L’aspirante scrittore
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Iniziativa che potrebbe apparire fuori luogo, dal momento che vorrei ricollegarmi ad un altro mio libro e dove, tuttavia, ritrovando anche in questo la partecipazione di tanti personaggi incontrati nel precedente, se ne potrebbe vedere il seguito.
Mi sto riferendo al mio Sirventese Notturno, altro ambizioso aspirante best seller, pubblicato per lezia con un sottotitolo di tutto rispetto (preso e parafrasato dal buon Ariosto).
Quando, in questo clima di diffusa approssimazione, non mi stupirei granchè se trovassi trascritto: del “Buon Arrosto”!
E fu così che, allora, un pò per assonanza e un po’ per dare una mia particolare connotazione a quelli che vorrebbero disquisire su di un determinato argomento senza averne la competenza (quindi capaci solo di cavillare) mi sono permesso la licenza di bollare quali “Cavilleri” tutti coloro (e nel mio libro se ne incontrano parecchi) che si mettono ad arzigogolare di cavilli.
Ma evidentemente il senso di questa mia spericolata invenzione deve essere sfuggito a chi, pedissequamente, ne ha trascritto la presentazione in rete.
Riuscendo a banalizzare completamente (come se ce ne fosse stato il bisogno) tutto il significato.
E grazie al quale, ancor oggi, mi trovo inseguito da fantomatici e decisamente indesiderati “Cavalieri”!
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Anteprima del libro
L’aspirante scrittore - Stefano Marisaldi
Stefano Marisaldi
L’aspirante scrittore
EDIFICARE
UNIVERSI
© 2020 Europa Edizioni s.r.l. | Roma
www.europaedizioni.it
I edizione elettronica maggio 2020
ISBN 979-12-201-0013-7
Distributore per le librerie Messaggerie Libri
L’aspirante scrittore
O come tentare di emulare chi, con una penna in mano,
può disporre di un mondo. Tutto suo.
«Sogni e bisogni»: se lui fosse stato semplicemente alla ricerca di un incipit qualsiasi, così, tanto per esordire in questa faccenda, eccone qui uno bell’e pronto, spiccio e conciso (anche se non del tutto originale) nonchè suggerito dal suo attuale ménage notturno.
Giusto due paroline incidentalmente appropriate nel rispecchiare quella scombinata situazione con la quale il Dardo si vedeva costretto a rapportarsi, ormai ogni notte, stiracchiandola fin verso le prime ore del mattino successivo, così subordinata ad indiscutibili ed affatto rinviabili necessità fisiologiche.
Ma c’era egualmente poco da stare allegri, mugugnava tra sè e sé e, anche cercando di prenderla con un po’ ironia, quella era e restava per lui una condizione per nulla soddisfacente e lo rendeva sempre più mal disposto la prospettiva di dover tirare avanti ancora a quel modo. Come se non bastasse già l’insonnia a complicargli, e non poco, il suo riposo notturno.
Che se le prendesse un po’ lui, il buon dottor Marchetti, le sue pilloline diuretiche con le quali non si poteva certo stare lì a traccheggiare, specie quando arrivava il momento fatidico e irrefrenabile dell’o vai o viene, comunque
. A tua scelta poteva restare solo il dove. Nel bagno o a letto se qualcuno doveva proprio passare le notti in balia delle pipì!
Ripromettendosi di chiedere, alla prima occasione, al suo pur stimatissimo amico medico, un qualcosa di più blando ed indulgente se mai fosse stato disponibile in farmacia, o almeno di non così categorico e puntuale nel frantumargli il sonno e altre cose.
Ma poi, superata la prima reazione d’ insofferenza, egli doveva pur riconoscere che tale seccatura, anche se antipatica, altro non era che la regolare conseguenza di una terapia preventiva, volta unicamente a cercare di mantenergli il suo attuale buono stato di salute; comunque, non avendo più l’assillo di una sveglia mattutina e ormai libero da impegni di lavoro, in realtà, tutto questo finiva col non avere più soverchia importanza: che fosse, quindi, quel che fosse, anche lasciando le cose così com’era stabilito che dovessero succedere. Tantopiù che, con l’andare dell’età e pur essendosi sempre considerato un impenitente dormiglione, ora lui si rendeva conto di quanto gli fosse diminuito il fabbisogno di sonno. C’era inoltre da notare che il Dardo, pur non condividendo spesso i gusti televisivi della propria consorte (e, coerentemente con la propria scarsa affezione televisiva, lui sosteneva che in casa sua un solo apparecchio bastava ed avanzava) onde evitare contrasti sui programmi da seguire alla sera, dopo cena (in assenza di altre eventualità), egli sceglieva spesso, e non solo per quieto vivere, di andarsene a letto con le galline a leggersi un libro.
Il solito giallo e, preferibilmente di genere indiziario e deduttivo.
Meglio ancora se di tendenza soporifera, piuttosto che thriller o hard boiled (onde evitare un effetto opposto).
La lettura ideale che lui avrebbe desiderato per tali momenti sarebbe stata, infatti, quella capace di procurargli il sonno dopo sole poche pagine. Quella di addormentarsi con un libro in mano era ormai diventata un’abitudine. Una gradevole consuetudine che, pur se non proprio indispensabile, al Dardo faceva piacere seguitare, un po’ come quell’ altra, pure comune a tanti, di sfogliare giornali e riviste mentre se ne stavano in bagno, seduti sul water in cerca d’ispirazione.
Una volta si diceva che i bambini buoni andavano a letto dopo Carosello. Analogamente, il Dardo avrebbe potuto affermare qualcosa di simile anche per sè. Dal momento in cui, se proprio non c’era in vista qualcosa di particolarmente interessante in TV, lui, intorno alle 21, terminati Boom
o Guess my age
e Striscia la notizia
(programmini che, dopo i notiziari, avevano la funzione di introdurre alle trasmissioni principali della serata), preferiva ritirarsi nella sua camera da letto e lasciare campo libero alle scelte della sua signora, soprattutto perché lei si mostrava alquanto indifferente alle sue prese di posizione, nè si lagnava per una sua mancanza di partecipazione e di compagnia; invece, per lui riusciva piuttosto gradevole lasciarsi prendere dal torpore che gradualmente lo assaliva dopo cena e che preludeva (vicini di casa e soprastanti con bambini ipercinetici e rompicoglioni permettendo) al sonno del giusto. Il suo. E a quell’ora, di solito, il Dardo se la poteva dormire saporitamente almeno sin verso la mezzanotte, o giù di lì o fino a quando, con i sommovimenti tellurici del suo talamo nuziale, si annunciava la solita, improvvisa burrasca generata dalla Diletta, la sua amata consorte, di nome e di fatto, quando, terminate le sue trasmissioni preferite, questa decideva di raggiungere il marito sotto le coltri. Coperte e lenzuola regolarmente agitate, per non dire sventolate, ogni volta che che lei gli si coricava accanto, cercando pure conforto per i suoi piedini, tanto spesso gelati. Decretando così, assieme ai diuretici, la fine dei beati sonni del marito e, nel contempo, l’avvio delle sue veglie notturne.
Una delle tante, piccole gioie della vita domestica che il Dardo, da tempo ormai rassegnato, sopportava facendosene, a suo modo, una ragione: Come vuoi che lei possa cambiare alla sua età ?
Tutto nella norma. E a quel punto, una volta destato, anzichè restare a rigirarsi nel letto, tentando vanamente di riallacciare i capi del suo dormire interrotto e, ormai, venute alquanto meno imperiose le amorose lusinghe di Eros per la Psiche (della sua metà), lui decideva, il più delle volte, di alzarsi e, per almeno un paio di orette, di trovarsi qualcosa da combinare, possibilmente anche di una sua qualche soddisfazione.
Non si dovrebbe mai abbandonare il proprio tempo, che un giorno potrebbe palesarsi anche prezioso, al tedio. (Come sarebbe bello avere a disposizione un porcellino salvadanaio per il tempo che stai sciupando nella noia, dove poter mettere da parte certe ore insulse per prolungare occasioni più appaganti o per ritrovarle quando tutto ciò che ti restava alla fine dei tuoi giorni fosse altrimenti scaduto!). Riconoscendo che, in fondo, e solo allora quando finalmente tutto intorno taceva, si realizzavano per lui le condizioni più favorevoli per dedicarsi indisturbato ai propri pensieri e, poi, questa interruzione pareva funzionare bene anche per traghettarsi da un sonno all’ altro, quasi gli servisse quell’intervallo per metabolizzare tutto il riposo precedente, prima di intraprendere, con probabilità di successo, un’altra dormita); inoltre, nel caso in cui, tornando a letto, lui avesse stentato ancora a riaddormentarsi, non avrebbe dovuto fare altro che recuperare dal comodino il suo bel volume riprendendo la lettura delle pagine che lo separavano dall’assopimento oppure, continuando ad oltranza, fino alla parola fine
in fondo al suo libro. Come per Picasso (e scusate la similitudine, se vi par troppo), anche il Dardo aveva avuto, in passato, i suoi periodi rosa e blu. Nel senso che, nelle sue ore di veglia notturna, per ingannare il tempo, era passato dal fare complicati solitari con le carte da ramino (ne conosceva alcuni davvero impegnativi e piuttosto difficoltosi da completare) se proprio a corto di iniziative, a smanettare, zappingando alla continua ricerca di un qualche programma televisivo che potesse aiutarlo a battere il suo tedio.
Si potrebbe aggiungerere, poi, che, per la sua propensione a saltare da una emittente all’altra, il Dardo si sentiva pure criticare dalla moglie, sempre pronta a requisirgli il telecomando, ben consapevole che lui avrebbe perseverato imperturbabile nella sua snervante azione di commutazione anche in sua presenza. (Medesimo esercizio che teneva anche in auto, quando lui decideva di accendere la radio).
Cosa ci fosse, poi, di male in tutto ciò il Dardo non lo riusciva proprio a capire. Chissà quanta gente si comportava nel suo stesso modo, ritenendo piuttosto stupido costringersi a seguire una trasmissione insulsa o barbosa quando invece, per la legge delle probabilità, cercando tra le altre stazioni o canali, sarebbe stato facile imbattersi in un qualcosa di più godibile o che non risultasse proprio un insulto al comune senso della decenza, soprattutto intellettiva.
(Pure le poche volte in cui lui aveva provato ad orientarsi con un certo raziocinio verso una scelta pianificata consultando i palinsesti pubblicati nei settimanali della consorte, Dardo si era accorto che c’era ben poco da stare allegri. Anche perchè orari e programmi TV quasi mai combinavano tra di loro).
Per non parlare poi degli infestanti e tanto esecrati inserti pubblicitari, inutile dirlo, anche per lui insopportabili e che, per quanto consapevole fosse quello il foraggio principale di tutte le emittenti, egli puntualmente cercava di eludere.
Al Dardo tornarono alla mente anche le angustie visionarie che per un certo tempo perseguitarono i suoi sonni (incubi o torpida suggestione, che fossero) quando lui si vedeva inseguito da una enorme entità evanescente, dall’aspetto vagamente umano, ben determinato a fargli ascoltare, a tutti i costi, della réclame, mentre lui, ormai sovrastato e vinto, si dibatteva cercando di opporsi tappandosi le orecchie con le mani. Situazioni allucinanti che gli parevano riportate da vecchi cartoni animati.
Mica come la Venusta, un’anziana signorina amica di famiglia la quale, un giorno, si lasciò sfuggire (chissà, poi, se intendesse fare a suo modo dell’ ironia o se, più verosimilmente, fosse ormai un po’ tocca e convinta del suo dire) di trovare piacevolissimi, oltre che molto utili per l’informazione della gente, quasi tutti gli spot pubblicitari trasmessi in televisione e di trovare disdicevole che questi venissero continuamente interrotti da noiosi spezzoni di film o da altri banali spettacoli.
È pur vero che, con l’avvento delle Pay-Tv, oggi sarebbe anche assai facile evitare di sorbirsi tanta pubblicità, ma il Dardo, non intendendo ancora cedere alle lusinghe di Sky e soci (quasi che abbonarsi ad uno di quei provider fosse come riconoscere una sua, ancora inaccettabile, forma di televideodipendenza), preferiva continuare a saltare da un canale all’altro e a sbuffare quando arrivava il momento dei comunicati pubblicitari, in nome di un suo, quantomai vago, criterio di autodeterminazione che si potrebbe intendere, in fondo, per pura e semplice indolenza.
E, nel cercare di rifuggire, per quanto possibile, a quella congerie di network che nei loro studi, ridotti ormai a vetrine commerciali, tentavano di venderti dall’ago fino al milione (se non a cucine, dove una moltitudine di cuochi era sempre intenta a trattare argomenti gastronomici), al Dardo veniva spontaneo rivolgere un doveroso e riconoscente pensiero all’ingegno del signor Adler, dell’azienda americana Zenith, al quale andava attribuito il merito di aver messo a punto il moderno, davvero impagabile, telecomando, quel comodissimo marchingegno a raggi infrarossi che oggi permette una comoda commutazione a distanza dei canali TV e, all’occorrenza, può anche trasformarsi in una provvidenziale arma di autodifesa (da proditori attacchi pubblicitari e di telespazzatura) in mano a tutti i telespettatori; in alternativa, naturalmente, a quell’ altro dispositivo al quale poter sempre ricorrere per ogni evenienza: l’ interruttore principale on-off.
Sarà pur vero che, televisivamente parlando, tutto possa fare intrattenimento e spettacolo, ma, colori e gusti a parte, com’è confortante sapere di poter almeno cambiare canale e voltare pagina a piacimento e anche chiudere il libro quando se ne ha abbastanza o decidere di non aprirlo nemmeno...
Ci fu poi anche il momento in cui il Dardo (sempre alla ricerca di un passatempo), utilizzando le tessere di un vecchio gioco di società, dove su ognuna di queste era stampata una lettera, si mise a comporre anagrammi, scoprendo così, ad esempio, le enormi possibilità di combinazione offerte dal poter frullare a suo piacimento 16 parole, tali quante erano quelle del suo nome e cognome.