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Divinità Umanità e Natura: nella Tradizione Indiana
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E-book148 pagine1 ora

Divinità Umanità e Natura: nella Tradizione Indiana

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Info su questo ebook

Con il termine Induismo si designa una realtà complessa che sovente viene ridotta, semplificata e spesso erroneamente interpretata.
Il ricercatore che si avvicina alla Civiltà Indovedica sprovvisto di una serie di dati fondamentali, non riesce a cogliere un disegno unico nel multiforme fenomeno cui assiste, per cui rimane frastornato e finisce per descriverlo come politeismo o panteismo, quando non riduce tutto a leggenda o superstizione.
Ma dietro a questa apparentemente caotica facciata esistono un’interiorità ben strutturata e un ordine preciso di valori, fisici e metafisici.
LinguaItaliano
Data di uscita1 lug 2014
ISBN9788854700185
Divinità Umanità e Natura: nella Tradizione Indiana

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    Anteprima del libro

    Divinità Umanità e Natura - Marco Ferrini

    L’India, gli indiani e l’Induismo

    I.1 L’antico sapere dell’India e l’Occidente

    L’occidentalizzazione del mondo è quasi completata, anche sul piano culturale. L’uomo moderno, impegnato nello sviluppo di un enorme e sempre crescente potenziale tecnologico e scientifico, ripiegato quasi interamente sul pensiero razionale, ha da tempo trascurato la ricerca interiore e si è allontanato, con conseguenze spesso drammatiche, dalla comprensione del senso ultimo dell’esistenza. Da qui il suo crescente bisogno, per lo più inconscio e insoddisfatto, di ritrovare la propria posizione nell’universo e di capire la sua relazione con esso. Sorgono dunque sempre più insistenti i dubbi sul senso della vita, sull’io e sul sé, sulla personalità e sull’individualità, sulle relazioni, sul destino, sulla transitorietà dell’esistenza e sui fenomeni della nascita e della morte.

    L’insieme filosofico-religioso che in Occidente è conosciuto come Induismo (nelle lingue indiane definito vaidik dharma, religione dei Veda), se attentamente studiato e analizzato, se compreso ed opportunamente integrato nella nostra cultura, potrebbe fornire molte possibili e differenziate soluzioni al disagio esistenziale sopra accennato. Il mal di vivere o malessere, sempre più diffuso nelle società industrializzate, dipende in gran parte dalla particolare prospettiva con cui l’uomo medio è stato educato a guardare al mondo e a sé stesso, quindi dalla sua peculiare percezione e concezione di sé, della storia della società e del mondo in cui è inserito.

    Il modello occidentale di sviluppo scientifico, economico e sociale, è saldamente ancorato ad una visione dell’universo fondata sul paradigma spaziotemporale fornito dal pensiero Cartesio-newtoniano. Tale paradigma ha permesso all’uomo lo sviluppo di quell’efficacissimo strumento di indagine scientifica definito come metodo positivo, utile per la comprensione di un certo livello della realtà fenomenica, quello oggettivo, contribuendo a formare conoscenze che hanno reso possibili eccellenti risultati in campo tecnologico. Oggi però quella visione meccanicistica e non organica dell’universo comincia a mostrare i propri limiti, sia in campo scientifico sia, soprattutto, in quello psicologico-umanistico poiché, avendo distolto l’uomo dalla ricerca interiore e dall’introspezione, ne ha ostacolato l’accesso a livelli di visione più olistici.

    Si è andato in tal modo affermando un tipo di coscienza sempre più volto all’esterno, che non ha certo favorito le facoltà intuitive e l’evoluzione equilibrata dell’individuo. La società odierna è espressione di tale cultura estrovertita che, pur vincente sul piano tecnologico, risulta svuotata spiritualmente e rischia di abbandonare l’uomo a sé stesso, lasciandolo alle prese con i suoi molti problemi irrisolti, soprattutto quelli relativi alla propria identità.

    La necessità di una svolta, o meglio, di un’integrazione culturale nella concezione del mondo che rivaluti la ricerca interiore e l’armonia intima tra creato e creature, è stata confermata anche da recenti scoperte nell’ambito della fisica sub-atomica, scoperte relative all’intima interdipendenza e interazione delle parti col Tutto e della materia con la coscienza. Queste tesi, ormai dimostrate ed accettate in ambito scientifico, risultano per molti aspetti sorprendentemente vicine alle visioni del mondo delle grandi tradizioni mistiche orientali, una per tutte: la tradizione bhagavata⁵.

    Al fine di indicare alcuni aspetti psicologici, alcuni simboli e valori universali ragionevolmente utilizzabili anche da parte di un ricercatore occidentale, purché aperto anche a strutture altre di pensiero, ritengo necessaria una breve panoramica sull’Induismo. Mi soffermerò sinteticamente, ma con particolare attenzione, sulla sua componente più antica e prestigiosa, la tradizione spirituale succitata, la cui concezione del mondo è fondata sul sistema filosofico-religioso monoteistico vaishnava, noto come ekantika-dharma. Tale sistema trova mirabile codificazione nella Bhagavad-gita ⁶, il Testo Sacro in lingua sanscrita più diffuso e conosciuto nel mondo. Esso contiene un insieme di dottrine cosmogoniche, antropologiche ed escatologiche, intrecciate fra loro nel rimando alla sostanziale continuità tra i diversi piani dell’essere e alla fitta serie di corrispondenze esistenti tra macro e microcosmo.

    Ciò dovrebbe permettermi, pur nei limiti di questa opera, di accennare ad importanti tematiche troppo spesso trascurate o trattate con dubbio rispetto per la tradizione. Il mio scopo è quello di offrire punti di riferimento a tutti coloro che avvertono la necessità di integrare la propria visione del mondo, mettendo in luce le coordinate esistenziali necessarie a soddisfare gli intimi bisogni di serenità, di appagamento profondo, di conoscenza e di consapevolezza, più o meno coscientemente presenti in ogni essere umano.

    La plurimillenaria cultura dell’India, che ha direttamente o indirettamente ispirato la maggior parte degli antichi popoli del sud-est asiatico e che, secondo alcune tesi della moderna ricerca scientifica, ha influenzato anche il mondo occidentale antico⁷, è fondata sui Veda⁸; come vedremo, dietro un apparente politeismo, tale cultura risulta in realtà imperniata su concezioni religiose monoteistiche di tipo polimorfo⁹.

    Come già detto questo saggio si occuperà della più conosciuta tradizione monoteistica indiana, il vaishnava-dharma o vishnuismo, e più precisamente del monoteismo Gaudiya-vaishnava¹⁰.

    Gli antichi Greci, ritenuti i progenitori del pensiero occidentale, forse non crearono dal nulla la loro filosofia, anche se le loro dottrine svolsero una preziosa funzione di ponte per una conoscenza ben più antica. Tra i numerosi esempi possibili citiamo l’Orfismo, una delle più note dottrine esoteriche dell’antica Ellade, appartenente alla religione dei Misteri, diffusasi in Grecia a partire dal VI sec. a.C. Esso si fondava su riti il cui scopo era quello di purificare l’essere e quindi di sottrarlo alla ruota delle nascite, ovvero alla trasmigrazione (metempsicosi) in vari corpi, anche animali e vegetali. Questa concezione ricorda con evidenza le ben più antiche dottrine vediche del karman ¹¹, del samsara¹² e della mukti o moksha, cui accenneremo più avanti. Eraclito, Socrate, Pitagora ed Empedocle, condivisero tali dottrine e lo stesso Platone, come ben si può dedurre dal Fedone ¹³, vi si rifà in maniera esplicita.

    Più recentemente, i tesori sapienziali della tradizione Hindu sono stati riscoperti ed apprezzati da altri grandi pensatori; per citare solo i più vicini a noi: Schopenhauer, Nietzsche, Hegel, Thoreau, Emerson. Questi studiosi di culture eterogenee, interessati anche al Sapere dell’India antica, attinsero probabilmente numerosi temi dal patrimonio culturale indiano: il Principio cosmico, il velo di maya ¹⁴, l’infinità e l’autocoscienza dell’io, la legge di attrazione e repulsione, la successione ritmica delle grandi epoche storiche.

    Kant disse degli antichi indiani : La loro religione [in origine] era molto pura, [...] possiamo ancora scorgervi tracce di un concetto puro di divinità non facilmente riscontrabile altrove. Quanto a Schopenhauer, egli vide nell’India la terra della saggezza primigenia, il luogo da cui gli europei potevano tracciare la loro provenienza e la tradizione da cui erano stati influenzati in modo decisivo.

    Come testimonianza dell’impatto che in Occidente ebbe la Bhagavad-gita, considerata all’unanimità il Vangelo degli hindu e sintesi del sapere Vedico, riportiamo di seguito alcuni tra i più suggestivi giudizi espressi da eminenti uomini di pensiero:

    Lettura più d’ogni altra al mondo fruttuosa ed edificante, conforto della mia vita e consolazione della mia morte.

    Arthur Schopenhauer

    Con la Bhagavad-gita possiamo avere una chiara idea di quella che è la più praticata, ma anche la più alta di tutte le religioni dell’India.

    Georg Wilhelm Friedrich Hegel

    La Bhagavad-gita è uno dei più chiari e comprensivi compendi della Filosofia Perenne che sia mai stato fatto [...]. La Bhagavad-gita è forse la più sistematica affermazione spirituale della Filosofia Perenne.

    Aldous Leonard Huxley

    E’ il più bello dei libri. Ci parlava con una voce sovrana, senza niente di piccolo o di basso, ma grande, serena, continua; la voce di un’ intelligenza antica che in un’altra epoca e sotto un antico cielo seppe discutere e risolvere le questioni che ci travagliano.

    Ralph Waldo Emerson

    Il più splendido e forse l’unico vero poema filosofico esistente in qualsiasi lingua conosciuta.

    Karl Wilhelm von Humboldt

    Quando la delusione mi fissa negli occhi e, tutto solo, non scorgo nemmeno un raggio di luce, io rivado alla Bhagavad-gita. Trovo un verso qui e un verso là e immediatamente comincio a sorridere nel mezzo di tragedie

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