#ottoracconti
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#ottoracconti - Fulvio Lacagnina
attraversa
#cittàselvaggia
di Matteo Lacagnina
TRA IL DIRE ED IL FARE C’E’ DI MEZZO IL MARE
parole che gli erano entrate a forza nella testa, dette da una persona che probabilmente aveva più bisogno di sfogarsi che di rimproverarlo. Aveva 17 anni e non voleva rinfacciarle la pesantezza di quello che stava passando, era fatto così, preferiva sopportare i capricci degli altri, piuttosto che dare sfogo a i suoi. Probabilmente lo sbaglio più grande che un uomo possa fare.
Ma divenne quasi tutto troppo da dover gestire, e l’unico sfogo che poteva fare era andarsene, non volendo condividere il suo male con nessuno.
Così mentre l’ingresso non era sotto la vista di nessuno, senza farsi sentire, se ne andò, e silenziosamente richiuse la porta dietro di lui.
Cominciò a camminare su strade troppe vuote per pensare di essere in una città tanto grande quanto Milano.
Senza direzione, era tutto troppo freddo. Il suo unico pensiero era a quando doveva tornare a casa. Sapeva che sarebbe dovuto tornare, prima o poi.
Scelse di ritrovarsi in strade che mai aveva percorso, voleva ricordi nuovi, voleva tracciati che non aveva mai calpestato.
Solo quando si rese conto di non aver portato niente con se, niente musica, niente telefono, solo allora si rese conto di essere realmente al sicuro. Non aveva niente se non la sua vita, e se avesse incontrato una persona per strada, di certo non gli avrebbe prestato attenzione.
Siamo così indifferenti alle persone che vediamo in giro. Come potremmo non esserlo, già è difficile essere preoccupati della vita delle persone che fanno parte del nostro piccolo mondo, figuriamoci preoccuparsi per estranei.
Non aveva pensieri per la testa, e quando trovò un piccolo market aperto, si precipitò per sfruttare quei pochi euro che aveva in tasca.
Era uno di quei market gestiti da un extracomunitario che stava aperto fino a tardi per poter racimolare quanti più soldi possibili.
Un piccolo negozio, qualcosa da mangiare, qualcosa per pulire la casa. I prezzi erano molto più bassi dei supermercati, dove la gente andava a comprare, la qualità molto più bassa, ma lui voleva la sostanza.
In fondo. Dietro alla cassa, un uomo con un bambino in braccio a cui ogni tanto dava delle cullate per calmarlo.
Chiese qualcosa da bere, qualsiasi cosa avesse per i soli 3 euro che si ritrovava, qualcosa di forte.
Voglio qualcosa di alcolico da bere
disse al negoziante, l’età non era un problema, nessuno avrebbe di certo controllato. Quanti soldi hai?
chiese il negoziante.
Con soli 3 euro le uniche scelte erano 2 bottiglie di birra. Ma lui voleva qualcosa di più forte.
Ti giuro che ti porterò il resto domani
gli disse il ragazzo, mentiva spudoratamente, e l’uomo con il bambino in braccio se ne era accorto.
Il bebè si svegliò e iniziò a piangere, dopo avergli dato qualche cullata, accontentò il ragazzo con una piccola bottiglia di Jack Daniels. Probabilmente quello sarebbe stato l’unico incasso della serata, pensava il ragazzo mentre lo ringraziava.
Era l’unica conversazione che aveva fatto dopo ore, gli sembrava di parlare con un angelo, significava tutto in quel momento.
E dopo aver pagato 2 euro in meno del valore effettivo, si scolò la bottiglia con un solo sorso, era l’unico modo per mettere l’alcol in funzione il più presto possibile. Gli venne subito la colata di vomito, era troppo forte da mandare giù e la gola bruciava.
Ora il suo pensiero era dormire, sperava di non dover star sveglio tutta la notte, altrimenti non avrebbe avuto le forze per il mattino successivo, e lo sapeva.
Continuò a camminare e si ritrovò in una stretta via, sulla sinistra un vecchio palazzo a luci spente, sulla destra un ospedale. Nascosto da una muretto di almeno 2 metri e passa, ma da cui si potevano vedere le luci provenienti dall’edificio più alto.
Che egoista a pensare di stare male quando lì dentro c’è chi muore ogni giorno
iniziava a parlare da solo. Forse era la sua unica consolazione. Ma ormai sono qua, ed è troppo tardi per tornare a casa.
Era ben piazzato, nonostante i suoi unici hobby fossero bere e deprimersi come qualsiasi altro ragazzo. La natura lo aveva fatto con i muscoli, con il cervello, e con la tristezza che scorreva nelle vene. Giustificava così la sua situazione, cerchiammo tutti di cercare giustificazioni quando non siamo in grado di trovare risposte più grandi noi.
Si arrampicò sul muretto, salito sopra notò che c’era un’altra struttura, probabilmente una casetta addetta agli inservienti. Sul tetto non ci veniva nessuno, si notava dalla sporcizia che si vedeva in giro. Decise di raggiungere quel posto, accamparsi, e sperare di addormentarsi.
Mi sento un ladro
, continuava a pensare che se qualcuno lo avesse visto sopra quel tetto di sicuro non sarebbe stato visto di buon occhio, ed essendo una struttura privata potevano tranquillamente cacciarlo, se non peggio.
Ma li nessuno lo avrebbe cercato.
Non c’erano posizioni comode sul cemento, ma quando sei a dormire per strada, al freddo di inverno, la comodità è l’ultima cosa che cerchi.
Addormentati
, pensava, dormi e fa che domani arrivi il più presto possibile
. Ma questo non lo aiutò a dormire.
Dal palazzo che spuntava alla sinistra si accese una luce, un uomo insieme ad una donna si tolsero il giubbotto all’interno di un appartamento, si baciarono, poi la donna si allontanò, e l’uomo affacciatosi alla finestra incrociò lo sguardo del ragazzo, non so chi dei due fosse più spaventato.
Il ragazzo si sentiva così vulnerabile, così profondamente nel torto.
Saltò senza pensarci dal tetto, erano poco più di 3 metri, si fece male ad un piede nell’atterraggio, l’impatto con la pianta del piede con l’asfalto era stato troppo forte.
Ma voleva scappare.
Iniziò a correre, per quanto gli riusciva. Non sapeva dove fosse, ma sapeva di doversi allontanare.
Era abbastanza distante da riuscire a riconoscere il distacco fra il quartiere dell’ospedale, e quello in cui si trovava ora. Si sentiva di nuovo protetto.
Chissà se qualcuno già si sarà accorto della mia scomparsa
iniziò a parlare nuovamente da solo Non so cosa sia più triste, il fatto che qualcuno sia preoccupato per me, o che nessuno si sia accorto della mia mancanza. Me la sono proprio andata a cercare questa volta.
Era arrivato ai confini del mondo, del suo mondo, almeno da quello che l’insegna blu che sbarrava la scritta Milano diceva. Gli sembrava di Essere appena dietro l’angolo di casa sua. Decise di tornare indietro, oltre si sarebbe perso, più di quanto già lo era, ed il suo cervello non poteva sopportarlo.
Decise di tornare indietro, seguendo la stessa strada che aveva percorso all’andata. Quando si ritrovò in zone già visitate decise di inoltrarsi ancora per vie che non poteva conoscere.
Percorsi sempre meno illuminati, con negozi di cui non aveva nemmeno mai sentito nominare.
Quando in fondo alla via iniziò a sentire quella che per lui sembrava quasi un miracolo vista l’ora tarda.
Musica. Sono le trombe del paradiso.
Un locale, un piccolo locale, al suo interno danza con musica jazz. Era più probabile trovare acqua nel deserto piuttosto che quel locale alle 3 del mattino a Milano.
Voleva entrare, voleva far parte di quella vita. Ma una commessa all’entrata lo fermò. Non era arrabbiato con lei, era stata gentile, gli spiegò lo scopo di quel posto, a quanto pare era una specie di circolo privato, di persone che volevano rivivere i vecchi tempi
come li chiamava lei, e cercavano di mischiare lo stile più vecchio a quello più moderno. Ballando il tango sulle note di un jazz elettronico.
Sembrava un film. Il posto più caldo che