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Bend: Waters Series Vol. 1
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E-book485 pagine7 ore

Bend: Waters Series Vol. 1

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Info su questo ebook

MIA

Jay Bradshaw era il migliore amico del mio ragazzo e non avrebbe dovuto essere niente di più, per me,
finché non è diventato... altro.
Quando il mio ragazzo del college mi ha tradita e lasciata, spezzandomi il cuore, Jay ha scelto da che
parte stare.
Ha scelto me.
Mi è rimasto accanto e, negli ultimi sei anni, è stato la mia roccia, la mia ancora, la mia bussola...
Ora siamo cresciuti, abbiamo finito il college e abbiamo una carriera: io, come infermiera specializzata;
Jay, come dottore.
Lui è stato tutto ciò di cui ho avuto bisogno, ma ora voglio di più. Non riesco a smettere di pensare a
Jay e ho smesso di nasconderlo.
È arrivato il momento di scoprire se anche lui mi desidera.

JAY
Un’amica, non un’amante: questo è Mia Waters, per me.

Ho cercato in tutti i modi di far sì che la nostra relazione rimanesse esattamente come è sempre stata.
Io sono la spalla su cui si appoggia, l’ultimo a cui parla la sera prima di andare a letto e, dopo sei anni,
Mia, per me, ha più importanza della mia stessa famiglia.
L’ho voluta nell’attimo stesso in cui l’ho incontrata, ma lei apparteneva a un altro, quindi ho messo da
parte i miei desideri. Non mi sono preso ciò che volevo, non sono il tipo: la sua felicità contava di più.
Finora.
Fino al momento in cui non mi ha fatto una domanda che ha distrutto i nostri taciti confini: “Hai mai
pensato di fare sesso con me?”
Per sei anni l’ho tenuta a distanza di sicurezza e ora sento che sto iniziando a cedere e a perdere il
controllo.
Non posso permettere che ciò accada.
Ci sono delle ragioni per cui non mi sono avvicinato troppo: Mia non ha ancora dimenticato il suo ex,
non del tutto, e non ha la minima idea delle bugie che le ho raccontato.
Cosa potrebbe succedere se lei scoprisse quelle cose su di me? Cosa potrebbe succedere se
scoprisse chi sono veramente?
E cosa farà quando me ne andrò?
LinguaItaliano
Data di uscita13 apr 2019
ISBN9788831980890
Bend: Waters Series Vol. 1

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    Anteprima del libro

    Bend - Kivrin Wilson

    Kivrin Wilson

    Bend

    Waters Series Vol. 1

    1

    Titolo: Bend - Waters Series Vol. 1

    Autrice: Kivrin Wilson

    Copyright © 2019 Hope Edizioni

    Copyright © 2016 Kivrin Wilson

    ISBN: 9788831980890

    www.hopeedizioni.it

    info@hopeedizioni.it

    Published by arrangement with Hershman Rights Management

    Progetto grafico di copertina: FranLu

    Immagini su licenza Bigstock.com

    Fotografo: Rdonar | Cod. immagine: 255319708

    Fotografo: Akita | Cod. immagine: 223523500

    Fotografo: Monkeybusinessimages | Cod. immagine: 44728564

    Fotografo: Fisher Photostudio | Cod. immagine: 4579304

    Traduttrice: Patrizia Zecchin

    Editing: Words come easy to me

    Impaginazione digitale: Cristina Ciani

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale. 

    Questo libro è riservato a un pubblico adulto. Contiene linguaggio e scene di sesso espliciti. Non è adatto a lettori di età inferiore ai 18 anni. Ci si rimette alla discrezionalità del lettore.

    Tutti i diritti riservati.

    In questo libro appaiono marchi commerciali. Tali marchi sono utilizzati a scopo editoriale,

    senza alcuna intenzione di infrangere i diritti dei rispettivi detentori.

    Indice

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    Epilogo

    Ringraziamenti

    Biografia

    Hope edizioni

    A mio padre, 

    per avermi insegnato a leggere 

    e per aver stimolato il mio eterno amore per i libri

    Ti ho perso troppo presto. Mi manchi. 

    1

    1

    MIA

    Questa sera ho intenzione di chiederglielo.

    Quel pensiero continua a balenarmi in testa, indesiderato e persistente, come un tormentone. È lo stesso genere di impulso che ti fa comprare qualcosa di cui non hai bisogno, e che non puoi permetterti. O che ti fa fare uno spuntino anche se non hai fame. O che ti fa dire qualcosa che sai che non dovresti dire.

    Sto poltrendo sul divano con una bottiglia di Red Stripe in mano, con i piedi appoggiati sul tavolino, vicini a un cartone di pizza vuoto, che ci siamo appena fatti fuori guardando un episodio di Dr. House – Medical Division su Netflix.

    Accanto a me, ad appena qualche centimetro di distanza, Jay è disteso e rilassato, con gli occhi sullo schermo piatto della TV. La maglietta aderente nera e i bermuda color kaki sono l’abbigliamento standard quando non indossa il camice ospedaliero, e, siccome è il suo giorno libero, il suo viso dalla mascella squadrata mostra un’ombra di barba, che si intona con il nero dei capelli corti e arruffati.

    È venerdì sera, e questo è il modo in cui ci piace rilassarci. Non c’è niente di insolito, tranne che stasera sono nervosa e a disagio e mi sento profondamente agitata, e mentre la musica dolce e malinconica della scena finale sfuma sui titoli di coda, mi rendo conto che non riuscirei a riassumere quello che ho appena guardato.

    «Be’, l’episodio è stato una stronzata» dichiara Jay, allungando un braccio per prendere la bottiglia di birra, sul tavolino accanto al suo bracciolo.

    «Ah sì?» Prendo il telecomando e premo il pulsante stop. «Credo di non aver prestato troppa attenzione.»

    Il mio migliore amico mi lancia un’occhiata con un’espressione esasperata. «Non aveva alcun senso. Milioni di persone hanno il prolasso della valvola mitrale e, di queste, sono molto poche quelle a rischio di sviluppare un’endocardite. E la cosa dell’aneurisma è stata ridicola. Gli accertamenti eseguiti a carico del sistema vascolare erano negativi, ma hanno portato lo stesso il paziente di corsa in sala operatoria, nel caso fossero risultati sbagliati? Quell’ospedale deve avere un’assicurazione davvero buona per i casi di negligenza.»

    Ridacchio, soprattutto per nascondere il fatto che non ho idea di cosa stia parlando, perché la mia mente era altrove. «Penso che abbiamo già discusso di quanto sia inutile aspettarsi accuratezza medica da un telefilm.»

    Le sue labbra si addolciscono, piegandosi in un sorriso ironico, mentre i suoi occhi chiari scintillano. «Penso solo che non sarebbe così difficile, per loro, farlo nel modo giusto.»

    Ehi, lo pensa davvero! All’improvviso mi rendo conto che le sue reazioni e le battute dopo la fine degli episodi, per me, sono quasi la parte migliore, perché è Jay che si comporta proprio da... Jay.

    Scrollo le spalle. «Sanno che la maggior parte dei telespettatori non conosce la differenza, e la drammaticità della storia è più importante per l’indice di gradimento.»

    «E ciò spiega il taglio BDSM?»

    Mi guarda con fare interrogativo, sollevando un sopracciglio, e qualcosa dentro di me si torce e si rilassa. BDSM? Forse avrei dovuto prestare più attenzione. E, forse, sto immaginando quell’ombra di eccitazione nei suoi occhi, l’accenno di seduzione?

    Sì, probabilmente sono solo io che proietto i miei desideri.

    «Giusto» concordo. «Perché il sesso vende.»

    Jay mantiene lo sguardo sul mio per un altro istante e poi lo distoglie, riportandosi la bottiglia alla bocca.

    Glielo chiedo.

    Che sia questa l’occasione che stavo aspettando? Di sicuro resterei in tema con l’argomento. 

    Il mio stomaco si contorce e perdo il coraggio, poi cerco di trovare qualcosa da dire e, alla fine, mi scappa: «Parlando di dominazione... Mario Kart

    Mi fa un sorrisetto malizioso. «Certo, se hai voglia di farti sculacciare.»

    Oh mio Dio! Mi si blocca il respiro nel petto. Era un’allusione intenzionale?

    «Nei tuoi sogni» riesco in qualche modo a rispondergli, decidendo che è meglio far finta che lui lo abbia inteso in senso figurato. Riprendo il telecomando e faccio partire il gioco, mentre Jay tira fuori dal cassetto del tavolino i controller della Wii.

    Voglio chiederglielo. Ma come glielo chiedo?

    Mentre schiacciamo i tasti per configurare i nostri personaggi e scegliamo le piste, mi viene in mente un approccio più prudente, un modo per sondare il terreno. Con nonchalance dico: «A proposito, Angela, la mia amica e collega di lavoro, continua a chiedermi di presentarti a lei.»

    Jay si acciglia, senza però distogliere gli occhi dallo schermo. «Perché?»

    «Perché ha visto le tue foto che ho postato su Facebook, e pensa che sei sexy.»

    Il che è più o meno vero. Ad Angela, un’infermiera di ostetricia e ginecologia della clinica dove lavoro, piace parlare di uscire con gli uomini più di quanto in effetti faccia, ma non ho alcun dubbio che uscirebbe con Jay, se ne avesse una mezza possibilità.

    «Dà l’impressione di essere disperata» borbotta lui. «Che problemi ha?»

    «Nessuno» lo rassicuro, perché la mia collega preferita è una donna bellissima, socievole e simpatica, che non ha davvero bisogno che io giochi a fare cupido.

    E, se fosse su Facebook, probabilmente Jay già saprebbe qual è il suo aspetto, ma non è iscritto. Lui dice che è perché ci sono troppi comportamenti orribili e troppo esibizionismo in quel social, ma ho sempre sospettato che sia in qualche modo collegato alla ragione per cui diventa sempre vago ed evasivo quando gli chiedo della sua famiglia.

    Con un guizzo sulle labbra aggiungo: «A meno che tu non abbia qualcosa contro le mamme single.»

    Jay mi lancia un’occhiata di traverso. «Ha un bambino?»

    «Ne ha due. E due ex mariti.»

    «Sì» replica, alzando gli occhi al cielo, «non sono così coraggioso. E comunque non sto cercando di conoscere nessuno.»

    Ah no? Credo che avrei già dovuto esserne a conoscenza, perché, per quanto ne so, non esce con qualcuno da davvero tanto tempo. E per qualche ragione credo che questa fosse proprio la risposta che volevo da lui sull’argomento.

    In TV inizia il conto alla rovescia e poi i nostri veicoli si lanciano lungo la pista al ritmo di motori rombanti e musica incalzante. Guido sul tracciato senza grandi difficoltà, perché ci abbiamo giocato talmente tanto che i movimenti si sono come programmati da soli nelle mie dita e sono piuttosto sicura che per Jay sia lo stesso.

    È la nostra droga preferita nelle serate dei weekend. Mentre le altre persone, tra i venti e i trent’anni, sono fuori a divertirsi, noi rimaniamo a casa a giocare con i videogame, prendendo la cosa molto seriamente. È strano? Forse. Ma almeno siamo strani insieme.

    Chiediglielo, chiediglielo, chiediglielo.

    Be’, accennargli ad Angela non mi ha portato a niente, ed è stato il suo parlare di Jay che mi ha messo questa idea in testa, ma, forse, posso ancora arrivare all’obiettivo partendo da lì? 

    Con un respiro calmo e profondo cerco di raccogliere il coraggio, mentre il mio personaggio sullo schermo tiene il passo con il suo, e poi le parole escono di getto. «A dire il vero mi sono resa conto che mi irrita quando parla di volerti conoscere, il che mi ricorda di un articolo che ho letto online, riguardo a uno studio fatto in un college in Canada, che dimostra che gli uomini e le donne non possono essere soltanto amici.»

    «Ah-ah!» esclama Jay con un sorrisetto e gli occhi sempre incollati sulla TV. «Credevo avessimo già avuto anche questa discussione. Dovresti smetterla di credere a tutto ciò che leggi su internet.»

    «Non credo a tutto» replico, girando il mio controller, mentre faccio le curve e mi piego sul tracciato. «Ma non è questo il punto: era uno studio scientifico, pensavo solo fosse interessante.»

    Jay sbuffa. Lo fa spesso. «E, di preciso, in che modo degli studenti del college arrapati sono interessanti o addirittura rilevanti per qualcosa?»

    «Mi ha fatto pensare, tutto qui.» Sto cercando con tutte le mie forze di non sembrare sulla difensiva, lui riesce a sentire la puzza di debolezza come uno squalo percepisce il sangue. «Voglio dire, siamo amici da quanto... sei anni?»

    Per un po’ gli unici suoni nella stanza sono i convulsi bip e ding che arrivano dagli altoparlanti della TV. Non ho la più pallida idea se stia pensando a una risposta o se è solo concentrato sul gioco. Abbiamo raggiunto la parte più complicata del tracciato e gli sto proprio incollata al culo. Se riesco a trovare un’arma utile per toglierlo di mezzo, o se fa anche il minimo errore, lo supererò e prenderò il comando.

    «Direi più cinque» risponde alla fine. «Il primo anno frequentavi Facciadaculo e, a quel tempo, non eravamo proprio amici.»

    «Giusto.» 

    Facciadaculo è il mio ex, Matt Nolan, che era il migliore amico di Jay e suo compagno di stanza al dormitorio, quando ci siamo conosciuti. Matt, il mio ex fidanzato del college, che mi ha tradito e ha polverizzato il mio cuore e che, sì, si è guadagnato quel soprannome, ma anche di più. Ma Matt non ha nulla a che fare con questa conversazione. Una conversazione che probabilmente dovrei chiudere ora, finché ancora posso, prima che dica qualcosa che non può essere detto.

    È che faccio davvero fatica a non dire come la penso. È una condizione genetica che ho ereditato da mia nonna. Jay non mi ha mai creduto quando ho usato quella scusa... finché non l’ha incontrata di persona.

    Chiediglielo. Ora.

    Deglutisco a fatica e poi domando: «Quindi, in questi sei o sette anni, o quello che sono, hai mai pensato di fare sesso con me?»

    Il cuscino del divano rimbalza. Jay sta schiacciando furiosamente i tasti del suo controller, come se, per un secondo, ne avesse perso la presa. Non oso guardarlo, anche se muoio dalla voglia di sapere qual è la sua reazione. Forse riesco anche a essere disinvolta: è solo semplice curiosità, no? Voglio dire, se tra amici non ci si può fare domande come questa, che senso ha esserlo?

    Mi sa che la pizza mi è rimasta sullo stomaco; non avrei dovuto ordinarla col salamino piccante. Me ne pento sempre, ma poi me lo dimentico. Come la chiamano? Memoria selettiva?

    Gli lancio uno sguardo furtivo. Be’, cerco di farlo in modo furtivo, ma mi becca, perché mi sta fissando. È del tutto immobile, addirittura rigido, e mi sta guardando con la bocca tesa in una linea sottile e un’espressione indecifrabile negli occhi. Quegli occhi chiari, che a volte sembrano azzurri e altre grigi, ma sempre penetranti e diretti, che ti scavano dentro, che brillano di profonda intelligenza. Occhi che rispecchiano perfettamente la sua personalità; incrociare il suo sguardo può essere molto simile a guardare il sole e, di solito, riesco a farlo soltanto per un secondo e poi devo distogliere il mio.

    «Che cazzo, Mia!» Sta guardando alternativamente me e la TV. «Sei seria?» 

    In qualche modo, riusciamo a rimanere entrambi in corsa. 

    Agitando il mio controller per aumentare di più la velocità, mentre il mio personaggio fa un salto, decido che tanto vale andare fino in fondo. 

    «Sì, lo sono, perché un’altra cosa che diceva quell’articolo è che la maggior parte degli uomini inclusi nello studio erano attratti dalle loro amiche femmine, e che pensavano che l’attrazione fosse reciproca. Ma la maggior parte delle donne non erano attratte dai loro amici maschi, e non avevano la minima idea che gli uomini volessero, in effetti, fare sesso con loro.»

    Do una sbirciatina a Jay: la sua attenzione è sul gioco, ha le mandibole serrate e sta scuotendo lentamente la testa. «Ho intenzione di cambiare la tua password del Wi-Fi.»

    «Certo, perché quello è l’unico modo che ho per andare su internet. Non puoi soltanto rispondere alla domanda?»

    «No.» Ha un tono cupo, e poi esplode: «Figlio di... ahhh!»

    Ha preso male una curva ed esce di strada. Il mio personaggio sfreccia al primo posto, a pochi secondi dal traguardo. Non posso fare a meno di lanciargli un sorriso trionfante, mentre vinco.

    Con un’occhiata furiosa, getta da parte il suo controller, si alza e se ne va, arrabbiato. Sento la porta del bagno sbattere e alzo gli occhi al cielo. Però, in tutta sincerità, non posso giudicare. Probabilmente, se i ruoli fossero stati invertiti, avrei fatto una scenata altrettanto imbarazzante: nessuno dei due è bravo a perdere.

    Jay esce dal bagno, quello più piccolo per gli ospiti; io ne ho uno personale, più grande, annesso alla camera da letto ed è la ragione principale per cui ho scelto questo complesso residenziale. Mi piace che le mie cose private siano private. L’open space, il soffitto a volta e l’enorme cucina, con una piccola e solida isola, non guastavano, nemmeno quelle.

    Mentre Jay va in cucina, prendo il suo controller e premo i pulsanti per vedere i punteggi finali del gioco. Le mie dita sono come intorpidite. Forse possiamo far finta che non sia mai successo? La conversazione, intendo. Per averlo battuto... mi riservo il diritto di vantarmi nel prossimo futuro.

    Non voglio però dimenticare la domanda che gli ho posto. Non stavo più nella pelle all’idea di fargliela, e per una ragione.

    Sento il frigo chiudersi con un colpo, rovistare in un cassetto e, poi, il rumore di metallo contro il vetro. Jay torna lentamente in salotto, con un’altra bottiglia di birra in mano; quando si risiede sul divano la pelle scricchiola.

    La tensione mi irrigidisce le spalle. «Quella era l’ultima?»

    Si blocca con la birra a mezz’aria e, con un’espressione imbarazzata, me la porge. «La divido con te?»

    «Sei proprio maleducato.» Il mio tono non lo lascia trapelare, ma sono veramente irritata.

    Però, perché? Non è che non avesse mai saccheggiato il mio frigorifero; non mi importa e lui lo sa.

    «Tu hai un lavoro vero» mi fa notare, portandosi la bottiglia alle labbra. «Io sono ancora uno specializzando affamato.»

    Non posso proprio obiettare. 

    Dopo aver frequentato un corso avanzato, lo scorso anno ho ottenuto una certificazione che mi permette di lavorare come infermiera professionale con una specializzazione nell’ambito della salute al femminile.

    Pagano bene, molto bene, molto di più di quello che pagano Jay al secondo anno di specializzazione in medicina d’urgenza, nell’Ospedale Universitario; ho sulla punta della lingua un commento sul fatto che arrivi a stento al salario minimo, ma non ho intenzione di litigare, quindi sto zitta. Inoltre sta ripagando un prestito studentesco di una certa entità, che gli lascia molto poco per ciò che non è strettamente necessario: tipo l’alcol. E, in tutta onestà, non mi frega niente della birra. Sono abbastanza consapevole da riconoscere che sono irritata per tutt’altra ragione.

    «Quando inizierai a fare soldi a palate,» dico con leggerezza «mi aspetto un risarcimento.»

    «Ti porterò fuori a cena, in qualche posto elegante, con le tovaglie.» Mi fa il suo rapido sorriso sbilenco, quello che dice sono-troppo-affascinante-perché-tu-sia-davvero-arrabbiata-con-me. Prende un sottobicchiere dalla piccola pila sopra il tavolino e ci appoggia la bottiglia. Il mio cuore sussulta, felice: lui non è il tipo che mette il sottobicchiere, pensa che sia per persone ridicole e troppo esigenti, ma, quando è a casa mia, non gli devo mai ricordare di usarne uno.

    Togliendomi dalle mani il suo controller, chiede: «Pronta per giocare?»

    «No, ho finito.»

    «Ok.» Mi rivolge uno sguardo imperscrutabile. «Allora, un altro episodio di Dr. House?» 

    «No.» Prendo il telecomando universale e premo il pulsante di spegnimento. «Voglio parlare di questa cosa.»

    Jay mi lancia una breve occhiata, dura, e poi guarda il suo orologio da polso, l’elegante Omega di acciaio inossidabile, che è stato un regalo di suo zio per la laurea, bello e costoso. Tuttavia, lui non ha mai il cellulare così lontano da aver bisogno di un orologio. In questo momento lo sta usando solo per mandarmi un messaggio.

    «Si è fatto piuttosto tardi» dice. «Domani lavoro. Yamada mi ha chiesto di cambiare turno con lui.»

    Strano. Non aveva fretta quando voleva continuare a giocare ai videogiochi, o quando aveva suggerito di guardare la TV. Se pensa che io lasci perdere così facilmente, si è fumato qualcosa.

    «Sei segretamente attratto da me?»

    Infine mi dà la sua completa attenzione. 

    Basta essere evasivi!

    Se solo non mi guardasse talmente male... l’occhiataccia che mi sta riservando potrebbe entrare nella storia delle occhiatacce mondiali.

    «Perché fai così?» chiede con freddezza.

    Scrollo le spalle. «Voglio solo saperlo.»

    Sospira. Prende la birra, fa un lungo sorso, poi la rimette sul tavolino. 

    Si siede più comodo sul divano, strofinandosi gli occhi. «Come posso rispondere?»

    «Ehm, con un sì o un no?» 

    Lascia cadere le mani e, questa volta, quando si gira di nuovo verso di me, ha un’espressione disperata. «Se dico di sì, diventerà tutto imbarazzante, un po’ alla volta smetteremo di vederci, finché non saremo più amici. Ma se dico di no, te la prenderai, e ti chiederai perché non penso che tu sia attraente. Non ho speranza.»

    Bah

    Le mie gambe smaniano: vorrei proprio prenderlo a calci. «Perché non mi puoi dire la verità e basta? Sono grande ormai. Posso sopportarla, credimi.»

    «No» sbotta lui. «Gesù!»

    Mi mordo l’interno della guancia, mentre lo guardo prendere di nuovo la bottiglia. Inclina la testa all’indietro e il suo pomo d’Adamo si muove su e giù, mentre si scola il resto della birra. Meno male che doveva condividere. La mia pressione sanguigna aumenta, inizia a pulsarmi la testa e respiro come se fossimo a tremila metri di altezza.

    Dunque: se ora lascio cadere l’argomento, lui vincerà e io non lo lascio mai vincere, non senza combattere. Però è difficile dar voce al mio pensiero successivo e, mentre lo trasformo in parole, mi sento come se stessi sfilando nuda, dentro la caffetteria di un liceo: «E che succede se dici di aver fantasticato di fare sesso con me e ti dico che anch’io l’ho fatto?»

    Per qualche secondo mi rivolge quello sguardo intenso e indecifrabile, che mi provoca dei brividi lungo la schiena. Poi, un lampo passa nei suoi occhi e il mio stomaco si contorce non appena riconosco di cosa si tratta. È arrabbiato, e quando Jay è arrabbiato si incattivisce.

    «Hai fantasticato di fare sesso con te stessa?» sbotta. «Non è a quello che ti serve il vibratore?»

    Ho le guance in fiamme. No, non è che sia timida: lui è Jay. In passato gli ho chiesto di comprarmi i tamponi, per l’amor del cielo! È solo che in realtà non sono veramente pronta, sia a livello emotivo, sia intellettuale, a litigare con lui.

    «Lo sai cosa intendo» ribatto, più calma che posso.

    Apre la bocca e il mio cuore quasi si ferma, mentre aspetto che dica qualsiasi cosa abbia in mente. Ma poi si limita a scuotere la testa, si alza dal divano: «Mi chiamo fuori.»

    Vaaa bene

    Ho combinato un casino questa volta, vero? Un casino bello grosso.

    Balzo in piedi e lo seguo fino alla porta. È troppo tardi per cercare di contenere i danni? 

    «Non sto cercando di rovinare la nostra amicizia, davvero.»

    «Avrei detto il contrario.» Infila i piedi nudi e abbronzati nelle infradito.

    «Andiamo comunque a correre, domenica?» gli chiedo, mentre apre la porta.

    Fermandosi all’esterno si gira, si appoggia con il gomito contro lo stipite e mi rivolge uno sguardo imperturbabile. «Hai intenzione di lasciar perdere questo argomento?»

    Lo farò? Suppongo che dovrei. Questa è la mia opportunità. È ovvio che lui è disposto a dimenticarsene, ma io non posso. Non posso proprio. Non quando è lì, illuminato dalla luce della lampada del portico, mostrandosi proprio per com’è: il Jay alto e atletico; il Jay dai capelli neri e dagli occhi chiari; il ragazzo più intelligente e gentile che abbia mai conosciuto. Senza alcun dubbio, il mio migliore amico.

    Il mio migliore amico, che desidero davvero scopare.

    Deglutisco a fatica e rispondo: «Probabilmente no.»

    Lui sospira e storce le labbra. Sì, è ancora arrabbiato. «Domani ho una lunga giornata al lavoro. Ti manderò un messaggio.»

    Tengo la porta aperta con la spalla, mentre lui scende di corsa i gradini e si allontana veloce sul vialetto lastricato, scomparendo nel buio. Stasera è umido fuori e c’è odore di pioggia, un aroma dolce e pungente che non sentiamo spesso nel sud della California, soprattutto dopo la siccità degli ultimi anni. C’è un’aria frizzante ed è troppo freddo per la canotta e i pantaloncini di jeans che ho addosso. Comincio ad avere dei brividi, che partendo da dietro il collo si diffondono lungo le braccia.

    Torna indietro. Le parole diventano come una cantilena nella mia testa. Torna indietro, torna indietro, torna indietro.

    Torna indietro e baciami.

    Torna indietro e dimmi che mi vuoi.

    Però, lui non lo fa. Ovviamente non lo fa.

    E adesso?

    * * *

    Mi sveglio di soprassalto e sollevo la testa dal cuscino, strizzando gli occhi alla tenue luce che filtra attraverso le tende. Il sole è sorto, ma non da molto, il che significa che è troppo presto per alzarsi.

    Chiudo di nuovo gli occhi e lascio ricadere la testa sul cuscino, poi do le spalle alla finestra e mi tiro su le coperte fino al mento, con un sospiro felice. I sabati sono fantastici: niente sveglia, niente lavoro, niente appuntamenti e nessuno che si aspetta qualcosa da me. Posso fare ciò che voglio. E, quello che voglio, è dormire ancora un po’.

    Mi rilasso, avvolta nel bozzolo delle mie lenzuola in fibra di bambù, il mio respiro è lento e tranquillo. Il mio cervello è ancora intorpidito, pronto a spegnersi, pronto a sognare, a ricaricarsi. La vita è bella. La vita è fantastica. Non ho alcuna preoccupazione, niente che mi tenga sveglia...

    Jay.

    Ed è come se un fulmine mi colpisse allo stomaco. Spalanco gli occhi e il mio cuore inizia a battere all’impazzata.

    Certo, la vita è fantastica, un cazzo! Sicuro, tranne per il fatto che la scorsa notte potrei aver rovinato la più bella amicizia che abbia mai avuto.

    Mi giro sulla schiena e fisso il soffitto. Perché diavolo l’ho fatto? Cosa mi aspettavo che succedesse? Che Jay dicesse: Sì, Mia, volevo scoparti fin dal giorno in cui ci siamo conosciuti?

    E che poi ci saremmo strappati i vestiti di dosso l’un l’altra e avremmo fatto del sesso strepitoso, sconvolgente e memorabile? Proprio lì, sul divano; Mario Kart del tutto dimenticato?

    Da lungo tempo, Jay appare con regolarità nelle mie fantasie; anche prima che fosse intenzionale, mentre ancora stavo con Matt, compariva nei miei involontari sogni notturni. Per qualche motivo, quel ricordo mi fa sempre arrossire. E nei sogni a occhi aperti, il sesso con Jay è sempre fantastico. Magari, però, in realtà, fa schifo. O forse, nella vita reale, dopo tutto questo tempo passato a essere così a nostro agio insieme e soltanto amici, mi sembrerebbe come se stessi scopando mio fratello.

    No. Decisamente no. Ho pensato che Jay fosse carino dal momento stesso in cui il mio ragazzo me l’ha presentato come suo compagno di stanza, ma, in quel periodo, ero così pazzamente innamorata di Matt, anche se lo conoscevo solo da un paio di settimane, che non aveva avuto alcuna importanza.

    E, benché Jay fosse stato molto presente nel successivo anno e mezzo, non abbiamo legato e siamo diventati amici solo dopo che Matt mi ha lasciato. Qualcosa è semplicemente... scattato. Credo che, senza nemmeno accorgercene davvero, ci siamo avvicinati, in modo del tutto platonico, ovvio, ed è stato fantastico. Sono fortunata ad averlo trovato.

    Quindi, perché, perché, perché ho deciso di rovinare tutto, ieri sera?

    Con un gemito mi giro sullo stomaco e affondo il viso nel cuscino. Non voglio sentirmi così e non voglio pensarci. Inizio a sbattere la faccia contro il cuscino, cercando di buttar fuori dalla testa tutta la negatività.

    Non funziona e allora allungo il braccio verso il cassetto del comodino, rovisto un po’, finché la mia mano si chiude intorno al familiare oggetto oblungo. È presto e non posso andare da nessuna parte: tanto vale che mi occupi del problema.

    Non è a quello che ti serve il vibratore?

    Esattamente, Jay, il vibratore mi serve proprio per quello. Il mio vibratore non fa il difficile, non giudica, non fa domande, non ha bisogno di niente da parte mia, tranne le batterie. Esiste solo per farmi stare bene. Forse dovrei ripensarci su chi ritenere il mio migliore amico, perché il mio vibratore è un amico davvero eccezionale.

    Mi giro sulla schiena e mi sfilo le mutandine, tenendo addosso la canotta di pizzo. Quando premo il pulsante di accensione e la vibrazione parte, i miei muscoli si rilassano e mi sento in pace con il mondo. È come se avessi un riflesso condizionato a quel basso ronzio, un piacere immediato provocato solo dal rumore. Ora, non esiste nient’altro che la pulsazione sul mio clitoride, il lento crescendo, la pressione che mantengo leggera per far durare tutto più a lungo. Sono solo io che mi rendo felice. Chiudendo gli occhi, cerco di svuotare la mente: non voglio pensare, solo sentire.

    Ma la mia immaginazione ha idee diverse. All’improvviso, posso sentire le sue labbra sulla mia pelle, un bacio avido, proprio nel punto in cui il collo incontra la clavicola, poi si spostano verso il basso e succhiano un capezzolo e il mio rabbrividire, e cercare di respirare, è molto reale.

    La fantasia prende il sopravvento, mi sommerge. Non è la punta del vibratore che sto strofinando su di me, è la lingua di Jay. Nei miei pensieri, sto guardando verso il basso le mie gambe spalancate, da dove Jay mi sta fissando con intensità, mentre mi scopa con la bocca. Gli occhi azzurri come il ghiaccio, incollati ai miei. La parte inferiore del mio corpo è fuori dal bordo del letto e lui è inginocchiato sul pavimento, mentre i miei piedi sono appoggiati sulle sue spalle. I suoi bicipiti si flettono mentre mi sostiene le gambe, e le sue dita sono conficcate nelle mie cosce, e... oh, Dio... vengo con più violenza di quanto mi succede di solito in questo modo. L’orgasmo vibra attraverso il mio corpo, scosse elettriche esplodono da una terminazione nervosa all’altra, e inarco la schiena fuori dal letto, mentre continua e... continua.

    Quando l’orgasmo alla fine si placa, mi giro di fianco, con un respiro tremante, chiudo gli occhi e aspetto che il mio cuore rallenti i battiti.

    Ok. Quindi non ho bisogno di un ragazzo per avere un orgasmo; così è molto più facile.

    Allora, per cosa esattamente sto mettendo in pericolo la nostra amicizia?

    Non lo so proprio.

    In qualche modo riesco a uscire dal letto e a non prendere il cellulare dal comodino, dove si sta caricando. Ho bisogno di un caffè prima di controllare e avere la conferma del fatto che lui non mi abbia scritto nel mezzo della notte con una scusa o un ripensamento.

    Probabilmente questo non sarà un gran weekend.

    * * *

    Sono le 10:37 di sera.

    Che Jay sia ancora in ospedale? Non ne ho idea. Il suo turno finisce alla nove, ma lui non se ne va finché non ha terminato tutte le sue visite e redatto i rapporti, il che significa che le dodici ore che dovrebbe lavorare, spesso diventano quattordici o quindici. L’internato è una rottura.

    La mia giornata è stata piuttosto tranquilla. Sono andata al supermercato e ho pulito l’appartamento, nel tardo pomeriggio sono andata in palestra e, quando sono tornata a casa, mia sorella Paige mi ha chiamata, così ho parlato con lei per un po’. Mia sorella maggiore fa l’avvocato ed è sposata con un avvocato, e questa relazione tra avvocati ha generato due figli, finora, con un terzo in arrivo. Ed è per quello che mi ha chiamato, per dirmi che hanno scoperto che le mie nipoti avranno un fratellino; naturalmente è tutto molto eccitante, ma chissà perché Paige non sembrava poi molto entusiasta. Forse è perché, arrivati al terzo figlio, avrebbe preferito non sapere il sesso del nascituro?

    Però non mi convince: nel mio lavoro vedo ogni giorno donne a vari stadi di gravidanza e, quando una paziente è chiaramente poco entusiasta, di solito significa che è rimasta incinta per sbaglio. In ogni caso è impossibile che una cosa del genere sia accaduta a mia sorella: lei fa sempre e solo le cose con uno scopo.

    Dopo averla salutata, ho inviato un messaggio a mia nonna per chiederle cosa stesse facendo, dato che avevo già in mano il telefono e non le parlavo da un paio di giorni. Come sempre ha risposto quasi subito. Lily Waters è un’esperta di alta tecnologia, soprattutto per una donna che tra qualche settimana compirà ottant’anni; un compleanno per cui la mia famiglia farà una festa a sorpresa, nonostante nonna abbia dichiarato che non ne vuole una.

    Ci siamo scambiate dei messaggi per un po’ e mi ha detto che ha avuto il raffreddore per tutta la settimana, che non è stato tanto grave e che, quindi, domani sarebbe andata lo stesso a giocare al grande torneo Spring Fling del suo club di poker. Questa cosa mi ha fatto sorridere. Credo di sapere da dove ho preso la mia competitività.

    Più tardi, per cena, ho scaldato gli avanzi e guardato Netflix, mentre mangiavo. Per un attimo ho preso in considerazione di guardare Dr. House senza Jay, anche se è una serie che stiamo seguendo insieme. Sarebbe stata una punizione adeguata per il modo in cui è scappato da qui, ieri, e per avermi ignorato oggi, giusto? Ma alla fine ho deciso di non essere così meschina e immatura.

    Per un po’ ho riflettuto su cosa regalare a mia nonna per il suo compleanno. In pratica non dovremmo farle regali, ci ha detto che preferisce invece che doniamo dei soldi all’associazione per l’Alzheimer; è una causa che le sta molto a cuore da quando mio nonno è morto per Alzheimer precoce, quando avevo otto anni. Però è un compleanno importante e le voglio regalare qualcosa. Niente di stravagante, solo qualcosa di... speciale.

    Così, questi sono i pensieri che occupano la mia mente, mentre sono stesa sul divano a fissare il vuoto, con l’ultimo romanzo di Liane Moriarty aperto sul petto. In effetti, avrei definito questa giornata buona, se non fossi stata lì ad aspettare, aspettare, aspettare e maledettamente aspettare che lui mi scrivesse, come aveva detto che avrebbe fatto.

    Ho atteso con impazienza, diventando sempre più ansiosa, come se fossi la sua ragazza. Ho atteso con impazienza, anche se è stato al lavoro tutto il giorno, ed è probabile che sia stato troppo occupato anche per mangiare o andare in bagno.

    Mandarmi un messaggio dovrebbe essere una bassa priorità. Lo so. Lo so davvero.

    Nemmeno io gli ho mandato un messaggio. Resistere è stato difficile quanto trattenere la pipì dopo essersi scolati un boccale di birra, ma l’ho fatto, e non ho intenzione di cedere ora. Non sono come una fidanzata assillante, dopotutto. 

    Urrà per me.

    E, invece, così sono stesa qui a riflettere e a tormentarmi sul motivo del mio atteggiamento. Desidero Jay, lo desidero da tanto tempo, ma perché all’improvviso sono passata all’azione?

    Forse perché mi sento al sicuro non aspettandomi troppo da lui. Non starà qui abbastanza a lungo – ancora due anni di specializzazione – e poi se ne andrà a lavorare con suo zio Warren, alla Relief International, un’organizzazione umanitaria mondiale che fornisce aiuto in aree disastrate e in guerra.

    È stato il piano di Jay fin dal liceo, e ha anche trascorso un’estate con suo zio, in Etiopia. Non ha intenzione di andarsene solo per qualche anno, è più probabile che sia una cosa a tempo indeterminato, ed è per questo che evita le relazioni serie. Almeno credo che quella sia la ragione per cui ha detto che non sta cercando di conoscere nessuna, in questo momento. Ma forse non è stato il timore di lui con un’altra ad avermi fatto tirare fuori questo argomento; forse, con soli due anni rimasti, mi sono finalmente resa conto che mi resta poco tempo. Poco tempo per scoprire se essere così intimi con il mio migliore amico è stupendo, tanto quanto ho immaginato. Voglio toccarlo, sentirlo, conoscere tutto di lui, mentre ancora ne ho la possibilità. Il pensiero che Jay non sia più nella mia vita, però, è uno di quelli su cui non posso rimuginare a lungo, senza provare la sensazione di soffocare. Quindi, lo respingo, poso il libro e mi alzo dal divano, preparandomi per andare a dormire. Mi lavo i denti come se avessi inserito il pilota automatico, indosso il pigiama, mi infilo nel letto, metto sotto carica il telefono e spengo la lampada sul comodino.

    Perdo il senso del tempo e non ho idea da quanto sia lì sdraiata, al buio, con gli occhi spalancati. Due minuti? Dieci?

    Al diavolo!

    Frugo sopra il comodino finché non trovo il telefono, schiaccio il tasto di accensione, inserisco la password, poi vado sull’app dei messaggi. 

    Seleziono il suo nome e scrivo: Sarò a Three Oaks Park domani mattina alle nove, se vuoi unirti a me. Parcheggia vicino ai bagni.

    Ecco: schiaccio invio, imposto il telefono in modalità silenziosa e spengo lo schermo.

    Che lui risponda o meno, non ho intenzione di perderci il sonno.

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    JAY

    Quando arrivo a Three Oaks Park, alle nove meno cinque, l’unico veicolo nel parcheggio è la MINI Cooper decapottabile nera, con le strisce bianche in stile auto da corsa; la gioia e l’orgoglio di Mia. Quando l’ha comprata usata, solo tre mesi fa, mi ha obbligato ad andare con lei per aiutarla a negoziare a far scendere il prezzo. Le ho detto che stava infliggendo un brutto colpo al femminismo, soltanto con la sua richiesta, e la sua scusa è stata che lei si sente a disagio con le discussioni. È vero ed è proprio una sfortuna, considerato che è perennemente incapace di tenere chiusa quella boccaccia.

    Sto cercando di tenere a mente tutto le sfaccettature della sua personalità, fin dalla disastrosa serata di venerdì. È solo Mia, continuo a ripetermi, le cose le passano per la testa e poi le escono dalla bocca, senza filtro. In ogni caso, piace lo stesso alla maggior parte delle persone.

    Piace lo stesso anche a me. È probabile che mi piaccia molto più di quanto dovrebbe. 

    Sterzo, per parcheggiare in un posto più lontano, ma all’ultimo momento decido invece di infilare il mio

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