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Il passato ha i tuoi occhi: Harmony Bianca
Il passato ha i tuoi occhi: Harmony Bianca
Il passato ha i tuoi occhi: Harmony Bianca
E-book141 pagine2 ore

Il passato ha i tuoi occhi: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Ellen:
Sono tornata in Scozia per riflettere e per prendere delle decisioni importanti riguardo al mio futuro. Ma proprio qui, dove pensavo di essere al sicuro, ecco che il passato torna a tormentarmi. E ha lo sguardo magnetico di Sean.


Sean:
Otto anni fa Ellen era solo una bambina che aveva una cotta per me, ma adesso si è trasformata in una splendida donna che sa come farmi impazzire. Ma i suoi occhi, un tempo limpidi e cristallini adesso sono velati da una malinconia che non ho mai conosciuto. Sono deciso a scoprire di cosa si tratta e a provare a forzare la mano al destino perché ci conceda un'altra occasione.

LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2018
ISBN9788858984444
Il passato ha i tuoi occhi: Harmony Bianca
Autore

Anne Fraser

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il passato ha i tuoi occhi - Anne Fraser

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Mistletoe, Midwife...Miracle Baby

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2011 Anne Fraser

    Traduzione di Nicoletta Ingravalle

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-444-4

    1

    Ellen fermò l’auto all’inizio del ripido vialetto e guardò sconfortata il sentiero ghiacciato che conduceva all’abitazione della nonna. Anche se fosse riuscita a guidare la macchina giù per la discesa, non sarebbe comunque mai stata in grado di girarla senza correre il rischio di finire nei profondi fossati che costeggiavano la strada.

    Appena scesa dall’auto, il vento freddo e i primi fiocchi di neve le diedero il benvenuto. Aveva guidato senza sosta per più di dieci ore, e ogni muscolo che aveva in corpo le doleva per essere stata tutto quel tempo piegata sul volante, mentre sfrecciava verso nord, nel tentativo di arrivare prima della neve che avrebbe dovuto invadere l’intera Scozia. Stringendosi nella giacca a vento e maledicendo i tacchi alti degli stivali in pelle che indossava, decise di lasciare la valigia nel bagagliaio e di avviarsi su per il vialetto.

    Inspirando profondamente, si riempì i polmoni dell’aria fresca e pungente delle Highlands e sentì svanire una parte della stanchezza e del dubbio che provava. Aveva fatto bene a venire. Aveva bisogno di stare lì in quel momento, nell’unico posto che aveva sempre veramente considerato casa.

    Il tetto dell’abitazione si intravedeva al di sopra delle cime dei pini e dei sambuchi sempreverdi, e il fumo del camino si innalzava verso il cielo in spire e volute. Ellen immaginava la nonna rinvigorire il fuoco, una teglia di focaccine a cuocere nel forno e la teiera sul fornello, sempre pronta per una rilassante tazza di tè. L’ansia le invase improvvisamente lo stomaco, facendola barcollare un istante. Era stata egoista nel tornare? Non aveva raccontato alla nonna la vera ragione per cui era venuta a stare da lei, soltanto che era stata male e le serviva tempo per recuperare le forze. Se la nonna avesse saputo la verità si sarebbe preoccupata, ed Ellen non poteva sopportarlo. Per lei, quella donna era tutto.

    Gonfiò le guance e deglutì, decisa. Era ancora confusa; per un momento, un secondo solo, riusciva a dimenticare; poi la realtà della situazione le ricadeva addosso nuovamente, minacciando di distruggerla.

    Prese tempo per ricomporsi e infilò le mani nelle tasche del suo parka, lasciando che il suo sguardo vagasse sul paesaggio, finché non riconobbe la casa dei Jamieson. I ricordi iniziarono ad affiorarle alla mente: si rivedeva seduta nella loro vasta cucina a bere, in quell’atmosfera carica d’amore e allegria, fingendo, anche solo per un momento, di far parte di quella grande e meravigliosa famiglia. Ma i Jamieson si erano trasferiti. E con loro Sean. Dov’era lui, adesso? La nonna le aveva detto che intendeva ristrutturare la casa che gli avevano lasciato i genitori. Perché? Aveva in mente di trasferirsi lì in pianta stabile? Aveva conosciuto qualcuno, e stava preparando il loro nido d’amore? Forse, voleva anche metter su famiglia?

    Qualcosa che lei non avrebbe mai avuto.

    Prese la borsa con l’essenziale per la notte e si avviò su per il sentiero, stando attenta a non cadere. Per due volte rischiò di prendersi una storta, e altre due riuscì appena a restare in equilibrio sui tacchi. L’ultima cosa che le serviva, ora, era rompersi una gamba. Ellen riuscì a scacciare la nube di autocompatimento che rischiava di investirla. Non valeva la pena abbandonarvisi. Doveva guardare al futuro, per quanto buio potesse sembrare in quel momento.

    Era a metà strada quando si accorse di un suono ritmico che si propagava nell’aria. Guardò in direzione del rumore, e si accorse che giungeva dal retro della casa della nonna, dove una figura alta e slanciata brandiva un’accetta, spaccando legna. Per l’amor del cielo, chiunque fosse quell’uomo doveva morire di freddo. Indossava solo una maglia a maniche corte e dei jeans, nonostante la temperatura fosse vari gradi sotto lo zero.

    Vi era qualcosa di primitivo nel modo in cui lavorava che la spinse a fermarsi a guardarlo, a osservare i suoi muscoli contrarsi ogni volta che sollevava l’accetta. Sembrava perso nei suoi pensieri, incurante della neve che cadeva, ricoprendogli i capelli scuri.

    Improvvisamente, mentre ripartiva alla volta di casa, Ellen non sentì più il terreno sotto i piedi. Era stata così presa dall’uomo che aveva di fronte, che aveva smesso di prestare attenzione alla strada. Lanciò un urlo soffocato, tentando di non cadere, e l’uomo si voltò. Per un secondo i loro sguardi si incontrarono, poi Ellen si ritrovò a terra, urtando il suolo con una forza che le mozzò il respiro. Persino in quella situazione, stesa a terra e con gli occhi al cielo, con la neve fredda che le si insinuava nel collo della giacca, non riusciva a non pensare che vi fosse qualcosa di dolorosamente familiare in quei trasparenti occhi chiari.

    Udì uno scricchiolio di passi che avanzavano verso di lei, e mentre tentava di sollevare la testa, socchiudendo gli occhi per osservare meglio la figura che si ergeva sopra di lei, i suoi sospetti divennero certezza.

    Sean!

    Sean era lì! Il suo cuore accelerò i battiti. Si era sempre chiesta come si sarebbe sentita quando l’avesse rivisto, ma ogni volta che immaginava il loro incontro, questo si svolgeva su un terreno neutro, con lei vestita da mozzare il fiato e dal comportamento freddo e distaccato. Ora, invece, era accasciata ai suoi piedi, e dopo un estenuante e teso viaggio in auto, era decisamente uno straccio.

    Oh, maledizione! E lui era ancora più bello, più assurdamente bello di come lo ricordasse. O forse era perché lo stava guardando dal basso verso l’alto?

    Mortificata, Ellen cercò di alzarsi, ma nel panico si accorse che i tacchi non riuscivano a far presa sul ghiaccio. Perfetto! Era a terra a dimenarsi, neanche fosse un pesce fuor d’acqua.

    Una mano le venne in aiuto e, prima che potesse accorgersene, si ritrovò in piedi.

    «Stai bene?» la voce di lui ancora le faceva venire la pelle d’oca. Dopo tutto quel tempo?

    Sean indietreggiò, continuando a tenerla per il braccio, e diede in un fischio sommesso.

    «Ellen Nicholson? Se Maggie non mi avesse detto che saresti venuta, non ti avrei mai riconosciuta. Sei cambiata.» La studiò divertito. «O forse no.»

    Quando le rivolse quel sorriso, anche troppo familiare per lei, Ellen sentì qualcosa agitarsi nello stomaco. Se lei era cambiata, anche lui lo era. L’ultima volta che lo aveva visto, e il ricordo la fece arrossire, era alto e allampanato. A un certo punto in quegli anni, doveva essersi irrobustito. Con uno stile incredibile.

    Ellen, turbata, cacciò via la neve dalla giacca e dai pantaloni. Certo che era cambiata. L’ultima volta che erano stati insieme, lei era un’adolescente ossuta e ribelle, con una cotta per lui. Otto anni dopo, era diventata una donna adulta con una condanna a morte che pesava su di lei. La sua alter ego del passato non poteva essere più diversa da quella presente. Provò un improvviso desiderio di tornare a essere la vecchia Ellen, quella che ancora credeva nei miracoli, e per la quale il mondo e la vita le avrebbero presto dato ciò che desiderava.

    Avrebbe preferito non imbattersi in Sean Jamieson in quel momento. Il ricordo dei sentimenti che provava per lui era improvvisamente riaffiorato solo guardandolo. Di colpo, si sentiva di nuovo quella ragazzina diciassettenne che baciava il terreno su cui Sean passava.

    Ellen si scansò dal viso i capelli zuppi di neve, tentando disperatamente di riconquistare un po’ di stima di sé. «Oh, ciao Sean. Mi fa piacere rivederti.»

    Cavolo, era stata davvero così goffa come le era sembrato? «Non che mi aspettassi di vederti qui. Voglio dire, credevo fossi via, da qualche parte.» Fantastico. Ora balbettava.

    «Stai bene?» le chiese lui. «Ti sei fatta male?»

    «Per niente. Sto benissimo, grazie» e per provarlo fece un passo avanti. Troppo velocemente, come fu chiaro. Con suo grande orrore, si ritrovò nuovamente a terra, supina, con gli occhi al cielo grigio di nuvole.

    «Credo che aspetterò qui che la neve si sciolga» borbottò, mortificata.

    Sean si accovacciò accanto a lei e sorrise. Il modo in cui il suo sorriso la faceva sciogliere dentro, dopo tutto quel tempo, la spaventava.

    «Potresti restare qui fuori per un po’. Posso portarti qualcosa?»

    Nonostante la situazione fosse ridicola e le emozioni si agitassero in lei, Ellen sorrise. «Una tazza di tè andrebbe benissimo, e magari una bottiglia d’acqua calda.»

    «Qualche focaccina?»

    «Mmm... burro e marmellata.»

    E ora ridevano insieme. Stavolta lei stessa tese la mano per farsi aiutare ad alzarsi. Era come se gli anni fossero scivolati via, e loro fossero tornati com’erano una volta, tanti anni fa.

    Sean la baciò delicatamente sulla guancia e qualcosa le si agitò sottopelle, turbandola nuovamente.

    «Ti cacci ancora nei guai?» chiese, sempre sorridendo. «Sembra che certe cose non siano cambiate. Vuoi che ti dia un’occhiata alla caviglia?»

    No, non voleva, maledizione! Farsi sfilare gli stivali da lui era l’ultima cosa che voleva. Non si depilava le gambe da giorni. Santo cielo, cosa le veniva in mente? Avere gambe non depilate era l’ultimo dei suoi problemi.

    «Cosa ci fai qui?» chiese. «Pensavo stessi lavorando a Glasgow, o in Australia.» Dovrebbe essere a Glasgow. O in Australia. Sì, l’Australia era meglio. Il più lontano possibile da casa di sua nonna. Conscia di essere sembrata scortese con lui, addolcì il tono. «Sei qui in vacanza? Voglio dire, nonna mi ha accennato che avresti ristrutturato la casa di famiglia, ma suppongo di aver pensato che avresti aspettato l’estate per iniziare.»

    Ancora meglio. Ora gli stava facendo credere che lo aveva pensato, che aveva parlato di lui.

    Il sorriso di Sean si fece più ampio. «A quale domanda ti piacerebbe rispondessi per prima?»

    «Fai tu!» Sorrise con disinvoltura. O almeno sperò che a lui apparisse così.

    «Sto ristrutturando casa, ma ho dovuto buttare giù gli interni completamente e al momento è inabitabile.» Sean scrollò via la neve e le foglie secche dalla sua giacca, e le ci volle ogni grammo di autocontrollo per impedirsi di sottrarsi bruscamente al contatto. «Maggie mi lascia usare la vecchia

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