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Il Ruolo della Volontà: Insegnamenti e metodi Yoga per riscoprire le più elevate risorse umane e risvegliare le naturali sapienza e felicità latenti in ogni persona
Il Ruolo della Volontà: Insegnamenti e metodi Yoga per riscoprire le più elevate risorse umane e risvegliare le naturali sapienza e felicità latenti in ogni persona
Il Ruolo della Volontà: Insegnamenti e metodi Yoga per riscoprire le più elevate risorse umane e risvegliare le naturali sapienza e felicità latenti in ogni persona
E-book273 pagine3 ore

Il Ruolo della Volontà: Insegnamenti e metodi Yoga per riscoprire le più elevate risorse umane e risvegliare le naturali sapienza e felicità latenti in ogni persona

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Info su questo ebook

La nostra esistenza è l'esito delle nostre scelte. Ognuna di esse infatti determina la nostra vita di persone in relazione con gli altri e in quanto individui singoli. Ogni scelta ha alla base un atto volitivo, dunque la volontà è l'albero motore della nostra esistenza.
Imparare ad educare e sviluppare la forza di volontà è uno dei primi requisiti per vivere come signori nella nostra dimora interiore ed evolvere al meglio con e per gli altri, fino a provare l'esperienza dell'Amore.
Il libro contiene insegnamenti e metodi Yoga che possono aiutare lo sviluppo di una volontà forte e saggia.
L'analisi delle cause principali di difetti caratteriali e di conseguenti malesseri esistenziali, chiarisce quali sono gli atteggiamenti, i comportamenti e le scelte sbagliate che ostacolano il risveglio delle più pregiate risorse interiori e quelli che invece favoriscono lo sviluppo delle naturali sapienza e felicità latenti in ogni essere umano. Qui si trovano insegnamenti e pratiche che aiutano a resistere a pressioni e inquinamenti psicologici che oggi incalzano e minacciano l'umanità.
Con questo libro intendiamo offrire a chiunque lo legga strumenti per poter vivere con gioia, coerenza e libertà interiore, facendo scelte più consapevoli, utili al benessere e all'evoluzione spirituale e pratica, propria e altrui.
LinguaItaliano
Data di uscita1 lug 2014
ISBN9788854702868
Il Ruolo della Volontà: Insegnamenti e metodi Yoga per riscoprire le più elevate risorse umane e risvegliare le naturali sapienza e felicità latenti in ogni persona

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    Anteprima del libro

    Il Ruolo della Volontà - Marco Ferrini

    Premessa

    Questo libro è volto a condividere con il lettore un’esperienza che permetta di acquisire insegnamenti e metodi utili per innalzare la qualità della vita, orientando il corso di desideri, sentimenti, pensieri e comportamenti.

    Nel corso degli anni, abbiamo organizzato seminari durante i quali è stato possibile approfondire il tema inerente al ruolo della volontà nella trasformazione della persona secondo la tradizione dello Yoga¹. Nei nostri seminari lo stare assieme è esclusivamente all’insegna della ricerca interiore: ciascun individuo riscopre, a vari livelli, il baricentro del proprio essere, il centro unificatore della propria coscienza, quel nucleo eterno e luminoso che intuisce essere la propria natura, la quale non viene meno con la morte, non si consuma col passare degli anni, non conosce tristezza, né paura, né solitudine. Questo baricentro della persona, sorgente della coscienza, in termini psicologici di Scuola Junghiana è definito il sé, in termini teologici secondo la prospettiva indovedica è chiamato atman², anima, ed è dunque di natura numinosa, divina. Nel sentire ordinario - generalmente dominato dalla coscienza dell’ego³, da qui innanzi definito io inferiore per distinguerlo dal sé - l’intuizione dell’atman viene generalmente impedita da un’errata impostazione culturale, da stratificazioni di impressioni ingannevoli ed atavici pregiudizi che contribuiscono a generare un tragico malinteso rispetto alla natura dell’individuo, al senso della vita, della nascita e della morte.

    La tradizione dello Yoga spiega che l’essere umano tende ad essere affetto da una autopercezione distorta, che produce un decentramento della coscienza ed una conflittualità interiore tra il vero soggetto, l’io superiore o sé, atman, e lo storico e transitorio centro riflesso della persona: l’io inferiore.

    In tal modo si costituisce una sorta di controfigura del sé, identificandosi con la quale la persona vive situazioni in cui non si sente centrata, appagata, felice e realizzata, in cui non riesce a gioire della conoscenza di sé stessa, della vita e dell’amore inteso nel suo significato più profondo.

    I seminari sopra menzionati hanno incluso lezioni su alcuni concetti fondamentali della filosofia perenne della tradizione indovedica ed hanno permesso di esercitare sul piano pratico elevate capacità cognitive, metacognitive ed emozionali, aiutando ad elaborare e a trasformare impressioni latenti che giacciono nella profondità della psiche e che sono generalmente inaccessibili alla coscienza ordinaria; tale esplorazione si compie attraverso metodi insegnati dai Maestri della tradizione bhaktivedantica⁴.

    I partecipanti hanno potuto praticare meditazioni intensive sulla loro natura profonda, sulla loro identità e personalità, e insieme abbiamo svolto uno studio approfondito su di una centrale funzione psichica che, se opportunamente educata, diviene uno strumento formidabile che può efficacemente facilitare il nostro viaggio verso la conoscenza, la gioia e l’amore: questa funzione è la volontà.

    Svilupperemo in questo testo tematiche che si riferiscono a comportamenti, pensieri, emozioni, sentimenti, memoria, immaginazione e impulsi. Scopriremo l’esistenza di leggi psicologiche ed etiche di valenza universale e di discipline che presiedono allo sviluppo delle facoltà interiori, per affrontare con successo l’inquinamento psichico che minaccia l’umanità nella società odierna e vivere con gioia, coerenza e libertà interiore le proprie scelte consapevoli.

    Attraverso l’accesso all’inconscio e soprattutto attraverso la trasformazione dei suoi contenuti (samskara⁵), possiamo progettare il nostro futuro vivendo consapevolmente le nostre esperienze e sempre più armonizzando la mutevole personalità storica al nostro sé, costruendo così le basi per una stabilità effettiva.

    Si tratta di un lavoro impegnativo, che richiede tutta l’attenzione di cui si dispone; richiede dedizione, onestà, umiltà e capacità di introspezione accompagnata da un sano senso critico. Richiede di liberare la mente dai pregiudizi e guardare al mondo da un punto di vista superiore, di natura spirituale, comprendendo i limiti della visione ordinaria convenzionale.

    Secondo quest’ultimo punto di vista, il mondo è osservato sulla base del binomio nascita-morte, che costringe a vivere con l’incubo del conto alla rovescia, perché la mera percezione spazio-temporale porta a considerare che dal momento in cui un corpo nasce è in corsa inarrestabile verso il declino e la morte. Se invece cambiamo prospettiva, come per incanto la morte cesserà di esercitare su di noi la sua ombra terrifica, di agitare la mente, cesserà semplicemente di presentarsi come realtà, perché la vita è tutto ciò che esiste e la morte non è che un concetto astratto: essa non implica la distruzione del sé ma semplicemente un passaggio da una dimensione di vita ad un’altra.

    Introduzione

    I grandi saggi dell’antichità vedica e anche i rappresentanti più autorevoli delle tradizioni spirituali autentiche di tutti i tempi e di tutti i luoghi, hanno sempre sottolineato l’importanza di ricercare la Verità e, come sommo scopo della vita, la realizzazione spirituale. Come dice la Katha Upanishad⁶: intuire la realtà oltre le apparenze, realizzare l’eterna natura dell’uomo oltre il cangiante luccichio dei piaceri fugaci, scoprire l’eterno in ciò che è coperto dall’effimero.

    Intere generazioni di persone nascono e muoiono senza neppure provare a sviluppare una coscienza più evoluta. Le facoltà superiori giacciono latenti in ciascuno di noi, ma la società e la cultura attuale non forniscono molti stimoli per svilupparle. La conoscenza delle proprie caratteristiche psicologiche aiuta a fornire le basi per impostare una vita più salutare, di buone relazioni, ma pur essendo necessario passare per questa tappa, il nostro compito è andare oltre: conoscere l’essenza spirituale della nostra natura e i talenti che le sono propri.

    Il riconoscimento di un corpo è facile: il peso e l’altezza possiamo valutarli rapidamente. Mettere a fuoco il carattere di qualcuno implica uno studio ulteriore e per comprendere la natura spirituale di un individuo occorre un’analisi ancora più approfondita. La conoscenza delle leggi psicologiche fondamentali aiuta a vivere serenamente in questo mondo e facilita anche l’accesso al sentiero della realizzazione spirituale. I grandi Maestri e l’esperienza personale ci insegnano, infatti, che senza la conoscenza della psiche, la realizzazione spirituale è un’utopia. A conferma di ciò Krishna, nel sesto capitolo della Bhagavad-gita⁷, dichiara:

    Per colui che ha conquistato la mente, la mente è la migliore amica, ma per colui che fallisce nell’intento, la mente diventa la nemica peggiore⁸.

    È pertanto evidente che chi ha una mente selvaggia non può sperare di potersi dedicare alle pratiche di realizzazione del sé, che invece richiedono lucidità, equilibrio e integrità.

    Per numerose ragioni studi finalizzati a questo scopo sono piuttosto trascurati nella società odierna e alcuni insegnamenti sono veramente poco noti. Il libro che avete in mano nasce dal desidero ardente che la scienza psicologica e quella della realizzazione spirituale non rimangano privilegio di pochi, ma diventino strumenti a disposizione per tutti coloro che hanno buona volontà e desiderio di fare un percorso che porti alla luce, alla gioia e all’Amore.

    La psicologia indovedica studia sia l’inconscio più profondo, sia le vette luminose della coscienza, giungendo fino ai confini della dimensione trascendente; è un percorso ricco di esperienze evolutive, che entusiasma, ma richiede anche attenzione, serietà e onesta capacità di partecipazione da parte di chi vi si accosta.

    La convinzione che la mera conoscenza sia il fine è deleteria e pericolosa, perché la conoscenza di per sé non garantisce né una retta condotta, né tantomeno la realizzazione spirituale. Se riflettete bene e tornate con la memoria ad alcune vostre esperienze, ricorderete sicuramente persone che avete conosciuto e che avevano una buona conoscenza teorica, ma una pessima condotta sul piano personale. La vita è un viaggio e a volte occorrono molte nascite per giungere ad un livello di armonizzazione della personalità, di conoscenza e di realizzazione in cui si cominciano ad intravedere i primi frutti delle buone qualità interiori sviluppate.

    La fretta è una malattia molto diffusa e la lentezza da pigrizia non è certo l’alternativa positiva. Voler concludere tutto frettolosamente o l’atteggiamento opposto di continuare a rimandare denotano un’idea non matura della grandezza dell’impresa alla quale la natura umana ci chiama.

    La volontà, come strumento di autorealizzazione, deve essere accompagnata da due categorie di qualità di fondo, dicono i Veda⁹: pazienza e tolleranza (titikshava) ed entusiasmo (utsava); troppa pazienza si risolve in letargia, troppo entusiasmo in euforia. L’equilibrio dinamico e armonico tra gli estremi è detto Yoga.

    Per le mie analisi e conclusioni mi baserò fondamentalmente sull’insegnamento di scritture millenarie della tradizione indovedica (Veda-samhita, Upanishad, Shad-darshana, Purana, Itihasa, ecc.), eccellenti testi ricchi di insegnamenti di sociologia, psicologia, filosofia e teologia, che rielaborerò con un linguaggio moderno. Questa combinazione del sapere antico e del linguaggio moderno è di grande utilità per facilitare la comprensione di chi è influenzato da una cultura positivistica e che stenterebbe a comprendere il senso che viene veicolato e lo stile in cui questi testi tradizionali sono composti.

    Vita e Volontà

    Per poter affrontare il tema della volontà in riferimento alla tradizione indovedica è importante familiarizzare sia con il termine ananta o ‘senza fine’, che con il termine anadi, ‘senza inizio’. La cultura moderna, con il suo razionalismo imperante, è stata quasi totalmente privata di questi due concetti, senza i quali non potremmo neanche vivere.

    Ananta, ‘infinito’, è esattamente ciò che ciascuno di voi pensa quando pensa a sé stesso. La morte è un fenomeno che in verità nessuno può accettare come definitivo. Chi dimostra di aver accettato la realtà della morte lo fa perché è stato violentato culturalmente ed ha strutturato un pregiudizio per il quale crede di morire. Ogni bambino sente di essere immortale, e anche un adulto che non avesse interiorizzato pregiudizi culturali avrebbe la profonda convinzione della propria immortalità.

    Anche anadi, ‘ciò che non ha inizio’, si riferisce alla nostra essenza. Noi non siamo il corpo, strumento che secondo gli insegnamenti dei Veda ci serve per compiere il viaggio dell’esistenza incarnata; esso è forgiato dalla mente e da essa viene consapevolmente o inconsapevolmente modificato.

    Nell’avventura della vita, la morte è un’esperienza necessaria, perché invecchiando spesso si diventa incapaci di modificare le proprie opinioni e di migliorare; quindi la trasmigrazione, o metempsicosi (come la chiamavano i filosofi presocratici) è una dolorosa necessità, affinché si possa ripartire da dove siamo arrivati e proseguire il viaggio della vita procedendo verso lo splendore della conoscenza. Così parla Socrate a proposito dell’anima ai suoi discepoli nel Fedone:

    Se l’anima prende congedo dal corpo in condizioni di purezza, senza portare con sé nulla di quello […] un’anima così predisposta non se ne andrà, forse, verso ciò che le assomiglia, vale a dire verso l’invisibile, il divino, l’immortale e ciò che è dotato di intelligenza, dove, una volta giunta, le sarà concesso di essere veramente felice, libera da errori, stoltezze, paure e selvagge passioni d’amore, in breve tutti i mali della natura umana? […] Io penso, invece, che se l’anima prende congedo dal corpo contaminata e impura, perché è sempre stata in stretta comunanza con il corpo, se ne è presa cura, lo ha amato e si è lasciata incantare a tal punto da esso – ossia, dalle sue passioni e dai suoi piaceri – così da credere che nient’altro sia vero tranne ciò che ha corporeità e che si può toccare, vedere, bere, mangiare o è fonte di piacere sessuale, mentre si è abituata a odiare, temere e fuggire tutto quanto è oscuro e invisibile agli occhi […] ebbene, credi forse che un’anima così disposta riuscirà a lasciare il corpo libera di tutto e pura in se stessa?¹⁰

    La rinascita, come confermano le Upanishad¹¹, non avviene sempre in senso evolutivo, perché dipende da come si è impostata la vita¹². Si raccoglie ciò che si semina: se si semina dolore si raccoglie dolore, se si semina gioia si raccoglie gioia, per cui è importante acquisire una conoscenza precisa dei comportamenti che ci garantiscono una vita di progresso¹³.

    Quando abbiamo di fronte una persona evoluta ed equilibrata possiamo ragionevolmente ritenere che alle spalle ci siano numerose vite di sforzi e di ricerca. La saggezza, l’equilibrio e la lungimiranza non si improvvisano, bisogna costruirli, proprio come accade per le relazioni, che si costruiscono con il servizio reciproco, la coerenza, l’affetto continuo e la lealtà. Queste sono tutte qualità abbastanza in disuso nella società moderna, che se sviluppate possono costituire strumenti eccezionali per raggiungere un universo coscienziale superiore, nonché gioire di una più proficua vita sociale.

    La vita è un viaggio, il mezzo è la conoscenza e il fine è l’Amore, la realizzazione spirituale, che raramente si ottiene in una sola vita. Nella Bhagavad-gita Krishna dice: "Dopo molte nascite e morti chi è situato nella vera conoscenza si abbandona a Me"¹⁴. È un’affermazione molto forte, una di quelle verità eterne che fanno da perno a tutta la speculazione vedica.

    Nascita e morte non corrispondono alla totalità della vita, quella che sottende a tutte le manifestazioni del creato ed è a fondamento della manifestazione di un uomo, di un albero, di un uccello, di un pesce, di un oceano, di una montagna, di ogni essere: quella vita è anadi e ananta, da sempre e per sempre.

    La Bhagavad-gita dichiara che un individuo si abbandona a Dio quando, dopo innumerevoli nascite e morti, perviene alla sponda luminosa della conoscenza. L’autentico abbandono all’Io superiore o a Dio non è prodotto da infatuazione o fanatismo, ma secondo gli insegnamenti della Tradizione è l’applicazione di una conoscenza strutturata che si è evoluta nel corso di numerose vite. Coloro che hanno conoscenza si abbandonano a Dio dopo aver realizzato che Egli dimora in tutto ciò che è ed è l’essenza stessa dell’Essere. La seconda stanza della strofe sopra menzionata continua in questo modo: "[…] perché sa che Io sono la causa di tutte le cause, e sono tutto ciò che esiste. Un’anima così grande è molto rara". Si tratta dunque di un abbandono culturalmente e spiritualmente maturo, niente a che vedere con gesti infantili o disperati dettati da squilibri mentali.

    Il viaggio verso la consapevolezza può essere rapido se viene intrapreso con risolutezza. Qualcuno va più veloce, qualcuno fluttua in acque stagnanti; è casuale tutto ciò? No, è una scelta. Ognuno sta dove intimamente ha deciso di stare e fino a quando non modifica la propria decisione rimane dov’è. Piccole modifiche di atteggiamento provocano piccoli spostamenti, grandi modifiche provocano grandi spostamenti.

    Sviluppo delle qualità carenti

    Ho spesso affrontato l’argomento di come si possano individuare, utilizzare e sviluppare le energie che sono a nostra disposizione, ma in questo caso ci dedicheremo in particolar modo all’analisi e all’incremento delle qualità represse, ovvero delle facoltà poco sviluppate.

    Attraverso la volontà si possono recuperare facoltà che in un modo o nell’altro sono rimaste ad uno stadio infantile, regredito o carente, per giungere ad un’integrazione della personalità. Il fine è diventare persone armoniose, prive di lacerazioni, contraddizioni e conflitti con se stessi e con gli altri.

    Quando la persona non vive conflitti intrapsichici è in grado di interagire con altri senza produrre dissidi, perché i conflitti che creiamo fuori di noi sono spesso il frutto di nostre proiezioni, quindi anch’essi hanno un’origine interna. I contrasti che ci sono nella società o tra nazioni che hanno per esito le guerre, hanno fondamentalmente la stessa origine di quelli presenti nelle piccole comunità, in famiglia o nel singolo individuo e tutti portano ad un vertiginoso abbassamento della qualità della vita. Al contrario, l’armonizzazione della persona permette un sostanziale miglioramento della qualità della vita nell’individuo e lo sviluppo armonico della personalità è un prezioso contributo alla società per esteso.

    Con l’esercizio metodico e costante si può giungere in modo sorprendente allo sviluppo di talenti in ogni ambito. Si può, per esempio, imparare a lanciare tre o quattro palle con le mani e raccoglierle al volo, o si possono rafforzare i muscoli; persone che mancano del senso dell’equilibrio, con un esercizio costante possono riguadagnarlo e imparare a camminare su una corda. Come è vero per lo sport, è vero anche per funzioni superiori: per diventare pianisti o abili nel gioco degli scacchi o per potenziare la memoria, bisogna esercitarsi quotidianamente.

    Esistono anche esercizi che mirano allo sviluppo delle qualità interiori come la chiaroveggenza, che ha inizio con la lungimiranza, o funzioni come la volontà che possiamo esercitare attraverso un allenamento quotidiano. Questo esercizio serve a contrastare tendenze, attitudini, pulsioni, desideri, pensieri dettati dall’io storico e dai condizionamenti che abbiamo accumulato da chissà quanto tempo e che, se non confrontati, arginati e sublimati attraverso una volontà forte e saggia, continuerebbero a trascinarci nella direzione dell’illusione e del dolore. La grandezza della tradizione vedica sta nell’ammonirci che questi esercizi avranno successo solo se accompagnati dal rispetto dei fondamentali principi etici, perché se da una parte creiamo squilibrio, agitazione, paure, invidia, desiderio morboso, possesso, e dall’altra cerchiamo di sviluppare facoltà superiori, il risultato sarà deludente. È necessario seguire i principi dell’etica e le regole che ci armonizzano con l’ambiente nel quale viviamo, non solo con il microambiente, ma anche con il macroambiente, con l’atmosfera, a livello planetario e universale. Un’ameba, un filo d’erba, il Presidente del Consiglio di una grande nazione, il generale di corpo d’armata di un potente esercito, l’oceano, una montagna, una foresta, tutte queste realtà sono governate dalle stesse leggi, le quali, secondo la tradizione vedica a cui farò ripetutamente riferimento nel corso di questa trattazione, sono riassunte nel concetto di dharma¹⁵. Conosciute le leggi fondamentali che

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