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Labbra proibite
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E-book81 pagine1 ora

Labbra proibite

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Il romanzo di Luigi Maffezzoli dal titolo Labbra proibite ci descrive un futuro quasi da incubo dopo che una “Grande Epidemia” ha ridotto le popolazioni a poche decine di migliaia di superstiti che ancora dopo decenni vivono nella paura di nuove epidemie e sono nate dittature che impongono uno stile di vita improntato al non contatto fra le persone, all’uso costante di mascherine protettive, al sesso virtuale ed altre norme sanitarie da vero incubo.
LinguaItaliano
Data di uscita15 giu 2020
ISBN9788831675291
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    Anteprima del libro

    Labbra proibite - Luigi Maffezzoli

    successo.

    Alcune note indispensabili

    Dovete sapere che nella mia epoca l'esibizione di labbra scoperte è proibita. Il divieto risale al 2155, quando furono introdotte le leggi speciali Antinfestazione. Da allora ogni persona è obbligata a portare una mascherina protettiva per impedire qualsiasi contagio, almeno questa era la motivazione originaria. Da molti anni non si è più registrato un caso di malattia ma l'obbligo di portare la maschera non è stato tolto e nemmeno attenuato. Chi non ubbidisce alla legge viene arrestato, portato via e di lui non si sa più nulla. La mascherina copre completamente naso e bocca, salvo una piccola fessura necessaria per poter ingurgitare pillole e liquidi. Da tempo abbiamo imparato a riconoscerci dagli altri tratti del viso, dai piccoli particolari che rendono unica ogni persona, e naturalmente dai cartellini arancioni che riportano i nostri nomi e che siamo obbligati a portare in qualsiasi momento. 

    Nel tempo sono seguite molte altre proibizioni. Una delle più importanti riguardò i libri di carta. Erano già in disuso da oltre un secolo ma ne erano resistiti alcuni nelle biblioteche ed anche in qualche casa. I libri furono  tassativamente vietati per motivi igienici.  Negli ultimi decenni gli ololibri presero il sopravvento anche sui libri elettronici. La funzione della scrittura si modificò profondamente. I testi scritti diventarono un semplice supporto alle immagini, «Chiari e stringati!» come raccomandavano i professori di scienza della comunicazione.

    Quella che noi chiamiamo La Città Vecchia ormai è solo un ammasso di ruderi dove non si può andare senza un lasciapassare e, all'uscita, venire sottoposti ad una accurata visita medica. Io lo feci, a mio rischio e pericolo, e proprio lì iniziò la mia avventura. Fino a quel momento conoscevo solo Nuova Metropolis, una città stato di centocinquanta milioni di abitanti, sviluppatasi su dieci livelli di altezza, dove ho vissuto i miei primi ventiquattro anni.

    Capitolo 1 – Di come, nascosto nella Città vecchia, vidi per la prima volta  la donna prigioniera degli uomini in arancione

    Quel 12 maggio mi trovavo nella Città Vecchia, nel cortile di questo palazzo, nascosto dietro ad un portone, scrutavo la piazza da una fessura nel legno che avevo allargata con un sasso appuntito. Ovunque spuntavano topi, ultimi abitanti di quella che un tempo era stata l'unica grande città del paese.

    E fu allora che la vidi per la prima volta. Nuda, senza mascherina, correva disperata nella direzione del mio nascondiglio. La inseguivano due poliziotti e quattro infermieri dell'Antinfestazione, con tuta e casco arancioni. Li guidava un omone di due metri. In una mano aveva una pistola verde dalla cui canna spuntava una freccia con un lungo ago in punta. Nonostante il suo aspetto fosse completamente celato dalla tuta e dal casco integrale, mi sembrò di riconoscere il suo portamento e i suoi movimenti.

    «È proprio lui?»

    Rimasi immobile, rannicchiato a terra, l'occhio nella fessura.

    La ragazza piangeva e gridava, correva di qua e di là nella piazza, ma gli inseguitori non la mollavano e le erano sempre più vicini.

    Una mano la stava prendendo, come una tenaglia, ma lei, con l'ultima forza della disperazione, con un balzo arrivò al portone dietro cui mi trovavo io e tentò di aprirlo con tutte le sue forze.

    Fu allora che mi vide attraverso la fessura. I nostri occhi si incontrarono per un istante, poi io abbassai la testa a terra, in tempo per sentire il suo sussurro:

    «Per carità... Aiutam...»

    Non terminò la frase, mi rialzai e la vidi scivolare lentamente a terra, tra gli infermieri che la presero come si prende uno straccio.

    «Brutta troia, ora non ci scappi più!»

    La voce era dell'omone in arancione, disse agli infermieri di adagiare il corpo su una barella. Le coprirono subito il viso con una maschera fuori misura. Poi la coprirono con un lenzuolo e la infilarono su di una aeroambulanza. Salirono in verticale fino al tetto del palazzo di fronte. Si alzò un grande cancello di acciaio massiccio. L'aeroambulanza lo superò e la saracinesca si richiuse. Il palazzo era circondato da un muro che arrivava all'altezza del secondo piano. Dietro di esso si scorgevano appena i berretti dei poliziotti di guardia.

    «È qui! Esiste davvero!» La Clinica-prigione, ero lì per quello, cercavo una prova della sua esistenza ed ora l'avevo trovata.

    La piazza era tornata silenziosa. Nella mente risentivo ancora la richiesta d'aiuto della ragazza. Avevo davanti agli occhi le labbra nude, la curva perfetta del labbro inferiore e le  altre due, più piccole, del labbro superiore.

    Chi era? Prigioniera dei mostri, probabilmente gli stessi che due anni prima avevano inseguito, forse catturato il nonno. Due anni, erano già passati due anni da quando avevo deciso che in un modo o nell'altro sarei riuscito ad entrare in quella città ormai proibita. Ritrovare il nonno era diventato lo scopo principale della mia vita, ma non era facile e allora ero ancora un ragazzo. E ora che finalmente avevo trovato il modo di penetrare nella Città Vecchia per ritrovarlo, rischiando la mia vita, ora scoprivo una nuova motivazione, non meno forte, ritrovare e liberare anche quella ragazza dalle labbra meravigliose.

    Mentre, accucciato nel mio nascondiglio, meditavo su questi pensieri un ghigno al di là della piazza mi riportò

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