lunghe come lame di coltello, sembrano non risentire della calura. Mi ero ripromessa di non piantare più fiori delicati, che in estate bisogna curare e innaffiare anche tutte le sere, ma solo fiori robusti e piante grasse, che posso trascurare un po’, senza che ne abbiano a patire. Invece succede sempre che, arrivato il mese di aprile, quando tutti i fiorai espongono sulla via un tripudio di tinte e profumi, non so resistere e torno a casa più e più volte con la macchina piena di ogni varietà e colore, impegnandomi con me stessa: Son così belli! Quest’anno mi renderò libera e li curerò di più. Sulle verbene variopinte che ho piantato sul muretto con l’ancora, fatta da mio padre con i sassi di mare, ci sono due farfalle gialle, delicate, intente in una danza gioiosa: a mezz'aria si girano intorno l’un l’altra spostandosi al contempo da un fiore all’altro. Le contemplo immobile, poi le seguo quando con un breve volo si spostano di qualche metro sulla siepe d’edera che recinta il giardino verso est. Si allontanano e si avvicinano per poi riallontanarsi e riavvicinarsi ancora.

    Penso che una cosa così eccezionale vada filmata, allora rientro velocemente in casa e ritorno munita della mia modesta cinepresa, ma ho indugiato troppo: le farfalle amorose non ci sono più.

    Innaffierò dopo. Mi siedo sui gradini che dalla strada su in alto portano alla casa e guardo quello spicchio di mare, che si staglia tra il nostro pioppo frondoso e gli eucalipti balsamici del vicino, e che oggi è blu cobalto e si confonde all'orizzonte con un cielo di una tonalità appena un po’ più chiara, limpido e senza una nuvola. Penso. Quei gradini sono il mio rifugio di meditazione.

    In questi giorni c’è un pensiero che mi gira per la testa. Da quando, l’altro ieri, passando davanti alla Chiesa di San Giovanni Battista, mi sono fermata a leggere un manifesto. Aspettavo un’amica che era lì che si attardava a salutare una signora anziana a me sconosciuta e nell'attesa mi sono messa a leggere.

    È l’avviso di una gita-pellegrinaggio che si farà tra gli ultimi giorni di giugno e i primi di luglio ad Assisi e Cascia. Il nome Cascia fa affiorare nella mia mente e forse, ancora prima nel cuore, una serie di emozioni e pensieri… pensieri che ho già da un anno a questa parte, anche se finora in modo vago, come un’idea passeggera che viene accantonata per l’urgenza delle incombenze quotidiane. Ma è un’idea che come va via così ritorna. Ogni tanto.

    Non so se è una cosa da attuare effettivamente oppure no e in che modo. Fino a quando non ho letto il manifesto. Allora l’idea ha preso forma e consistenza: voglio andare a Cascia. In quel momento ho saputo per certo che ci andrò. Io non sono cattolica, anzi non sono neanche credente, ma questo viaggio che mi gira per la testa da un anno, lo so, lo farò.

    Mi sono seduta sugli scalini a guardare il blu del mare per pensare meglio. Proprio sotto l’arco di gelsomino che ora si è riempito di migliaia di piccoli fiori bianchi profumati. Alla mia sinistra c’è il muretto con l’ancora e le verbene e sulla destra la grossa fioriera bianca con al centro l’alberello di mimosa e sotto questo la statuetta della madonna Immacolata, che è invece un ricordo di mia madre. Ho piantato tutt'intorno cespuglietti di margherite bianche sfumate di un violetto tenue.

    Mi sforzo, anche se sono poco brava e poco costante, di mantenere la bellezza di questo giardino che i miei genitori curavano con passione e allegria.

    Si sedevano dopo pranzo davanti al portone di casa, in questo angolo esposto a nord, ma riparato dai venti di mare, e stavano seduti lì al tavolino sulle due poltroncine bianche a leggere e chiacchierare godendosi in quiete il pomeriggio fino al tramonto.

    L’idea del viaggio a Cascia con il pellegrinaggio organizzato mi attrae molto, perché mi risolverebbe il problema che a me non piace viaggiare da sola e soprattutto andare in albergo e mangiare in solitudine. Ma mentre osservo un’ape silenziosa che si è poggiata sui fiori del gelsomino mi viene subito chiaro che anche il pellegrinaggio ha i suoi inconvenienti, cioè il pullman. Io soffro il viaggiare con questo mezzo, poi ho anche un po’ paura: tutta la notte in autostrada?!

    Peccato! Perché l’idea del gruppo mi piacerebbe proprio. Penso che con i pellegrini si crei un’atmosfera raccolta e spirituale già durante il viaggio, che so, con canti e preghiere. Così penso io. Devo far mente locale e inventarmi qualche altra cosa, perché ormai il viaggio è diventato un’idea fissa e concreta. Devo solo studiare il come e il quando e soprattutto con chi.

    Caterina… mia sorella Caterina! Ecco con chi. Lei non sa niente ancora, naturalmente. Non le ho mai parlato di questo mio pensiero, che non era ancora chiaro neanche a me. Non so se lei accetterà. Non so se lei ci ha mai pensato a questa cosa. Ma se la conosco bene, qualcosa mi dice che le piacerà questa mia idea.

    Mia sorella ha la responsabilità di tre nomi importanti nella mia famiglia: Caterina appunto che è il nome che in ogni ramo da parte materna si ripete per venerazione a santa Caterina d’Alessandria; Rita, per particolare devozione di nostra madre e nostro padre alla santa di Cascia e Barbara che è la santa protettrice della Marina Militare, perciò… Potremmo andare in treno io e lei. Occorre che prima di dirglielo controlli gli orari, le varie possibilità, gli alberghi, in modo da farle una proposta precisa.

    Ieri sera mia sorella mi ha telefonato, di ritorno dalla Germania, per salutarmi e dirmi che tutto è andato bene. Caterina mi fa puntualmente il resoconto dei suoi itinerari corredato di belle fotografie e io sono contenta perché in questo modo mi rende partecipe di mete che finora non ho potuto raggiungere, ma non le ho detto niente al telefono di questo mio progetto: non è cosa da parlarne a distanza. A fine mese, mancano meno di due settimane, sarà qui insieme agli altri fratelli. In quell'occasione, un pomeriggio, inviterò Caterina a sedersi davanti casa con me, sulle due poltroncine bianche vicino al tavolino e le racconterò quello che ho in mente, pensiero che, più passano i giorni, più diventa una necessità pressante.

    È arrivato il momento di innaffiare, non posso più procrastinare, altrimenti i miei poveri fiori rischiano di appassire. Perciò, con questi pensieri in mente e con la pace nel cuore per la decisione presa, vado avanti e indietro dal rubinetto della cucina al giardino più volte, per bagnare le piantine con una brocca di metallo che ha il beccuccio, in modo che l’acqua vada delicatamente alle radici senza rovinare le corolle.

    Capitolo 2

    Vincenzina Angellara – aprile 1941

    Oggi è il primo giorno delle vacanze pasquali. È venuto a prenderci a Vico Equense lo zio Beniamino in carrozza. Nel collegio delle suore dove io e mia sorella Giuseppina siamo da due anni, dopo la morte del babbo, non stiamo male, anzi il collegio è bello e confortevole anche se dobbiamo dormire in camerata con altre diciotto ragazze. Da quest’anno poi vicino ai nostri letti c’è quello di nostra cugina Gabriella che ha 17anni, un anno meno di Giuseppina. Gabriella è simpaticissima e ci fa divertire. Lei prende tutte le cose con più leggerezza e spesso si fa sgridare dalle suore. Ma mentre noi, io soprattutto, ci sentiremmo morire al suo posto, lei non batte ciglio, anzi, quando la suora gira le spalle, le tira fuori la lingua.

    Oggi l’hanno redarguita perché si era tolto il grembiulone nero, divisa del collegio, e aveva costretto una compagna a tenerlo teso dietro la porta a vetri. Ahimè non c’è neanche uno specchio in tutto il collegio. Per castigare la vanità, ci ha detto il primo giorno la madre superiora dopo averci riunite, un centinaio di ragazze in tutto, nel grande salone delle conferenze episcopali. Noi tutte abbiamo chinato il capo e ci siamo ripromesse modestia e castità, ma nostra cugina, bella, con gli occhi brillanti e le fossette sulle guance e con un corpo flessuoso da attrice del cinema, di modestia non ne vuol sentir parlare.

    Gabriella era lì che si specchiava, quel poco che poteva, in quello specchio rudimentale, si aggiustava i riccioli e si dava i pizzicotti sulle guance per farsi i pomelli rossi e si girava di qua e si girava di là per guardarsi meglio, quando è arrivata suor Tarcisia. Gabriella è stata messa in castigo e dovrà leggere e poi ricopiare vita e opere di Santa Maria Goretti, nel quaderno nero dei castighi, invece di fare la ricreazione pomeridiana in cortile. Così imparerà, forse.

    Lo zio Beniamino in divisa da colonnello

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