Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La Cenerentola sbagliata
La Cenerentola sbagliata
La Cenerentola sbagliata
E-book439 pagine5 ore

La Cenerentola sbagliata

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Quando Kat strappa accidentalmente un vecchio libro illustrato, viene magicamente trasportata nel mondo di Cenerentola – come Katriona, una delle brutte sorellastre! La vita si è capovolta adesso che è una signora nobile di nascita e deve imparare come sopravvivere alla stagione mondana, compreso passare attraverso la porta indossando una gonna con un enorme cerchio di metallo. Per tornare indietro, dovrà completare la storia, dritta fino al lieto fine, ma tutto sembra essere a suo sfavore: l'altra sorellastra è bella da impazzire, la fata madrina è introvabile e il principe, nonostante sia incredibilmente sexy, detesta apertamente i balli.
Potrà mai tornare nel mondo attuale?
LinguaItaliano
Data di uscita18 apr 2019
ISBN9788831980975
La Cenerentola sbagliata

Leggi altro di Aya Ling

Correlato a La Cenerentola sbagliata

Ebook correlati

Narrativa romantica contemporanea per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su La Cenerentola sbagliata

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La Cenerentola sbagliata - Aya Ling

    Aya Ling

    La Cenerentola sbagliata

    Serie Le Favole Incompiute Libro 1

    1

    Titolo: La Cenerentola sbagliata

    Autrice: Aya Ling

    Copyright © 2019 Hope Edizioni

    Copyright © 2015 Aya Ling

    www.hopeedizioni.it

    info@hopeedizioni.it

    Published by arrangement with Hershman Rights Management

    Progetto grafico di copertina: FranLu

    Immagini su licenza Bigstockphoto.com

    Fotografo: Navintar | Cod. immagine: 200851912

    Fotografo: Marina_Zharinova | Cod. immagine: 211428760

    Fotografo: Prometeus | Cod. immagine: 13130951

    Traduttrice: Elisabetta Rindone

    Editor: Miriam Rizzo

    Impaginazione digitale: Cristina Ciani

    Tutti i diritti riservati.

    Questo libro è concesso in uso esclusivamente per il vostro intrattenimento personale. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in qualunque forma o con qualsiasi mezzo elettronico o meccanico, compresi i sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni, senza il permesso scritto dell’autore, tranne nel caso di brevi citazioni contenute in una recensione. Se state leggendo questo libro e non lo avete comprato, per favore, andate sul sito amydawsauthor.com per scoprire dove potete comprarne una copia. Vi preghiamo di rispettare il duro lavoro dell’autore. Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, avvenimenti o luoghi è puramente casuale.

    Indice

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    Capitolo 31

    Capitolo 32

    Capitolo 33

    Capitolo 34

    Capitolo 35

    Capitolo 36

    Capitolo 37

    Capitolo 38

    Capitolo 39

    Capitolo 40

    Capitolo 41

    Capitolo 42

    Capitolo 43

    Postfazione

    Ringraziamenti

    L’Autrice

    Hope edizioni

    Capitolo 1

    1

    Quando incontro un ragazzo che è così bello da far girare la testa, di solito succedono tre cose: 

    1: Silenzio. Apro la bocca, ma non proferisco parola. Tutto quello che riesco a fare è fissare stupidamente con la bocca tanto spalancata da poter contenere un triplo cheeseburger, mentre il mio cervello va in pappa.

    2: Balbettare. Posso stare al telefono per ore con la mia migliore amica, ma se mi devo confrontare con un ragazzo carino, sbam! Ho un blackout, vado in corto circuito. Saresti fortunato se riuscissi a farmi pronunciare qualcosa a parte "Ehm... mmm... eh..." e tanto imbarazzo.

    3: Inciampare. Inciampo sui miei stessi piedi. Già, è facile che succeda quando sei più di un metro e settanta e allampanata, ma sono riuscita a far piangere l'insegnante di danza quando avevo cinque anni. E adesso è anche peggio, faccio cadere le cose e rovescio il cibo.

    Queste cose sono successe tutte nel giro di tre minuti quando stamattina mi sono scontrata con Gabriel Castellano.

    Stavo andando a lezione, quando il mio cellulare ha squillato e sullo schermo è comparso un messaggio da mamma: "Tesoro, devo fare un turno extra. Stasera, dopo la scuola, torna a casa il più presto possibile.

    La mamma ha iniziato a lavorare di più, ogni volta che può, in modo da poter mettere da parte dei soldi per quando andrò al college. Vorrei non dovesse farlo... Mi sono offerta di trovare un lavoro part-time, ma qualcuno deve badare a Paige di sera, inoltre devo studiare il doppio per ottenere la borsa di studio. Le più competitive forniscono molti più fondi di quanti ne possa risparmiare mamma girando hamburger diverse ore a settimana. In ogni caso, mi sento in colpa quando torna verso le dieci di sera, completamente esausta.

    Con le spalle curve, guardando a terra, ho svoltato l'angolo e mi sono quasi scontrata con questo ragazzo che veniva nella mia direzione; sarei passata oltre, se non mi avesse parlato.

    «Scusa, mi puoi dire dov'è la palestra?»

    L’ho fissato. Più di un metro e ottanta di pura, assoluta figaggine. C'era un leggero accento nella sua voce che, a mio parere, lo rendeva solo più sexy.

    «Sono nuovo qui» ha continuato il ragazzo, con un sorriso di scuse. «Mi sono trasferito ieri dall'Australia.»

    «Oh... ehm... Ciao.» La mia bocca si è prosciugata e ho tentato, con difficoltà, di non guardarlo come una stupida. Concentrati, Kat. Cosa stava chiedendo? «La palestra... è laggiù.»

    «Grazie.» 

    Mi ha rivolto un sorriso accecante e ha ripreso a camminare, quando, all'improvviso, me ne sono resa conto: gli avevo appena indicato la direzione sbagliata.

    «Ehi! È da quella parte!» Mi sono affrettata per raggiungere le sue lunghe falcate, il mio piede ha urtato lo scalino più basso e... sono inciampata e caduta, sbattendo le ginocchia sul cemento. Il cellulare e i libri che stavo reggendo si sono sparsi attorno a me. 

    Fantastico. Come ho fatto a dimenticare lo scalino in più? Chi è lo studente nuovo qui, eh?

    «Stai bene?» Il ragazzo si è abbassato e ha iniziato ad aiutarmi a raccogliere le cose, ma l'ho allontanato con un cenno della mano.

    «Davvero, sto bene.» Non volevo che vedesse il mio cellulare, un vecchio modello di Nokia bianco e nero, né volevo che raccogliesse la mia copia consumata di Anna dai capelli rossi, che avevo deciso di sfogliare in classe. Come se avessi bisogno di fargli sapere di essere un tipo strano che legge ancora i classici. Classici per bambini, in realtà.

    «Gabriel!» ha urlato una ragazza. Era Ashley, la stupenda, sofisticata studentessa del terzo anno che si era appena trasferita qui da New York, e che era stata in lutto fino a ora, perché niente a Oakleigh poteva essere all'altezza dei suoi standard cosmopoliti e che oggi, per la prima volta, vedevo allegra. «Ti ho cercato ovunque! La campana sta per suonare. Andiamo, Mr P. ci ucciderà se facciamo tardi.»

    Ho recuperato in fretta le mie cose e sono corsa via. La mia solita fortuna... non sono mai riuscita a comportarmi in modo normale di fronte a un qualsiasi ragazzo carino.

    *   *   *

    A casa, Paige è incollata davanti alla televisione, a guardare SpongeBob. Non capisco cosa ci sia di così interessante in un brutto personaggio di colore giallo che vive in un ananas in fondo al mare – posso capire Sailor Moon – ma è una delle tante differenze tra me e Paige. Lei ha dieci anni, io diciassette. Lei preferisce la TV, mentre io sono lettura-dipendente – anche se entrambe passiamo assurde quantità di tempo su Internet. Lei è bellissima, come mia madre, e io... beh, ogni volta che vedo mio padre, mi viene voglia di urlargli contro per aver sostituito i suoi geni con quelli di mamma. Capitemi, la famiglia di mamma ha origini ispaniche, e anche se lei ha quasi quarant'anni non li dimostra. Ha i capelli castani densi e folti, ciglia così lunghe da somigliare ad ali di farfalla e rosse labbra carnose che non hanno bisogno di rossetto. Certo, può non essere magra come una modella, ma non importa, perché quando sorride e quei grandi occhi splendenti s'illuminano, praticamente ogni uomo a cui si rivolge assume uno sguardo immobile, vacuo.

    Paige, la fortunata Paige, assomiglia a mamma. Ha ricevuto trentasette biglietti di San Valentino quando era in prima elementare, io ne ho ricevuti due. La mamma sembra una versione più rotondetta di Penelope Cruz, mentre io somiglio a Jo March di Piccole Donne. Ho le braccia lunghe, piedi grandi e lentiggini su tutto il naso. Chiunque dica che il succo di limone funziona, mente.

    Come Jo, l'unica mia caratteristica decente sono i capelli. Sono spessi e ondulati come quelli di mamma, il castano ramato però l'ho ereditato da papà. Alle elementari un ragazzo mi chiamava carota, ma ero troppo debole per picchiarlo in testa come faceva Anne Shirley con Gilbert Blythe. Inoltre, come Jo, mi piace leggere. Mamma dice che è un miracolo che non debba indossare gli occhiali, a giudicare dal numero dei libri che ho divorato da quando mi ha portato per la prima volta in biblioteca, all'età di quattro anni. Se la Bestia mi regalasse una sala della lettura come quella che ha donato a Belle, lo sposerei anch'io. I libri mi aprono nuovi mondi. La vita in una piccola città come Oakleigh è orribilmente deprimente... abbiamo un'unica strada principale in centro con tutti i negozi, per il resto solo noiose aree residenziali.

    Appena va in onda la pubblicità, Paige balza sul pavimento. «Ehi Kat!» dice con entusiasmo. «Indovina cosa c'è per cena?»

    Non capisco per cosa sia così eccitata. Quando mamma non è a casa, ceniamo con degli avanzi o con cibi congelati. In realtà, anche quando è a casa, normalmente usiamo il microonde o ordiniamo cibo da asporto, perché spesso è troppo esausta per mettersi ai fornelli a cucinare. 

    Paige mi trascina in cucina e mi fa sedere su uno sgabello.

    «Chiudi gli occhi.»

    La sento aprire il frigorifero, poi il rumore di una ciotola che viene posata sul tavolo.

    «Posso aprirli adesso?»

    «Non ancora.» Di nuovo rumore... apre una busta di plastica, credo. «Okay! Ora puoi guardare.»

    Di fronte a me vedo una grande ciotola riempita con pezzettini di succosi pomodori rossi e cipolle viola, cosparsi di coriandolo verde. Accanto alla ciotola un piatto di tortilla chips.

    «Hai fatto la salsa?»

    «La nonna mi ha inviato la ricetta per email» afferma Paige, raggiante. «Dice che fresca è il modo in cui la salsa dovrebbe essere mangiata. Lo sai quanto odia la roba in scatola che compriamo al supermercato. Tutto ciò che ho fatto è stato tagliuzzare ogni cosa e mescolarla con un po' di limone e sale. Andiamo, provala.»

    Immergo una tortilla nella salsa e la assaggio. Sapori aspri e dolci mi esplodono in bocca, fondendosi l'uno con l'altro in perfetta armonia.

    «È eccezionale» dico. «E tu lo sei ancora di più per averla preparata.»

    Brilla di orgoglio. Diversamente da me, Paige è davvero felice quando svolge le faccende domestiche, anche se è un bradipo quando si tratta dei compiti scolastici. Un'altra cosa che rivela quanto siamo differenti, sia d'aspetto che di personalità.

    La pubblicità finisce e Paige scatta di nuovo verso il divano.

    «A proposito, mamma vuole che pulisci il sottotetto» afferma, gli occhi immediatamente incollati alla TV. «Dice che hai troppi libri lì dentro. C'è una di quelle vendite di roba usata in un cortile privato, questo fine settimana, e vuole provare a vendere qualsiasi cosa che non somigli a robaccia.»

    Alzo gli occhi al cielo. Va bene, ammetto di aver speso in modo eccessivo in libri quando papà stava ancora con noi. Ne ho ancora un sacco da leggere, ma questo perché in giro ci sono tantissimi eBook gratis o incredibilmente economici. In più, non devo preoccuparmi delle tarme che rosicchiano le pagine. 

    Comunque, anche se pulissi il sottotetto, difficilmente poi avremmo qualcosa per riempirlo. Mamma è diventata molto parsimoniosa dal divorzio.

    Sospiro. Non voglio separarmi dai miei libri, anche se molti sono troppo infantili per me, adesso. Dio solo sa quanti ne ho accatastati nella mia stanza.

    Mi trascino verso il sottotetto prima che faccia buio. Non lo ammetterei mai con Paige, ma sono terrorizzata ad andarci di sera. La luce lassù è fioca, tremolante e non c'è nessuna finestra. È piuttosto inquietante anche quando la lampadina è accesa.

    Dopo solo cinque minuti passati in quel luogo polveroso, starnutisco. Ci credo che la mamma non veda l'ora di liberarsi di questa roba, non c'è più spazio qui dentro. Scatole e scatole dei miei vecchi libri occupano almeno metà della stanza.

    Apro tutti gli scatoloni e ne controllo il contenuto uno per uno prima di portarli di sotto. Devo sapere quali titoli andranno alla vendita privata. Non voglio che nessuno dei libri fuori catalogo venga svenduto... ma, d’altro canto, chi potrebbe volere dei libri così vecchi?

    Dopo aver sollevato e portato cinque pacchi fino al garage, sono senza fiato. Mi siedo per terra e riposo per un po'.

    Proprio in quel momento il mio cellulare squilla. È Blake, il caporedattore del nostro giornale scolastico.

    «Ehi, Kat, ci riuniamo tutti domani, quindi cerca di farti trovare al nostro punto d'incontro all'ora di pranzo.»

    «Okay. Avete qualche idea per la prossima edizione?»

    «Oh, sì!» Sembra compiaciuto. «Sto pensando di fare un'intervista a quel ragazzo che si è appena trasferito dall'Australia.»

    «Gabriel?»

    «Lo hai già incontrato?»

    «Ehm... in un certo senso.»

    «Bene. Voglio che te ne occupi tu, è la prima volta che abbiamo uno studente in scambio culturale.»

    Il panico mi infiamma il petto. Nooooooo! Non riuscirò nemmeno a parlare con lui senza balbettare o commettere errori stupidi.

    «Io... io non penso di poterlo fare.» Cerco di pensare a una buona ragione per evitare di fare questa intervista. «Blake, sono un'editor non un'articolista. Tra l'altro, perché dobbiamo intervistarlo? Comunque nessuno legge il giornale.»

    «Grazie per l'incoraggiamento» risponde sardonico. «Ma in effetti, sì, credo che presentare Gabriel invoglierà più persone a leggerlo. Le teste delle ragazze si giravano, letteralmente, quando oggi camminava per il corridoio.»

    Già, posso immaginarlo. Ashley, che guarda tutti dall'alto in basso, ha strillato quando ha chiamato Gabriel. 

    Ma io non ci riesco. Anche se una piccola parte di me è elettrizzata alla possibilità di parlarci, non voglio di nuovo rendermi un'idiota di fronte a Gabriel. Già gli ho dato un'indicazione sbagliata in una scuola che frequento da due anni, e mi ha visto cadere a faccia in giù. Non posso intervistarlo.

    «Trova qualcun altro, Blake. Sono sicura che chiunque sarà disposto a farlo.»

    Chiudo il telefono, poi sospiro e afferro l'ultima scatola... che puzza di segatura. Sollevo il coperchio. Metà del contenitore è riempito dai peluche, mentre l'altra metà è occupato da libri illustrati.

    Per forza non ricordo questa scatola, questi libri sono di…quando?Almeno dodici anni fa?

    Ma anche se il contenitore non mi è familiare, i libri lo sono. Estraggo un volume di favole di Hans Christian Andersen con il bordo dorato, una versione illustrata in modo stupendo de La Bella Addormentata, e una versione di Cenerentola, grande e sottile con la copertina rigida.

    Scelgo proprio quest’ultima. Le pagine sono ingiallite, i bordi della copertina staccati, e la rilegatura consumata. Lo apro con delicatezza. La prima pagina mostra una domestica inginocchiata di fronte un focolare.

    «C'era una volta...»

    Ovvio. Quale favola non inizia con quella famigerata frase d'apertura?

    «Kat! Kat!»

    Paige mi sta chiamando. Mi alzo di scatto, tenendo ancora il libro nella mano sinistra, e sento qualcosa scivolare via. In mano sto ancora tenendo la copertina, ma il resto del libro è andato in pezzi. Guardo, sconvolta, le pagine sbiadite che planano sul pavimento.

    «Kat?» La voce di mamma arriva dalle scale. «Puoi venire giù un secondo?»

    «Arrivo!»

    Lascio cadere il resto del libro a terra e corro verso le scale. Il mio piede si incastra su qualcosa – immagino un chiodo sporgente – e perdo l'equilibrio. Cadendo in avanti, mi sbilancio giù per le scale anche se cerco di aggrapparmi disperatamente per sostenermi – può la mia goffaggine essere peggio di così?

    Poi un dolore lancinante mi attraversa il cervello e il mondo si oscura.

    Capitolo 2

    1

    Mi sveglio con la testa che pulsa, le braccia indolenzite e la schiena dolorante. Apro gli occhi e sbatto le palpebre. Sono distesa su un grande letto con un enorme baldacchino. Cavolo, devo essere in un sogno meraviglioso, un sogno in cui abbiamo un sacco di soldi.

    «Miss Katriona!» esclama una voce di donna.

    Batto le palpebre di nuovo, la stanza piano piano diventa più nitida e non riesco a credere ai miei occhi. La tenda del baldacchino non è un prodotto della mia immaginazione. Ricopre tutto il letto, ed è fissata ai pali di legno con dei fiocchi in velluto. Su un piccolo tavolo accanto al letto c'è un candelabro, con tre candele accese! E in un angolo c'è un cassettone con sopra una brocca in ceramica.

    L'ultima volta che ho visto una brocca come quella ero nel museo del centro.

    Okay, è ora di svegliarsi. Do un pizzico al braccio. Forte. 

    «Ahi

    «Dove vi fa male, Miss Katriona?» Di nuovo la voce femminile. Adesso la vedo: una donna di mezza età che indossa una cuffia bianca, un lungo grembiule e un vestito di cotone nero.

    Strillo. «Chi... chi sei? Dov'è Paige? Cosa fai qui?»

    Mi guarda in modo strano. «Avete sbattuto davvero forte la testa, vero? Sono Martha, miss. Ho cambiato i vostri pannolini quando ancora gattonavate in giro per casa.»

    Adesso sono io che la guardo in modo strano. «Come mi hai appena chiamato?»

    «Miss?»

    «Intendo quando mi hai chiamato Katriona. Il mio nome è Katherine.»

    Spalanca la bocca. «Santo cielo, Miss Katriona! Sarebbe meglio chiamare un dottore, parlate in modo insolito!»

    Che diavolo sta succedendo? Mi sollevo, spostando la coperta. Mi scivola addosso, e noto che indosso una camicia da notte color crema fatta interamente di seta, con una dozzina di nastri rosa e blu sul davanti.

    Balzo fuori dal letto come se andasse a fuoco e mi precipito allo specchio. Grazie a Dio sono ancora la stessa, forse un po' più magra, ma i miei capelli sono ancora rossi, gli occhi sempre grigi. Poi mi accorgo che le lentiggini si sono moltiplicate, sulle guance così come sul naso. Dannazione. La camicia da notte è davvero antiquata: maniche lunghe, accollata, e mi arriva alle caviglie. Indosso anche una ridicola cuffia annodata sotto il mento.

    Poi una voce delicata, più giovane rispetto a quella che ha la donna che si chiama Martha, arriva dall'ingresso della stanza.

    «Posso entrare?»

    Mi volto. Una ragazza che potrebbe avere la mia età, e che indossa gli stessi vestiti da cameriera di Martha, è in piedi sulla porta. Ha i capelli colore del miele raccolti in una cuffia, grandi occhi blu e un viso a forma di cuore che, nonostante sia imbrattato di fuliggine, è molto grazioso.

    «Sono venuta a spazzare il camino, miss, se non vi dispiace» dice la ragazza. Ha con sé una paletta e una scopa, entrambe di fattura grossolana.

    «Ehm...» Mi guardo intorno e scopro un vero camino di fronte al mio letto, con un cumulo di carbone. Cavolo. «Tu chi sei

    «Stendetevi di nuovo sul letto, miss.. Chiameremo il dottore domani» dice Martha. Poi, rivolgendosi alla ragazza, sussurra: «Non sta bene con la testa da quando è caduta dalle scale. Non si ricorda nemmeno chi sono.»

    La ragazza spalanca gli occhi. Fa un passo esitante verso il mio letto e mi fissa con la paura nello sguardo. «Non vi ricordate di me, signorina? Sono Elle. Elle Thatcher. Sono al vostro servizio da diversi anni.»

    «Ehm...»

    Martha le dà un colpetto col gomito e annuisce. «Te l'ho detto.»

    «Riaccenderò subito il fuoco, la stanza si sta raffreddando» continua la ragazza. Afferra un attizzatoio di ferro, che si trova accanto al focolare, e sistema il carbone in un largo mucchio.

    «Forse si sentirà meglio domani.»

    Sembra una buona idea. La testa mi fa male e immagino di stare ancora sognando. Tra poche ore mi sveglierò di nuovo nel mio letto a Oakleigh, in Indiana. Questo è solo un incubo.

    *   *   *

    «Ragazza, svegliati.»

    Apro di nuovo gli occhi. Stavolta è buio ma, dal chiaro di luna che entra dalla finestra, percepisco che mi trovo ancora nella strana stanza all'antica. Il candelabro accanto al letto è stato spento, il fuoco nel camino ha cessato di ardere, ma le braci brillano ancora.

    Poi vedo qualcosa di ancora più sconvolgente: un essere semitrasparente che si libra nell'aria, proprio sopra il letto. È piuttosto brutto: gli occhi e il naso sono schiacciati insieme, ha un corpo tozzo con braccia e gambe che, in proporzione al resto, sembrano corte in modo allarmante.

    Sono così scioccata che rimango a fissarlo con la bocca spalancata. Questo fantasma sta per mangiarmi?

    «Sei sveglia, vero?» domanda il fantasma. La voce è un po' acuta, con una nota scherzosa.

    Oh no, non un'altra volta. Mi pizzico di nuovo il braccio, questa volta davvero con forza. Strillo per il dolore: le mie unghie mi hanno fatto uscire qualche goccia di sangue.

    Il fantasma comincia a ridere. «Saranno anche passati almeno cento anni, ma gli umani sono sempre degli sciocchi.»

    Il mio stomaco si contrae. Sono bloccata in una stanza assurda con un fantasma brutto, e non importa cosa faccia, non riesco a svegliarmi.

    Probabilmente sono morta. Forse quando sono caduta dalle scale ho sbattuto contro qualcosa di molto duro e ho perso troppo sangue. Ahia. Passo una mano sulla testa, ma sento solo un punto dolorante, sembra più un livido che una ferita aperta. Tra l'altro, questa stanza è ben diversa dall'inferno.

    «Ehi tu» dico al fantasma. «Sono morta, vero? Questo è il luogo che precede il paradiso?»

    Il fantasma getta la testa indietro e ride, un suono forte e roco. Sono sorpresa che nessuno lo senta. O non riescono a percepirlo o stanno dormendo profondamente. «Pensa che sia il paradiso! Aspetta che lo dica a Sua Maestà...»

    Che diavolo sta succedendo? «Non sei un fantasma?»

    Ciò lo fa ridere ancora più forte. Si stringe convulsamente i fianchi, ansimando, come se fossi il più grande comico al mondo.

    «Stupida umana dal cervello ottuso» respira in affanno, asciugandosi gli occhi. «Non hai mai visto prima questa stanza?»

    «Nel museo in centro?»

    «No, sciocca, in un libro.»

    Il chiaro di luna filtra dalla finestra, ammiro i quadri incorniciati appesi alle pareti, il più grande rappresenta un bellissimo giardino. La scena sembra davvero familiare, tutto ciò che manca è una serva inginocchiata di fronte al focolare.

    «Cenerentola?» ansimo. Questa è l’illustrazione della prima pagina del mio vecchio libro. «Perché la sto vedendo in un sogno?»

    «Pensa ancora che sia un sogno...» borbotta il fantasma, scuotendo la testa. «Senti, non ti ricordi cosa è successo al libro?»

    Mi massaggio le tempie. «È… andato in pezzi?»

    Annuisce. «Quando hai strappato il libro che ha creato il nostro re, si è innescata una maledizione perché ne è stata alterata la magia. Quindi, per punizione, sei stata trasportata dentro la storia stessa.»

    «Il vostro re?» Sta diventando tutto semplicemente ridicolo. «Chi è questo re, e chi sei tu?»

    Il fantasma si posiziona ai piedi del letto. «Tanto vale che te lo dica o non lo capirai mai... sono Krev. Sono al servizio di Sua Maestà Barthelius, il re dei Goblin.»

    «I Goblin?» Ricado sul cuscino, mancando per poco la testiera. «Per favore, dimmi che ho le allucinazioni o una commozione cerebrale.»

    «Noi esistiamo in un'altra dimensione, ma il nostro re è sempre stato interessato alle storie umane. Per questo ha creato i propri libri un centinaio di anni fa. Ha lasciato alcune copie nel tuo mondo, ma non si sarebbe mai aspettato che andassero in pezzi.»

    «Oh, Dio!» Sprofondo ancora di più tra le coperte, ci deve essere qualche sbaglio.

    «Lo scoprirai abbastanza presto, sennò puoi semplicemente tornare a pizzicarti il braccio.» Si solleva in aria, adesso noto che ha un paio di piccole ali. «Ci si vede.»

    «Aspetta» sbotto, e mi siedo. «Okay, supponiamo che io ti creda. Come faccio a tornare indietro?»

    Krev sorride, mostrando una fila di denti appuntiti. «Adesso stai ascoltando. Tutto ciò che devi fare è rimettere di nuovo insieme la storia.»

    «Eh

    «Finire la storia fino al E vissero sempre felici e contenti

    Dannazione, sono finita in un gioco di ruolo. Non che ci abbia mai giocato, ma somiglia a qualcosa del genere.

    A proposito di giochi di ruolo...

    «Quella donna, Martha, mi ha chiamato Katriona. Dice che ho perso la memoria, quindi non sono una nuova arrivata in questo mondo. Chi sono?»

    I suoi sporgenti occhi da rospo luccicano. «Indovina.»

    Lo guardo storto. Beh, sicuramente non sono Cenerentola, vista la camicia da notte di seta che indosso, e ovviamente non sono nemmeno la matrigna cattiva. Nello specchio sembro proprio io, non una qualche donna di mezza età.

    «Sono una delle brutte sorellastre?»

    Il suo sorriso si allarga.

    Maledizione. «Se devo stare nella storia, perché non sono Cenerentola?»

    Il goblin esplode in uno scroscio di risate. «Cenerentola! Pensa di essere abbastanza carina da essere Cenerentola!» Ruota ripetutamente in volo finché non mi sento stordita e imbarazzata. «Non sai come funziona l'incantesimo? Assumi il ruolo della persona a cui somigli di più.»

    Già, grazie di aver puntualizzato l'impossibilità che ho di essere la protagonista. Immagino che se fosse stata Paige a rompere il libro, sarebbe diventata Cenerentola e, nonostante trovi ancora ridicola l'intera situazione, sono anche abbastanza intrigata.

    «Quindi tutto ciò che devo fare per poter tornare a casa è portare al ballo Cenerentola, così il principe si innamora di lei e l'incantesimo è rotto?»

    Lui agita un dito deforme verso di me.

    «Non ancora. Il tuo compito non termina quando lei corre via dal ballo e lascia indietro la scarpetta. Devi arrivare fino alla fine. La storia termina solo quando sono sposati: campane che suonano a festa e levarsi in volo di colombe bianche comprese.»

    Wow.

    «Allora… quand’è il ballo?»

    «Non ne ho idea.»

    «Dov'è la fata madrina?»

    «Non ne ho idea.»

    Spalanco la bocca. «Ehilà? Mi stai dicendo che devo scoprire tutto da sola, mentre tu semplicemente volteggi lì e non fai nulla?»

    Lui scrolla le spalle. «Questo perché hai strappato tutto tranne la prima pagina. La maledizione inizia da dove si interrompe il libro.»

    «E se non faccio niente? E se il principe non vuole organizzare il ballo? E se non riesco a trovare la fata madrina?»

    Krev si lascia sfuggire una risatina maligna e ho un presagio nefasto di disastro imminente.

    «Allora rimarrai in questo libro. Per sempre.»

    Capitolo 3

    1

    «Non puoi dire sul serio!»

    Krev deve aver stregato la stanza. Quello, o mi trovo davvero in un sogno, considerando quanto forte sto gridando. Non ho mai urlato in vita mia tranne in un'occasione, peròera questione di vita o di morte. Quando ero più piccola di Paige, mamma mi aveva portato in piscina, e anche se avevo fatto del mio meglio nell’ascoltare l'istruttore, avevo continuato a sputacchiare, artigliare, agitarmi e urlare a squarciagola.

    Tutt’oggi ricordo ancora l'orribile, impotente sensazione dell’acqua che mi riempie il naso, le orecchie e la bocca, il mio tentare di aggrapparmi selvaggiamente a qualcosa di solido, finendo col trovare solo litri di acqua.

    L’urlo di oggi riesce a competere con quello del giorno in cui sono quasi affogata.

    «Non puoi farmi questo!» grido. «Voglio andare a casa! Adesso!»

    Continuo a sbraitare, ma lui sorride e basta.

    «Nemmeno il re si sarebbe mai aspettato che questo accadesse. È assai curioso di vedere come farai a completare la storia, quindi sarebbe il caso che ti ingegnassi, qualora volessi fare un'ottima dimostrazione. A dopo!»

    Ridacchiando con gioia diabolica, Krev volteggia verso il soffitto e svanisce. Accade in un attimo: un minuto prima stava sorridendo come un folle, quello dopo… il nulla. Regna una completa oscurità.

    «Nooooooo!»

    Mi sollevo sul letto. Solo adesso mi rendo conto che la conversazione con Krev è stata un sogno, ma sono ancora intrappolata nel libro di fiabe. La fiaba di Cenerentola.

    Mi allungo e tocco la tenda in velluto che ricade sul letto a baldacchino. Pesante, spessa, ricca. Faccio scorrere un dito sul ricamo dorato.

    Tutto questo non può essere vero.

    Balzo fuori dal letto e sibilo quando i piedi nudi toccano il pavimento. Non c'è il tappeto rotondo a cui sono abituata. Brr... fa freddo qui dentro, il fuoco nel camino si è spento da tempo, è rimasto solo un cumulo di cenere.

    Adesso, con la luce del mattino che si diffonde dalla finestra, riesco a vedere molto meglio. Questa non è di sicuro la mia semplice, disordinata stanza da letto piena zeppa di libri e appunti. Un portacatino in legno di betulla si trova sul lato destro del letto, completo di bacinella, asciugamani e brocca di ceramica. C'è una toletta rifornita di bottiglie di profumo, una scatola per gioielli, centrini ricamati, un puntaspilli, un sacchetto di fiori secchi, due spazzole e un pettine. Davvero troppo femminile per i miei gusti. 

    Oltrepasso il camino, completo di un secchio per il carbone, un parafiamma e una larga mensola decorata con un tessuto di lino a stampa floreale. Sulla mensola si trovano la statuetta di una pastorella di porcellana blu, una ciotola di frutta di cera, una grande conchiglia rosa e un orologio racchiuso nel vetro. Il quadrante indica il tempo con due lancette: sono da poco passate le otto del mattino. Di fronte al camino c'è una poltrona con uno scialle in velluto piegato sullo schienale. Lo avvolgo attorno alle spalle e mi avvicino alla finestra in punta di piedi.

    «Ma che...»

    Il mio stomaco si contrae e mi aggrappo al davanzale, per poi tirare via subito la mano tanto è gelido. Dall'altro lato dell'edificio in cui mi trovo c'è una fila ininterrotta di villette dai mattoni gialli, tutte alte almeno tre piani. Una recinzione in ferro circonda le costruzioni.

    Una carrozza, tirata da quattro cavalli, avanza lentamente sulla strada. Riesco persino a vedere la lunga frusta che sta usando il cocchiere. Non importa quanto voglia negarlo, con orrore dilagante mi rendo conto che sto vivendo in una strana nuova dimensione.

    Non sta accadendo! Ci deve essere qualche errore! Voglio andare a casa!

    Mi volto, scuoto la testa e batto velocemente le palpebre. Ancora la stessa stanza, con il camino e il letto a baldacchino.

    «No...» sussurro. Prendo la testa tra le mani e mi lascio cadere sul pavimento freddo e duro. Il mio corpo è intorpidito, la mia mente completamente vuota. Non so per quanto tempo rimango raggomitolata in posizione fetale con nessuna idea su cosa fare, mi alzo quando sento un bussare agitato alla porta.

    La ragazza con la faccia a cuore irrompe nella stanza, trasportando una brocca, un secchio e qualche panno in flanella.

    «Miss Katriona!» ansima, abbassandosi in un breve inchino. «Sono così dispiaciuta di essere in ritardo stamattina. La signorina Bianca aveva bisogno di una nuova acconciatura e non sono riuscita a sistemarla come desiderava.»

    Mi viene subito in mente la prima pagina del libro: la ragazza, con i lunghi capelli color miele ordinati in una coda che le ricade lungo la schiena, vestita con una cuffietta nera e un grembiule bianco, somiglia sorprendentemente alla Cenerentola dell'illustrazione.

    Oh mio Dio, questa ragazza deve essere Cenerentola. L'ho trovata.

    «Miss Katriona?» chiede piano Cenerentola, sistemandosi i lacci del grembiule. «Siete arrabbiata con me?»

    Ci vogliono due secondi prima che il mio cervello registri che adesso sono Katriona, non Kat.

    «Uh, non ti preoccupare» rispondo,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1