I pesci scrittori
()
Info su questo ebook
Correlato a I pesci scrittori
Ebook correlati
La Bibliotecaria dalle Lunghe Gambe e altre 9 brevi storie Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl cadavere del lago Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl villaggio dei cannati + Il cervello da un miliardo di debiti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl fantasma di Ermanno Bragaglia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniVite nel Kaos: Storie, voci, volti ai tavoli di un bar Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniVolevamo cambiare il mondo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMia Via Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa notte dell’incertezza Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMonna Lisa Macaroni Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCapita a Monteverde Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa terra, il cielo e il costato Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGnorff & Lenst Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa signorina Anna ed altri racconti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMilano razzista Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniColony2 - Fuga dall'incubo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniStorie dal pianeta Veronetta Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRhapsody in blue Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa Cura Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniOfelia e altri racconti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAbitavo in Via Oberdan Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl condominio Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniBorgo Lenin Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTutto a posto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniQuella gelida notte a Stoccolma Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa rivoluzione dei piccoli pianeti: un romanzo nel 68 Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Il diavolo a porta romana Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMicroracconti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'unico giorno del mondo: Una storia semplice da raccontare Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa mossa del gatto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL’oscurità dell’anima Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Fumetti e graphic novel per voi
Nancy In Hell 1: Nancy In Hell 1 Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Storia dei fumetti di Alien e Predator: 1988-2018. Un universo raccontato per la prima volta Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMedioevo bizzarro Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRacconti Illustrati Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDragon Ball Z “It’s Over 9,000!” Visioni del mondo in collisione Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDelitto e castigo Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Fantacomics Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniBiancaneve e i sette nani Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniWatson & Holmes Uno studio in nero Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl codice delle creature estinte: L'opera perduta del dottor Spencer Black Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe avventure di Pinocchio: Storia di un burattino in 97 illustrazioni Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniUrban Jungle: Corteggiamento Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl grande Gatsby: Francis Scott Fitzgerald Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Recensioni su I pesci scrittori
0 valutazioni0 recensioni
Anteprima del libro
I pesci scrittori - Daniele Caprio
633/1941.
Alla donna di Fabrizio
In città, si respirava aria di coronavirus. Era stata diffusa la voce di un virus, chiamato corona, per la sua elevatezza morale e spirituale, tanto che tutti oramai ne parlavano. Per le strade, i giovani e gli anziani bisbigliavano coronavirus
, e altre frasi più complesse da un punto di vista grammaticale, sempre con la parola coronavirus. Eppure, durante i giorni precedenti, tutti stavano di molto zitti, avendo sentito parlare di un gabbiano proveniente dall'Est Europa, che avrebbe mangiato chiunque avesse parlato di corone e virus.
In tutti i porti era stata messa una porta con la scritta: qui il virus non passa
. Quando arrivavano gli stranieri, da tutto il mondo, leggevano la scritta sulla porta e, allora, convinti di non chiamarsi virus, passavano. Nella stanza degli psicoterapeuti, proprio per rimarcare l'importanza del rapporto empatico e di vicinanza tra paziente e medico, era stato messo un cartello con la scritta: a due metri di distanza e se hai il raffreddore vai a casa
.
Oramai, la maggior parte della popolazione mondiale era rinchiusa in casa. Avevano comprato delle porte spesse, rifatto i muri, circondato la casa di rami di abete presi dal bosco, tronchi dappertutto. Le città, da un punto di vista architettonico, non si riconoscevano più, i supermercati erano stati svuotati e qualcuno si era portato a casa anche le commesse.
Le abitazioni erano diventate, così, antivirus. Le persone non facevano molte attività, se non fare sesso, mangiare e parlare del coronavirus. Presto però finirono di parlare anche di questo, perché le televisioni chiusero anche loro, e i giornalisti andarono a casa. Finì anche il mangiare, e le persone finirono anche di fare l'amore, perché non c'erano più energie.
Tutti si affacciavano dalla finestra, nella speranza di vedere qualcuno, ma nei paraggi non si vedeva nessuno. Era di conforto sapere che altri vivevano nei dintorni, e tutti immaginavano le azioni che facevano gli altri. Poche, a dire il vero. I soldi finivano, i detriti si accumulavano, e il pensiero andava ai politici, i più possidenti. Sicuramente, in questa situazione emergenziale, avrebbero dato alla popolazione parte delle loro ricchezze. E così i calciatori e i cardinali. Il problema, però, era che nessuno usciva e quindi, chi andava a prendere i soldi dai politici?
La città era deserta. Una signora bengalese, di nome Maria, stava rientrando verso casa, in metropolitana. Maria aveva un fazzoletto davanti alla bocca. Le poche persone sul treno si domandavano se avesse il coronavirus. Maria era rammaricata. Non guardava nemmeno le persone negli occhi. Eppure aveva un semplice raffreddore. Gli occhi le lacrimavano. Aveva perso il proprio compagno a quattro zampe, di quattordici anni, e non riusciva a superare il momento.
Quando scese dal treno, vide un uomo ubriaco che posò la valigia e cominciò a correre con un cacciavite in mano, urlando «ti scotenno!!».
Per la strada non c'era nessuno, se non la sua donna che lo guardava in piedi, immobile; avrebbe accettato qualsiasi cosa dal suo uomo, perché era lui
. La donna non aveva più pudore, non era più donna, era diventata una figura immaginaria, un gabbiano, una statua, un comodino. L'uomo, Fabrizio, continuava a correre e urlare all'aria che avrebbe scotennato qualcuno.
Tutti credevano che fosse venuto a uccidere il coronavirus. Non aveva un gran bell'aspetto. Era ubriaco, due denti in bocca, non si pettinava da mesi, aveva delle valigie piene, e barcollava. Si fermava e poi cominciava a urlare, pronunciando frasi senza senso. La sua donna si limitava a dire dai Fabrizio Corona
. Voleva che si fermasse, ma allo stesso tempo avrebbe acconsentito a qualunque gesto, parola, del suo uomo. Infatti, pensava la donna, il suo uomo era venuto dalla montagna apposta per liberare la città dal coronavirus, esponendo se stesso alla morte. Andava sicuramente ricompensato e, se doveva pagare qualcosa con la giustizia, meritava un atto di clemenza. Lo meritava.
I cittadini ‒ con il cannocchiale per non esporsi all'aria ‒ osservavano la scena che si svolgeva sopra i loro occhi. L'uomo, infatti, come i gabbiani, camminava sull'aria, e si pensava avesse dei poteri particolari. La donna, invece, stava a terra e lo guardava, lo adorava, lo amava alla follia, anche se avesse preso il coronavirus avrebbe continuato a stare al suo fianco.
Alcuni cittadini erano contrari alla cattura del virus. In fondo, era un essere vivente. Poteva soffrire di qualche crisi di identità e così cercare dei corpi dove andare.
Finalmente Fabrizio catturò il virus. Almeno così disse. Vide un gabbiano posato sul palazzo comunale, lanciò il cacciavite e il gabbiano morì. Tutti i cittadini si riversarono sulle strade, adesso non avevano più paura. Nessuno diceva una parola. Fabrizio cominciò a urlare «non dite niente? Avete perso la parola? Venite qui vi scotenno!», e rideva tirando fuori i pochi denti cariati.
La furia di Fabrizio, adesso, si era scatenata verso le persone, non si capiva perché. La sua donna stava zitta come sempre, e approvava quello che faceva. «Dai Fabrizio, calmati», e lo guardava in maniera fissa, sperando che per una volta nella vita avesse un'attenzione nei suoi confronti, le chiedesse come stava, se aveva fame, se voleva tagliarsi i capelli per una volta. I capelli, infatti, si erano appiccicati alla cute della testa e erano diventati tutti bianchi. La donna aveva appena 38 anni.
Una bambina fece notare ai cittadini che la donna andava aiutata e salvata. I grandi, però, fermarono la bambina, perché avrebbe potuto contrarre il coronavirus. La bambina cominciò a piangere e a dire che il virus lo aveva visto entrare nella valigia.
Arrivò anche Fabrizio, che disse: «se non mi vedrete per due settimane vuol dire che ci hanno chiusi». «Allora», pensò la bambina, «se noi delle popolazioni ci chiudiamo in casa per il coronavirus, quelli che stanno nelle carceri devono essere liberati tutti? Soltanto così possono evitare il contagio». Ma Fabrizio ormai era rientrato.
Sparito il virus, la vita di sempre riprese. Tutti erano ammutoliti, nessuno diceva una parola, e tanti avevano nostalgia del coronavirus, avrebbero voluto un suo ritorno, perché così ci sarebbe stato di