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Sei tu il mio cielo
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E-book198 pagine2 ore

Sei tu il mio cielo

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Info su questo ebook

Terzo volume della trilogia Phoenix.
Mya sembra non potersi mai godere il suo amore, prima la tragedia con il suo uomo in fin di vita e poi, quando le nubi sembrano lasciar posto al sole, ecco piombare nuovamente l’oscurità nel suo rapporto con Noah. Difatti lui, dopo aver appreso i peccati del padre, inizia a covare rabbia e rancore, ignorando che questi sentimenti lo stiano allontanando dalla sua ragione di vita: Mya.
Quest’ultima tenta con tutte le sue forze di stargli vicino, ma troppi sono i segreti che Noah nasconde, che non vuole rivelarle solo per tenerla al sicuro, ma quando il muro che li separa diventa invalicabile è costretta a malincuore a concedergli spazio e ad allontanarsi. Ma tutto ciò che viene celato è destinato a essere scoperto prima o poi…
Riusciranno i suoi sentimenti a riportarlo sulla retta via, a farlo emergere dal baratro? Mya e Noah saranno destinati a tornare insieme e a volare uniti verso il loro cielo?

Contatti: rossc@outlook.it
IG: Rossella_C
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2020
ISBN9788835846512
Sei tu il mio cielo

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    Anteprima del libro

    Sei tu il mio cielo - Rossella C.

    cielo?

    CAPITOLO 1

    Bianco.

    Tutto totalmente bianco. Muri. Porte. Pavimenti. Non esistono altri colori ora. Non esistono altri colori nella mia esistenza.

    Non so spiegare con esattezza come mi senta. La mia linfa vitale è stata strappata via, come se non avessi più sangue a circolare nelle vene.

    I momenti belli non esistono più, appaiono come flashback davanti ai miei occhi su questi muri bianchi, dove il mio sguardo, da più di quindici minuti, rimane fisso, immobile. Non ho pensieri né parole, perché non c’è bisogno di pensare o parlare, non lo merito, è tutta colpa mia, è sempre stata tutta colpa mia. Quell’uomo che ho tentato di aiutare è stato la mia rovina… la nostra rovina. Mi ha reso inerme e dolorante. Non ci sono ragioni per vivere se Noah non c’è. Non esistono sogni, speranze, obiettivi, né vita, perché la mia vita può essere soltanto con lui.

    Continuo a fissare il muro bianco di fronte a me, senza avere alcuna espressione sul volto. Sono seduta qui a terra, in questo corridoio d’ospedale da circa trenta minuti. Ho ancora la maglia e le mani sporche di sangue. Le emozioni si sono azzerate, ma il battito del mio cuore è tornato normale. Non sono ancora capace di razionalizzare il fatto che mi trovi fuori la sala operatoria dove Noah sta combattendo tra la vita e la morte.

    Ho pianto. Dio! Quanto ho pianto. Ero disperata nella corsa verso l’ospedale. Noah aveva perso conoscenza. Il suo volto, il suo corpo erano irriconoscibili: occhi chiusi, labbra serrate e viso che aveva perso ogni espressione, anche il suo colorito. Gli hanno messo una maschera d’ossigeno, tentando di rianimarlo, ma lui non ha reagito. Sono rimasta in un angolo dell’autoambulanza a gridare il suo nome, mentre i paramedici tentavano di fermare l’emorragia all’addome.

    Ma io le ho viste! Ho visto le loro facce sconcertate e avvilite di chi non sa come rimediare e, allora, ho gridato ancora più forte. Ma nel momento in cui la barella che trasportava il mio Noah è entrata attraverso queste due porte bianche alle mie spalle, il mio cuore è come morto, le emozioni si sono spente e le lacrime hanno cessato di scendere dai miei occhi. È stato come spegnere un interruttore. La mia mente, distrutta dal dolore, ha staccato la spina, azzerando ogni cosa. Vedere Noah in quelle condizioni è stato devastante. E non voglio, non posso accettare. Mi ritrovo in un’altra realtà. Una realtà dove quest’incubo non lo stiamo vivendo noi.

    «Mya!» Diana e Frank, dal fondo del corridoio, corrono per raggiungermi. Mi alzo dalla mia postazione.

    «Come sta? Cosa dicono i medici?» Diana è disperata, ha il trucco rovinato dalle lacrime che ancora solcano le sue guance. Sembra essere invecchiata improvvisamente. Poi mi volto verso il Signor Cooper e anche lui ha gli occhi lucidi e il viso tirato. Mi guarda con apprensione e speranza, come se dalle mie labbra pendesse l’esito della sua vita. Io li osservo ma non proferisco parola. Non ho espressioni visive, non ho voce. Non saprei cosa dire, ora mi sento come estraniata dal mio corpo e le loro domande arrivano ovattate alle mie orecchie.

    «Mya?» richiama, «Dicci come sta!»

    Resto a fissare Diana senza risponderle fin quando la mia attenzione non si sposta sulle due figure alle loro spalle. Si guardano intorno poi mi vedono.

    «Mya!»

    Spalanco gli occhi ed esco dal mio stato di trance, quando vedo Erika e Kyle camminare verso di me. Faccio un passo indietro come se tentassi di mantenere l’equilibrio, mentre una valanga di emozioni torna a soffocarmi.

    I miei amici sono qui per me, per noi. Sono terrorizzati, stanno tremando. Afferrano le mie mani e tentano di confortarmi. La realtà della situazione mi invade come fossi un naufrago durante una tempesta.

    È successo. È davvero tutto reale.

    Attiro i miei amici verso di me e vengo avvolta dal colore delle loro braccia. Tutto il dolore sopito torna a galla e piango. Piango disperata. Erika e Kyle mi tengono stretta a loro. Kyle poggia la sua testa sulla mia, Erika invece sulla mia spalla.

    «Andrà tutto bene. Vedrai che andrà tutto bene.» Le sue parole sono a tratti interrotte dai singhiozzi che tenta di controllare per non cedere come sto facendo io.

    Ritorno dinanzi le porte della sala operatoria dove un uomo con il camice e la cuffia verde sta parlando con i Signori Cooper. Vedo Diana prima annuire, poi appoggiare la testa sulle spalle del marito e piangere. Quando li raggiungo, il medico che deve essere uno di coloro che si sta occupando di Noah in questo momento, si volta verso di me.

    «Lei è una parente?»

    «Sono la sua ragazza.»

    Annuisce. «Mi dispiace per quello che è successo. Il ragazzo ha perso molto sangue e il battito è debole. I medici stanno tentando di estrarre il proiettile penetrato nell’addome. Non sappiamo dirvi altro, ma vi terremo aggiornati. Ci vorranno ancora un paio d’ore perché non va a casa a riposare?»

    «No, io resto qui», dico decisa.

    L’uomo mi sorride con compassione. «D’accordo, ci vedremo dopo allora.»

    «Mya non vorresti andare a casa a cambiarti?» chiede Erika al mio fianco mentre guarda la mia maglia. Abbasso lo sguardo e la mia attenzione si posa ancora su quelle macchie che ben conosco. Sangue, il sangue di Noah. C’è una più grande sul mio fianco, nello stesso punto, ma inverso, in cui è ferito Noah. Subito mi si serra lo stomaco, stretto come da una morsa, e guardo Erika con occhi tristi.

    «Ho capito. Vado io a casa a prenderti un cambio.»

    Annuisco, ingoiando il groppo che ho in gola, sto tentando di trattenermi per non piangere di nuovo. Mentre i Signori Cooper e Kyle sono in sala d’attesa, Erika torna a casa mia per prendermi dei vestiti puliti e io vado in bagno per ripulirmi il collo e le mani ancora ricoperte di strisce rossastre. Seguo le indicazione per la toilette e arrivo ai bagni per le signore. All’interno resto completamente sola. Vado dritta al lavabo, apro l’acqua e passo le mani sotto il getto tiepido. Lo specchio di fronte a me riflette la mia immagine. Resto per un attimo a osservarmi: ho i capelli scompigliati, gli occhi gonfi e rossi, il viso pallido. Mi accorgo di avere macchie di sangue sotto la mascella. Porto le mani bagnate in quella zona e strofino, ma senza risultato, non vanno via. Uso le dita, il dorso della mano, afferro un angolo della mia maglia e riprendo a strofinare con forza. Ho delle tracce anche sulle clavicole e con gesti convulsi tento di ripulirmi.

    Non ci riesco. Sono ancora lì.

    Mi getto di nuovo dell’acqua sul viso, sul collo. Ancora e ancora. Strofino, bagno, prendo della carta e tampono.

    «Così, così, continua così», mi ripeto a voce alta. «Andrà via, andrà tutto via.»

    Inizio a inspirare e espirare più forte. La mia immagine allo specchio è annebbiata a causa degli occhi lucidi.

    «Via, via, andate via!»

    Stringo forte i denti e arrivo a graffiarmi con le unghie il viso, il collo, il petto. Più tento di ripulirmi, più ho la sensazione di essere sporca.

    La mia maglia è appena rialzata e dallo specchio mi accorgo di avere una zona completamente rossa anche sul ventre. Afferro i lati e li arrotolo scoprendomi la pancia.

    È tutto rosso. Tutto il mio addome è completamente rosso.

    Le mura sembrano inspiegabilmente stringersi intorno a me. Tutto questo è il sangue di Noah. Come potrà mai sopravvivere dopo averne perso così tanto? Le gambe mi tremano dinanzi a questa consapevolezza. Mi reggo forte al lavabo e urlo.

    «No!» grido più che posso, grido finché non mi bruciano i polmoni, finché non ho più voce e non ho più respiro.

    «No!» Mi libero di tutto il dolore che ho dentro e piango. Piango finché non ho più neppure la forza per pensare.

    Le immagini di Noah tornano alla mia mente. La possibilità che potrei non rivederlo mi destabilizza, mi uccide dentro, mi manda in panico.

    Erika e Kyle spalancano le porte del bagno e vengono in mio soccorso.

    «Mya!»

    Li guardo con occhi spaventati e perché mi rendo conto di non essere più in grado di respirare.

    Tengo una mano al petto, faccio dei profondi respiri, ma attraverso la mia gola non passa aria.

    Erika è ancora più spaventata. «Che c’è? Cos’hai?»

    Cerco, tento, provo a inspirare ma non ci riesco. Sono in panico, ho una crisi di panico. Kyle mi afferra prontamente un braccio e mi conduce in tutta fretta fuori dai bagni. Cammino sulle mie gambe instabili lungo il corridoio. Spalanca con un solo gesto le porte d’uscita e mi conduce all’aria aperta.

    «Respira, Mya, respira!» Mi tiene ferme le braccia e fissa il suo sguardo nel mio. «Concentrati su di me, guardami, tenta di guardarmi davvero!»

    Osservo il mio amico e vedo i suoi occhi forti e determinati che cercano di darmi forza. Porto nuovamente una mano al petto e tento di respirare, l’aria arriva ai miei polmoni donandomi una sensazione di sollievo.

    Erika esce dalle porte dell’ospedale con un bicchiere e una pasticca tra le mani. «Prendi! Ti aiuterà, è valeriana.»

    «Ma dove l’hai presa?» chiede Kyle.

    «Sono solo erbe. Ne ho sempre qualcuna in borsa.»

    Bevo tutto in un sol sorso. L’acqua fresca mi attraversa il petto e sembra spegnere il fuoco di rabbia che avevo. Ora mi resta solo un forte mal di testa.

    «Lui è dentro.» Tengo il bicchiere in una mano. «E ha bisogno di me.»

    Dopo essermi calmata e cambiata i vestiti, io e i miei amici, insieme ai Signori Cooper, attendiamo in sala d’aspetto di avere altre notizie. È passata un’ora da quando Noah è entrato in sala operatoria e noi siamo tutti più stremati di prima. Ho chiesto a Erika di chiamare la mia famiglia e avvertirla. Anche loro hanno diritto di sapere, ma io ora non ce la faccio a parlargli. Siedo tra i mie amici e batto freneticamente un piede a terra, le mani tramano ancora dopo l’attacco di panico che ho avuto.

    «Andrà tutto bene.» Erika afferra la mia mano. «Vedrai!»

    Annuisco triste.

    «Erika!» Da lontano vediamo arrivare Louis, seguito da… TJ.

    «Ragazzi, come state?» Chiede Louis una volta raggiunti. «Ho saputo la brutta notizia. Come sta il mio amico?» Nonostante la forza che vuole far emergere, Louis è spaventato e gli trema il labbro inferiore.

    Kyle risponde al posto mio «È dentro. Ha perso molto sangue …»

    «Cazzo!» impreca e batte un pugno contro la parete.

    «Mya, tu come stai?» TJ si avvicina a me, sembra timoroso ma anche preoccupato.

    «Io… io sto bene… più o meno.»

    «Ho avuto tanta paura.» Chiude gli occhi con forza e scuote il capo.

    Io afferro la sua mano. «TJ, sto bene, davvero. E’ Noah che è stato colpito per … salvarmi. E’ solo grazie a lui se io sono illesa.»

    TJ mi guarda compassionevole.

    «È solo grazie a lui.» Tento di ricacciare indietro le lacrime.

    «Si rimetterà presto», afferma, mi poggia una mano sulla spalla e io annuisco.

    Quante volte ho sentito dire che andrà tutto bene, quante volte sono restata in silenzio e dentro pregavo, sperando che divenisse tutto vero.

    Veniamo raggiunti anche da Nick e Jasper, i collaboratori di Noah al Broken. Sono agitati, hanno perso la loro compostezza e professionalità. Si avvicinano, mi osservano e notando il mio volto pallido e sconvolto, decidono di chiedere notizie a Frank, che li informa sulla situazione attuale.

    In questo esatto istante le porte della sala in cui ci troviamo si aprono, ed entra lo stesso medico di prima. Ci alziamo tutti contemporaneamente avvicinandoci a lui.

    «Dottore!» incita Diana.

    «State tranquilli, la situazione sta migliorando, il ragazzo è molto forte, ma l’operazione non si è ancora conclusa, a quanto pare ci vorrà più del dovuto. Il colpo ha causato una ferita profonda e i medici stanno tentando di ridurre i danni.»

    Il mio cuore batte fortissimo e Diana, scoppia in un pianto sommesso a questa nuova delucidazione.

    Il medico si congeda, i signori Cooper vanno ad accomodarsi nuovamente e io sento il bisogno di allontanarmi, di camminare, non riesco più a stare seduta ad aspettare. Mi sposto dalla sala d’attesa e giro verso destra, percorrendo il corridoio vuoto. Ci sono solo poche stanze ma non vedo medici né pazienti. Nel completo silenzio la mia mente inizia a vagare nei ricordi e nei pensieri più brutti.

    Ho trovato finalmente la felicità, non voglio che mi sia portata via, non potrei vivere una vita senza Noah. Non riuscirei a sopravvivere. Lui è tutto il mio mondo. Non sono forte abbastanza per riuscire a sopportare tutto questo. Non ce la faccio. Prima che possa accorgermene ho ripreso a piangere.

    «Il mio amore», ripeto piano, «il mio unico, vero, amore.»

    Sono sopraffatta dal dolore e per non cedere mi reggo con una mano al muro alla mia destra. Porto l’altra all’altezza del cuore, non per tentare di calmarlo, ma perché sento una fitta lancinante, una voragine nel petto. Ho la sensazione di essere risucchiata dall’interno.

    E fa male, troppo, tanto male.

    Le mie dita toccano qualcosa di freddo alla base del mio collo. Afferro tra le mani il ciondolo di fenice che Noah mi aveva regalato per mio compleanno. Le parole che accompagnarono quel gesto furono cariche di amore: ‘Volerò da te, sto per raggiungerti’.

    E allora, amore mio, vola da me. Sii forte, resisti, combatti e torna da me, ti prego… Ti prego!

    Stringo forte la catenina mentre le lacrime continuano a solcare le mie guance. Tento di camminare ancora un po’ nonostante mi senta debole e le

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