Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Le ragazze del Bosco delle Ninfe: La nuova indagine di Ludovica Sperinelli e Francesco Mancini
Le ragazze del Bosco delle Ninfe: La nuova indagine di Ludovica Sperinelli e Francesco Mancini
Le ragazze del Bosco delle Ninfe: La nuova indagine di Ludovica Sperinelli e Francesco Mancini
E-book257 pagine3 ore

Le ragazze del Bosco delle Ninfe: La nuova indagine di Ludovica Sperinelli e Francesco Mancini

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Due balordi rapinano il “Liguria Market” di Savona, nel quartiere della Villetta. Durante la fuga in moto perdono per strada una sacca contenente ossa umane e strani mazzetti di fiori. Si apre così lo scenario inquietante della nuova indagine che vede coinvolti il Sostituto Ludovica Sperinelli e il suo storico collaboratore Francesco Mancini. Pian piano emergerà una realtà penosa: un giro di prostituzione minorile e ricatti sessuali, orchestrati con perversa maestria da un oscuro Stregone. Per salvarsi dalla giustizia, l’uomo non esiterà a mettere in atto spietate esecuzioni. La squadra di investigatori dovrà impegnarsi al massimo nelle indagini, mentre le vicende personali di ognuno continueranno a occupare i loro pensieri: Mancini è alle prese con le turbolenze della crescita dei figli, e la vita sentimentale di Ludovica prende una piega inaspettata.

Fiorenza Giorgi è nata, vive e lavora a Savona. Da molti anni in magistratura, attualmente ricopre l’incarico di Giudice della Sezione Penale. È appassionata di musica lirica e tradizioni liguri ed è autrice di alcune raccolte di modi di dire savonesi che hanno riscosso grande successo.

Irene Schiavetta, musicista, vive a Savona e insegna presso il Conservatorio di Genova. Per le edizioni Carisch e Dantone ha scritto libri di didattica pianistica. Ha pubblicato i romanzi Le tre signore (Coedit), L’occhio di Bubuz e La tabacchiera di Otto Schmitt (Il Ciliegio). Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato Cuneo rosso sangue.

Per Fratelli Frilli Editori, Fiorenza Giorgi e Irene Schiavetta hanno pubblicato: Delitto alla Cappella Sistina, Morte al Chiabrera, La sala nera, Omicidio in Darsena e Il mistero di San Giacomo
LinguaItaliano
Data di uscita28 set 2022
ISBN9788869436468
Le ragazze del Bosco delle Ninfe: La nuova indagine di Ludovica Sperinelli e Francesco Mancini

Correlato a Le ragazze del Bosco delle Ninfe

Ebook correlati

Noir per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Le ragazze del Bosco delle Ninfe

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Le ragazze del Bosco delle Ninfe - F. Giorgi-I. Schiavetta

    CAPITOLO I

    Era fresco come una rosa, Diomede Parelli, quando quel giorno di settembre uscì di casa poco dopo pranzo. La sua era un’abitazione un po’ isolata, alla quale si accedeva da una traversa di via Nazionale Piemonte. Anonima, dipinta di un comune color corda, grazie all’aria malconcia rendeva impossibile indovinare i lussi che il proprietario si era concesso all’interno, primo tra tutti la palestra interamente rivestita di specchi. L’uomo era fissato con la forma fisica e questo spazio gli permetteva non solo di mantenersi agile, ma anche di allenarsi lontano da sguardi indiscreti. Ricordava con disgusto le sessioni di esercizio nelle palestre pubbliche, accanto a corpi sudati.

    Ora non più si disse, salendo a bordo della sua Audi TT parcheggiata accanto al cancello. Indugiò un momento a guardarsi nello specchietto retrovisore, sistemando i capelli fitti e ricci, che in gioventù lo avevano angustiato, ma che ora contribuivano a nascondere un inizio di calvizie. Osservò il volto, trovandolo forse non bello in modo classico, ma virile e abbastanza regolare, con una simpatica fossetta sul mento. Sorrise a se stesso e mise in moto.

    Guidando a scatti nel traffico, l’uomo raggiunse l’Aurelia e quindi, dopo aver girato a destra, proseguì fino a Vado Ligure. In una traversa di via Piave parcheggiò l’auto malamente, in un’area riservata ai disabili. Si guardò velocemente in giro: non c’era traccia di vigili urbani, e poi, che importava? Si sarebbe fermato solo un minuto.

    Si diresse in un vicino negozio, un vero e proprio bailamme di sementi, attrezzi per terrazze e giardini. Davanti all’ingresso erano in mostra alcuni vasi di piantine fiorite ed erbe aromatiche.

    Il titolare era anzianotto e teneva aperto più per ingannare il tempo che per reale necessità. Conosceva Parelli da qualche anno e lo considerava un tipo eccentrico ma un buon cliente: stava sempre sulle sue, tanto che, nonostante i suoi numerosi tentativi di attaccare discorso ed entrare in confidenza, non sapeva nulla di lui, aveva strani gusti ma pagava senza fiatare e senza discutere sul prezzo. Vedendolo entrare, lo salutò con un cenno.

    – È pronto?

    Per tutta risposta, il negoziante andò nel retro e tornò portando una sacca di juta.

    – Ecco qua. Esattamente come ordinato – disse, posandola sul bancone.

    – Bene – fece Diomede, prendendo l’involto e sistemandolo in spalla.

    Svelto, estrasse il portafoglio dalla tasca interna del giubbotto e pagò. Una cifra ridicola, che sarebbe stata ancora inferiore, se non ci fosse stata la manodopera. Perché la merce che aveva ritirato non era altro che un grosso quantitativo di fiori essiccati: aneto, camomilla, denti di leone, garofani, un po’ di malva, piante umili, cui il commerciante aggiungeva, su sua richiesta, un pizzico di polvere colorante alimentare e qualche goccia di essenza, per conferire un aspetto e un profumo interessante a un miscuglio altrimenti anonimo.

    Di nuovo in auto, l’uomo tornò a Savona, si diresse verso il centro, attraversò piazza Diaz, imboccò via Poggi e salì verso il quartiere della Villetta, alle spalle del Teatro Chiabrera, raggiungendo piazza Amendola. Anche qui parcheggiò malamente, ignorando lo sguardo critico di un passante, ed entrò nel piccolo supermercato che serviva la zona, il Liguria Market.

    – Eccomi, tesoro – disse alla donna che, seduta alla cassa, non l’aveva visto arrivare.

    Nicole Bellocchio aveva superato la quarantina ma tutto nel suo aspetto lasciava intendere che si sentiva – o cercava di sembrare – una teenager. I capelli, color nero corvino e perfettamente lisci, arrivavano oltre le spalle, mentre sulla fronte si interrompevano in una grande frangia che quasi le copriva gli occhi. Molto abbronzata, generosamente truccata, indossava una polo bianca aderente, con il collettino ricoperto di pagliuzze luccicanti, e un paio di jeans di tessuto elastico. Ai piedi portava scarponcini anfibi decorati da una miriade di borchie. Completava il suo abbigliamento una gran quantità di bracciali che tintinnavano a ogni movimento.

    Quando lo notò, sul suo volto si disegnò un sorriso.

    – Diomede!

    – Possiamo parlare?

    Era un’ora tranquilla, perché la maggior parte dei clienti normalmente andava a fare la spesa più tardi. Nicole aspettava la ragazza che doveva sostituirla per il turno pomeridiano, ma non era ancora arrivata, e in quel momento nell’esercizio commerciale non c’era nessuno. La donna corse ad abbassare a metà la serranda.

    – Ecco! Siamo soli. Allora, hai portato…

    – Ho tutto qua – sorrise lui, appoggiando accanto alla cassa il sacco di juta ritirato poco prima. – Devi solo fare i sacchetti e metterli nella borsa che adesso ti lascio – proseguì, gettando sul tavolo una manciata di nastrini di seta nera.

    – Certamente – disse lei. – E per il resto?

    Parelli sogghignò, sollevando da terra un borsone sportivo scuro, che aveva prelevato poco prima dal bagagliaio.

    – Qui ci sono le cartucce pesanti.

    Lei sospirò. A volte tutta quella messinscena le sembrava inutile. Ma il regista di tutta l’operazione era lui. Però non doveva essere facile procurarsi delle ossa umane. La sua curiosità prese il sopravvento:

    – Come hai fatto a…

    L’uomo fu svelto ad appoggiarle un dito sulle labbra. Avvicinò il suo volto a quello della donna.

    – Ho i miei sistemi. Non fare troppe domande, meno sai, meglio è – sentenziò.

    La Bellocchio sentì distintamente l’odore del collutorio che lui aveva usato, leggermente alcolico. Tremò impercettibilmente sotto il suo sguardo e si affrettò ad annuire, remissiva. Raramente riusciva a tenergli testa.

    – Metti tutto ben nascosto. Tra qualche giorno ti porterò altra merce e verrò a prendere questa…

    – Non ti preoccupare – lo rassicurò lei.

    In quel momento, con fracasso, la serranda si alzò.

    – Nicole? Sono io…

    Era arrivata Camilla, la ragazza che quel pomeriggio sarebbe stata alla cassa.

    Parelli la squadrò come un allevatore esamina un capo di bestiame, notò l’abbigliamento ordinario, il viso anonimo, il corpo mal proporzionato. Non gli interessava in alcun modo. Distolse lo sguardo e tornò a sorridere alla Bellocchio, preoccupandosi nello stesso tempo che il suo volto non fosse in piena luce per la nuova arrivata.

    – Ti aspetto fuori – mormorò.

    Si diresse verso l’uscita e in un attimo fu a bordo della sua vettura. Intanto Nicole, ancora seduta alla cassa, aveva nascosto nello stipetto sottostante la sacca che lui le aveva portato. Era tranquilla: Camilla non aveva una copia della chiave e mai avrebbe immaginato vicino a che cosa trascorreva il suo orario di lavoro.

    Quando la donna salì in auto accanto a lui, Diomede, avviando il motore, guardò l’ora. Potevano fare tutto con comodo. Si congratulò con se stesso, guardandosi ancora una volta, velocemente, nello specchietto retrovisore, solo il tempo di accomodare i capelli sulla sommità del capo. Sorrise, pensando che era il momento di incassare.

    La sua compagna taceva, tormentandosi una ciocca di capelli.

    Il loro modo di agire era collaudato: l’uomo parcheggiava a distanza di sicurezza e restava sulla vettura, mentre Nicole incontrava le ragazze e riscuoteva il denaro. In questo modo evitava di essere visto in volto ma poteva comunque tenere d’occhio la situazione.

    All’ora stabilita Francesca Chigizzano scese nel cortiletto antistante la sua casa, in via Privata Olivetta. Faceva così nella speranza che i suoi genitori non capissero che frequentazioni aveva e non le facessero troppe domande. Infagottata in un vecchio cardigan grigio che le arrivava quasi alle ginocchia, la giovane aveva i capelli biondi arruffati e gli occhi umidi di pianto.

    Non è certo un bello spettacolo pensò Parelli, ben nascosto, comodamente seduto al posto di guida, mentre la seguiva con gli occhi. Ma per me cosa cambia? Basta che piaccia ai disperati che la cercano al porto.

    Francesca aveva grandi fianchi, un viso tondo, con uno strano naso un po’ all’insù. Però era giovane e rendeva bene.

    La ragazza scorse Nicole e le consegnò un piccolo involto di banconote che aveva tenuto fino a quel momento stretto nel pugno sudato.

    – Sono duemila? Li hai contati?

    Lei annuì, e intanto le lacrime iniziarono a scendere copiose sulle guance paffute.

    – Non ne posso più, ti prego, ho pagato, ora lasciami stare! – fece la giovane.

    Ci provavano sempre, quelle sciocchine.

    – Non hai ancora saldato il tuo debito, lo sai.

    Francesca sussultò come se fosse stata colpita da uno schiaffo.

    – Quello che devo fare mi dà il vomito!

    – Sai come sarebbe piacevole se la tua mammina vedesse un certo video… Oppure preferisci che lo metta direttamente su Instagram?

    La giovane gemette.

    – Passo la settimana prossima – riprese la Bellocchio. – Non mi deludere. Stesso orario.

    C’era una lama d’aria fredda là sotto. Non appena Francesca si fu allontanata piangente, la cassiera tornò velocemente sui suoi passi. Nuovamente a bordo dell’Audi, consegnò subito le banconote a Diomede.

    – Molto bene – commentò lui.

    Si sarebbero rivisti quella sera; nel frattempo la lasciò sul marciapiede, in via De Mari, da dove lei avrebbe raggiunto facilmente a piedi il centro cittadino.

    Nuovamente solo, con le tasche piene di soldi, l’uomo si sentì meglio. Ora avrebbe fatto una bella nuotata, poi sarebbe andato a caccia di nuove prede. Gli sarebbe piaciuto avere una piscina tutta sua, sognava di farsela costruire sul retro di casa: aveva già in mente il progetto. Al momento, però, approfittava ancora della struttura pubblica, nella zona del Prolungamento. L’orario di accesso molto comodo: apriva alle sette di mattina, cosicché poteva allenarsi per più di un’ora, prima di arrivare puntuale alle nove per l’apertura del suo esercizio commerciale. Era infatti il titolare di un negozio di articoli vintage, Déjà-vu, situato nella zona medievale di Savona. Un locale ampio, con i soffitti a volta, arredato con gusto, stipato di borse, scarpe e indumenti con una storia e una personalità. O almeno era quello che diceva alle sue clienti.

    Di lì a poco, lasciati gli spogliatoi, Parelli camminava sul bordo della vasca con aria di studiata indifferenza. La sua era in realtà una passerella volta a esibire un fisico in forma perfetta, con ogni muscolo scolpito. Il costume nero, aderente, molto sgambato, lasciava poco all’immaginazione. Qualche donna lo guardava con interesse.

    Siete vecchie, care mie rispondeva lui con il pensiero, mentre si immergeva. Io ho di meglio. Ragazze giovani, senza una ruga.

    Dal momento in cui scese in acqua, si concentrò unicamente sui movimenti e sulla respirazione. Non era un nuotatore professionista, ma il duro allenamento quotidiano, così come aveva scolpito il suo fisico, aveva forgiato la sua mente. Dopo un paio di vasche di riscaldamento a ritmo tranquillo, prese a nuotare in velocità, continuando fin quando i muscoli iniziarono a protestare.

    Alla fine uscì a malincuore, avvolgendosi nell’accappatoio di microfibra che aveva lasciato sull’attaccapanni e massaggiandosi le spalle e le gambe. Sentiva un piacevole intorpidimento. Si stirò, guardandosi intorno come un predatore.

    La parte faticosa era finita. Ora iniziava quella divertente.

    Gettò lo sguardo sul grande orologio che ornava la parete. Era l’ora giusta: stavano iniziando i corsi di acqua gym, frequentati da moltissime ragazze, studentesse perlopiù, che cercavano disperatamente di raggiungere la perfetta forma fisica.

    Ma c’era lei? Quella che lui tra sé e sé chiamava cuffietta gialla? La sua prossima vittima?

    Si emozionò quando la vide entrare. I fianchi straripavano dal costume da bagno olimpionico; le gambe erano appesantite, anche il collo era circondato dal grasso. Un sovrappeso di almeno venti chili. Era perfetta per lui, anche perché sembrava molto insicura. Le aveva già lanciato sguardi di approvazione ogni volta che gli era stato possibile e quella, poveretta, aveva iniziato quasi a salutarlo quando lo incrociava. Era arrivato il momento di abbordarla.

    – Ciao, sei nuova qui?

    La ragazza alzò su di lui due occhi chiari, riconoscendo nell’interlocutore quell’uomo abbronzato che da tempo la guardava da lontano e le sorrideva gentilmente. L’aveva notato molte volte. Nuotava benissimo, forse era un atleta professionista. Dopo essersi tolto la cuffietta, aveva i capelli scuri gocciolanti d’acqua e la guardava con simpatia.

    – Sto seguendo un corso… – rispose la giovane.

    – È pesante, vero? Ma serve, se si vuole rimanere in forma – disse ancora lo sconosciuto.

    Lei esitò. Mezza nuda, si sentiva a disagio e non sapeva come comportarsi. Imbarazzata, abbassò gli occhi sulle sue ciabattine rosa. Lui stava davanti a lei con un atteggiamento comprensivo, rassicurante.

    Bello? Forse no. Ma ecco, interessante. Certo, era vecchio per lei, santo cielo! Ma i suoi coetanei erano così sciocchi…

    – Mi stavo chiedendo se avresti voglia di bere qualcosa con me, più tardi, dopo la tua lezione naturalmente, quando ci saremo lavati e asciugati – disse lui, avvolgendola con uno sguardo di ammirazione.

    La giovane non era abituata ad attenzioni di quel tipo e arrossì.

    Diomede restò in paziente attesa. Non voleva farle eccessiva pressione. Sembrava una ragazzina tanto per bene! E non troppo sveglia. Forse la prossima gallina dalle uova d’oro era lì a portata di mano. Non doveva fare altro che affascinarla con qualche frase già sperimentata, poi convincerla che lui era la soluzione dei suoi guai, che poteva aiutarla a dimagrire velocemente, senza fatica.

    Dopo di che anche questa sarebbe caduta nelle sue mani.

    Da quel momento, però, caro mio, dovrai cambiare territorio di caccia, si disse. Cuffietta gialla era la seconda che pescava in piscina, non doveva esagerare ed esporsi troppo. In futuro avrebbe lanciato l’amo nel grande e anonimo mondo di internet, o in qualche discoteca della Riviera. Promettendo sempre, senza eccezioni, un dimagrimento rapido e miracoloso.

    – Dai, dimmi di sì. Voglio solo prendere una bibita. Senza zucchero – scherzò.

    Non fu difficile indurla ad accettare e, quando Parelli andò a farsi la doccia fischiettando, era ormai convinto che questa nuova ragazza sarebbe stata ancor meglio di Francesca.

    È timida si disse soddisfatto mi darà meno problemi.

    CAPITOLO II

    Nella radura sulla collina del Bosco delle Ninfe le ombre degli alberi circostanti erano ormai allungate, preannunciando l’imminente buio della notte. Il luogo, già di per sé poco ospitale, era stato reso inquietante e sinistro da lunghi drappi di stoffa scura che pendevano dai rami.

    Al centro del praticello una grossa roccia era stata ricoperta da un telo, ornato da una croce nera. Accovacciata là sopra, una ragazza guardava con occhi annebbiati la figura imponente dello Stregone che disponeva attorno a lei degli oggetti.

    Erano ossa umane, composte in astruse simbologie. Un macabro teschio fu posto in posizione dominante.

    – Shemhamforash – disse l’uomo sussurrando tra i denti.

    Al suo fianco, un uomo anziano, dal volto scavato.

    La Sentinella.

    Ritto in piedi, stava fermo, con aria solenne, e taceva. Gli era stato detto chiaramente di non immischiarsi. Doveva solo tenere d’occhio il sentiero e avvisare se fosse arrivato qualcuno.

    Ma a nessuno era mai venuto in mente di andarsi a cacciare nel fitto del bosco, a quell’ora per di più.

    Il rito era iniziato da alcuni minuti. Floriana aveva dovuto ascoltare frasi incomprensibili pronunciate in latino e sorbire un intruglio contenuto in una coppa di vetro colorato. Non aveva mosso obiezioni, perché erano già alcuni giorni che beveva gli infusi forniti da Nicole, preparandoli lei stessa in piena notte, di nascosto dai genitori. Erano pozioni a base di fiori, il cui gusto lasciava a desiderare ma che importava? Era disposta a tutto. Dopo mille assurde diete dimagranti, aveva finalmente trovato il modo di risolvere il problema. Perché la colpa di tutto era il malocchio, che le era stato gettato addosso da qualche maledetta, gelosa di lei. Ora era finita! Bastava fidarsi della Bellocchio. Aveva dovuto aspettare il giorno giusto, secondo le congiunzioni astrali relative al suo segno zodiacale...

    – Crux perpetua! – esclamò a quel punto lo Stregone, afferrando un crocifisso e piantandolo nel terreno, a testa in giù.

    Floriana rabbrividì ma non osò muoversi. Improvvisamente si sentiva debole, come avesse la febbre alta. Cosa le avevano fatto bere? Non era il solito infuso di fiori? Perché le girava la testa? Qualcosa in lei le suggeriva di andarsene, perché era assurdo essere là, in mezzo agli alberi, con quella gente perversa. Ma era solo una voce lontana, intermittente, confusa, che non aveva la forza di farla muovere davvero.

    Più vicine e suadenti erano le parole della donna che l’aveva portata fin lì. Di lei si fidava. Le aveva mostrato le fotografie di quando era più di cento chili; e ora aveva la vita e fianchi sottili, come una bimba. Tutto grazie ai riti magici e alle erbe degli infusi.

    – Stai tranquilla. Non irritare lo Stregone.

    Era rassicurante perché parlava con gentilezza, calmandola, ricordando che la felicità era a un passo. Le aveva spiegato che fin dal giorno dopo avrebbe visto i risultati prodigiosi…

    – Adiutórium nostrum in nómine Dómini Inferi! – esclamò l’officiante.

    Il suo volto era celato da una orribile maschera che raffigurava un caprone cornuto. Anche la donna indossò una maschera, una semplice calotta di cuoio rosso che lasciava intravedere la parte inferiore del viso.

    Vedendo le corna e il ghigno dell’animale, Floriana si spaventò ed ebbe un moto di ribellione.

    Diomede Parelli fu lesto ad afferrarla per un braccio. Con gli occhi, non senza fatica, cercò di intercettare il suo sguardo.

    – Repetere post me: Ave Satanas – sibilò.

    Lei già si calmava. Aveva in corpo, senza saperlo, una dose di barbiturici capace di farle smarrire la cognizione del bene e del male. Gli effetti erano evidenti di minuto in minuto: era ormai un docile strumento nelle mani dei suoi carnefici.

    – Ave Satanas… – balbettò.

    Era il momento. L’uomo fece un cenno a Nicole la quale, trattenendo un sorriso, accese le due grosse lampade a led che aveva sistemato ai lati dell’altare improvvisato, dopodiché iniziò a percuotere con un rametto le varie parti del corpo di Floriana, mormorando parole indecifrabili che sembravano latino. Intanto spogliava lentamente la ragazza, scoprendo le sue

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1