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E se... la storia del signor Inchino
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E-book119 pagine1 ora

E se... la storia del signor Inchino

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Info su questo ebook

Un vecchio e un bambino, due esistenze incrociate in un mistero che diventa legame, ricerca del senso profondo della vita. La saggezza della maturità incontra l’energia della fanciullezza, la memoria del passato pietrifica il presente per costruire un nuovo inizio. L’ingenuità e lo stupore di due personaggi che si confrontano per scoprire, in un dialogo incalzante, il dolore dell’abbandono, della solitudine, ma anche la gioia del ritrovarsi e riconoscersi. Una storia che nasce dal quotidiano, dalla lentezza della vita di provincia, ma che finisce con lo sfiorare tematiche importanti: la paternità, la paura della realtà, la forza di una madre sola, la solidarietà nell’amicizia, il silenzio di chi ha capito troppo.
LinguaItaliano
Data di uscita12 mag 2020
ISBN9788835825999
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    Anteprima del libro

    E se... la storia del signor Inchino - Michele Vida Baudasch

    Giovanni!

    L’incontro

    Arrivò puntuale, come faceva tutti i pomeriggi del sabato da molti anni a questa parte. Per Federico era ormai una costante, una piccola e rassicurante routine.

    Anche quel giorno il vecchio giunse al ponticello in pietra. L’intonaco che lo ricopriva cedeva in molti tratti lungo il robusto parapetto. Tra gli squarci si intravedevano dei grandi massi, accostati secondo un’apparente casualità da mani sapienti, ormai sconosciute. In qualche angolo, tra le rughe delle pietre, un po’ di muschio raccoglieva qualche lacrima d’umidità che trasudava dal muro, rendendolo vivo.

    Poco più in basso, sotto l’arco, scorreva vivace il fiume. Le acque trasparenti sorgevano a poca distanza dalla casa di Federico. Percorrevano rapidamente un breve tratto prima di giungere al vecchio ponte, facendo ondeggiare i filamenti delle piante acquatiche e gli arbusti che vi s’inchinavano attorno. Il velo d’acqua era scosso solo da qualche piccolo vortice o da qualche ramo trasportato dalla corrente.

    L’umidità del luogo intensificava l’odore acre della terra, tra i profumi aciduli dell’erba appena tagliata e di qualche fiore, nascosto tra le sue rive.

    Federico guardò l’anziano dalla finestra. Lo stava aspettando da qualche minuto. Lui arrivò con passo breve e veloce, trascinando le gambe, quasi per non farsi sentire. Avanzava chino sulla schiena, vestito con una giacca scura e pesante in tinta con i pantaloni di due o forse tre taglie più grandi. Il tessuto infeltrito pendeva sul davanti, sotto il peso delle grandi tasche, deformando la sua figura. Un cappello in feltro, sbiadito dal sole e dalla pioggia, copriva il suo capo. Arrivò al piccolo ponte e si sedette sul bordo del parapetto, rivolto verso la casa di Federico.

    Rimase lì immobile per una decina di minuti e poi riprese il suo misterioso cammino.

    Anche Federico si fermò a osservarlo, quasi a fargli compagnia, nascosto dietro i vetri della sua casa. Lo faceva spesso, incuriosito dal quello strano sconosciuto. Non poteva fare a meno di chiedersi da dove arrivasse e dove andasse tutti i sabati, ma soprattutto perché si fermasse lì, sempre nello stesso punto. Federico era un ottimo osservatore e ne era consapevole, nonostante la sua giovane età.

    Alzandosi dalla sedia vicino alla finestra, prese una coraggiosa decisione. In realtà poca cosa, ma per lui, un bambino di dieci anni, un importante traguardo da raggiungere.

    Decise che il prossimo sabato lo avrebbe seguito, cercando di non farsi notare. La speranza era quella che il piccolo raggio d’azione, entro il quale gli era concesso muoversi, gli sarebbe bastato per capire qualche cosa in più su quell’uomo che tanto lo incuriosiva.

    Il vecchio arrivò puntuale, come un treno del ventennio. Si avvicinò al ponte e vi rimase una decina di minuti, senza fare nulla, con lo sguardo rivolto verso l’acqua che scorreva a breve distanza.

    Federico riprese il suo pallone. Aveva aspettato nel giardino della casa, facendo qualche tiro nel canestro sopra il garage. Lo vide arrivare ma non volse lo sguardo, per non farsi scoprire. La bicicletta era appoggiata alla rete vicino il cancello, pronta per essere usata.

    Quel pomeriggio si mise l’orologio che qualcuno gli aveva regalato per la comunione, era la prima volta da quel giorno. Lui, a differenza del vecchio, aveva bisogno di un aiuto per calcolare i fatidici dieci minuti.

    Sbirciò il suo polso, era quasi il momento per il vecchio di rimettersi in cammino. Accostò il pallone lungo il muro, vicino al portone del garage, prese la sua bicicletta e rimase in attesa.

    L’uomo si alzò e si incamminò sul bordo della strada. Federico scostò piano il cancello e, tenendosi a una certa distanza, lo seguì.

    L’anziano si fermò davanti ad alcune abitazioni, lungo la via. La scena era sempre identica: l’uomo suonava il campanello e attendeva immobile, con le braccia lungo le tasche della giacca. Qualcuno a quel punto usciva, lui porgeva il palmo, per raccogliere qualche spicciolo, che metteva prontamente in tasca; con l’altra mano prendeva il cappello e se lo portava al petto mentre, chinandosi in avanti, porgeva un gesto di riverenza.

    Federico fu colpito da quella scena, non credeva che il vecchio chiedesse l’elemosina. Volle seguirlo ancora un po’, per osservarlo meglio.

    L’uomo continuò il suo tragitto e, saltando alcune case, suonò a un altro campanello. La scena si ripeté.

    Proseguirono ancora. La bici di Federico sobbalzò su una piccola buca, facendo tintinnare il campanello. L’anziano si girò e i due a quel punto incrociarono gli sguardi per la prima volta. Il ragazzino fu preso di sprovvista, ma con aria scanzonata si levò dall’imbarazzo salendo sulla bici e dando un paio di pedalate vigorose per sorpassare l’uomo. Lui lo seguì con lo sguardo, mentre sorridendo si metteva il cappello al petto. Il bambino lo guardò ancora da lontano, cercando di non dare nell’occhio e continuando a pedalare, come se nulla fosse; girò poco più avanti in una laterale che riconduceva a casa.

    «È andata», pensò fra sé «il vecchio non si è accorto che lo stavo seguendo».

    Si rallegrò per quella impresa.

    Chissà perché non si fermava mai a casa sua a chiedere qualche spicciolo?

    Temette che sua madre potesse averlo allontanato, come faceva di solito con i venditori ambulanti.

    Aprì con una certa apprensione la porta di casa, la madre ai fornelli stava stufando l’arrosto.

    «Sei arrivato! Dove sei stato? Non eravamo rimasi d’accordo che mi avresti sempre avvertito prima di allontanarti da casa?».

    «Sì mamma, hai ragione, è che non credevo di dover uscire, cioè sì, credevo di dover uscire, ma non ero sicuro a che ora sarei uscito».

    «In verità non ci ho capito molto, l’importante è che tu sia qui e soprattutto che tu prometta di avvertirmi la prossima volta».

    «Mamma, tu conosci un vecchio sconosciuto?».

    «Se è sconosciuto, come potrei conoscerlo, scusa? Federico, sei un po’ in confusione oggi o sbaglio?».

    «Sì, cioè…è mai venuto un vecchio da noi a chiedere l’elemosina?».

    «Un vecchio a chiedere l’elemosina? No, non ne ho ricordi. Perché dovrebbe venire?».

    «No, è così per dire…per curiosità!».

    «Fede, oggi sei strano forte, figlio mio, sai?».

    L’amicizia

    Il piccolo era pronto in giardino, come la settimana precedente. Quel pomeriggio lo aspettò seduto sul muretto del viale d’ingresso.

    Lui arrivò, passò davanti a casa sua ma non si fermò per suonare il campanello. Il piccolo prese coraggio, avvertì la madre che sarebbe uscito per qualche minuto per andare al ponte. Lei non si preoccupò più di tanto.

    Federico si avvicinò lentamente all’uomo, che girò il capo di poco. Il ragazzino capì che si era accorto di lui.

    «Buongiorno signore».

    Lui gli sorrise togliendosi il cappello.

    Il bambino non disse altro, gli porse semplicemente le sue monete. L’anziano allungò il braccio e il piccolo fece scivolare i soldi nella sua mano rugosa. Gli sorrise nuovamente e si chinò due volte, in segno di ringraziamento. Volse ancora lo sguardo verso l’acqua, lasciando le spalle al giovane.

    Federico ci rimase male, si aspettava almeno di scambiarci due parole. Impacciato e deluso, si diresse verso casa.

    Quel giorno pensò molto a quell’incontro, ai palmi solcati del vecchio, alle unghie forti color senape, al bordo liso della sua manica. Non si era mai accorto di come i suoi abiti fossero così consumati. Lo avevano colpito quegli occhi piccoli ma vivi, color turchese, quasi nascosti sotto le folte sopracciglia bianche, e quella barbetta ribelle mal rasata.

    Passarono altri sette giorni.

    L’uomo arrivò puntuale, come sempre. Nemmeno questa volta suonò alla casa di Federico. E il gesto indispettì il piccolo. Prese di nuovo coraggio e si recò dall’uomo con qualche moneta recuperata in settimana in casa.

    Il vecchio si accorse di lui subito, appena stava uscendo dal cancello di casa. Si mise in piedi, attendendo il suo arrivo.

    Il piccolo si avvicinò, allungò la piccola mano con le monete e l’anziano fece lo stesso gesto per riceverle. Questa volta portò il suo cappello al petto con netto anticipo, già prima che lo raggiungesse.

    Fecero il loro scambio, il vecchio annuì con il capo un paio

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