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Mi arrendo: Surrender Serie Vol. 1
Mi arrendo: Surrender Serie Vol. 1
Mi arrendo: Surrender Serie Vol. 1
E-book361 pagine4 ore

Mi arrendo: Surrender Serie Vol. 1

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Info su questo ebook

Singapore ha strappato un pezzo di Ava Thompson, e se l’è tenuto.
Un istante è stato sufficiente a stravolgerle l’esistenza e si è resa conto che il suo ex non era l’uomo che credeva fosse.
Tornare a Los Angeles non sarà facile, perché “il suo cuore è stato maciullato, masticato e risputato all’infinito”, ed è convinta che le ferite non si rimargineranno più.
O, forse, non è così.
Jasper White entra in scena.
Ava ignora che sarà lui, in realtà, a cambiare la sua vita per sempre.
L’attrazione tra loro è istantanea, ma Ava la rifugge perché non vuole più avere nulla a che fare con gli uomini. Resistere a Jasper, però – con quei capelli spettinati “da sesso” e quei penetranti occhi cerulei –, è molto più difficile di quel che immagina.
Perché Jasper sa quello che vuole… e vuole lei.
Riuscirà Ava ad arrendersi ai sentimenti che prova per l’uomo che le sta imponendo di riaprire il suo cuore e amare di nuovo? E se l’amore non fosse abbastanza?
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2019
ISBN9788831980463
Mi arrendo: Surrender Serie Vol. 1
Autore

Monica James

Monica James spent her youth devouring the works of Anne Rice, William Shakespeare, and Emily Dickinson.When she is not writing, Monica is busy running her own business, but she always finds a balance between the two. She enjoys writing honest, heartfelt, and turbulent stories, hoping to leave an imprint on her readers. She draws her inspiration from life.She is a bestselling author in the U.S.A., Australia, Canada, France, Germany, Israel, and the U.K.Monica James resides in Melbourne, Australia, with her wonderful family, and menagerie of animals. She is slightly obsessed with cats, chucks, and lip gloss, and secretly wishes she was a ninja on the weekends.

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    Anteprima del libro

    Mi arrendo - Monica James

    Monica James

    MI ARRENDO

    The I Surrender Series vol. 1

    11

    Titolo: Mi arrendo

    Autore: Monica James

    Copyright © 2018 Hope Edizioni

    Copyright © 2013 Monica James

    www.hopeedizioni.it

    info@hopeedizioni.it

    Progetto grafico di copertina: Angelice Graphics

    Immagini su licenza Bigstockphoto.com

    Fotografo: Iryna Auhustsinovich | Cod. immagine: 24974635

    Traduttrice: Daniela Rossetti

    Editing: Sara Fusco

    Impaginazione digitale: Cristina Ciani

    Published by Brower Literary & Management

    Tutti i diritti riservati.

    Nessuna parte di questa pubblicazione può essere utilizzata o riprodotta in alcun modo, inclusi a titolo di esempio l’archiviazione in un sistema di ricerca o la trasmissione con qualunque forma e mezzo, elettronico, meccanico, fotocopia, registrazione o altro, senza l’autorizzazione scritta dell’autrice.

    Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, gruppi, aziende ed eventi sono il prodotto dell’immaginazione dell’autrice o sono utilizzati in maniera fittizia. Qualunque somiglianza con luoghi o persone reali, vive o morte, è del tutto accidentale.

    DISCLAIMER: Questo libro è riservato a un pubblico adulto. Contiene linguaggio e scene di sesso espliciti.

    Non è adatto a lettori di età inferiore ai 18 anni. Ci si rimette alla discrezionalità del lettore.

    Indice

    1. Via, più veloce della luce

    2. Nessun posto è bello come casa

    3. Abbracciami

    4. La Barbie stronza con gli artigli

    5. Casa dolce casa

    6. Un taglio netto è la soluzione

    7. Una tranquilla compagnia

    8. Vola via

    9. Fidanzata

    10. Salvami

    11. Amici infuocati

    12. Il mio cuore batte come un tamburo africano

    13. Scala Reale

    14. Mi arrendo

    15. Bisogni

    16. Rissa! Rissa! Rissa!

    17. Fuochi d'artificio

    18. Fiamme

    19. Abbi fede

    20. Pezzo a pezzo, riprendo ciò che è mio

    21. Mordi e fuggi

    22. Seconde opportunità

    23. Buon Natale

    24. Buon Anno

    25. Numero 3

    26. Sempre più forte

    27. Armonie spezzate

    28. Dirty Dancing

    29. Stelle e cuori

    30. Ti amo

    31. Non lasciarmi andare

    32. Andato, ma non per sempre

    33. Mi manchi

    34. Io ero quella che valeva la pena lasciare

    35. Buon compleanno a me

    36. Non chiamarmi cucciola

    37. L'amore non è abbastanza

    38. Un ulteriore passo verso il rimpianto

    39. Liberami

    40. Per sempre

    Hope edizioni

    1

    Via, più veloce della luce

    1

    «Signore e signori, il Capitano ha spento il segnale di mantenere le cinture allacciate, ora potete muovervi liberamente. A breve, il nostro personale di bordo vi offrirà bevande calde o fredde. Rilassatevi e godetevi il volo. Grazie».

    Do un'occhiata veloce al mio riflesso sul vetro dell'oblò. 

    Ma è così che mi vedono gli altri?

    Una ragazza dagli occhi troppo grandi per il suo viso malinconico, e così minuta ed esile che i suoi piedi toccano a malapena il pavimento. Una ragazza che ride a ogni battuta, anche quando non capisce cosa ci sia da ridere. Una ragazza il cui cuore è stato maciullato, masticato e risputato all'infinito, così, per capriccio.

    Urca, e da quando sono così seria?

    Be', probabile da quando il mio ragazzo mi ha detto, coi suoi stupidi occhi azzurri, che non vede un futuro insieme a me. E ancora più stupida io che sono rimasta a guardarlo sbalordita pensando che fosse solo uno scherzo idiota. Infatti, stava proprio scherzando mentre mi lasciava lì impalata al bar, a farmi spingere a destra e sinistra da stupidi sconosciuti che volevano raggiungere la loro stupida destinazione, il bancone.

    Stupido! Stupido! Stupido!

    Rivivo i nostri ultimi momenti un milione di volte, e l'impatto è sempre lo stesso. Fa un male cane. E non so se smetterà mai.

    «Non ti amo più, Ava».

    Lo guardo senza parole, perché di sicuro ho capito male. Anche se, dallo sguardo distaccato, so che ho capito bene.

    «Cosa vuoi dire? Come fai a smettere così all'istante di amare qualcuno?», gli chiedo quando finalmente ritrovo la voce.

    «Succede sempre».

    Tutto qui? È tutto quello che ha da offrirmi?

    «Certo, agli altri, ma non a noi».

    Non sta accadendo davvero. Sto sognando di sicuro. Come può essere così calmo mentre io sto morendo dentro? Ma capisco che non è un sogno quando la sua unica risposta alla mia disperazione più totale è una spensierata alzata di spalle.

    Non riesco a credere che, dopo quattro anni insieme, mi molli così, con una semplice scrollata di spalle e una secca spiegazione del cazzo. Sta scherzando, perché questo tizio che assomiglia al mio ragazzo non è di certo lui. Il mio compagno di quattro anni non mi sta di fronte, a debita distanza, mentre mi spacca il cuore in un milione di minuscoli pezzettini.

    Si abbassa per darmi un bacio veloce e freddo sulla fronte.

    «Addio, Ava».

    «Addio? Cosa? Cioè, lo stai facendo adesso? Qui?», gli chiedo allibita guardandomi intorno. «In un bar mentre c'è il karaoke? Fammi capire, non vieni a casa con me per cercare di sistemare le cose?».

    «Non capisco a che pro, Ava. Non c'è nulla da sistemare. Non posso stare con qualcuno che non ha degli obiettivi di vita».

    Mio Dio, è così piatto e pragmatico! Il suo viso perfetto e i suoi capelli perfetti mi hanno appena insultata in modo decisamente imperfetto.

    Non ho obiettivi di vita. Ma dice sul serio? Ne avevo eccome di obiettivi, ma li ho buttati nel cesso perché lo amo.

    «M-ma…», balbetto.

    Mi zittisce prima che riesca a supplicarlo di cambiare idea.

    «Senti, tornatene a casa e dimentica che siamo mai esistiti».

    Sono davvero le sue parole di addio, queste?

    Gira le spalle e se ne va così, senza voltarsi, come se non fossi mai esistita, mentre io mi sento morire.

    Fisso le luci fluorescenti del bar in stato catatonico, domandandomi che cosa sia appena successo. Ti ha mollata in un cazzo di bar durante il karaoke! Ecco cos'è successo, mi rispondo, affogando in un mare di lacrime che non credo si fermeranno più.

    In sottofondo, uno dei fedeli seguaci del karaoke canta felice una canzone. È Back to Black di Amy Winehouse e crollo del tutto ascoltando le parole. L'ironia della vita mi ha appena mollato un gran ceffone, e anche a me pare proprio di essere "morta cento volte".

    I ricordi sono ancora così vivi, e mi domando come io sia riuscita ad arrivare fino a qui. Be', devo ancora sopportare un inferno di diciassette ore e venti minuti, e per inferno mi riferisco all'essere stipata in questo aereo pieno di bambini urlanti, adolescenti lamentosi e adulti imbronciati. Osservo il bimbo piangente che sporge dalle spalle della madre di fronte a me. Si guarda intorno smarrito e confuso… ehi, piccoletto, siamo in due.

    Sua madre gli sta massaggiando la schiena per consolarlo. Anch'io vorrei tanto che ci fosse qualcuno a rassicurarmi che andrà tutto bene, perché questo è davvero l'inferno.

    Ma la parte peggiore di tutto questo è essere intrappolata nella mia mente, nei miei pensieri, senza una via di fuga. Non c'è nessun posto dove possa correre, nascondermi, piangere. Oddio, aiuto… Alzo il braccio e chiamo una hostess.

    «Cosa posso fare, signorina?», mi chiede in modo brusco mentre si sta scopando con gli occhi un tipo seduto due file davanti a me.

    Osservandola più da vicino, mi domando perché si imbratti la faccia con tutto quel trucco. Poi, guardandomi intorno, noto che tutto il personale di volo ha strati di quella porcheria addosso. A quanto pare, il fake è la nuova moda. Ma in fondo cosa ne so io, che non sono di certo un guru della moda. Di rado mi trucco, e quando lo faccio neanche si vede da quanto è naturale e leggero. Le rare volte che mi sono impegnata con fondotinta, mascara e ombretto, l'ho fatto solo perché sapevo che a lui piaceva. Sì, gli piaceva quando mi mettevo in ghingheri, vestita come tutte le mogli e fidanzate degli uomini di successo. In fondo, quello era ciò che voleva diventare, no? Ho fatto molte cose per fargli piacere. Peccato che non abbia mai ricambiato il favore.

    «Signorina?».

    Oh merda, ecco, sono ripiombata nel luogo felice dove io e Stupidi Occhi Azzurri non ci siamo mai incontrati.

    «Mmm… mi scusi. Vorrei un bitter con limone e lime».

    E di nuovo sbucano gli stupidi occhi azzurri, perché era quello che beveva lui di solito. E se devo dirla tutta, io odio il bitter con limone e lime, come odio i suoi stupidi occhi azzurri.

    Prima di sembrare una perfetta idiota, mi correggo: «Scusi, ho cambiato idea, mi può portare una vodka?».

    «Con?», chiede secca la Barbie parlante.

    «Con?», rispondo un po' confusa. Io non parlo la lingua delle Barbie.

    Nota il mio smarrimento e chiede: «Con cosa, signorina? Lampone? Succo d'arancia?», e fa un gesto impaziente con le mani, come a dire che la lista di cose che vanno con la vodka è lunga.

    Do di nuovo un'occhiata al mio riflesso abbacchiato sul vetro dell'oblò. Mamma mia, sembro la morte, o meglio, la morte investita da un rullo compressore.

    «Liscia, grazie. Anzi, la faccia doppia, va'».

    Gira i tacchi, per nulla impressionata dal mio ovvio alcolismo alle 7:30 del mattino. Ehi, bambola, non giudicarmi. Anche tu annegheresti i tuoi dispiaceri nell'alcol, se il tuo cuore fosse stato strappato in mille pezzi solo poche ore fa.

    Senza dubbio… questo sarà un luuuuungo viaggio.

    ***

    Signore e signori, stiamo per preparaci all'atterraggio. Vi invitiamo a controllare che il tavolino di fronte a voi sia chiuso, che il sedile sia in posizione eretta, che i bagagli siano stivati sotto i sedili o negli appositi vani in alto. Vi invitiamo, inoltre, ad allacciare le cinture di sicurezza e spegnere tutti i dispositivi elettronici da questo momento fino alla riapertura delle porte. Grazie

    Esco dal semi-coma con un sobbalzo e guardo il tavolino di fronte a me. Oh cazzo, ma ho bevuto tutta quella roba lì? Visti i resti di bicchieri di plastica, direi proprio di sì.

    Okay, alzo le mani. Chi è una patetica perdente colossale?

    La hostess Barbie si schiarisce la voce per la millesima volta. «Mi passa i suoi rifiuti, signorina, per cortesia?». La parola rifiuti letteralmente sottintende: Ehi bella, passami le prove del tuo alcolismo e porta alla svelta il tuo culo fuori dal mio aereo, che devo togliermi il trucco con lo scalpello.

    Le passo i numerosi bicchieri con una certa vergogna.

    Benvenuti a Los Angeles, dove sono le nove del mattino. Da parte di tutto il personale di volo, grazie per aver volato con noi oggi.

    Dopo un'eternità di gente che abbandona l'aereo, riesco finalmente e mettere piede sulla mia Terra Madre. Vivo a Singapore con lui da oltre un anno. L'ho seguito per rincorrere il suo sogno di diventare uno dei pezzi grossi di una compagnia multimilionaria rinomata in tutto il mondo.

    Non devo pensare a lui. Non devo pensare a lui. Mi ripeto come un mantra. Sono a casa, ora.

    Addio grandi occhi azzurri, addio risata che mi faceva sorridere sempre, addio tartaruga scolpita. Bleah! Addio e basta. Cazzo! Che liberazione!

    Sono persa nei pensieri dopo questo viaggio estenuante. Voglio solo collassare a corpo morto e ibernarmi per una settimana.

    «Ava!». Sento il mio nome mentre mi giro intorno con lo sguardo. «Ava!».

    Tra la folla, ecco che vedo farsi largo a spintoni una testa castana che rimbalza su e giù, come se con il suo metro e sessantacinque potesse abbattere ogni uomo che incontra pur di dare il benvenuto alla sua migliore amica che torna a casa.

    Con rammarico, penso che per il momento dovrò accantonare il mio progetto di ibernazione. 

    «Ava! Oddio!», strilla saltandomi addosso e gettandomi al collo le sue piccole braccia tatuate.

    Ricambio l'abbraccio in maniera un po' goffa perché ho le mani piene di bagagli. Mi è mancata tanto Vi, ma già temo la sua prossima domanda. Perché deve essere così ficcanaso? Perché, se non fosse curiosa, non sarebbe la mia Veronica. Questo, infatti, è uno dei motivi per cui l'adoro.

    «Ava, scusa, non che la cosa mi preoccupi particolarmente, ma non stai viaggiando un po' troppo leggera?». 

    Inarco il sopracciglio, fingo di non capire, perché forse se faccio finta che lui non sia mai esistito, lei smetterà di fare domande a cui non sono pronta a rispondere.

    Mi sbaglio, ovvio.

    Ridendo, guarda dietro di me e poi di nuovo me. «Quindi devo essere schietta! Dov'è il tuo egocentrico e noiosissimo fidanzato Harper?».

    Oh, mamma! Anche il suo nome suona così stupido!

    «Mmm, riguardo a questo…», esito a disagio.

    In fondo, perché no? Potrei dire alla mia amica di una vita che il mio ragazzo, l'uomo per cui ho lasciato la mia casa e che ho seguito in un paese straniero, mi ha scaricata solamente quarantotto ore fa in un bar che faceva karaoke.

    Merda! Il rigurgito di parole sta risalendo vendicativo.

    Lo ricaccio giù e sospiro. Le do la migliore spiegazione che posso, dopo il volo snervante annaffiato da dosi doppie di vodka. «Non è venuto». 

    Mi fissa preoccupata e la sua bocca forma una 'O' perfetta.

    Già. Ha capito. Non le ci è voluto tanto, e questo è un altro motivo per cui amo questa ragazza. Mi legge dentro senza bisogno che dica nulla. Tuttavia, la mia espressione di morte potrebbe essere un indizio perfetto sul perché Harper, lo stronzo, non è con me.

    Apre la bocca per fare mille e una domanda a cui non ho alcuna voglia di rispondere.

    Prima che inizi l'interrogatorio, alzo un dito per zittirla. «Vi, davvero, voglio solo andarmene a casa. Prometto che ti dirò tutto quando non sarò in abiti bagnati di lacrime e vodka».

    Vi annuisce, capendo che la mia storia non è da condividere in un aeroporto affollato e rumoroso. Afferra la mia borsa e se la mette in spalla, regalandomi un sorriso che vale un milione di parole.

    Cazzo, quanto amo questa donna.

    2

    Nessun posto è bello come casa

    1

    Guardo le strade familiari e sospiro, per la prima volta contenta dopo un'eternità.

    Vi mi esamina con lo sguardo mentre si mordicchia il labbro. Ecco, ci siamo. Do un'occhiata all'orologio. Sono esattamente sei minuti e trentacinque secondi. Cazzo! Questo è un record per Miss Ficcanaso. Con ansia, si stuzzica il piccolo anello al labbro mentre si sistema, dietro le orecchie piene di piercing, le ciocche di capelli sfuggite all’acconciatura.

    «Quindi…?», mi domanda con aria apprensiva.

    E qui inizia l'inquisizione.

    «Lo so che non vuoi parlarne, ma tesoro, hai una cera che fa paura».

    «Ma grazie, anche a me fa piacere vederti in piena forma», rispondo picchiettando distratta le mie Converse blu sul tappetino dell'auto.

    Non voglio davvero parlare di quello che è successo. Ne ho già avuto abbastanza in aereo da bastarmi per una vita intera.

    «Intendo in senso buono. Cioè, non proprio, intendo che sembri molto triste e turbata, anche incazzata e uhm… con tendenze omicide. Sono preoccupata, tutto qui. Che migliore amica sarei se non lo fossi?».

    Nonostante gli ultimi giorni da incubo, Vi sa come farmi sentire meglio. Sapevo che avrei dovuto affrontare questa conversazione, ma vuole farla proprio ora? Non sono pronta a condividere. Ma soprattutto, lo sarò mai?

    «Ehi, Terra chiama Ava, rispondi Ava!», strilla riportandomi alla realtà.

    Lo so che se non sputo il rospo Vi non mollerà la presa, e non ho abbastanza energie per discutere con lei.

    «Vi, ascolta. Harper è una gran testa di cazzo. Uno stronzo manipolatore e bugiardo che se sparisse dalla faccia della terra ringrazierei le stelle per averci tolto dalle palle un coglione del suo calibro! Così non potrebbe più ferire, tradire o spezzare il cuore della sua leale compagna da quattro anni, in un bar – durante un cazzo di karaoke, per giunta – dicendole che non la ama più e che non può vivere con qualcuno che non ha obiettivi di vita, lasciandola lì come un'idiota, a fissarlo andare via, mentre annega in un mare di lacrime circondata da gente stonata che canta Amy Winehouse!».

    Respiro profondamente. Oh! Ecco il vomito di parole.

    Vi si prende un minuto per digerire la mia sparata e, d'un tratto, diventa viola in faccia.

    Oh, oh! Sta per esplodere.

    «Credo tu non stia parlando in senso lato, no? Gran figlio di puttana! L'ho sempre odiato a morte, quel viscido verme… ma ora lo voglio spellato vivo e grigliato in piccoli filetti!».

    Soffoco una risatina per la sua reazione, perché Vi è un petardo. Può sembrare esile, ma è tutt'altro che fragile. Ho visto un uomo adulto farsi minuscolo quando il famoso Sguardo Mortale di Veronica Donovan lo ha trafitto.

    Guardo la mia migliore amica, cercando di assorbirne la bellezza. Non è cambiata molto negli anni. I suoi lunghi capelli castani sono legati in due code disordinate, con ciuffi ribelli a incorniciarle il viso a forma di cuore. I suoi occhi di un verde brillante sono sempre luminosi e pronti alla prossima avventura. Noto che ha aggiunto alle orecchie un altro set di borchie, che si abbinano agli altri due piercing al naso e al labbro.

    «Quindi Harper ti ha fatto questo? Cosa vuol dire che non vede un futuro con te? Ti sei trasferita a Singapore per supportarlo nella sua corsa al successo e ti rifila questa cazzata? Non credevo fosse possibile, ma lo odio più che mai».

    Vi si è calmata abbastanza da formulare frasi senza includerci troppo turpiloquio.

    «Ne so quanto te. Forse si è svegliato una mattina e si è trasformato in un coglione imperiale», le rispondo con un certo dolore, perché non me lo aspettavo sul serio.

    Vi mi scruta e, alla vista della mia espressione desolata, ricomincia a sbraitare una serie di volgarità. 

    «No, tesoro mio. È sempre stato un coglione del cazzo, eri solo accecata dall'amore. Ora senza di lui starai di certo meglio. Ma perché, di tutti i centomila spermatozoi, proprio lui è arrivato primo? È un pezzo di merda, buono a nulla e figlio di puttana!», grida sfogando sul clacson tutta la sua frustrazione.

    Ritiro quello che ho detto, è incazzata come prima.

    Mi mordo il labbro per trattenere le lacrime. Mi sento così persa e sola che la settimana di ibernazione mi pare l'unica soluzione possibile.

    Vi nota la mia disperazione e si calma, cercando di farmi sentire meglio. 

    «Ehi, piccola, non ti abbattere troppo, però, okay? Gli uomini a loro modo sono tutti delle teste di cazzo. Ho sentito dire che è proprio nel loro DNA o qualcosa del genere». Ride isterica alla sua battuta, dando delle botte al volante con aria divertita.

    Emetto una risata soffocata perché, o faccio così, o piango di nuovo.

    Fisso il mio riflesso sul finestrino mentre Vi inizia a parlare di cose sciocche per distrarre la mente dal pensiero di Harper. 

    La mia faccia non è migliorata tanto dall'ultima volta che l'ho vista, sembro ancora persa e abbandonata. Appoggio la testa e chiudo gli occhi, domandandomi quando tutto questo dolore finirà.

    ***

    «Grazie per avermi permesso di rimanere qui. Non ce l’avrei proprio fatta ad affrontare i miei adesso. Posso anche fare a meno del loro te l'avevo detto».

    «Fa' come se fossi a casa tua». Vi sorride felice mentre mi prepara il letto.

    La sua casa in California è un modesto appartamento a due camere, e in questa piccola dimora abbiamo passato dei momenti indimenticabili. Non vedo l'ora di rilassarmi un po' in un posto che, con orgoglio, posso chiamare casa.

    Vi non solo è bella, ma è anche molto intelligente. Gestisce, con una socia, uno studio di tatuaggi in città che si chiama Le Regine Dell'Inchiostro. Sono molto fiera di lei, perché la sua vita avrebbe potuto prendere davvero una brutta piega quando aveva solo dodici anni e i suoi morirono in un incidente. Vi andò a vivere con sua zia Mary, la nostra vicina di casa, che l'ha sempre trattata come una figlia. Sono sicura che è grazie a lei che la mia amica è una persona con la testa sulle spalle.

    Quando io e Vi ci siamo incontrate eravamo due ragazzine timide e impacciate, con una passione smisurata per i cerchietti per capelli e i film romantici sdolcinati. Era ovvio che saremmo diventate amiche per la pelle.

    «Okay, ora basta parlare di me, dimmi di Lucas», le chiedo in tono amorevole, prendendola in giro per il suo nuovo amante.

    Ancora non gli è stato dato il titolo di fidanzato ufficiale, ma il poveretto era ignaro di quello che lo aspettava quando le ha detto ciao per la prima volta.

    Giocherellando con i bracciali d'argento, si illumina. «Oh, Ava. Stavolta è quello giusto. Lo so e basta».

    «Mah», mormoro mentre sistemo la biancheria intima nel primo cassetto.

    «Shh, lo è. Quando lo incontrerai stasera, capirai cosa intendo».

    «Eh? Cosa? Stasera? E dov'è che incontrerò esattamente Mr Orgasmo Multiplo da Urlo?», la prendo in giro.

    Non viviamo nello stesso paese da un po', ma questo non ha certo impedito a Vi di raccontarmi tutti i particolari piccanti della sua vita sessuale, benedetta ragazza.

    «Passengers of Ego», mi risponde, come se sapessi esattamente di cosa sta parlando.

    Sgrano gli occhi, perplessa.

    Ridacchia. «È il nome della band di Lucas, sciocca. Suonano al Little Sisters, stasera».

    Guarda l'orologio al muro e squittisce. «Oddio, non vedo l'ora di fartelo conoscere. Mi fa morire».

    «Ne sono certa», rido, prendendola ancora in giro mentre diventa tutta rossa.

    «Oh, dai, sono sicura che stasera ti divertirai!».

    «A dire il vero non credo sia una buona idea», rispondo, piegando le t-shirt nel cassetto.

    «E perché no?», domanda Vi con le mani sui fianchi e per nulla contenta della mia risposta.

    «Mmm, ricominciamo da capo?», sbuffo, troppo stanca per parlare.

    Intanto guardo il letto e mi immagino avviluppata tra le coperte, con il corpo che scalpita perché ciò diventi al più presto realtà. Tuttavia, dallo sguardo incazzato di Vi, capisco che la possibilità è alquanto remota.

    «Sì, sì, stiamo proprio ricominciando da capo. Sono tutta orecchi», insiste Vi, che oggi pare abbia il chiodo fisso.

    «Perché non sono dell'umore di fare della conversazione inutile con persone che non vedrò mai più nella mia vita. E non ho davvero voglia di gente accaldata che mi si struscia addosso sperando di fare bingo con la donzella sofferente». Alzo le mani e aggiungo sarcastica: «In caso non lo avessi capito, sono io la donzella sofferente!».

    «Ava, bisogna che ti dia una calmata. Nessuno ti si struscerà addosso, come hai detto con estrema eleganza, a meno che non sia tu a volerlo. E, a giudicare da quanto sei tesa e rigida, direi che una bella strusciata è proprio quella che ti ci vuole!».

    La fisso a bocca aperta. No, non lo ha detto! Prima che possa rimproverarla, ride con quella risata così musicale che automaticamente mi dimentico perché volevo rimproverarla. Sono una cretina, lo so.

    «Tesoro, quello che ti ha fatto Harper è terribile, e lo capisco. Ma lo sapevo che sarebbe successo, prima o poi». Alza le spalle come se fosse una cosa risaputa, mentre io la guardo sotto shock.

    «Tu cosa?», le chiedo sbalordita. Ma per caso solo io sono accecata da una coltre di fumo che nasconde il cartello HARPER È UNO STRONZO?

    «Ava, Harper è sempre stato uno stronzo. Te l'ho detto, eri solo accecata dalle sue cazzate. L'ho odiato dal primo momento che vi siete incontrati. Vorrei non essere mai andata a quella maledettissima festa dove ti ha convinta con parole dolci a ballare con lui, perché ora non avremmo questa conversazione, se fossimo state a casa come da programma a guardarci Brad Pitt. Non ti accorgevi di quanto fosse manipolatore. Io ho provato a dirtelo, ma tu non volevi sentire. L'amore è cieco e tutte queste stronzate qui. Harper è il passato, e tu sei tornata per ripartire da zero, sola e senza quel pupazzo travestito da essere umano tra le palle!».

    Mi sbellico dalle risate mentre si infuria. Veronica non smette mai di sorprendermi con le sue analogie. E non importa quanto siano politicamente scorrette, ci stanno sempre da Dio.

    «Perciò, ora disferai le valigie e ti rilasserai magari con un sonnellino, perché quelle borse sotto gli occhi non si possono guardare». Mi rannicchio un po' per la vergogna, perché ha ragione, ma mi ignora. «Poi, una volta riposata, e con un aspetto che sembra meno quello di un cadavere, ti metti quei jeans neri strettissimi che ti fanno un culo da paura, quel top a righe bianche e rosse che rivela il giusto della scollatura, e le scarpe alte perché, ragazza, stasera facciamo casino… in stile Veronica Donovan!».

    Sorrido, ormai sono abituata alla sua natura da tiranna. Be', di certo ci aspetta una serata interessante, anche se non sono ancora del tutto convinta.

    Vi percepisce la mia ansia mentre, nervosa, mi mordo il labbro. 

    «Non guardarmi così, signorina Thompson. Si va, punto».

    Non ha senso discutere con lei, sarebbe solo un inutile spreco di fiato. Mi dà un bacio sulla testa e lascia maestosa la stanza, per darmi qualche minuto per elaborare tutto quello che è successo.

    Collasso nel letto gigante e mi allargo. Le gambe e le braccia quasi non raggiungono i margini dal materasso, e mi sembra di nuotare in un mare di lenzuola e coperte. È una sensazione confortevole e vorrei stare così per tutta la settimana… o il mese.

    Cosa farò ora? Sono salita sull'aereo senza nemmeno pensare di dare un'altra chance al mio futuro. Ma ora che sono qui, il mio futuro è in attesa di una decisione.

    Conto le stelline fosforescenti sul soffitto e vorrei essere senza volto, proprio come loro. Mi

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